Lavoro di cura

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Lavoro di cura identifica le pratiche di lavoro domestico non formale svolte a favore di soggetti non autosufficienti, come bambini, anziani e disabili. Questo particolare tipo di lavoro comprende una serie di attività che spesso non vengono riconosciute socialmente né economicamente e che hanno luogo nell'ambito delle relazioni familiari.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

All'inizio degli anni ottanta in Italia, come in altri paesi occidentali, l'aumento della scolarizzazione femminile e l'introduzione della flessibilità ha aperto alle donne un'ampia fetta del settore terziario del mercato del lavoro. L'aumento dell'occupazione femminile, e deboli politiche di sostegno, hanno causato un'urgente domanda di lavoro di cura, ampiamente svolta dall'immigrazione femminile. Colf, badanti, baby-sitter: sono queste ed altre le donne che svolgono il lavoro di cura, in questo caso lavoro di mercato e fortemente mercificato.

Era quindi normale che le donne lavorassero principalmente a casa, svolgendo mansioni familiari e di cura; queste però erano ovviamente attività che non prevedevano un guadagno. Agli uomini, invece, erano riservate mansioni riconosciute sia a livello economico, che sociale.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

In tutto il mondo il 75% del lavoro non retribuito è svolto dalla donna. Il tempo dedicato ogni giorno al lavoro gratuito va dalle tre alle sei ore, contro una media maschile che varia da trenta minuti a due ore.

In Danimarca, dove gli uomini lavorano gratis per il maggior numero di ore, le ore di lavoro gratuito maschile sono sempre meno delle ore di lavoro gratuito a carico delle donne norvegesi; la Norvegia è invece il Paese in cui le donne lavorano di meno.

Raramente il carico e la responsabilità del lavoro di cura viene condiviso dagli altri familiari. Nella maggioranza dei casi, la presenza di un anziano non indipendente, di un bambino piccolo o di un diversamente abile in famiglia costituisce elemento di criticità ed emerge con forza la difficoltà di far fronte alla situazione. Le risorse a disposizione (umane ed economiche) influenzano fortemente in una direzione piuttosto che in un'altra. Inoltre, anche quando gli uomini incrementano la propria quota di lavoro gratuito, spesso non si fanno carico delle mansioni di routine che rappresentano la gran parte del lavoro domestico, ma selezionano i compiti più gradevoli, come l’accudimento dei figli.

Da uno studio statunitense del 2010 sulle caratteristiche del lavoro domestico gratuito svolto da un campione di ricercatori scientifici di entrambi i sessi è emerso che le donne si addossavano il 54% dei compiti di preparazione dei cibi, pulizia e bucato, prolungando di più di dieci ore la durata di una settimana lavorativa che arrivava così a sfiorare le sessanta ore; il contributo degli uomini, invece, non superava il 28%, e il loro tempo lavorativo settimanale aumentava della metà.

Questo lavoro svolto dalle donne all'interno della propria famiglia non è un lavoro di mercato, e non è socialmente riconosciuto come tale. La "conciliazione" tra lavoro formale e responsabilità di cura è uno dei fattori che determinano la differenza salariale tra uomini e donne; questa scelta- non scelta sta infatti impoverendo le donne di tutto il mondo.

Un recente studio dell’Ocse ha evidenziato che il divario retributivo tra i sessi è sensibilmente maggiore nei Paesi in cui le donne dedicano più tempo degli uomini al lavoro gratuito di cura. Le donne tendono infatti a dedicare al lavoro formale meno ore degli uomini. Ciò avviene a causa del fatto che il lavoro di cura le porta a privilegiare il tempo parziale e ad essere meno disponibili al lavoro straordinario. Per questo motivo, si stima che in Italia le donne percepiscono un reddito annuo tra il 50 e il 70% dello stipendio medio degli uomini.

Note[modifica | modifica wikitesto]


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