Metessi: differenze tra le versioni

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La filosofia antropocentrica greca, platonica in questo caso, si concretizza così nel termine μέθεξις che in ultima analisi può essere intesa come una tensione attiva del soggetto alla partecipazione collettiva e consapevole al mondo intellegibile. Così come avviene ad esempio nello spettacolo teatrale quando nasce quella tensione che sale dal pubblico per partecipare emotivamente a quanto accade in scena oppure in letteratura quando il lettore vive in prima persona quanto sta leggendo.
La filosofia antropocentrica greca, platonica in questo caso, si concretizza così nel termine μέθεξις che in ultima analisi può essere intesa come una tensione attiva del soggetto alla partecipazione collettiva e consapevole al mondo intellegibile. Così come avviene ad esempio nello spettacolo teatrale quando nasce quella tensione che sale dal pubblico per partecipare emotivamente a quanto accade in scena oppure in letteratura quando il lettore vive in prima persona quanto sta leggendo.

Il concetto di metessi collegato a quello di mimesi (imitazione) riaffiora nel pensiero neoplatonico di Vincenzo Gioberti a proposito del movimento circolare che collega l'uomo a Dio che come creatore dell'esistente, di creature simili a lui realizza in una fase discendente il momento della imitazione ("L'Ente crea l'esistente"); quando invece il mondo e gli uomini in una fase ascendente ritornano a Dio si attua il momento della metessi.


[[Categoria:Concetti e principi filosofici]]
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Versione delle 08:26, 11 ott 2008

La parola metessi o metexi, dal greco μέθεξις (mètexis) significa genericamente partecipazione, comunicazione.

Il termine acquista rilevanza filosofica nell'ambito del pensiero platonico. Tra il mondo corruttibile delle cose terrene e quello puro e perfetto delle idee esiste infatti una differenza ontologica così evidente da porre Platone di fronte a un dualismo che egli cerca di superare tramite la ricerca di un rapporto che egli si sforza di definire in qualche modo.

Il problema è legato storicamente alla presenza nell'Accademia di Aristotele, durante gli anni della tarda maturità platonica. È infatti presumibile che da un certo momento la critica aristotelica all'"ontologia della differenza" abbia costretto il vecchio maestro a rivedere criticamente le sue originali concezioni in funzione di un maggior "realismo" logico della teoria delle idee. In sostanza, la domanda che poneva Aristotele è: se il mondo delle idee e quello empirico si contrappongono - essere e non-essere - che senso ha porre l'idea come causa della realtà apparente? Non sarebbe più coerente concludere che esiste solo il mondo delle idee, riducendo il mondo delle cose a pura illusione?

La prima soluzione che Platone aveva cercato a questa aporia era stata la teoria della partecipazione (mèthexis): le cose particolari parteciperebbero dell'idea corrispondente.

«Se una o più cose empiriche possiedono determinate qualità, ciò avviene esclusivamente in virtù di un rapporto, pure temporaneo e imperfetto, che esse stabiliscono con le idee. Tale rapporto è la ‘partecipazione’ (metexis) o comunicazione: le cose empiriche ‘partecipano’ delle idee o ‘comunicano’ con esse. Per esempio, partecipando dell’idea della somiglianza, le cose sensibili divengono simili.»

Platone nell'opera Parmenide sostiene che ogni colore, profumo, morbidezza, suono, dolore o piacere tramite i cinque sensi possono diventare gioia di partecipazione all’Uno, al mondo delle idee.

La filosofia antropocentrica greca, platonica in questo caso, si concretizza così nel termine μέθεξις che in ultima analisi può essere intesa come una tensione attiva del soggetto alla partecipazione collettiva e consapevole al mondo intellegibile. Così come avviene ad esempio nello spettacolo teatrale quando nasce quella tensione che sale dal pubblico per partecipare emotivamente a quanto accade in scena oppure in letteratura quando il lettore vive in prima persona quanto sta leggendo.

Il concetto di metessi collegato a quello di mimesi (imitazione) riaffiora nel pensiero neoplatonico di Vincenzo Gioberti a proposito del movimento circolare che collega l'uomo a Dio che come creatore dell'esistente, di creature simili a lui realizza in una fase discendente il momento della imitazione ("L'Ente crea l'esistente"); quando invece il mondo e gli uomini in una fase ascendente ritornano a Dio si attua il momento della metessi.