Utente:Silvia Girometti/Sandbox/Bozze (1)

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Architetture erranti

Alcune immagini in Category:ACMA Triple-Bodied Monster; altre con cita web a http://www.archart.it/atene-lacropoli-prima-del-sacco-persiano.html

Appunti da elaborare

controversa e problematica resta la formazione del cd. Tyrannenschutt in corrispondenza dell'angolo sudorientale del Partenone, laddove, all'interno di un contesto dai caratteri coerenti, si rinvennero la maggioranza dei frammenti architettonici e numerose porzioni architettoniche in poros di età arcaica (le cd. Architetture erranti).[1]

All'Acropoli di età arcaica si lega una cospicua serie di edifici, non conservati in situ, bensì ricostruibili a partire da membrature, sculture architettoniche e tetti, il cui difficile posizionamento sul pianoro della rocca (in assenza di fondazioni o tagli chiaramente leggibili) ha guadagnato loro la definizione (foggiata da Holtzmann) di «architetture erranti». La maggior parte di questi elementi architettonici e scultorei proviene dalla cosiddetta «colmata tirannica».[2]

La rappresentazione topografica dell'Acropoli di età arcaica va sostanziata con una serie cospicua di edifici, attestati da mernbrature, sculture architettoniche e tetti, la cui posizione sul pianoro resta tuttavia sconosciuta, in assenza di fondazioni o tagli nella roccia sicuramente pertinenti (di qui la definizione di architetture erranti foggiata da B. Holtzmann; o floating temples, Mark). Restano altresì aperte molte domande sulla cronologia (solo imprecisamente ottenibile sulla base della critica stilistica o di osservazioni tecniche, come la presenza o meno dei segni di lavorazione con lo scalpello dentato sui blocchi), le circostanze storiche, la committenza, la forma architettonica e la funzione di tali costruzioni; incognite solo per certi versi compensate dall'abbondanza del materiale, per gran parte sigillato dalla sistemazione del!' Acropoli dopo la distruzione persiana. Quantitativamente rilevante è la presenza di tetti. Oltre a quelli in marmo, pertinenti agli edifici maggiori come l'Architettura H, e a poche altre costruzioni, assai numerosi sono quelli in terracotta, attestati da sime, tegole e antefisse: dei quaranta tetti complessivamente ricostruiti dal Buschor (1929; 1933), almeno tredici sono stati attribuiti ad edifici dell' Acropoli anteriori al sacco persiano, a partire dagli ultimi decenni del VII secolo a.C., termine abbassato agli inizi del VI secolo a.C. dalla Winter (1993), il cui riesame della documentazione ha comportato ulteriori puntualizzazioni nella cronologia e nei raggruppamenti dei diversi elementi (la distribuzione delle coperture potrebbe così schematizzarsi: l tetto, 590-580 a.Cc; ben 6 o 7 tetti per il 570-540 a.C.; 2 per il periodo 540-520 a.Ci; 4 per il 510-480 a.C). Il fatto che alcuni tetti possano essere considerati delle riparazioni consente di ridurre moderatamente il numero dei relativi edifici ipotizzabili. Diversi elementi strutturali permettono di circoscrivere un gruppo di costruzioni inporos, perlopiù di contenute dimensioni (rispetto ai grandi templi poliadici), di ordine dorico, prostile. A partire dall' editio princeps del Wiegand è invalso l'uso di indicare i gruppi di membrature architettoniche con lettere dalla A alla E, ma l'effettivo numero di edifici minori è dibattuto (l'insieme A, già scisso da Heberdey 1919 in tre gruppi, è stato assegnato da Dinsmoor 1950 a due costruzioni, A ed Aa, pur simili tra loro). Le architetture A, B, C ed E, cui spetterebbero sime marmoree (Schuchhardt 1963), sembrerebbero essere state realizzate tra il secondo quarto e la fine del VI - inizi V secolo a.c. (cf. Klein 1998b: A, ca. 560-550 a.C,; C, 550-525; B,fine VI sec.; E, inizio V sec.; D risalirebbe invece al 450-425). Le architetture erranti sono inoltre attestate da una serie di piccoli frontoni inporos (databili nel secondo quarto del VI secolo a.c.) la cui associazione con l'uno o l'altro dei gruppi di membrature architettoniche è stata ripetutamente tentata, con risultati discrepanti: frontone con Eracle e l'Idra; con Eracle e Tritone (o Frontone rosso); cd. dell'ulivo; dell' apoteosi di Eracle; un gruppo, assai frammentario, con leone che attacca un cinghiale. Sussistono anche due timpani in poros dipinti (uno, ca. 550-525 a.c., con leonessa).[3]

Nella colmata sarebbero state raccolte parti di edifici andati in rovina o smantellati per la progettata costruzione del Partenone tardoarcaico, edifici da collocarsi dunque sull'Acropoli e da datarsi prima della fine del secolo VI a.C. Diversi di questi elementi strutturali consentono di circoscrivere un gruppo di costruzioni in poros, per lo più di modeste dimensioni, di ordine dorico prostile; tali piccoli edifici (oikoi), tradizionalmente indicati con le lettere A, B, C ed E, sarebbero stati edificati tra il secondo quarto e la fine del VI o inizi del V secolo a.C. e potrebbero aver assolto a una moltiplicità di funzioni: edifici di servizio del santuario poliade, tesori, sale da banchetto da utilizzarsi in particolari occasioni cerimoniali. A queste architetture erranti sono da collegare almeno alcuni dei piccoli frontoni in poros provenienti dall' Acropoli (per lo più dalla colmata tirannica), databili genericamente nel secondo quarto del secolo VI a.c., ma con alcune possibili sfumature cronologiche; la loro associazione con l'uno o l'altro gruppo di membrature architettoniche è stata ripetutamente tentata, senza tuttavia conseguire risultati definitivi. Il frontone con Eracle in lotta con la terribile Idra,[4] il frontoncino dell'ulivo,[5] e il frontone con la presentazione di Eracle sull'Olimpo (apoteosi di Eracle).[6]

Il paesaggio della rocca era sicuramente contraddistinto, accanto alla presenza di un grande tempio, anche da una serie di strutture di dimensioni decisamente più contenute. Prova ne siano diversi frontoni, numerose partizioni architettoniche policrome realizzate in poros e il rinvenimento di una quindicina di tetti in terracotta, tutti cronologicamente compresi tra il 590 e il 480 a.c. La provenienza dei materiali in poros dai depositi convenzionalmente noti come colmata tirannica (a sud-est dello stereobate del più tardo Partenone) e la mancata individuazione di sicuri tagli nella roccia o ancora di fondazioni pertinenti, costuiscono le principali difficoltà nello studio di tali edifici, non a caso definiti Architetture erranti (Holtzmann 2003). Una serie di piccoli frontoni (Eracle con il Tritone. Eracle con I'Idra, il ed. frontone dell'Ulivo, ecc.) e di numerose e frammentarie membrature architettoniche (note con lettere A, B, C ed E) che, più volte, si è tentato di ricongiungere con esiti molto divergenti (§ 1.5). In realtà, in assenza di studi recenti, la stessa sintassi e la ricomposizione dei singoli contesti (tetti, frontoni e membrature architettoniche) risultano oltremodo problematiche e ipotetiche. Resta inoltre ampiamente dibattuto e inestricabilmente vincolato all'aspetto funzionale, il problema dell'originaria localizzazione di tali strutture. Con un margine di maggiore concretezza si sono legati il già ricordato Edificio B all'ala settentrionale dei Propilei, in corrispondenza della più tarda Pinacoteca, e una parte almeno degli elementi A alle fasi arcaiche del tempio di Atena Nike. Diversamente, precedenti ipotesi avevano localizzato le Architetture erranti di dimensioni più contenute soprattutto a meridione, nell'area della successiva Calcoteca che però è per lo più esterna alla cinta muraria micenea allora ancora in uso. Dal punto di vista funzionale esse sono intese ora come altrettante fasi arcaiche di più tardi templi e santuari (il ed. Frontone dell'Ulivo e il Pandroseion), ora come gli oikemata (stanze o edifici) che, posti nel recinto della lunghezza di cento piedi (hekatompedon), sono ricordati in una nota iscrizione (lG P 4: probabilmente da datarsi al 485/4 a.Cv). ora infine come edifici di servizio o thesauroi che, destinati a contenere preziose offerte votive, sarebbero stati elevati dalle grandi famiglie aristocratiche o dallo stesso tiranno.[7]

È verosimile che le architetture erranti rappresentino, almeno in parte, le fasi arcaiche degli edifici dell'Acropoli quali conosciamo a partire dall'età classica (Korres 1994d); in questa direzione va il recente tentativo (Mark 1993) di assegnare uno dei due gruppi degli elementi architettonici A al tempio arcaico di Atena Nike. Almeno in un caso un valore localizzante potrebbe essere fornito dall'analisi interna della scultura architettonica: nel ed. frontone dell'ulivo, in cui l'azione è rappresentata in una cornice architettonica (un edificio con tetto a padiglione, fiancheggiato da un peribolo in opera isodoma con ulivo retrostante) che parrebbe essere quella stessa dell'Acropoli, bisogna riconoscere, anziché un episodio mitico presso una fontana (l'agguato di Achille a Troilo), una scena cultuale presso il Pandroseion (e il tempio di Atena), relativa alle Cecropidi o alle Arrefore. Il problema dell'ubicazione delle architetture erranti risulta difficilmente scindibile da quello della loro funzione.[8]

Sembra prudente attribuire alle architetture erranti una molteplicità di funzioni, senza escludere quella templare: edifici di servizio, tesori (ma non nel senso panellenico dell'accezione), ovvero sale da banchetto, utilizzate in occasione di cerimoniali solenni. L'edificazione di un numero significativo di edifici in un periodo di tempo concentrato, se parzialmente può essere correlata alla riorganizzazione delle Panatenee nel 566/5 a.C., è stata messa in rapporto ora con le possibilità finanziarie delle competitive famiglie aristocratiche dell' Attica, ora con Pisistrato stesso.[9]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Greco, p. 61.
  2. ^ Bejor, p. 111.
  3. ^ Greco, p. 85.
  4. ^ Bejor, p. 112.
  5. ^ Bejor, p. 113.
  6. ^ Bejor, p. 114.
  7. ^ Greco, p. 58.
  8. ^ Greco, p. 86.
  9. ^ Greco, p. 87.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]