Giustizia e Libertà

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Giustizia e Libertà fu un movimento politico fondato a Parigi nel 1929 da un gruppo di esuli antifascisti, tra cui emerse come leader Carlo Rosselli.

Il movimento era composito per tendenze politiche e provenienza dei componenti, ma era comune la volontà di organizzare un’opposizione attiva ed efficace al fascismo, in contrasto con l’atteggiamento dei vecchi partiti antifascisti uniti nella Concentrazione, giudicato debole e rinunciatario.

Provenienti da diverse correnti politiche, archiviamo per ora le tessere dei partiti e fondiamo un’unità di azione. Movimento rivoluzionario, non partito, “Giustizia e libertà” è il nome e il simbolo. Repubblicani, socialisti e democratici, ci battiamo per la libertà, per la repubblica, per la giustizia sociale. Non siamo più tre espressioni differenti ma un trinomio inscindibile”: così si apre il primo numero del periodico pubblicato dal gruppo.

L’obiettivo di Giustizia e Libertà era quindi quello di preparare le condizioni per una rivoluzione antifascista in Italia che non si limitasse a restaurare il vecchio ordine liberale. ma in grado di creare un modello di democrazia avanzato e al passo con i tempi, aperto agli ideali di giustizia sociale, che sapesse inserirsi nella realtà nazionale e in particolare raccogliesse l’eredità del Risorgimento. Riprendendo le idee di Piero Gobetti, di cui era stato collaboratore, Rosselli considera il fascismo una manifestazione di antichi mali della società italiana e si propone quindi non solo di sradicare il regime mussoliniano, ma anche di rimuovere le condizioni politiche, sociali, economiche e culturali che lo avevano reso possibile.

Il movimento Giustizia e Libertà svolse anche un’importantissima funzione di informazione e sensibilizzazione nei confronti dell’opinione pubblica internazionale, svelando la realtà dell’Italia fascista che si nascondeva dietro la propaganda di regime, in particolare grazie all’azione di Gaetano Salvemini, che era stato l’ispiratore del gruppo e il maestro di Rosselli.

La fondazione di Giustizia e Libertà

Carlo Rosselli viene arrestato e condotto prima nel carcere di Carrara e in seguito in quello di Como; nel dicembre 1926 viene deliberato nei suoi confronti il provvedimento di confino per 5 anni da scontare a Lipari. Tenta la fuga, più volte, senza successo. Solamente nel giugno del 1929, a bordo di un motoscafo assieme a Francesco Nitti e ad Emilio Lussu (avvocato e leader del Partito Sardo d'Azione), riesce nell'impresa e raggiunge Parigi, via Marsiglia, in agosto. Rosselli e Lusso si trasferiscono all'Hộtel du Nord de Champagne, a Montmartre, luogo in cui il movimento di Giustizia e Libertà vedrà i suoi natali, anche grazie al contributo di altri fuoriusciti tra cui proprio Salvemini, residente in Saint-Germain-en-Laye presso l'abitazione del liberale Alberto Tarchiani.

Giustizia e Libertà non nasce come partito, ma come movimento rivoluzionario ed insurrezionale in grado di riunire tutte le formazioni non comuniste che intendevano combattere e porre fine al regime fascista, cavalcando la pregiudiziale repubblicana. Come ricorda Giuseppe Fiori nella biografia dedicata ad Ernesto Rossi, il motto del movimento, coniato da Lussu, era «Insorgere! Risorgere!» e i triumviri incaricati di guidarlo erano il socialista Rosselli, il repubblicano Lussu e il liberale Tarchiani. Come recita il primo bollettino mensile di GL, «non vinceranno in un giorno, ma vinceranno», e anche se non saranno tutti loro i diretti testimoni di questa vittoria, lo sarà l'Italia repubblicana. Altri nuclei di combattenti, legati a GL, sono presenti soprattutto nel nord Italia: a Milano si trovano Ferruccio Parri, Bruno Bauer e Del Re; a Bergamo Ernesto Rossi; a Firenze Tarquandi; a Roma Fancello e Torraca. Nel 1930 Carlo Rosselli pubblica a Parigi, presso la Librairie Valois, il testo teorico del movimento, Socialisme Libéral, scritto l'anno precedente a Lipari; il testo fu ristampato in Italia per la prima volta nel 1945, a cura di Garosci. In una lettera a Garosci, Gaetano Salvemini stronca senza riserve il Socialismo Liberale che non si astiene dal definirlo come «l'eruzione vulcanica di un giovane entusiasta e non un'opera critica, equilibrata e sostanziosa in cui era incapsulata una idea fondamentale: la ricerca di un socialismo che facesse sua la dottrina liberale e non la ripudiasse o assumesse di fronte ad essa una posizione indifferente o equivoca»[1]. Secondo Norberto Bobbio, al contrario, gli intenti e le conclusioni a cui Carlo Rosselli vuole giungere sono ben altre: prima tra tutti s’impone la necessità di una «rottura tra marxismo e socialismo» e dunque la possibilità di essere socialisti senza essere marxisti. Se il socialismo era stato considerato, in modo peculiare dal movimento operaio italiano, inscindibile dal sistema marxista, era giunto il tempo di riconsiderare il suo ruolo alla luce di una compatibilità possibile con il liberalismo: «Il socialismo inteso come ideale di libertà non per pochi ma per i più, non solo non è incompatibile con il liberalismo, mane è teoricamente la logica conclusione, praticamente e storicamente la continuazione. Il marxismo, e ancora una volta bisogna intendere per marxismo una visione rigorosamente deterministica della storia, ha condotto il movimento operaio a subire l’iniziativa dell’avversario, e una sconfitta senza precedenti»[2].

Il ruolo di Giustizia e Libertà nella Guerra civile spagnola

Nel febbraio 1936, dopo un periodo di grandi difficoltà politiche e sociali (moti rivoluzionari duramente repressi, sospensioni delle libertà civili, drammatiche condizioni sociali della popolazione nel quadro di un sistema economico ancora semi-feudale) in Spagna il Fronte popolare vinse le elezioni. Le forze reazionarie passarono presto al contrattacco: nel luglio i militari di stanza in Marocco, guidati dal generale Francisco Franco, attuarono un pronunciamiento (colpo di stato militare) contro il governo repubblicano. I militari, che speravano in una vittoria facile e breve, si trovarono contro una massiccia resistenza popolare che riuscì in poco tempo a fermare l’avanzata delle truppe ribelli e a riequilibrare la situazione. Anche una parte dello stesso esercito (marina e aviazione) si schierò con la Repubblica.

Mentre i governi democratici restavano indifferenti, furono gli intellettuali e i militanti antifascisti di tutta Europa che si sentirono in dovere di portare il loro contributo alla lotta dei repubblicani spagnoli. Tra questi ovviamente Giustizia e Libertà fu da subito in prima linea. Rosselli convocò tempestivamente una riunione dei gruppi antifascisti per organizzare un’azione comune. In un primo tempo però il partito comunista e il partito socialista decisero di non intervenire in Spagna per non creare problemi politici al governo repubblicano. Così Giustizia e Libertà decise di agire autonomamente insieme ad altri gruppi antifascisti minori (socialisti massimalisti, anarchici ) e, grazie alla disponibilità della CNT-FAI, il sindacato anarchico che organizzava la resistenza in Catalogna, venne creata una colonna italiana, sottoposta al comando anarchico ma aperta ad antifascisti di tutte le tendenze politiche.Carlo Rosselli se ne assunse la direzione.

Solo successivamente, dopo l’appoggio dell’URSS ai repubblicani spagnoli e la nascita delle Brigate internazionali, i partiti comunista, socialista e repubblicano si accordarono per formare una legione unitaria, la Brigata Garibaldi, che operava lontano dalla Catalogna. La formazione di Rosselli si trovò così isolata e, con la militarizzazione della resistenza popolare, si aprirono contrasti tra gli anarchici intransigenti, insofferenti a ogni disciplina, e lo stesso Rosselli. Quest’ultimo, che nel frattempo si era ammalato, decise di lasciare la Spagna temporaneamente per curarsi, ma, poco dopo il suo rientro in Francia, venne ucciso insieme al fratello Nello Rosselli da sicari fascisti.

La Resistenza in Italia e il Partito d'Azione

Giustizia e Libertà fu attivissima nell'organizzare bande di partigiani (tra le quali si ricorda l'omonima brigata "Giustizia e Libertà" guidata dal partigiano Antonio Giuriolo) dopo l'8 settembre 1943. Numericamente, le bande di GL (dette "gielline" o "gielliste") furono seconde dietro alle bande che si chiamavano garibaldine, riconducibili al partito comunista. I partigiani giellini si riconoscevano per fazzoletti di colore verde. Tra i personaggi più importanti di GL durante la Resistenza si possono ricordare Ferruccio Parri, nominato dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) comandante militare unico della Resistenza, Ugo La Malfa, Emilio Lussu, Riccardo Lombardi, nominato nel 1945 prefetto di Milano dal CLN dell'Alta Italia (CLNAI). Nel gennaio 1943 fu costituito il Partito d'Azione, da componenti di GL e da altri uomini politici di orientamenti liberal-socialisti, repubblicani, socialisti e democratici. Durante la guerra partigiana, il Partito d'Azione rappresentò l'organizzazione politica a cui facevano riferimento i combattenti partigiani di GL.

Esso riuscì a presentarsi come un partito che lottava per un cambiamento radicale della società italiana, rompendo con intransigenza ovviamente con il fascismo ma anche con l'Italia pre-fascista, in questo contrapponendosi ai liberali, per una società laica e secolarizzata, contrapponendosi ai democristiani, e per una società democratica progressista ma pluralista e con ordinamenti politici liberali, in questo contrapponendosi ai comunisti in quel periodo ancora saldamente legati all'Unione Sovietica. Per questi motivi distintivi riuscì a raccogliere vasti consensi tra le persone desiderose di combattere contro il nazi-fascismo, caratterizzandosi comunque come un movimento piuttosto elitario. Tuttavia, in questi anni si manifestò sempre più l'eterogeneità ideologica del movimento che portò in seguito a divisioni e alla diaspora. All'interno di GL si possono ravvisare in quegli anni due maggiori correnti, una di sinistra, di idee molto vicine a quelle del Partito Socialista soprattutto in economia, in cui si possono includere Emilio Lussu, Riccardo Lombardi ed ex comunisti come Leo Valiani e Manlio Rossi Doria (usciti dal PCI nel 1939 in seguito al patto Molotov-Ribbentrop), e una, relativamente al movimento, di destra, con orientamento più moderato specialmente in economia, con Ugo La Malfa come personaggio più rappresentativo, insieme a Mario Paggi, Alessandro Galante Garrone e altri. Questa divisione interna si manifesterà insanabile a guerra terminata.

Esponenti

Esponenti di spicco del movimento:

Voci correlate

Ulteriori letture

Fabio Galluccio, Non potevi fare altrimenti, 2005, ISBN 88-89099-05-4

Note

  1. ^ Carlo Rosselli, Socialismo Liberale, introduzione e saggi critici di N. Bobbio, Einaudi, Torino 1997, p. XLVIII
  2. ^ Ibid., p. XXVI