Discussione:Analisi delle Operette morali

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Analisi delle Operette morali
Argomento di scuola secondaria di II grado
Materialetteratura italiana
Dettagli
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Progetto Wikipedia e scuola italiana

Propongo di integrare questa voce con la voce Operette morali#Cantico del gallo silvestre, in quanto su questa pagina il contenuto è minimo, mentre su quella dedicata alle operette il contenuto e inesistente. --Number55 17:41, 20 giu 2009 (CEST)[rispondi]

Il suggerimento qui sopra si riferisce ad un'integrazione di più opere, poi avvenuta, in merito alla quale altrove si commentava anche:
La voce Operette morali pesa quasi 150 kb, che sono decisamente troppi: più che appesantirla ulteriormente bisognerebbe alleggerirla, eliminando o scorporando qualcosa. Lo segnalo anche in Discussione:Operette morali comunque. --Jaqen [...] 10:38, 21 giu 2009 (CEST)[rispondi]

Dialogo di Tristano e di un amico[modifica wikitesto]

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Il Dialogo è fieramente e sarcasticamente polemico in quasi tutto lo sviluppo. Esso ci richiama alla mente la nuova, combattiva poesia leopardiana, nata dopo i grandi idilli e conclusa con la Ginestra, nella quale il poeta si pone in netto contrasto con le ideologie ottimistiche del proprio tempo e proclama la sua desolata concezione della vita con la certezza che nasce da una fede incrollabile.

Il dialogo si svolge tra due personaggi, Tristano (alter ego dell'autore) ed un anonimo Amico, portavoce delle opinioni diffuse nel primo Ottocento, il quale esordisce parlando del libro di Tristano come malinconico, sconsolato, disperato. Tristano replica con una fittizia ritrattazione rispetto alla "pazzia" di aver giudicato infelice la vita umana, e con un'ironica rassegna delle "verità scoperte dal secolo decimonono", ovvero la perfettibilità indefinita dell'uomo, la continua crescita del sapere, la superiorità del secolo rispetto a tutti quelli passati, la profonda filosofia dei giornali. Ed esclama: «Ma viva la statistica! vivano le scienze economiche, morali e politiche, le enciclopedie portatili, i manuali, e le tante belle creazioni del nostro secolo! e viva sempre il secolo decimonono! forse povero di cose, ma ricchissimo e larghissimo di parole, che sempre fu segno ottimo, come sapete.»

Domina, in parte del dialogo, il disgusto contro le accuse dei suoi detrattori, soprattutto contro coloro che avevano interpretato il suo pessimismo come un riflesso dei suoi patimenti fisici. Ma alla fine il poeta si solleva dagli effimeri contrasti con gli uomini a una confessione lirica altissima, espressione della grandezza e della tragica dignità di un'anima, sola e impavida davanti al destino. A tratti vi è un supremo distacco dalla vita e una sublime contemplazione della morte, ed è veramente scavata nell'intimo, parola per parola. Lo stile e il ritmo, nella loro solennità nuda e severa, trascrivono immediatamente l'intimo respiro dell'anima e fanno sentire il risollevarsi dell'angoscia vana e senza fine del vivere in un'accettazione della morte che è, al tempo stesso, una sdegnosa protesta e l'espressione di un'intatta nobiltà dello spirito. Ne sono prova le parole di Tristano che aprono la battuta conclusiva del Dialogo: «Io non mi sottometto alla mia infelicità, né piego il capo al destino, o vengo seco a patti, come fanno gli altri uomini; e ardisco desiderare la morte, e desiderarla sopra ogni cosa, con tanto ardore e con tanta sincerità, con quanta credo fermamente che non sia desiderata al mondo se non da pochissimi.» --Xavier121 18:46, 31 ago 2009 (CEST)[rispondi]

Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere[modifica wikitesto]

Sospetta violazione di copyright da sito.

Mentre il primo, il venditore di Almanacchi, è carico di speranze per l'anno futuro (si percepisce, sebbene il dialogo sia privo di ambientazione, che si è prossimi alla fine dell'anno), il secondo, il Passeggere, è più pessimista. Il passeggere, infatti, è simbolo dell'uomo, che tenta di barcamenarsi fra la noia e il dolore. E, scambiando qualche parola con il venditore, gli propone di rivivere un anno passato. Il venditore, tuttavia, non accetta di rivivere un anno uguale a uno passato, anzi, ne chiede uno ancora diverso. Il passeggere allora afferma che la vita bella non è quella che si conosce, ma quella che deve ancora venire. Detto questo, a tratti sconsolato, acquista un almanacco. --Xavier121 18:53, 31 ago 2009 (CEST)[rispondi]

Seconda parte trovata su questo [http//kasiniste.forumcommunity.net/?t=6025548 blog] e pubblicata il 2 aprile 2007, qualche mese prima della stesura della voce su wikipedia (non ho trovato il sito originale di provenienza). --Xavier121 19:05, 31 ago 2009 (CEST)[rispondi]
Il dialogo leopardiano offre molteplici spunti di riflessione.
In primo luogo, il passante dà sfogo al pessimismo leopardiano, privo di speranze per il futuro, che si appresta a vivere avvilito e frustrato. Il venditore invece recita la parte dell'uomo ancora illuso (come si definì il Leopardi in giovinezza), che ancora non ha fatto i conti con la realtà effettiva, sebbene anche dalle sue parole filtri qualche segno di tristezza.
In secondo luogo il tema del dolore. Non si legge direttamente, ma traspare dalle parole dei due. Il venditore, ad esempio, non vorrebbe rivivere il passato, non solo perché è ormai abusato e noioso, ma anche perché doloroso. La carica emotiva, che spingeva il giovane Leopardi a rifugiarsi nel passato per sfuggire al presente doloroso e al futuro, terribilmente uguale al presente, sembra ormai esaurita.
Siamo all'interno non più del pessimismo storico, ma del pessimismo cosmico, seconda parte del pensiero del poeta di Recanati. Il piacere non è più illusione, è breve e temporanea cessazione del dolore.
Il poeta lascia, in chiusura, ancora uno spiraglio di speranza, dal momento che non si capiscono le ragioni per cui il passeggere infine acquisti l'almanacco. Forse un cedere affranto al futuro? Non lo sappiamo. Resta il fatto che, anche con un almanacco nuovo di zecca, il futuro sarà, secondo il poeta, ancora doloroso, o peggio, preda del tedio e della noia. --Xavier121 19:07, 31 ago 2009 (CEST)[rispondi]

Inoltre nel dialogo viene chiaramente illustrata un difetto di fondo del pensiero umano che tende a proiettare nel futuro tutte le proprie aspirazioni di felicità, infatti Leopardi con tono ironico dimostra come il venditore d'almanacchi illusoriamente crede in un anno nuovo più felice e migliore di quello passato. Inserito da anonimo, rielabora un concetto espresso subito dopo in citazione dall'autore. Superfluo? --Xavier121 02:21, 1 gen 2016 (CET)[rispondi]

Stratone da Lampsaco: un passo da rifare[modifica wikitesto]

«la materia molle finirà per ricadere sul pianeta in un eterno ciclo come tutti i pianeti ricadranno nei loro soli.» : il senso è confuso, incerto. Significa che dal disco forato e frammentato la materia si riattrarrà a ricomporre un pianeta? E che tutti i pianeti sono (secondo quella teoria) in questo ciclo? E che in questo ciclo stanno anche i soli=stelle? Chi ricorda bene l'operetta chiarisca! Grazie. --94.36.166.161 (msg) 00:31, 9 apr 2015 (CEST)[rispondi]