Ercole e Caco

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Ercole e Caco
AutoreBaccio Bandinelli
Data1530-1534
MaterialeMarmo bianco
Altezza505 cm
UbicazionePiazza della Signoria, Firenze
Coordinate43°46′09″N 11°15′21″E / 43.769167°N 11.255833°E43.769167; 11.255833

L'Ercole e Caco è una scultura in marmo di Baccio Bandinelli situata in Piazza della Signoria davanti a Palazzo Vecchio e a fianco di quella che oggi è una copia del David di Michelangelo, a Firenze. L'opera è posta su un basamento con dei busti di fauno scolpiti a bassorilievo e reca, in latino, la firma dell'autore. Il tema allegorico è quello della forza e dell'ingegno di Ercole che sconfiggono la malvagità di Caco, episodio narrato da Virgilio e altri poeti nella saga delle Dodici fatiche di Ercole.

Storia e descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Finita nel 1533, ebbe una genesi travagliata e complessa. Fu commissionata da Clemente VII e Alessandro dei Medici, detto Il Moro. Inizialmente era stata infatti commissionata nel 1505 a Michelangelo, che ebbe appena il tempo di realizzare un (presunto) modellino conservato oggi al Museo di Casa Buonarroti, preso dai sempre più pressanti impegni a Roma.

La commissione restò solo sulla carta: nel 1525 si interpellò per la prima volta Baccio, poi nel 1528 si tornò a parlare di Michelangelo e in quell'occasione venne mutato il soggetto su sua iniziativa, preferendo il Sansone e i filistei. Con il ritorno dei Medici (1530) la commissione fu affidata definitivamente al Bandinelli, che la terminò nel 1534.

Baccio, secondo quanto racconta il Vasari nelle Vite, era uno dei più accaniti ammiratori di Michelangelo, attento studioso della sua opera nell'ambizione di arrivare a superarlo. Quando però si dovette rassegnare a non avere il talento per essergli alla pari, l'ammirazione si mutò prima in invidia e poi in odio. Lo imitò spesso nei soggetti e nel gigantismo, credendo che la grandezza del Buonarroti consistesse nelle grandi misure delle statue, facendo sculture enormi, ma senza forza né anima, né perfezione anatomica.

L'Ercole è giudicato come un tipico esempio dei tentativi di Baccio per superare o almeno eguagliare Michelangelo: lo scolpì raggiungendo l'obiettivo di essere collocato nella prestigiosa piazza pubblica a fianco del David, ma l'opera è permeata di gigantismo, con uno sfoggio di massa muscolare che non si traduce in espressività e movimento, ma resta fine a sé stessa.

Ma basti il commento tagliente di Benvenuto Cellini a proposito dell'Ercole per dare la misura di quanto, in questo confronto, Baccio ne sia uscito sconfitto:

«Questa virtuosa scuola dicie che se e' si tosassi i capegli a Ercole, che e' non vi resterebbe zucca che fussi tanta per riporvi il cervello; e che quella sua faccia e' non si conoscie se l'è di omo o se l'è di lionbue; e che la non bada a quel che la fa, e che l'è male appiccata in sul collo, con tanta poca arte e con tanta mala grazia, che e' non si vedde mai peggio; e che quelle sue spallacce somigliano due arcioni d'un basto d'un asino; e che le sue poppe e il resto di quei muscoli non son ritratti da un omo, ma sono ritratti da un saccaccio pieno di poponi, che diritto sia messo, appoggiato al muro. Così le stiene paiono ritratte da un sacco pieno di zucche lunghe; le due gambe e' non si conosce in che modo le si sieno appiccate a quel torsaccio: perchè e' non si conosce in su qual gamba e' posa o in sa quale e' fa qualche dimostrazione di forza; né manco si vede che ei posi in su tutt'a dua, sì come e' s'è usato alcune volte di fare da quei maestri che sanno qualche cosa: ben si vede che la cade innanzi più d'un terzo di braccio: ché questo solo si è 'I maggiore e il più incomportabile errore che faccino quei maestracci di dozzina plebe'. Delle braccia dicono che le son tutt'a dua giù distese senza nessuna grazia, né vi si vede arte, come se mai voi non avessi visto degl'igniudi vivi, e che la gamba dritta d'Ercole e quella di Cacco fanno a mezzo delle polpe delle gambe loro: ché se un de' dua si scostassi dall'altro, non tanto l'uno di loro, anzi tutt'a dua resterebbono senza polpe da quella parte che ei si toccano; e dicono che uno dei piedi di Ercole si è sotterrato, e che l'altro pare che gli abbia il fuoco sotto.»

La figura di Baccio, permeata da una secolare cattiva fama, va magari analizzata nel contesto di un ambiente artistico «ossessionato» dalla fama dei «giganti» del Rinascimento maturo, (Raffaello, Leonardo e Michelangelo), dove ai giovani artisti veniva indicato di cercare la «maniera» dei grandi piuttosto che sforzarsi a individuare una propria strada a partire dall'osservazione della natura. È l'epoca del manierismo, dove Baccio forse sentì la sua sensibilità schiacciata da modelli tanto grandi, accantonando tipologie di lavoro magari a lui più congeniali (come lo stiacciato del quale diede una altissima prova nei rilievi di Santa Maria del Fiore) in favore di altre più tutto sommato estranee.

Altre immagini[modifica | modifica wikitesto]

La statua con sfondo la Galleria degli Uffizi

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Alessandra Giannotti, Donatella Pegazzano e Claudio Pizzorusso, Giambologna e la scultura della Maniera: Baccio Bandinelli, Niccolò Tribolo, Bartolomeo Ammannati, Benvenuto Cellini, Pierino da Vinci, Giovan Angelo Montorsoli, Stoldo Lorenzi, Vincenzo de' Rossi, Vincenzo Danti, Pietro Francavilla, in I grandi maestri dell'arte, n. 31, Milano-Firenze, Il Sole 24 ore-E-ducation.it, 2008, pp. 116-123, SBN IT\ICCU\RMS\1947856.

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