Necropoli del Crocifisso del Tufo

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La Necropoli del Crocefisso del Tufo è sita presso la rupe di Orvieto.

Vi si accede da una strada pedonale che scende da un costone della rupe dal piazza antistante la Porta Maggiore.

L'origine del nome

Il nome è dovuta ad un'incisione a forma di croce nel tufo entro una cappella rupestre.

La cappella è stata ricavata scavando in una rupe da un anonimo del cinquecento.

L'aspetto

Le tombe

Le tombe sono del tipo a camera che, in linea di massima, sono disposte ortogonalmente in un'armonia visiva eterogenea.

Le tombe sono circa una settantina, di cui solo una piccola parte attualmente visitabili, tuttalpiù quelle monofamiliari e quelle piccole (3 metri X 2).

Come suggerisce il nome della necropoli, le tombe sono costituite in tufo. L'interno è costituito con un piano dove veniva depositata la salma.

La tomba veniva chiusa con una sottospecie di porta-tappo in terra pressata e compatta.

Davanti venivano posti dei cippi la cui forma faceva intendere il sesso del morto sepolto all'interno della tomba:

  • a forma di tappo o di cipolla per gli uomini
  • a forma di cilindro per le donne.

Gli orvietani avevano il culto funerario simile agli etruschi che li portava a credere che il morto continuasse ad avere una personalità perennemente collegata con il proprio corpo terreno, per cui venivano lasciati, come per le tombe di stampo etrusco, un corredo funebre corredato di fibule, specchi, lance per gli uomini, specchi ed oggetti femminili per le donne, ma anche vasi e materiali in bronzo, terracotta e buccheri in stile etrusco od orvietano-pseudoetrusco o ellenistico.

Gli interni delle tombe si trovano a circa 60-70 cm sotto il piano stradale. Sopra la porta d'accesso si trova un'iscrizione col nome del sepolto o, altrimenti, la sua dinastia o schiatta di origine.

Storia

Gli scavi in questa necropoli furono iniziati perlomeno nel XIX secolo, ma disordini organizzativi dispersero molti reperti trovati in vari musei sparsi in Europa. Nel secolo successivo (dal 1961) il materiale disperso suddetto, perlomeno gran parte, fu recuperato, classificato ed ora esposto al Museo Faina di Orvieto.

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