Badlay ibn Sa'ad ad-Din
Badlay ibn Sa'ad ad-Din (AR) بادلاي بن سعد الدين | |
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Sultano di Adal | |
In carica | ? – 1445 |
Predecessore | Jamal ad-Din II |
Successore | Muhammad ibn Badlay |
Nome completo | Badlay ibn Sa'ad ad-Din II |
Nascita | Zeila, ? |
Morte | Gomit, 1445 |
Casa reale | Dinastia di Walashma |
Padre | Jamal ad-Din II |
Badlay ibn Sa'ad ad-Din II (بادلاي بن سعد الدين (arabo), Sihab ad-Din Ahmad Badlay[1][2], Arwe Badlay (Badlay la Bestia in somalo); Zeila, ... – Gomit, 1445) è stato un sovrano somalo. Figlio di Sa'ad ad-Din II, fu sultano di Adal.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Si sa molto poco della vita del sultano Badlay, ma si sa che a un certo punto, alla sua ascesa al trono, egli spostò la capitale di Adal a Dakkar (una città che si trovava a qualche miglio a sudovest di Harar, e che l'accademico Richard Pankhurst ritiene che fu fondata dallo stesso Badlay[3]). SI rivoltò contro il suo signore etiope, alla guida di una Jihād che lo portò a conquistare la provincia di Bale. Nel 1443, egli invase la provincia di Dawaro; respinto una prima volta, ritentò nel 1445, ma venne sconfitto e ucciso da Zara Yaqob, Imperatore d'Etiopia, nella battaglia di Gomit[4] Stando alle Cronache Reali di Zara Yaqob, l'Imperatore tagliò a pezzi il suo corpo e li sparpagliò in diverse parti del suo regno: la sua testa fini in un posto chiamato "Amba", mentre le altre parti finirono a Axum, Manhadbe, Wasel (vicino all'odierna Dessiè), Jejeno (forse Mekane Selassie), Lawo (probabilmente Lawo Gabaya) e Wiz (posizione ignota).[5]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ G.W.B. Huntingford, Historical Geography of Ethiopia (London: British Academy, 1989), p. 101., ISBN 0-19-726055-1
- ^ Pankhurst, Richard. The Ethiopian Borderlands: Essays in Regional History from Ancient Times to the End of the 18th Century (Asmara, Eritrea: Red Sea Press, 1997), pp.56
- ^ Richard Pankhurst, History of Ethiopian Towns (Wiesbaden: Franz Steiner Verlag, 1982), p. 49.
- ^ J. Spencer Trimingham, Islam in Ethiopia (Oxford: Geoffrey Cumberlege for the University Press, 1952), p. 75.
- ^ L'identificazione di tali nomi proviene da Huntingford, p. 104.