Nakota

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Versione del 16 gen 2018 alle 23:22 di InternetArchiveBot (discussione | contributi) (Recupero di 3 fonte/i e segnalazione di 0 link interrotto/i. #IABot (v1.6.2))
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Template:Avvisounicode Vengono oggi definiti, e definiscono sé stessi, come Nakota (o Nakoda o anche Nakona[1]), i popoli nativi americani tradizionalmente noti con il nome di Assiniboin (o Hohe) negli Stati Uniti e anche come Stoney in Canada. Si tratta di popolazioni di lingua sioux anticamente distaccatesi dal tronco principale della nazione sioux, dislocandosi nelle zone più a nord e ad ovest dell'originario Minnesota (Montana, Nord Dakota e Canada) e divenendo quindi acerrime nemiche dei loro vecchi “alleati”[2].

Storia di un errore di denominazione

Tradizionalmente, ma in modo quasi completamente generalizzato[3], le tribù appartenenti alla nazione sioux (o dakota) venivano classificate in tre raggruppamenti linguistici: i dakota in senso stretto, che costituivano il gruppo più orientale (in qualche modo quello originario) e si definivano Isáŋyathi o Isáŋathi (da cui l'appellativo europeizzato di Santee), i Lakota, che costituivano il gruppo più occidentale e si definivano Thítȟuŋwaŋ (nome europeizzato in Teton) e, finalmente, i Nakota, che si ritenevano raggruppare le due tribù centrali degli Yankton e degli Yanktonai, da cui la leggenda voleva che si fossero anticamente separati gli Assiniboin (i quali infatti parlavano un dialetto molto simile e chiamato con lo stesso nome).

Dopo che, nel corso degli anni, tale ripartizione era stata solo molto saltuariamente messa in dubbio[4], nel 1978, Douglas R. Parks, David S. Rood, e Raymond J. DeMallie intrapresero una ricerca linguistica sistematica nelle riserve sioux e assiniboin per stabilirne una volta per tutte la dialettologia precisa [5]. Il risultato è stato che sia i Santee sia gli Yankton e gli Yanktonai si riferivano (e si riferiscono) a sé stessi come “Dakota”, mentre l'appellativo di “Nakota” (o “Nakoda”) era (ed è) appannaggio esclusivo degli Assiniboin e dei loro parenti canadesi, Stoney. Nonostante la pubblicistica, particolarmente quella non specialistica sul piano della linguistica, abbia mostrato più di qualche resistenza a far proprie in via definitiva le acquisizioni di Parks e DeMallie[6], esse sono state pienamente confermate dallo studio ultraventennale effettuato sul campo da Jan Ullrich e che ha portato alla redazione del suo recente dizionario lakota, pubblicato nel 2008. Secondo Ullrich, l'errata denominazione di Yankton e Yanktonai, come “Nakota”, «ebbe probabilmente inizio con i missionari operanti a metà Ottocento tra i Santee, i quali dettero un'abnorme applicazione [over-applied] ad una regola di distribuzione fonetica. Siccome il dialetto yankton-yanktonai usa il suffisso -na laddove il santee usa -da e il lakota -la, i missionari pensarono che l'opposizione fonologica [distribution] l-d-n si applicasse a tutte le posizioni entro le parole[7]. In tal modo essi postularono che il popolo yankton-yanktonai definisse se stesso come “nakota” invece che come “dakota”. Purtroppo, l'impreciso assunto di una suddivisione lakota-dakota-nakota è stato da allora perpetuato in quasi tutte le pubblicazioni», arrivando ad un tale potere di convincimento da influenzare perfino nativi dakota e lakota[8][9]. Che non si sia trattato nemmeno di una successiva regressione terminologica dovuta alla permanenza di Yankton e Yanktonai nelle stesse riserve con i Santee[10], è confermato dalla mancanza, secondo Ullrich, di riferimenti nei testi più antichi dei vari dialetti sioux: in particolare, ad esempio, «John P. Williamson, nel suo English-Dakota Dictionary (Williamson 1902), elenca il termine dakota come nome proprio per il popolo dakota, ma non menziona il termine nakota» nonostante avesse ampiamente lavorato con gli Yankton e inserisca ripetutamente, nel suo vocabolario, varianti yankton delle voci in dialetto santee[8]. Del resto, sempre Ullrich rileva che probabilmente la prima ad evidenziare l'errore di denominazione degli Yankton-Yanktonai fu proprio una grande studiosa di origine yankton, e quindi in grande cognizione di causa, come Ella Cara Deloria (n. 1888).

In conclusione, comunque, è senza dubbio accertato da tutti gli studi sul campo citati e da tutti i siti internet delle riserve sioux e assiniboin/stoney che, al di là delle possibili varianti ortografiche, oggigiorno i gruppi interessati si autodefiniscono come segue (e nessun elemento induce a pensare che in passato accadesse diversamente):

  • Dakhóta (o Dakhód) – i Santee
  • Dakȟóta (o Dakȟód) – gli Yankton e gli Yanktonai
  • Lakȟóta (o Lakȟól) – i Teton (denominazione peraltro da lungo tempo divenuta arcaica e sostituita dal puro e semplice Lakȟóta)
  • Nakhóta (o Nakhóda o Nakhóna[11]) – gli Assiniboin[12]
  • Nakhóda (o Nakhóta) – gli Stoney[12]

Le tendenze odierne

Al giorno d'oggi si registra, da parte degli Assiniboin e soprattutto degli Stoney canadesi, una forte propensione a minimizzare le rotture del passato e a rioccupare il proprio posto, se non nella “nazione sioux”, che non esiste più (se mai è esistita), almeno nella tradizione sioux. Tale propensione è apertamente dichiarata sui siti internet legati alle First nations canadesi ed è anzi, spesso ufficialmente dichiarata a livello degli organismi rappresentativi tribali. Valgano ad esempio lo stesso nome assunto dall’"Alexis Nakota Sioux First Nation"[13] o l'orgoglioso richiamo fatto dalla "Nakoda First Nation" dell'Alberta alla propria ascendenza sioux ed al valore della propria lingua nativa: “Come discendenti delle grandi nazioni sioux, gli odierni membri della tribù stoney preferiscono condurre la conversazione e gli affari tribali nella loro madrelingua sioux[14]. Addirittura più estesa e ragionata è l'adesione alla tradizione sioux da parte delle tribù assiniboin e stoney del Saskatchewan [15]. Con tali premesse non meraviglia che da parte delle strutture tribali nakota/nakoda sia stata data un'adesione massiccia alle recenti iniziative pan-sioux di rivitalizzazione delle lingue native, ed in particolare agli annuali “Lakota, Dakota, Nakota Language Summit”, indetti, a partire dal 2008, dall'organizzazione non-profit lakota per la promozione ed il rafforzamento della lingua, Tusweca Tiospaye, con la finalità di “Unire i Sette Fuochi del Consiglio per salvare la lingua[16]. Stante però il solco di (sostanziale) reciproca inintelligibilità creatosi ormai nel continuum dialettale sioux tra i dialetti dakota/lakota e quelli nakota/nakoda[8], è dubbio se tali sforzi di rivitalizzazione unitaria della lingua sioux potranno avere dei risultati significativi e, comunque, solo il tempo sarà in grado di dirlo.

Note

  1. ^ l'evoluzione linguistica dei termini è analoga a quella verificatasi negli altri dialetti sioux: dall'originario “Dakȟóta/Dakhóta” si è formato il termine “Dakȟód/Dakhód” (con l'inversione della “t” in “d”); in lakota ciò ha comportato l'ulteriore mutazione della “d” in “l” e si è avuto “Lakȟól” (cfr. Ullrich, ad nomen), come variante terminologica per “Lakȟóta”; egualmente in nakota, accanto alla versione “Nakhóda” si è formata l'ulteriore variante (con la normale mutazione della “d” in “n”) di “Nakhóna” (l'ortografia utilizzata nella presente voce è l'ortografia lakota standard introdotta da Ullrich nel suo recente New Lakota dictionary)
  2. ^ il termine “nakota”, così come “dakota” e “lakota”, significa, in ciascuno dei dialetti, “amico”, “alleato”
  3. ^ si vedano, a titolo d'esempio, (EN) Frederick W. Hodge (a cura di), Handbook of American Indians North of Mexico, 2 parti/volumi, Bureau of American Ethnology Bulletin 30, Washington, Smithsonian Institution: U.S. Government Printing Office, 1907/1910 (1:376), e (EN) Robert H. Lowie, Indians of the plains, American Museum of Natural History. Anthropological Handbook 1, McGraw Hill, New York, 1954 (8).
  4. ^ per prima, o tra i primi, dalla grande studiosa yankton/lakota Ella Cara Deloria [cfr. infra]; l'inesattezza di tale costruzione è stata altresì evidenziata nella tesi di dottorato (PhD) in linguistica (“Dakota Phonology and Morphology”) discussa, nel 1976, da Patricia A. Shaw presso l'Università di Toronto (citata da Parks e Rankin, pag. 97). Per la posizione di una figura non specialista in linguistica, ma che aveva a lungo operato sul campo, cfr. pure E. S. Curtis (The North ..., vol. 3, "The Teton Sioux. The Yanktonai. The Assiniboin", pag. 142 [1]): «Tutte le tribù Sioux usano il termine Dakóta, o Lakóta, per designare quelli che parlano uno dei dialetti dakota eccettuati gli Assiniboin. Questi ultimi, invece, includono sé stessi sotto tale definizione (Nakóta)».
  5. ^ una presentazione rapida della ricerca è contenuta in Parks e DeMallie, 1992, art. cit..
  6. ^ si vedano, a puro titolo di esempio, le opere di Gibbon e della Palmer citate tra le fonti della presente voce o il bel libro di Paul B. Neck sul capo dakota Inkpaduta [(EN) Inkpaduta. Dakota Leader, Norman, University of Oklahoma Press, 2008 (ISBN 978-0-8061-3950-0)]. Molto preciso e tempestivo, invece, Marco Massignan, tra le fonti in lingua italiana (op. cit., voce: "Sioux", pag. 305)
  7. ^ in ciò agevolati dal fatto che, per quanto riguarda il lakota, la lettera “d” è stata effettivamente sostituita in modo sistematico dalla “l”, sino a sparire completamente dall'alfabeto (cfr. Ullrich, pag. 693).
  8. ^ a b c Ullrich, pag. 2.
  9. ^ Raymond DeMallie riferisce che perfino la gioventù yankton e yanktonai ha preso l'abitudine di utilizzare la parola "nakota" come termine di autodesignazione, per distinguersi dai Santee e dai Teton (Handbook ..., pag. 750).
  10. ^ una tesi simile sembra sostenuta da James H. Howard, il quale, pur ammettendo che oggigiorno tutti i gruppi sioux orientali e centrali usano per sé stessi (e per l'intera nazione) la denominazione di Dakhóta, postula che il termine Nakhóta sia semplicemente "caduto in disuso" tra gli Yankton e gli Yanktonai (op. cit., pag. 4)
  11. ^ per l'utilizzo del termine “nakona” da parte degli Assiniboin di Fort Peck, cfr. (EN) http://fpcctalkindian.nativeweb.org/ e (EN) http://www.neh.gov/grants/guidelines/hisamples/HI-TCU-FortPeck.pdf
  12. ^ a b il termine di autodesignazione ricomprende sia gli Assiniboin e gli Stoney, che i Lakota e i Dakota.
  13. ^ (EN) http://www.alexisnakotasioux.com/
  14. ^ (EN) Copia archiviata, su treaty7.org.ws011.alentus.com. URL consultato il 15 ottobre 2017 (archiviato dall'url originale il 16 ottobre 2017).
  15. ^ (EN) http://www.sicc.sk.ca/nakota.html; secondo il Saskatchewan Indian Cultural Centre (SICC), anzi, ci sono perfino alcuni vecchi Stoney che proclamano una certa qual maggior loro affinità linguistica con i Lakota, piuttosto che con gli Assiniboin, e pretendono di essere dei «Sioux delle Montagne Rocciose» invece che dei semplici discendenti degli Hohe ("Ribelli", nome tradizionalmente usata da e per gli Assiniboin).
  16. ^ (EN) Summit 2008 Archiviato il 13 agosto 2009 in Internet Archive.. Anche da parte degli organizzatori lakota dell'iniziativa c'è il riconoscimento esplicito di una comunanza di origine con i nakota: “Il Language Summit ha costituito un'iniziativa per unire le oyate (“popoli”) lakota, dakota e nakota (“sioux”) sia degli Stati Uniti che del Canada, in uno sforzo collettivo e impegnativo per rivitalizzare e rafforzare le lingue lakota, dakota e nakota” (“le loro belle lingue”, come verrà scritto più avanti). Nella presentazione del (EN) Summit 2009 Archiviato l'11 dicembre 2009 in Internet Archive., ci si è spinti ancora più avanti: nell'elencazione delle tribù costituenti i "sette fuochi del consiglio", Assiniboin e Stoney sono stati in un primo momento inclusi nel "fuoco" degli Yanktonai (da cui si narra che si fossero anticamente distaccati) e poi, di fronte a probabili rimostranze da parte di qualcuno, sono stati spostati in fondo alla lista, ma è stata mantenuta la dicitura: "comprende anche il popolo Assiniboin e Stoney".

Bibliografia

  • (EN) Curtis, Edward S., The North American Indian: being a series of volumes picturing and describing the Indians of the United States, and Alaska (scritto, illustrato e pubblicato da Edward S. Curtis; curato da Frederick Webb Hodge), Seattle, E. S. Curtis [Cambridge, Mass. : The University Press], 1907-1930, 20 vol. (Northwestern University)
  • (EN) DeMallie, Raymond J. , “Sioux until 1850”; in id. (a cura di), Handbook of North American Indians: Plains (Vol. 13, Part 2, pagg. 718–760), W. C. Sturtevant (curatore generale), Smithsonian Institution, Washington, D.C., 2001, (ISBN 0-16-050400-7)
  • (EN) E. Gibbon, The Sioux: the Dakota and Lakota nations, Malden, Blackwell Publishers, 2003 (ISBN 1-55786-566-3)
  • (EN) Howard, James H., The Canadian Sioux, Lincoln, University of Nebraska Press, 1984 (ISBN 0-8032-2327-7)
  • (EN) Lewis, M. Paul (a cura di), 2009. Ethnologue: Languages of the World, Sixteenth edition, Tex.: SIL International. Versione online: http://www.ethnologue.com/
  • Marco Massignan, Il grande libro delle tribù indiane d'America, Xenia, Milano, 1999 (ISBN 88-7273-344-8)
  • (EN) Palmer, Jessica D., The Dakota peoples: a history of the Dakota, Lakota, and Nakota through 1863, Jefferson, McFarland & Company, 2008 (ISBN 0-7864-3177-6)
  • (EN) Parks, Douglas R. & DeMallie, Raymond J., "Sioux, Assiniboine and Stoney Dialects: A Classification", Anthropological Linguistics, Special Issue, Florence M. Voegelin Memorial Volume, Vol. 34:1-4, 1992
  • (EN) Parks, Douglas R. & Rankin, Robert L., "The Siouan languages", in R. J. DeMallie (a cura di), Handbook of North American Indians: Plains (Vol. 13, Parte 1, pagg. 94–114), W. C. Sturtevant (curatore generale), Smithsonian Institution, Washington, D.C., 2001, (ISBN 0-16-050400-7)
  • (EN) Ullrich, Jan, New Lakota Dictionary: Lakhótiyapi-English / English-Lakhótiyapi & Incorporating the Dakota Dialects of Santee-Sisseton and Yankton-Yanktonai, Bloomington,Lakota Language Consortium, 2008 (ISBN 0-9761082-9-1)

Voci correlate