Abbandono (religione)

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L'abbandono, inteso come abbandono di sé stessi ad un disegno di portata più ampia, è, nell'ascetica e nella mistica, la disposizione dell'anima per cui essa si dona completamente a Dio, accettando senza preoccupazioni il corso degli eventi. L'abbandono, strettamente connesso con la fede, costituisce uno degli aspetti fondanti di molte religioni e forme di spiritualità.

Cattolicesimo[modifica | modifica wikitesto]

Oggetto sono in particolare le disposizioni nascoste della divina volontà, per cui l'abbandono si distingue dall'obbedienza, che è la conformità ai segni manifesti alla volontà di Dio. È considerato dai maestri di vita spirituale come la sintesi di tutte le virtù teologali e cardinali, la "virtù delle virtù".

Esso è descritto come la prima tappa del modo perfetto di avvicinarsi a Dio tramite la contemplazione, di cui esso è il preludio. Esso implica la purificazione passiva attraverso cui si passa accettando le prove e le sofferenze permesse da Dio per recare le anime a Sé.

Implica anche la desolazione che opprime l'anima quando abbandona ciò che tiene caro disordinatamente nelle creature, l'abbandono delle consolazioni naturali al fine di cercare Dio e la perdita per una volta della consapevolezza di forti ed ardenti impulsi di virtù quali la fede, la speranza e la carità; ed infine aridità o mancanza di fervida devozione nella preghiera ed in altre azioni spirituali.

Secondo qualcuno, l'abbandono equivale alla “notte oscura” descritta da san Giovanni della Croce, o al buio delle anime in purgatorio, senza luce, tra molti dubbi, rischi e pericoli.

È inoltre sbagliato esprimere una condizione dell'anima quieta, che esclude non solo ogni sforzo personale, ma persino i desideri e dispone di accettare il male con il motivo fatalistico che non può essere aiutato.

Il gesuita Jean-Pierre de Caussade fu autore di un testo al proposito, L'abbandono alla Provvidenza divina.

L'abbandono nel senso della teologia negativa della mistica renano-fiamminga ha influenzato il pensiero di Martin Heidegger al punto che nel 1959 il filosofo tedesco vi ha intitolato una conferenza, in tedesco Gelassenheit.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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