Senza infamia e senza lode

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Senza infamia e senza lode è un modo di dire italiano, usato per indicare qualcosa di mediocre, che pur non avendo palesi difetti non presenta però neanche particolari qualità.

Questa espressione che è entrata nel linguaggio corrente ha una genesi dotta, essendo filtrata dalla Divina Commedia di Dante Alighieri.

Nel Canto III dell'Inferno egli sta descrivendo la massa dei cosiddetti "ignavi" (parola che non appartiene al linguaggio del poeta, ma che è frutto della critica successiva), cioè dei vili che rifiutarono di schierarsi per qualsiasi causa per vigliaccheria.

Dante allora li definisce come:

«coloro / che visser sanza 'nfamia e sanza lodo»

All'epoca il significato di queste parole era più duro di quello odierno. Dante disprezza infatti coloro che sono stati neutrali per vigliaccheria, avendo invece egli vissuto sulla propria pelle le conseguenze delle proprie idee politiche (si pensi solo al suo esilio). Giudicandoli "sciaurati che mai non fûr vivi", egli li colloca nell'Antinferno, non ritenendoli degni nemmeno di stare tra i dannati. Di essi nel mondo non rimane traccia ("Fama di loro il mondo non lassa") e anche Dio li ignora ("misericordia e giustizia li sdegna"): non vale neanche la pena stare a parlare di loro (non ragioniam di lor, ma guarda e passa).

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