Shanshan

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Bacino del Tarim nel III secolo
Frammento di seta di Loulan

Shanshan (uiguro: پىچان, Pichan, Piqan; cinese semplificato: 鄯善, pinyiang: Shànshàn) è il nome cinese di un regno esistito all'incirca tra il 200 a.C. ed il 1000 d.C. sul confine nord-orientale del deserto di Taklamakan. Comprendeva il grande lago salato noto come Lop Nur.

Nel 126 a.C. l'emissario cinese Zhang Qian descrisse Loulan come una città fortificata situata nei pressi di Lop Nur.[1]

Nel 77 a.C. Fu Jiezi pugnalò a morte il re di Loulan, Chang Gui. Da quel momento il regno divenne un possedimento fantoccio cinese, e prese il nome di regno di Shanshan.[2]

Il regno di Shanshan comprendeva la città murata di Loulan (o Kroran) vicino all'angolo nord-occidentale di Lop Nur, dove entrava il fiume Tarim. Loulan occupava circa 10,8 ettari e conteneva una pagoda buddhista alta circa 10 metri, numerose case e fossati di irrigazione.[3]

A causa della favorevole posizione, controllava sia la rotta della via della seta meridionale tra Dunhuang e Khotan che la principale via della seta tra Dunhuang e Korla, Kucha e Kashgar, durante la dinastia Han. Il controllo del regno fu continuamente in discussione tra i cinesi e gli Xiongnu. Il Libro degli Han ci dice che: "si trovava vicino agli Han ed alle colline del Dragone Bianco. Il posto era carente d'acqua e pascoli, e mandava spesso emissari in cerca d'acqua, cibo, e per scortare gli emissari degli Han. Inoltre era spesso vittima di furti e saccheggi e trovava inutile mantenere i contatti con gli Han. In seguito la città fece spionaggio per conto degli Hsiung-nu [Xiongnu], spesso intercettando ed uccidendo gli emissari cinesi".[2] Gli Xiongnu contestarono spesso il controllo cinese degli Han fino al II secolo,[4] e viene registrato come regno indipendente di Shanshan nel Weilüedel III secolo.[5]

Una colonia militare di 1000 uomini fu stanziata a Loulan nel 260 dal generale cinese So Man. Il sito fu abbandonato nel 330 a causa della mancanza d'acqua quando il fiume Tarim, che la riforniva, modificò il proprio corso. La guarnigione fu spostata 50 km verso sud, ad Haitou. Il forte di Yingpan nel nord-ovest rimase cinese fino alla dinastia Tang.[6]

Il monaco pellegrino cinese Fǎxiǎn rimase circa un mese a Shanshan, dopo un viaggio di 17 giorni da Dunhuang nel 399. Descrisse il posto come "aspro e collinoso, con un terreno fine e sterile. Gli abiti degli abitanti locali sono grezzi, e simili a quelli indossati nelle terre degli Han.... Il re seguiva la (nostra) Legge, e ci potevano essere nella zona oltre 4000 monaci, tutti studenti dell'hînâyana (Hīnayāna).... (I monaci)...erano tutti studenti di libri e lingua indiani".[7]

Loulan venne apparentemente abbandonata dopo essere stata invasa da Juqu Anzhou nella primavera del 442, ed il suo re fuggì a Jumo (Cherchen).[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Watson (1993), p. 233.
  2. ^ a b Hulsewé (1979), p. 89.
  3. ^ a b Hill (2009), p. 88.
  4. ^ Hill (2009), p. 3 e nn.
  5. ^ John Hill, Draft annotated translation of the Weilüe
  6. ^ Baumer (2000), pp. 125-126, 135-136.
  7. ^ Legge (1896), pp. 12-14.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Christoph. Baumer, Southern Silk Road: In the Footsteps of Sir Aurel Stein and Sven Hedin, 2000, Bangkok, White Orchid Books
  • J. Brough, “Comments on third century Shan-shan and the history of Buddhism”, Bulletin of the School of Oriental and African Studies, 1965, XXVIII, 3, pp. 582-612
  • J. Brough, “Supplementary Notes on Third-Century Shan-Shan”, Bulletin of the School of Oriental and African Studies, 1970, XXXIII, pp. 39-45
  • John E. Hill, Through the Jade Gate to Rome: A Study of the Silk Routes during the Later Han Dynasty, 1st to 2nd Centuries CE, 2009, BookSurge, Charleston (Carolina del Sud), ISBN 978-1-4392-2134-1
  • A. F. P. Hulsewé, e M. A. N. Loewe, China in Central Asia: The Early Stage 125 BC – AD 23: an annotated translation of chapters 61 and 96 of the History of the Former Han Dynasty, 1979, E. Brill, Leiden, ISBN 90-04-05884-2
  • James Legge, A Record of Buddhistic Kingdoms: being an account by the Chinese monk Fâ-hsien of his travels in India and Ceylon (A.D. 399-414) in search of the Buddhist Books of Discipline, 1886, Ristampa: Dover Publications, New York, 1965
  • Michael Loewe, “Chinese Relations with Central Asia”. Bulletin of the School of Oriental and African Studies, 1969, 32, pp. 91-103
  • Peter S. Noble, “A Kharoṣṭhī Inscription from Endere”, Bulletin of the Society of Oriental Studies, VI, 1930-32, pp. 445-455
  • Aurel M. Stein, Ancient Khotan: Detailed report of archaeological explorations in Chinese Turkestan, 1907, 2 vol, Clarendon Press, Oxford
  • Aurel M. Stein, Serindia: Detailed report of explorations in Central Asia and westernmost China, 1921, 5 vol, Londra e Oxford, Clarendon Press, Ristampa: Delhi, Motilal Banarsidass, 1980
  • Aurel M. Stein, Innermost Asia: Detailed report of explorations in Central Asia, Kan-su and Eastern Iran, 1928, 5 vol, Clarendon Press, Ristampa: New Delhi, Cosmo Publications, 1981
  • F. W. Thomas, “Some Notes On Central-Asian Kharosthī Documents”, Bulletin of the Society of Oriental Studies, 1943-46, 11, pp. 513-549
  • Burton, Watson, Records of the Grand Historian: Han Dynasty II - Revised Edition, 1993, Columbia University Press, New York, ISBN 0-231-08166-9, ISBN 0-231-08167-7