Leoni di Breda Solini

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Leoni di Breda Solini fu un battaglione di partigiani del mantovano, formato esclusivamente da sinti italiani fuggiti dal campo di concentramento di Prignano sulla Secchia (in provincia di Modena), dove furono rinchiusi a settembre del 1940[1][2].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Giacomo “Gnugo” De Bar, sinto emiliano, nel settembre del 1940 venne rinchiuso da bambino insieme alla famiglia nel campo di concentramento di Prignano sulla Secchia, in Provincia di Modena[3]. Con l'armistizio dell'8 settembre 1943, la sua famiglia riusci a scappare dal campo di concentramento, ed insieme ad altre famiglie di sinti italiani del Nord Italia, dall'autunno del 1943 si unirono alle brigate partigiane[4].

«Molti sinti facevano i partigiani. Per esempio mio cugino Lucchesi Fioravante stava con la divisione Armando, ma anche molti di noi che facevano gli spettacoli durante il giorno, di notte andavano a portare via le armi ai tedeschi. Mio padre e lo zio Rus tornarono a casa nel 1945 e anche loro di notte si univano ad altri sinti per fare le azioni contro i tedeschi nella zona del mantovano fra Breda Salini e Rivarolo del Re (oggi Rivarolo Mantovano), dove giravamo con il postone che il nonno aveva attrezzato. Erano quasi una leggenda e la gente dei paesi li aveva soprannominati «I Leoni di Breda Solini», forse anche per quella volta che avevano disarmato una pattuglia dell’avanguardia tedesca[5]»

La brigata partigiana fu formata della famiglia circense De Bar (il nonno Jean faceva il contorsionista e lo zio Rus equilibrista), che dalle esibizioni nelle piazze di giorno[6], di notte si trasformavano in combattenti, mettendo a punto azioni di sabotaggio contro i tedeschi[7]: girando con un camion attrezzato, rubando loro le armi e le munizioni per rifornire i partigiani[8]. La formazione operò sul confine tra Mantova, Modena, Reggio Emilia e Cremona[9], soprattutto nella zona del mantovano fra Breda Solini e Rivarolo del Re (attualmente Rivarolo Mantovano). Considerati dalla gente del posto degli eroi, per il fatto di usare la violenza solo se necessario, vennero soprannominati i Leoni di Breda Solini, dopo un’azione in cui avevano disarmato una pattuglia dell’avanguardia tedesca[8].

«Erano entrati nel cuore della gente come eroi, anche per il fatto che usavano la violenza il minimo necessario, perché fra noi sinti non è mai esistita la volontà della guerra, l’istinto di uccidere un uomo solo perché è un nemico. Questo lo sapeva anche un fascista di Breda Solini che durante la Liberazione si era barricato in casa con un arsenale di armi, minacciando di fare fuoco a chiunque si avvicinasse o di uccidersi a sua volta facendo saltare tutta la casa: «lo mi arrendo solo ai Leoni di Breda Salini». Così andarono i miei, ai quali si arrese, ma venne poi preso in consegna lo stesso da altri partigiani, che lo rinchiusero in una cantina e lo picchiarono[10]»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Partigiani Rom, su ANPI, 18 Gennaio 2014. URL consultato il 2 febbraio 2020 (archiviato dall'url originale il 2 febbraio 2020).
  2. ^ Il Popolo Rom E L’Impegno Contro Il Fascismo. Il Movimento Kethane In Piazza Il 25 Aprile Per Ricordare La Liberazione, su mediterraneomigrante.it. URL consultato il 2 febbraio 2020 (archiviato dall'url originale il 2 febbraio 2020).
  3. ^ I rom e la resistenza: una storia nascosta contro il pregiudizio, su indygesto.com, 24 aprile 2014.
  4. ^ 25 aprile: I partigiani sinti dimenticati, su radiocora.it, 24 aprile 2014.
  5. ^ i sinti e la festa del 25 aprile, su padreluciano.it.
  6. ^ Strada, patria sinta. Cento anni di storia nel racconto di un saltimbanco sinto, su Associazione CulturalePediatri.
  7. ^ Rom e sinti nella resistenza, su unsaltoneltempo.jimdofree.com.
  8. ^ a b Vesna Vuletic, Rom e Sinti per il 70esimo della Liberazione, su nuovasocieta.it, 26 aprile 2015. URL consultato il 2 febbraio 2020 (archiviato dall'url originale il 2 febbraio 2020).
  9. ^ Liberazione, sinti e rom partigiani, su sucardrom, 24 aprile 2014.
  10. ^ Senza Titolo, in Gazzetta di Mantova, 25 aprile 2012.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]