Jigai

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La moglie di Onodera Junai, uno dei quarantasette ronin, si prepara per il suo suicidio

Jigai (自害?) era un tradizionale metodo di suicidio rituale praticato dalle donne in Giappone per mezzo del taglio dell'arteria carotide e della vena giugulare, con un coltello tantō (una lama di 15-30 cm) o kaiken (di 15 cm). Spesso veniva nascosto prima dell'atto sotto la cintura (chiamata obi) del kimono.

Il jigai è l'equivalente femminile del seppuku[1] (più noto come harakiri), il suicidio rituale praticato dai guerrieri samurai, conseguito tramite un profondo taglio dell'addome. A differenza del seppuku, si può compiere jigai senza assistenza (nel seppuku veniva individuato un kaishakunin che tagliava, durante il rituale, una parte del collo al suicida) e per questo motivo si può notare un minimo sfiguramento del volto dopo la morte.

Il rituale[modifica | modifica wikitesto]

Prima di commettere jigai, la donna si legava insieme le ginocchia per far trovare il proprio corpo in una posa dignitosa, passate le convulsioni ante-mortem. Questo atto era spesso praticato per preservare l'onore o per prevenire uno stupro in occasione di un'imminente sconfitta militare. Le bambine venivano accuratamente istruite alla pratica del jigai fin dai primi anni. Anche ai figli maschi che non avessero superato il genpuku (prova di maturità con la quale i giovani giapponesi diventavano ufficialmente adulti) era permesso di uccidersi con questa pratica. Non era raro che durante la capitolazione di una fortezza non solo le donne, ma anche i bambini di entrambi i sessi tra il terzo e il quattordicesimo anno di vita si suicidassero; tale suicidio era eseguito a volte in massa per evitare di essere catturati, deportati o disonorati. Spesso i soldati nemici, una volta entrati in una qualche abitazione, vedevano la padrona di casa sola, seduta con la faccia rivolta dalla parte opposta rispetto alla porta ed una volta arrivati a lei, scoprivano che ella si era silenziosamente tolta la vita molto tempo prima del loro arrivo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Joshua S. Mostow, Iron Butterfly: Cio-Cio-San and Japanese Imperialism, in Jonathan Wisenthal et al. (a cura di), A Vision of the Orient: Texts, Intertexts, and Contexts of Madame Butterfly, Toronto, University of Toronto Press, 2006, p. 190.
    «Lafcadio Hearn, in his Japan: An Interpretation of 1904, wrote of 'The Religion of Loyalty': "In the early ages it appears to have been [...] jigai [lit., 'self-harm,' but taken by Hearn to mean the female equivalent of seppuku], by way of protest against [...]"»

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]