Carmina non dant panem

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La frase Carmina non dant panem, tradotta letteralmente, significa "le poesie non danno pane". Lo stesso concetto è espresso dalla frase Litterae non dant panem ("le lettere non danno pane").

La massima esprime la difficoltà di trovare lavoro (e quindi denaro) per quelle persone che si dedicano a professioni artistiche o, in senso più ampio, intellettuali.

Nella letteratura latina[modifica | modifica wikitesto]

Un suo precedente si può trovare in Petronio:

«Amor ingenii neminem umquam divitem fecit (lett. L'amore dell'ingegno non ha mai fatto ricco nessuno)»

La frase di Petronio sarà poi ripresa da Giovanni di Salisbury nel suo Polycraticus.

Appare anche una frase simile come morale in una favola di Fedro (4,23,1):

«Homo doctus in se semper divitias habet (lett. L'uomo dotto ha sempre le ricchezze in se stesso)»

Nella poesia italiana[modifica | modifica wikitesto]

Il concetto è inoltre ribadito da diversi poeti italiani.

Francesco Petrarca scrive:

«Povera e nuda vai, Filosofia
dice la turba al vil guadagno intesa.»

Ludovico Ariosto sostiene:

«Apollo, tua mercé, tua mercé, santo
collegio de le Muse, io non possiedo
tanto per voi, ch'io possa farmi un manto.»

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Renzo Tosi, Dizionario delle sentenze latine e greche, 25 mag 2017, Rizzoli, ISBN 8858690206.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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