Simón de Alcazaba y Sotomayor

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Simón de Alcazaba y Sotomayor

Governatoratore della Nuova León
MonarcaCarlo V d'Asburgo

Simón de Alcazaba y Sotomayor (Portogallo, 1470Chubut, 1535) è stato un esploratore portoghese.

Fu al servizio della corona spagnola e fondò il primo insediamento europeo nel territorio dell'attuale Argentina, un anno prima del tentativo di Pedro de Mendoza di fondare la città di Buenos Aires.

Suddivisione secondo le capitolazioni spagnole in Sudamerica nel XVI secolo.

Con la Capitolazione di Toledo, firmata dal re di Castiglia il 26 luglio del 1529, furono concesse a Francisco Pizarro 200 leghe a sud partendo dalla foce del fiume Santiago (1° 20'N a 9° 57'S) per costituire il governatorato della Nueva Castilla. Altre 200 leghe a sud della giurisdizione di Francisco Pizarro (fino ai 21° 6,5' S), furono assegnate a Simón de Alcazaba y Sotomayor, che fu nominato governatore e capitano generale del governatorato della Nueva León. Tuttavia Alcazaba y Sotomayor non riuscì a terminare la spedizione ed il re progettò (nel 1530 e 1531) di assegnare i territori da Chincha fino allo stretto di Magellano alla famiglia tedesca dei Fugger.

Il 4 maggio del 1534 il re Carlo V ampliò la concessione territoriale in favore di Pizarro estendendola di altre 70 leghe a sud nel territorio che era stato precedentemente assegnato ad Alcazaba y Sotomayor, fino quasi ai 14°S di latitudine.

Il 21 maggio del 1534 il re nominò e firmò altre tre capitolazioni per l'esplorazione e l'occupazione dei territori americani, stabilendo provincie e governatorati per 200 leghe di lunghezza da nord a sud comprendendo il governatorato della Nueva León, assegnato a Simón de Alcazaba y Sotomayor, dall'oceano Atlantico all'oceano Pacifico, a sud del parallelo dei 36° S fino ai 48° 22,25'S.

Parte del testo della capitolazione de Alcazaba y Sotomayor:

«Primeramente, que vos darémos licencia, como por la presente vos la damos, para que en nuestro nombre e de la corona real de Castilla, podais conquistar, pacificar i poblar las tierras i provincias que hobiere por la dicha costa del mar del Sur en las dichas doscientas leguas mas cercanas a los limites de la gobernacion que tenemos encomendada al dicho don Pedro de Mendoza, lo cual hayais de facer dentro de seis meses desde el dia de la fecha desta, estando a la vela con los navíos necesarios para llevar, i que lleveis en ellos, ciento i cincuenta hombres destos nuestros reinos de Castilla y de otras partes permitidas; i dentro de año i medio i en adelante luego siguiente, seais tenido i obligado a proseguir e fenecer el dicho viaje con otros cien hombres, con las personas relijiosas e clérigos, e con los nuestros oficiales, que para conversion de los indios a nuestra santa feé i buen recaudo de nuestra hacienda, vos serán dados i señalados por nuestro mandado, a los cuales relijiosos habeis de dar i pagar el flete i matalotaje i los otros mantenimientos necesarios, conforme a sus personas, todo a vuestra costa, sin por ello les llevar cosa alguna durante toda la dicha navegacion, lo cual mucho vos encargamos que así hagais i cumplais, como cosa del servicio de Dios i nuestro, porque de lo contrario, nos terníamos de vos por deservidos (...)[1]»

Simón de Alcazaba y Sotomayor partì dal porto di Sanlúcar de Barrameda il 21 settembre del 1534, con una spedizione composta da 250 uomini e due navi; egli era al comando della nave Madre de Dios mentre la nave San Pedro era comandata da Rodrigo Martínez. All'inizio del 1535 giunsero allo stretto di Magellano con l'intenzione di attraversare l'oceano Pacifico, però le condizioni climatiche sfavorevoli lo impedirono. La spedizione si diresse allora verso nord, lungo le coste dell'oceano Atlantico, ed il 9 marzo del 1535 Alcazaba fondò nella Caleta Hornos, 29 chilometri a sud dell'attuale località di Camarones, nella provincia del Chubut, il Puerto de los Leones.

Morì in una rivolta insieme a molti dei suoi compagni.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ La disputa de límites entre la Argentina y Chile: el debate Quesada-Amunátegui, su cema.edu.ar. URL consultato il 30 novembre 2009.

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