Pala del beato Nicola da Tolentino

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Pala del beato Nicola da Tolentino
AutoreRaffaello
Data1500-1501
Tecnicaolio su tavola
UbicazioneSmembrata e parzialmente perduta

La Pala del beato Nicola da Tolentino, o Pala Baronci è un dipinto smembrato e parzialmente perduto (olio su tavola, misure ignote) di Raffaello Sanzio, databile al 1500-1501 e conservato in vari frammenti in musei italiani ed esteri. L'opera è la prima documentata dell'artista che, all'epoca diciassettenne, è già indicato nel contratto come magister.

Storia

La pala venne allogata il 10 dicembre 1500 a Raffaello ed Evangelista da Pian di Meleto, storico assistente di suo padre Giovanni Santi, da Andrea di Tommaso Baronci per decorare la propria cappella familiare nella chiesa di Sant'Agostino. Nel contratto è interessante notare come Raffaello, poco più che esordiente, venga già menzionato come magister Rafael Johannis Santis de Urbino, e prima dell'anziano collaboratore, testimoniando ufficialmente come venisse già, a diciassette anni, ritenuto pittore autonomo dall'apprendistato concluso[1]. L'opera venne consegnata il 13 settembre 1501.

Nel 1789 venne gravemente danneggiata da un terremoto. Allora si decise di sezionarla, per ritagliare le parti meglio conservate. Fino al 1849 vennero tenuti in Vaticano, poi andarono dispersi.

Descrizione e stile

La replica parziale settecentesca

Dell'opera originaria esiste una copia parziale del 1791 di Ermenegildo Costantini, conservata nella Pinacoteca comunale di Città di Castello, e alcuni disegni preparatori (all'Ashmolean Museum di Oxford e al Musée des Beaux-Arts di Lille), che permettono di farsi un'idea della composizione originaria.

Al centro si trovava Niccolò da Tolentino, allora ancora beato, che schiacciava il demonio, affiancato da tre angeli con cartigli: due in coppia a destra e uno solitario a sinistra. In mano il santo reggeva un libro aperto e un lungo crocifisso. La parte superiore della pala, assente nella copia settecentesca, mostrava una triplice incoronazione del santo, da parte dell'Eeterno in una mandorla di cherubini, da parte della Vergine Maria inginocchiata e da parte di sant'Agostino con gli abiti vescovili. Lo sfondo doveva essere composto da un'ampia arcata, aperta sul paesaggio.

La predella infine mostrava storie del santo.

I frammenti conosciuti sono:

L'attribuzione di questi frammenti non è però univoca e alcune parti, soprattutto quelle a Detroit e a Napoli, sono assegnate talvolta a Evangelista. La figura dell'Eterno è di impostazione peruginesca e arcaica, che si trova anche in opere del padre di Raffaello, come la Pala Buffi per la chiesa di San Francesco a Urbino. Più convincenti sono la Vergine e gli angeli, in cui si scorgono influenze dei modi contemporanei di Pinturicchio. La concezione della tavola deve comunque spettare unicamente a Raffaello, come dimostrano i disegni preparatori. Essi hanno una qualità e una scioltezza sicuramente maggiori di quelle del maestro Perugino.

Galleria

Note

  1. ^ Franzese, cit., pag. 14.

Bibliografia

  • Pierluigi De Vecchi, Raffaello, Rizzoli, Milano 1975.
  • Paolo Franzese, Raffaello, Mondadori Arte, Milano 2008. ISBN 978-88-370-6437-2

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