Kingu

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Nella mitologia babilonese Kingu scritto anche Qingu ( 𒀭 𒆥𒄖 , kin-gu) è il primogenito di Tiāmat, della quale diventa consorte, dopo la morte del padre Apsû.[1]

Mitologia[modifica | modifica wikitesto]

Secondo il mito cosmogonico narrato nell'Enūma eliš, Tiamat, spinta da altre divinità, vuole combattere contro Ea e, perciò, chiama a sé una schiera di mostri e serpenti al cui comando pone il figlio Kingu. Quando i poteri magici di Ea non riescono a prevalere, questi chiede l'aiuto di Marduk che accetta in cambio del comando supremo sugli dei. La richiesta viene accettata e Marduk ottiene armi potentissime, tra cui i sette venti. Scatena una tempesta nella quale imprigiona Tiamat nella sua rete immobilizzandola con i venti. Infine, circonda l'esercito nemico e cattura Kingu a cui ruba la Tavola dei Destini.[2]

Kingu viene accusato della rivolta e per questo viene giustiziato. Ea mischia il sangue di Kingu all'argilla, creando così l'uomo, il quale dovrà lavorare per gli dei sostituendo il compito precedentemente posto sulle spalle degli dei minori. L'archeologo Benno Landsberger[3] e lo scrittore Zecharia Sitchin associano Kingu alla Luna.[4][5]

mare primordiale
Apsû
Tiāmat
Laḫmu
Laḫamu
...
...
Anšar
Kišar
Enki/Ea
An/Anu
Antu
42...
Asaru
Asarualim
Asarualimnunna
Asaruludu
Enki
Namru
Namtillaku
Tutu
Marduk
Kingu
Argilla
Arco del Cielo
Umanità
Ṣarpanītum
Uomo
Nabu
Tashmetum

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ David Adams Leeming, The Oxford companion to world mythology, Oxford Univ. Press, 2005, ISBN 978-0-19-515669-0.
  2. ^ Babylonian Creation Myth, su web.archive.org, 10 giugno 2008. URL consultato il 26 agosto 2023 (archiviato dall'url originale il 10 giugno 2008).
  3. ^ Zecharia Sitchin e Janet Sitchin, Le cronache degli Anunnaki, EDIZIONI PIEMME, 19 aprile 2017, ISBN 978-88-585-1714-7. URL consultato il 26 agosto 2023.
  4. ^ Gianni Basso, La cerca del vero, Youcanprint, 7 maggio 2019, ISBN 978-88-316-1667-6. URL consultato il 26 agosto 2023.
  5. ^ Zecharia Sitchin, L'altra Genesi, EDIZIONI PIEMME, 13 novembre 2014, ISBN 978-88-585-1249-4. URL consultato il 26 agosto 2023.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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