Diritto proprio

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Il diritto proprio (in lingua latina ius proprium) era il diritto dell'età basso medievale tipico degli ordinamenti locali come feudi, comuni medievali, corporazioni delle arti e mestieri, istituzioni monarchiche considerato particolare rispetto al diritto comune (ius commune), quest'ultimo prodotto da un ceto di colti giuristi sulla base del diritto romano.

Diritto proprio e diritto comune convissero in un'esperienza giuridica formata da diversi ordinamenti e autonomie in cui non vi era un potere centrale tanto forte (o semplicemente interessato) da avere l'esclusività legislativa. Tuttavia non mancarono scontri tra i professionisti del diritto che lamentavano la scarsa qualità della legislazione locale e i legislatori che invece accusavano i primi di "distruggere il diritto del luogo" (lo ius proprium, appunto). Il politico Dino Compagni arrivò ad accusare i "maledetti giudici" colpevoli, a suo avviso, di interpretare a loro piacimento le leggi.[1][2][3]

Diritto in Europa dopo l'anno mille[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Diritto medievale.

Diritti particolari[modifica | modifica wikitesto]

Istituzioni monarchiche[modifica | modifica wikitesto]

Signorie feudali[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Feudalesimo.

Comuni medievali[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Corporazioni delle arti e mestieri.

Corporazioni delle arti e mestieri[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Diritto medievale.

Convivenza tra diritto comune e proprio[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Diritto comune.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Ascheri, 2007, pp. 216-218.
  2. ^ Padoa-Schioppa, 2007, pp. 213-214.
  3. ^ Grossi, 2003, pp. 35, 233-234.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]