Altichiero

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Disambiguazione – Se stai cercando Altichiero località di Padova, vedi Padova.
Altichiero, La decapitazione di san Giorgio

Altichiero da Zevio (notizie dal 1369 al 1384) fu un pittore italiano, attivo a Verona e a Padova, attivo nella seconda metà del XIV secolo e considerato tra i più grandi pittori veneti di questo periodo, secondo alcuni "il più geniale pittore italiano del secondo Trecento"[1].

Biografia e opere

Figlio di Domenico da Zevio, nelle "Vite" del Vasari è chiamato Aldigeri da Zevio. Fu discepolo del Turone. Sulla sua vita le notizie sono molto scarse, si sa soltano che è citato per il pagamento di una anchona (cioè un'ancona, una tavola dipinta da altare) nel 1384 e che era già morto nel 1393. Le fonti però lo ricordano come un artista molto apprezzato ai suoi tempi.

Nelle sue prime opere si ispirò alla scuola giottesca lombarda, tranendo insegnamenti di "verità" descrittiva, che seppe mettere a buon frutto nelle sue opere. Dalle vivaci opere di Tommaso da Modena imparò lo stile narrativo brillante e l'attenzione per i dettagli quotidiani. Sebbene per alcuni aspetti coloristici e narrativi sembri precedere lo stile del gotico internazionale, il suo sgaudo indaga ancora oggettivamente, ed è estraneo alle fantasie cortesi e cavalleresche che saranno invece in Pisanello, suo diretto erede.

Le prime opere a Verona e a Padova

Nel 1364 affrescò nella Sala Grande di Cansignorio della Scala, a Verona, le Storie della guerra giudaica, putroppo perdute come le altre storie profane della Reggia Carrarese di Padova, dove erano raffigurati vari cicli: di Nerone, di Camilla, di Lucrezia, di Ercole e una serie di Uomini illustri, su ispirazione del Petrarca. Del poeta fiorentino egli eseguì anche un ritratto, che ci è pervenuto sebbene ampiamente ridipinto in epoche successive, dove l'autore è al tavolo di studio. L'interesse verso soggetti storici e classici, influenzato sicuramente dall'umanesimo petrarchiano, fece da preludio a quel gusto antiquario che dominò la scena norditaliana nel secolo successivo.

La Cappella di San Felice a Padova

La Crocefissione

Il primo capolavoro che ci sia pervenuto di questo autore sono gli affreschi cappella di San Felice della Basilica del Santo di Padova, dove Altichiero dipinse le Storie di San Giacomo, in collaborazione con il bolognese Jacopo Avanzo, e, da solo, la maestosa Crocefissione, tra il 1376 e il 1379, su commissione di Bonifacio Lupi marchese di Soragna.

La Crocefissione è dipinta da tre arcate, ma le diverse scene sono trattate come un unico spazie. Al centro la Croce, isolata in alto e contornata da angeli, ricorda il medesimo soggetto di Giotto nella Cappella degli Scrovegni, al pari del gruppo delle pie donne.

Ma straordinario è il dispiegarsi della folla attorno al Golgota, con un campionario di stati d'animo e di scene di vita quotidiana che non ha paragoni in un soggetto del genere: soldati indifferenti, passanti, spettatori incuriositi o inconsapevoli, madri coi bambini alla mano, persone che commentano... e poi le scene secondarie, come quella degli sgheri che rientano in città, o quella delle vesti tirate a sorte, il tutto con una tale vividezza che are di trovarsi di fronte ad un vivido spaccato di una piazza trecentesca, con un'amplissima gamma di tipi umani e di atteggiamenti emotivi.

L'oratorio di San Giorgio a Padova

I Funearli di Santa Lucia

Nel 1384 Altichiero concluse un'altra grande opera, gli affreschi sulle pareti dell'oratorio di San Giorgio, sempre a Padova. La struttura architettonica è molto simile alla cappella degli Scrovegni, con un'aula dalle pareti lisce coperta da volta a botte. Le scene raffigurate sono la Crocefissione, l' Incoronazione della Vergine (sull'altare), le Storie dell'infanzia di Cristo (controfacciata) e, sulle pareti, le Storie di San Giorgio, di Santa Caterina d'Alessandria e di Santa Lucia. Ciascuna scena è contornata da grandi campiture, che ne risaltano la spettacolarità. Lo stato di conservazione non è ottimo, ma nelle parti meglio conservate si può ammirare come la stesura pittorica sia raffinatissima, con giochi di luce e morbide sfumature e brillanti accostamenti, con vertici assoluti per l'arte trecentesca. Gli scorci architettonici sono complessi e prefettamente inseriti nello svolgimento delle scene, con profondi scorci prospettici, come nel San Giorgio che beve il veleno o nei Funerali di Santa Lucia, dove appare una navata di una chiesa in scorcio piena di astanti perfettamente collocati nello spazio. Se l'orchestrazione delle masse non presenta errori o stanchezza inventiva, ancora più sorprendente è l'attenzione ad individuare con gesti, espressioni e vari dettagli la componente individuale di ciascuna figura. Ma nonostante ciò i preziosismi non rubano mai la scena all'azione principale: il pittore contralla tutta la composizione per far cadere l'occhio all'osservatore dove lui vuole che cada. Nella scena di Santa Lucia condotta al Lupanare per esempio, una serie di linee orizzontali convergono sulla figura della santa, che nonostante si trovi in posizione decentrata appare imemdiatamente visibile; in un secondo momento poi l'occhio si allontana a percepire la realistica rappresentazione, con i buoi piegati dallo sforzo, l'incredulità delle guardie, l'apprensione dia lcuni spettatori.

Opere

  • Polittico di Boi, già a Caprino Veronese ed oggi al Museo di Castelvecchio. I personaggi, anche se di ambito religioso, sono qui raffigurati in pose da rituale di corte.
  • Affreschi nella chiesa di Santa Anastasia a Verona, raffiguranti i Santi Giorgio, Martino e Giacomo (1370 circa).
  • Affreschi nella basilica del Santo a Padova raffiguranti le Storie di San Giacomo e la Crocefissione (1376-1379).
  • Affreschi nell'oratorio di San Giorgio a Padova raffiguranti la Crocefissione, l' Incoronazione della Vergine, le Storie dell'infanzia di Cristo e le Storie di San Giorgio, di Santa Caterina d'Alessandria e di Santa Lucia (terminati nel 1384).

Note

  1. ^ Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 1, Bompiani, Milano 1999.

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