Storia di Castrocaro

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La storia di Castrocaro è intimimamente legata a quella della sua antica rocca.

La derivazione del nome Castrocaro non è certa e si è prestata a diverse interpretazioni:

  1. “Castro Sassubio” [1]
  2. “Castrocarium” [1] = “castrum” + “Carius”
  3. “castrum acarium” [2].
  4. “Caster” + “Car” [3] cioè “luogo caro e affezionato”
  5. “Salsubium” [3] per le abbondanti acque salse che vi si trovano
  6. Un’altra idea è che il nome “Castrocaro” significasse che il castello era costato molto caro economicamente ai compratori [3]

Castro Sassubio

veduta di Castrocaro - stampa ottocentesca

In un passo del Liber Pontificalis della chiesa romana, si dice che attorno al 754 il re dei Franchi Pipino, per mano dell’abate Fulrado, trasferì dal dominio militare del re longobardo Astolfo al papato, alcune località dell’Esarcato e della Pentapoli, fra cui “Forumlivi cum castro Sussubio”.

L’ipotesi, formulata precedentemente da Flavio Biondo, dell’identificazione di questo castro “Sussubio” con Castrocaro ritiene che la scomparsa del vecchio toponimo e l’apparire del nuovo dopo secoli, deve essere stato causato da esperienze traumatiche per il comune; forse addirittura potrebbe esserci stata una rifondazione, sullo stesso sito, di un insediamento più antico, che si trovava in una zona più a valle lungo il corso del Montone, dove tuttora sorgono i resti della pieve di S.Reparata.

Castrocarium

File:CASTROCAROMAZZUOLI.jpg
veduta della Terra di Castrocaro - stampa settecentesca

Il toponimo “Castrocarium“ è quello che offre maggiori interpretazioni da parte di diversi storici.

Questo termine forse designava la provenienza di due persone, cioè di un testimone presente a Ravenna alla rogazione di una transazione del monastero di S.Apollinare Nuovo nel 1059, e un ecclesiastico, prete e monaco del monastero di S.Pietro in Vincoli nel Ravennate.

Si tratterebbe quindi della fusione del nome comune “castrum” e dell’antroponimo “Carius”, ma non è chiaro chi fosse costui.

Un'altra ipotesi storica propone la derivazione da un nome proprio di persone, un certo “Carus” o “Carinus”, vissuto nel III secolo, ma la tesi non è accreditata [4].

Anche la derivazione da “castrum ocarium”, in cui l’aggettivo alluderebbe alla presenza di oche nel territorio in epoca medievale, viene formulata sulla base semantica rintracciata in alcuni riferimenti documentari di epoca antica.

Storicamente si afferma anche che furono i Galli Boi, localizzati nell’area di Castrocaro intorno al II secolo, che fabbricarono il castello e che il nome dato al luogo fosse “Castercar”, formato da due voci celtiche “Caster” e “Car”, “luogo caro e affezionato”.

Lo stemma

Il primo emblema di Castrocaro di cui si ha notizia risale al 1080 ed è quello della famiglia Pagani. Vi erano rappresentati un leone azzurro in campo argento.

Poi pare che si sia adottato dapprima uno stemma con croce rossa su campo argento (tipica rappresentazione dell’insegna di Cristo), e in seguito, per un privilegio concesso da Federico Barbarossa uno con fondo oro e un’aquila in nero incoronata.

stemma in pietra prima metà del '500 con raffigurata una croce

Successivamente ad un privilegio concesso da Ottone IV, Imperatore di Germania, allo stemma precedente sarebbe stato aggiunto un ramo di palma verde nel becco dell’aquila.

La comunità poi scelse di cambiarlo nuovamente e di dargli fondo azzurro, con un leone oro, passante, armato e lampassato di rosso.

Con il passaggio del castello sotto il dominio di Firenze pare che lo stemma, a cui furono dati i colori fiorentini, fosse inizialmente un “inquartato” così composto:

  • Nel primo riquadro con sfondo azzurro, c’era un leone d’oro, passante, armato e lampassato di rosso.
  • Nel secondo, su sfondo argento, una croce in rosso.
  • Nel terzo su fondo oro, l’aquila in nero, imbeccata e incoronata, tenente nel becco una palma verde.
  • Nel quarto riquadro bianco, un giglio aperto e bottonato in rosso.

Sempre sotto il dominio fiorentino lo stemma si presentò, in un secondo momento, raffigurante una croce piena su cui erano sovrapposte le sei palle del comune mediceo con sopra la corona ducale e sotto la seguente iscrizione:

M D

IAM. VERO. FIRMUM. IMPERIUM

OPES. OTIUM. ET. SECURITAS HETRURIAE

PARTA

LX VI

Lo stemma subirà ancora modifiche in seguito e dopo il 1775, con la mutata denominazione del comune in Terra del Sole si ha uno “spaccato” cosi composto:

  • Nel primo riquadro, sfondo rosso e un sole raggiante.
  • Nel secondo, sfondo argento e croce in rosso.

Nel 1872, con il cambio di denominazione del comune in Terra del Sole e Castrocaro si avrà uno stemma “partito” formato da un mezzo sole e una mezza croce.

Attualmente lo stemma è composto da questo “partito”:

  • Nel primo riquadro, su sfondo argento, una croce in rosso.
  • Nel secondo, su sfondo rosso, un sole oro.

La storia

Ciò che salta immediatamente all’occhio raggiungendo il luogo è la fortezza arroccata, che è stata anche il principale centro in epoca medievale.

Il sito probabilmente era già frequentato in epoca preistorica nell’area in cui ancora oggi sorge la Rocca; questa zona infatti per la sua altezza era facilmente difendibile e fortemente strategica.

La presenza dell’uomo qui in età preistorica è attestata dal ritrovamento di frammenti fittili attribuibili a popolazione di civiltà appenninica, rinvenuti sul luogo nel 1979 [5].

Non è invece attestata la presenza romana e non sono stati ritrovati reperti altomedievali, mentre ritrovamenti di queste epoche sono stati rinvenuti in abbondanza nella zona pianeggiante a valle dell’abitato e nei pressi della vecchia pieve di S.Reparata.

La località di Castrocaro si trovava, in età alto medievale, al confine tra il Regno Longobardo e l’Esarcato Bizantino.

Nella fase indicata, gli autori individuano il periodo in cui si registra una rottura dell’unità territoriale che era stata raggiunta in epoca romana.

Fra VI e VIII secolo si ha un ridimensionamento del numero dei centri urbani, a seguito della contrazione demografica dovuta all’invasione longobarda, al diffondersi di carestie e pestilenze e ad un peggioramento climatico che porta ad alluvioni e inondazioni in terreni bonificati; anche nelle campagne, molte terre coltivate vengono abbandonate e ricoperte da boscaglie che, insieme a paludi e acquitrini, cancellano ormai la centuriazione romana.

I centri urbani conservano comunque la funzione polarizzante di sedi dell’amministrazione civile e religiosa; tra l’altro la dislocazione delle diocesi ricalca l’organizzazione municipale romana: almeno così è per Faenza, Forlì, Sarsina, Cesena.

In ambito rurale, la localizzazione dei pagi e dei vici conserva legami con la tradizione romana, come pure sono legati ad essa i toponimi delle località: Pieve Acquedotto, Pievequinta, Pievesestina.

A Ravenna resta il ruolo di guida politico-militare e religioso-ecclesiastica: l’amministrazione bizantina vi mantiene i suoi governatori, Giustiniano individua nella Chiesa ravennate il cardine del suo programma di restaurazione e le concede terre elargizioni a titolo arciepiscopale che comportano diritti metropolitici su tutta la provincia ecclesiastica.

Le vallate forlivesi sono interessate da un’ampia fascia militarizzata che divide le terre esarcali da quelle sottoposte alla dominazione longobarda.

Fra i secoli VIII e XI avvengono una serie di importanti eventi che portano al progressivo esaurirsi del domino esarcale sotto l’espansione longobarda.

Nel 754 Papa Stefano II si accorda con il re dei Franchi Pipino, e pone così le basi per la successiva dominazione della Chiesa su queste zone.

Gli arcivescovi di Ravenna comunque, continuano ad esercitare una penetrazione ecclesiastico-patrimonale sui territori appenninici, concedendo ai funzionari bizantini il controllo su ampie aree.

Prima del mille così, la struttura organizzativa del territorio ha il suo polo di riferimento in Ravenna ma tende a frantumarsi in possedimenti da cui nasceranno le basi fondiarie delle dinastie di conti locali.

Ad esempio si insedia a Modigliana, Dovadola, Bagno di Romagna, la famiglia dei conti Guidi.

I secoli XII e XIII vedono il progressivo affermarsi del ceto borghese dedito ad attività artigianali e commerciali. E’ in questa fase che si formano i comuni.

Con una esplosione demografica si ha la rinascita di Forlì, Cesena, Faenza che si allargano includendo i borghi circostanti. All’interno delle città compaiono le sedi del potere civile, i palazzi comunali e dei Podestà, e del potere religioso, le cattedrali e i relativi edifici vescovili.

Per quanto riguardo l’aspetto viario, è documentata l’esistenza della via Romipeta, chiamata così perché era percorsa dai pellegrini che passavano dalla Valle Padana alla Toscana.

Lo stato della viabilità minore è piuttosto precario e i trasporti sono molto difficili.

A livello amministrativo si ha una frammentazione marcata dei poteri locali.

Nei secoli XIV e XV, le signorie locali cercano stabilizzarsi nella zona montana per vincere la frammentazione politica: i Malatesta nel cesenate, I Calboli e gli Ordelaffi nel forlimpopolese e nel forlivese, i Manfredi nel faentino.

Nella parte alta delle vallate si assiste invece alla penetrazione toscana, che porta Firenze, tra ‘300 e ‘400, ad espandersi oltre gli Appennini: è questo il processo che porterà alla formazione della Romagna Toscana in contrapposizione alla Romagna Pontificia. Per quanto riguarda la viabilità principale, in questa fase si riabilitano gli antichi tracciati di fondovalle: lungo le valli del Savio, del Bidente, del Rabbi, del Montone, del Marzeno, corrono le “strade maestre” che collegano la Romagna con la Toscana e Firenze; la via Emilia mantiene il suo importante ruolo con il nome di “Strada Francigena e Maestra”.

Proseguendo comunque con la storia di Castrocaro, è nell’XI secolo che si ha la prima attestazione certa della presenza di un insediamento fortificato, chiamato Castrum Carium, che si può identificare con la parte alta della fortezza: nel 1059 infatti, abbiamo la prima testimonianza scritta in una pergamena in cui si cita come teste in una transazione un certo “Guido de Castrocario”, e da questo momento in poi sappiamo che il luogo fu abitato fino ai nostri giorni.

E’ stato ipotizzato che, nel luogo in cui oggi è presente il maschio della rocca, fosse sorta una primitiva torre in legno in epoca bizantina in difesa della vicina città di Forlì [5].

I secoli XII-XIII

Dal 1118 il castello appartenne ad una famiglia di conti, denominati Conti di Castrocaro, che probabilmente hanno contribuito a rafforzare la rocca dal punto di vista strategico-militare; questa struttura infatti era rifugio per gli abitanti e permetteva il controllo politico ed economico sul territorio.

Augusto Vasina, Note sulla storia dei castelli romagnoli e sull’insediamento di Castrocaro nel medioevo, in “Studi Romagnoli”, afferma che probabilmente l’insediamento di una dinastia comitale a Castrocaro, presumibilmente quella dei Conti Pagani, abbia contribuito a destabilizzare ulteriormente gli equilibri politici, in una fase cruciale delle relazioni fra Papato e Impero a causa del conflitto per le investiture vescovili.

Questi Pagani, infatti, andarono a costituire un comitato rurale che si estendeva al di fuori dei limiti territoriali della Pieve di S.Reparata, un centro religioso situato più a nord rispetto all’insediamento medievale di Castrocaro, esistente almeno dall’VIII secolo e che sicuramente fino al X e XI secolo aveva avuto un’importante consistenza demica.

Il comitato dei Pagani assumeva così una configurazione autonoma rispetto a Forlì e Ravenna, vulnerando l’unità del centro maggiore, Forlì, di cui era titolare l’arcivescovo di Ravenna Guiberto, cioè l’antipapa filo-imperiale Clemente III, assecondato dal vescovo di Forlì. Un complesso gioco di relazioni, dunque, che, senza bisogno di dover ricorrere all’etichetta di un “nostrano” neoguelfismo, dimostra certamente come i Pagani, anti-forlivesi e anti-ravennati, si fossero inseriti fra i domini dei conti Guidi (Modigliana e Dovadola) e quelli della Chiesa ravennate a indebolire i tradizionali equilibri di potere locali.

Una conferma di questo stato di cose, anche se per ora ha soltanto carattere di ipotesi, potrebbe venire da questo evento: l’imperatrice Matilde nel 1118 tenne un placito nella Pieve di S.Reparata per dirimere una controversia dovuta al fatto che il vescovo di Forlì - secondo la querela della controparte, cioè la badia benedettina di S.Maria foris portam di Faenza - aveva occupato i beni e le rendite della pieve di S.Reparata che i suoi predecessori avevano donato al monastero fiorentino; il giudizio di Matilde fu a favore dei monaci di S.Maria e suo garante ed esecutore venne designato proprio Bonifacio, conte di Castrocaro.

Tra il 12 ottobre 1160 e il 23 gennaio 1164 l’imperatore Federico Barbarossa fu presente nel castello di Castrocaro e ciò dimostra di certo l’importanza che la località aveva raggiunto dal punto di vista strategico [6].

Il 7 agosto 1187 fu stipulato un trattato di alleanza fra i Conti e i Comuni di Forlì e di Ravenna che stabiliva che la rocca fosse presidiata dalle milizie forlivesi in caso di guerra.

A proposito di Ravenna, bisogna tener conto della dipendenza da questa città di Castrocaro come di altri piccoli centri nella Romagna dell’epoca, cosa che sottolinea ancora Vasina. Le chiese monastiche cittadine erano sottoposte alla sua Chiesa arcivescovile e i nuclei nobiliari presenti nelle campagne e nei castelli erano a loro volta legati alla Chiesa ravennate. Certamente un centinaio di castelli fra il X e l’XI secolo appartenne alla chiesa di Ravenna, in particolare nei comitati di Forlimpopoli, Cesena, Sarsina e Rimini.

Nel giugno 1179 poi, il castello fu assediato dall’esercito imperiale per il sospetto di contatti fra Castrocaro e la Lega Lombarda, ma resistette grazie anche all’appoggio dei Faentini [7].

Fu inoltre assediato nel 1213 dai Forlivesi nel tentativo di estendere il loro controllo sul contado [5].

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Note

  1. ^ a b Augusto Vasina, Note sulla storia dei castelli romagnoli e sull’insediamento di Castrocaro nel medioevo, in “Studi Romagnoli”, XXXII (1981), p. 184 Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "Vasina" è stato definito più volte con contenuti diversi
  2. ^ L’ipotesi è stata avanzata dallo storico Antonio Zaccaria
  3. ^ a b c Giovanni Mini, Illustrazione storica del castello di Castrocaro, Modigliana 1889 p.4 Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "Mini" è stato definito più volte con contenuti diversi
  4. ^ Gian Francesco Gamurrini "Bibliografia dell'Italia antica" Arezzo, Tip. D. Racuzzi; 1905
  5. ^ a b c L’antica fortezza di Castrocaro, Castrocaro Terme, 1986. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "A.Zaccaria-C.Verna" è stato definito più volte con contenuti diversi
  6. ^ a cura di R.Tani-P.Tamburini "Insediamento storico e beni culturali Valle del Montone, Comuni di Castrocaro Terme e Terra del Sole, Dovadola, Rocca San Casciano, Portico e San Benedetto" - Cesena, 1998, p.35.
  7. ^ Insediamento storico e beni culturali Valle del Montone, Comuni di Castrocaro Terme e Terra del Sole, Dovadola, Rocca San Casciano, Portico e San Benedetto - Cesena, 1998, p.35.

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