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Scuola della Carità (Padova)[modifica | modifica wikitesto]

Scuola della Carità (Padova)
StatoBandiera dell'Italia Italia
Divisione 1Veneto
LocalitàPadova
ReligioneCattolica di rito romano
TitolareSanta Maria della Carità
DiocesiPadova

La Scuola della Carità di Padova è un edificio di origine medievale che nei primi decenni del Quattocento diventa la sede della Confraternita della Carità, congregazione di carattere laico dedicata ad attività devozionali e assistenziali, e rimane tale fino agli inizi dell'Ottocento. Ad oggi la Scuola della Carità ospita riunioni, incontri e conferenze.

Questo edifico è posto all'incrocio tra l'attuale via Santa Sofia e via San Francesco, di fronte alla Chiesa di San Francesco Grande a Padova.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'origine della Scuola della Carità di Padova è strettamente legata alla Confraternita di Santa Maria della Carità, una delle 23 confraternite spirituali di Padova, la cui impostazione laicale era sicuramente di ispirazione francescana e connessa all'assistenza fisica e spirituale dei malati. Non ci sono fonti dirette che attestino la presenza di questa fraglia spirituale e nemmeno che diano informazioni sull'edificio che originariamente ospitava la sede della confraternita. Solamente nel 1405 la nobildonna Sibila Bonafari, moglie di Baldo Bonafari, menzionò la fraglia della Confraternita della Carità tra i destinatari dei suoi lasciti nel suo primo testamento.

La famiglia Bonafari nel 1414 era impegnata nella fondazione dell'ospedale di San Francesco, edificio che da questo momento in poi, grazie a loro, sarà strettamente legato alla scuola della Carità.

Nel 1419 Sibilla Bonafari riuscì a stipulare un accordo con la Confraternità della Carità che, oltre alla possibilità di ricoverare gratuitamente dieci confratelli poveri, prevedeva che i membri della scuola potessero usufruire di una sala e due stanze del complesso ospedaliero di San Francesco per le riunioni e della cappella dedicata a Santa Maria della Carità nella chiesa di San Francesco. Inoltre la donna si prese l'impegno di trovare al più presto uno spazio apposito da allestire come sede della confraternita a patto che la scuola si impegnasse nella cura e nell’assistenza ai malati.

Dopo questo accordo quindi la Confraternita della Carità iniziò a riunirsi nel complesso edilizio dell’ospedale ancora in costruzione, molto probabilmente in una sala a primo piano.

Nel 1430 però questa sala venne sottoposta a dei lavori finalizzati al completo rifacimento dei soffitti della grande aula quadrata di 52 piedi di lunghezza di 41 di larghezza (18,5x14,5 metri circa). Questa sala era probabilmente lo spazio che Sibilla Bonafari si era adoperata per ricavare alla Confraternita.

La fraglia con il tempo si espanse in maniera considerevole e a causa dei lasciti testamentari, dei possedimenti immobiliari e di tutte le attività ad essi legate, gli spazi all'interno del complesso ospedaliero iniziarono a non essere più sufficienti. Si rese dunque necessario uno spostamento di sede che avvenne il 7 giugno del 1451 quando la Confraternita stipulò un contratto con il Collegio dei Leghisti il quale sanciva la cessione alla fraglia di due edifici situati di fronte alla chiesa di San Francesco. Si trattava di immobili a due piani, uno più ampio con corte e pozzo ed un altro di dimensioni più ridotte e parzialmente in legno.

L’attuale Scuola della Carità risale quindi alla metà del Quattrocento quando l'edificio ad angolo, il più modesto dei due, venne scelto per la costruzione della sala capitolare, anche per la sua struttura parzialmente in legno facilmente modificabile. I lavori si conclusero molto probabilmente intorno al 1452. L'altro edificio concesso alla Confraternita venne invece adibito ad abitazione del fattore.

Nel 1470 la Scuola della Carità fu soggetta ad altri lavori principalmente di allestimento della sala capitolare, mentre nel corso del Cinquecento l’edificio subì modifiche più importanti sia per quanto riguarda l’assetto decorativo, sia di ampliamento delle strutture di servizio, dei granai e della cantina. Nel 1508 infatti iniziò la costruzione, oltre che del nuovo granaio, anche della scala e del portale d’ingresso (perfettamente allineato con l’ingresso principale della Chiesa) e venne affrescato il muro esterno dalla parte di fronte alla Chiesa di San Francesco; il tutto terminò nel 1509.

Negli ultimi decenni del Cinquecento furono realizzati gli interventi di trasformazione più rilevanti, che riguardavano per la maggior parte l’impianto della sala del Capitolo.

Il 24 febbraio del 1579, il Consiglio della faglia decise di modificare radicalmente la sala sia per quanto concerne l’assetto decorativo che quello strutturare, infatti fu riordinata la disposizione irregolare delle finestre.

La realizzazione dell’intervento della parte decorativa riguardò gli affreschi, commissionati a Dario Varotari.

Venne fornita una descrizione sintetica della chiesa nel Seicento da parte dei cronisti dell’epoca, ad esempio Andrea Cittadella, che nel 1605 afferma: “è selegiata, dipinta, con bello soffità, lunga 63 e larga 25 (piedi), ha un altare, calice e campana et anco una memoria (una lapide, collocata dopo i lavori del 1579)”.

Furono continui i lavori di manutenzione della Scuola: nel 1654 fu aggiunta una balaustra all’altare del capitolo.

Nel 1672 furono realizzati lavori di ripristino della sala del capitolo, soprattutto nella zona dell’altare, che si trovava in uno stato trascurato, utilizzata come una sorta di deposito per materiali di vario tipo.

Una delle descrizioni più importanti dell’organizzazione spaziale della Scuola, risalente a pochi decenni prima della soppressione, è quella del 1763: “Di là della strada in faccia alla porta maggiore della chiesa di San Francesco si trova sopra due scalini una porta, aprendosi la quale si vede una scala di gradini 23, per cui si ascende all’oratorio […]. Quest’oratorio è di figura bislunga con volto ornato a scacchi, e in tutti in varj modi dipinto. Si entra in esso per una porta laterale e dirimpetto ad essa vi è un altare dedicato alla Santissima Annunciata; rivolgendosi a sinistra sotto un antico baldacchino con dorature sta un altro altare parimenti antico, la cui pala rappresenta Maria Vergine sedente col bambino tra S. Francesco a sinistra e S. Caterina vergine e martire a destra. Da una parte e dall’altra (della sala) si vedono alcuni sedili e le pareti sono tutte dipinte a fresco […]. Di rincontro all’altare sta un elegante banco modernamente fatto per quelli che, fra gli altri aggregati, presiedono all’oratorio e soprattutto lo schienale di questo si vedono dipinti ginocchioni uno per parte di un sito dove si suol porre la sacra effigie di Maria vergine che suol portarsi in processione, in mezzo di dorata cornice e coperta, Baldo e SIbilia […]. Sopra un’altra porta poco distante da questa che all’oratorio introduce, si legge intagliata in pietra un’altra memoria”. (Diario, 1763, pp.240-245).

Nel 1797 il governo francese decreta la soppressione dell’istituto, per cui tutti i beni della confraternita furono trasferiti all’ospedale.

Nel 1799 la Scuola fu ripristinata dal governo austriaco, per poi essere definitivamente soppressa nel 1806 col ritorno dei francesi, e l’immobile fu assegnato all’amministrazione ospedaliera. Pertanto la sala fu spogliata già a partire dal 1797, a cui si è susseguito nel 1799 un tentato reintegro. La sala del capitolo e gli ammezzati vennero dati ai frati di San Francesco e utilizzati occasionalmente dalla parrocchia di San Francesco, istituita nel 1810 dopo la consacrazione della chiesa di San Lorenzo.

Dopo la soppressione del 1806 l’edificio andò incontro ad una fase di declino ed abbandono. All’inizio del Novecento fu noto l’interesse al recupero dell’immobile, infatti nel 1914, dopo il ritorno dei frati minori, la sala subisce piccoli interventi di riassetto col fine di essere utilizzata per l’organizzazione di riunioni.

Tuttavia questi interventi erano stati realizzati dopo che la sala, negli ultimi decenni dell’Ottocento, come denunciato anche dallo storico Giovanni Fabris in una lettera alla soprintendenza e in un articolo, era stata spogliata di numerosi riquadri dal soffitto ligneo e si trovava in una situazione drammatica.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la sala del capitolo fu oggetto di consistenti interventi di restauro, affinché potesse ospitare la Cattedra di Cultura Francescana. In questa occasione, sotto la direzione della Soprintendenza ai Monumenti, tra il 1946 e il 1947, vennero ripuliti gli affreschi, riparato il pavimento e ricostituito il soffitto ligneo seguendo l’impostazione originaria.

Durante il periodo di inutilizzo dell’edificio, almeno a partire dal 1932, gli ambienti al piano terra erano di proprietà dell’ospedale ed impiegati come bottega di fabbro. Nel 1958, il consiglio di amministrazione dell’azienda ospedaliera, dopo le richieste del parroco Mariano Girotto, vendette  alla parrocchia di San Francesco gli ambienti ormai inutilizzati del fabbro. Questi spazi vennero convertiti in un secondo accesso alla sala. I lavori per la sua realizzazione furono affidati all’ingegnere Luigi Simonetti, che fino al 1960 si occupò della realizzazione di servizi igienici e della scala interna.

Furono svolti anche lavori successivi: tra il 1966-1967 vennero introdotte nuove apparecchiature termiche, e quindi realizzato un camino con rifonderà in forati e fu chiuso l’arco posto sotto la scala.

Successivamente al terremoto del Friuli, nel 1976, gli edifici affacciati su via Santa Sofia subirono forti lesioni strutturali e la Soprintendenza dichiarò la sala inagibile.

Nel 1984 furono svolti lavori di manutenzione al tetto, attraverso l’inserimento di un abbaino sul lato nord per permettere l’accesso al sottotetto per le ispezioni.

Infine nel 2005 furono avviati i lavori di restauro definitivo e rifunzionalizzazione dell’edificio della Scuola della Carità, diretti dall’architetto Antonio Tombola. A partire dal 2000 furono invece realizzati degli studi sull’edificio propedeutici ai futuri lavori di restauro, in cui vennero predisposti un rilievo metrico di precisione, indagini finalizzate alla determinazione dello stato complessivo di salute delle strutture, completate da analisi fisico chimiche e diagnosi sullo stato delle superfici pittoriche.

I lavori di restauro si conclusero nel 2007, e a quel punto l’edificio ha ripreso la sua piena funzionalità ed è stato adibito a luogo di riunione, convegni e conferenze, mantenendo comunque il ciclo di affreschi e il soffitto ligneo. Lo spazio del mezzanino fu reso agibile e funzionale attraverso la realizzazione di spazi di servizio.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Esterno[modifica | modifica wikitesto]

L’edificio è innalzato seguendo l’andamento irregolare del lotto, all’angolo tra via San Francesco e via Santa Sofia.

La facciata mostra caratteri tipici dell’epoca in cui è stata eretta, con il porticato a tre arcate, arricchito al centro da due esili colonne, coperto internamente da volte a crociera e dall’edicola sull’asse del prospetto principale, mentre sul lato che si affaccia su  via Santa Sofia, rimane liscio e disadorno, ospitando unicamente le sei finestre della sala superiore. L’ingresso originario si componeva di una scala laterale protetta da un loggiato a due arcate, probabilmente in legno, dalla quale era possibile accedere direttamente al piano interamente dedicato alla Sala Capitolare della Scuola, quello superiore. Infatti questo piano si sviluppa in un corpo di fabbrica compatto, sovrastato da un tetto a doppia falda, arricchito dal cornicione decorato in cotto che ricorda quello dell’edificio francescano di fronte. Gli altri locali della confraternita, occupavano il piano terra, e venivano utilizzati, ad esempio, per la distribuzione dei viveri.

È importante osservare che l’edificio della Scuola della Carità presenta alcune differenze nell’organizzazione degli spazi rispetto a come tipicamente erano gestite le sedi di altre confraternite cittadine. Un esempio di ciò è la scelta di non dividere su due livelli sovrapposti l’oratorio e la sala capitolare, ma adibire a questa funzione la stessa sala del capitolo.

Nel 1508, a seguito di ingenti lavori mirati a migliorare l’aspetto della Scuola della Carità, fu costruito un nuovo granaio e una nuova scala in corrispondenza del portale frontale. Una cornice trabeata e fregio superiore decorato da intarsi sono una conferma della datazione dei lavori.  Dalle scarse indicazioni ricavabili dai documenti contabili si può dedurre che attualmente, lo spazio che era adibito a granaio, è occupato da un ristorante e il portale in pietra corrisponde a quello che è visibile ancora oggi. È importante sottolineare come tutti i lavori di ristrutturazione della scuola fossero strettamente collegati con il cantiere di ampliamento della chiesa di San Francesco, come testimonia l’allineamento del portale centrale con l’ingresso della chiesa.

Come è indicato in una descrizione della Scuola del 1763, anticamente l’edificio doveva essere decorato esternamente a scacchi bianchi e rossi. Ciò si può intuire da alcune pareti interne verso la corte. Il rosso e il bianco erano i colori distintivi della confraternita.

Nonostante fosse una delle più importanti confraternite della città, l’aspetto esteriore della scuola rimase sempre essenziale, senza manifestazioni esteriori di ricchezza, probabilmente per dedicare le risorse a fini caritativi.

Negli anni la scuola è stata oggetto di numerose modifiche. Nei lavori del 1960, furono costruiti i servizi igienici e la scala interna che collega direttamente alla sala e in interventi più recenti furono introdotte nuove apparecchiature termiche. L’ultimo intervento, nel 2007, ha dotato la sala di rinnovati impianti elettrici, riscaldamento e sistema di illuminazione per permettere all’edificio di poter svolgere la sua attuale funzione di sala per riunioni.

Interno[modifica | modifica wikitesto]

Le pareti interne della sala del capitolo sono state affrescate da Dario Varotari, padre del Padovanino e di Chiara Varotari, anch'essa pittrice, nel 1579 con Storie della vita della Vergine, ultimo grande ciclo di affreschi eseguiti a Padova verso la fine del XVI secolo.

Le scene sono raggruppate in dodici riquadri; Sono presenti le seguenti scene:

- Presentazione di Maria al tempio

- Cacciata di Gioacchino dal tempio;

- Gioacchino fra i pastori;

- Incontro di Gioacchino con Anna alla porta aurea;

- Natività della Vergine;

- Presentazione di Maria al tempio;

- Presentazione della verga fiorita;

- Il matrimonio della Vergine;

- Annunciazione;

- Visitazione;

- Morte di San Giuseppe;

- Dormizione della Vergine;

- Assunzione della Vergine.

è presente un tredicesimo riquadro che raffigura Baldo de' Bonafarii e Sibilla de Cetto con l'Ospedale, la Chiesa ed il Convento di San Francesco sullo sfondo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • S. Zaggia, La Scuola della Carità di Padova: storia delle principali vicende architettoniche, in Restauro artistico-conservativo e funzionale dell'edificio denominato "Scuola di Santa Maria della Carità" in via San Francesco a Padova, Padova, dicembre 2007, pp. 39-44
  • G. Beltrame, Ospizi - ospedali istituti di carità in Padova, Padova, 1985 pp. 44-47, p. 70
  • S. zaggia, L'architettura della scuola della Carità: storia, forme e restauri, in La Scuola della Carità a Padova, a cura di G. Silvano, Padova, Skira editore, 2014 pp. 91-113
  • G. Bresciani Alvarez, Il cantiere dell'ospedale, del convento e chiesa di San Francesco in Padova. Note sulla scuola della Carità e l'oratorio di Santa Margherita, in Il complesso di San Francesco Grande in Padova, a cura dell'Associazione Culturale Francescana di Padova - Signum edizioni, pp. 59-107
  • S. J. Ferro, F. Pellegrini, Per il restauro della Scuola della Carità, in Padova e il suo territorio, n 99/2002, pp. 35-37
  • F. Bianchi, Tra devozione e assistenza la Scuola di S. Maria della Carità di Padova nel Quattrocento, in Padova e il suo territorio, n. 129/2007, pp. 9-17

Altri porgetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]