Utente:Romano72/Sandbox

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La Famiglia Romano e una antichissima e Nobile Famiglia storica, si ritiene sia originaria di Roma, propagatasi in tutto il meridione d’Italia. E ben noto che una Famiglia Romano e attestata a Napoli fin dal X secolo, insignita del titolo comitale. La famiglia era ascritta al Seggio di Capuana della stessa Città. I rami principali ed attestati della famiglia furono; il ramo Amalfitano, il ramo Sorrentino, il ramo Leccese, il ramo di Castelnuovo della Daunia, il ramo Calabrese ed infine i Romano - Colonna di Sicilia. A dir di tanti genealogisti, i membri di questi rami, abbiano appartenenze congiunte fra l’oro, come da atti antichi dello stato civile delle città di Napoli, Amalfi, Sorrento,Calabria, Sicilia. Inoltre vari sono gli autori che parlano della famiglia Romano. Il Ricca nel 1865, il Candida Gonzaga nel 1879, il Di Crollalanza nel 1886, il Bonazzi di Sannicandro nel 1902, il Mannucci nel 1932, lo Spreti nel 1936.

Notizie dei Romano di Amalfi

Mi limito a citare gli individui di cui è certa l’origine da Scala, Tramonti, Cava. Fra i Regesta Neapolitana pubblicati da Bartolomeo Capasso troviamo un atto del 958 (imperatori di Bisanzio Costantino VII Porfirogenito e Romano I) in cui compare un Romano figlio di Basilio per una vendita di alcuni terreni a Cava. Più tardi, i registri della cancelleria angioina citano un Romano vescovo di Cava nel 1279. Si tratta però di testimonianze comunque imprecise.   Una prima menzione dei Romano a Cava emerge dal Codex diplomaticus Cavensis , che attesta, nel 1020 e nel 1023, un Marino fliglio di Pietro Romano (“ Marinus filius Petri Romani”). La datazione è dunque molto alta, ancor di più di quella dei Romano di Scala e Tramonti. Una pergamena del 1273 cita i “ Romani de Scala”, in un atto notarile rogato per una tale Thomasia, figlia di Cosma, per la vendita di una vigna e di una selva site ad Agerola. Qualche anno più tardi (1279) in un’altra pergamena è attestato un Brundusio R. giudice di Tramonti. In due atti del 1325, sotto re Roberto d’Angiò, è citato un Rainaldo R., anch’egli giudice di Tramonti. Sotto Ferdinando I (Ferrante) d’Aragona (1469),  Gabriele R. vende i suoi beni siti a Tramonti a tale Giorgio Cardamone. Nel 1494, infine, regnando Alfonso II d’Aragona, un Mazzeo R., con atto notarile, si riconosce debitore di Marco Confalone di Ravello.  A questo ramo appartenne Ambrogio R., di Tramonti, vescovo di Minori (1509-1511). Nella chiesa di S.Francesco in Polvica di Tramonti . Certo è che questa famiglia ebbe la dignità di “nobile” in Scala e Tramonti, assieme a  quelle dei Geta, De Maio, Fontanella, Giordano, Marciano, Palumbo, Conte, Cesarano, Pisacane, Citarella, Fierro, De Rosa, Vitagliano, Pisano.  Tale  è l’origine di questo titolo.   Nel 1127 la repubblica amalfitana fu sottomessa dai Normanni. Per Amalfi, e, con essa, Tramonti, e  gli altri centri della costiera, iniziò un periodo di decadenza. Dai Normanni Amalfi passò agli   Svevi, poi agli Angioini, poi agli Aragonesi di Alfonso I. Nel 1460 il re Ferrante I d’Aragona fu sconfitto a Nola, presso il fiume Sarno, da Giovanni d’Angiò, che tentava di restaurare il dominio angioino. E’ storicamente accertato che il re si rifugiò proprio a Tramonti e quivi fu accolto e nascosto. Per graziosa sua concessione, le famiglie di Tramonti che l’avevano ospitato furono dichiarate nobili. Poi le forze aragonesi si riorganizzarono e gli angioini furono ancòra sconfitti nella battaglia di Troia di Puglia. La nobiltà di questo ramo ebbe così, con “motu proprio” del re di Napoli, la sua legittimazione. Anche Cava dei Tirreni è legata alle vicende del re Ferrante. Nello stesso anno 1460, i capitani di Cava Giosuè e Marino Longo mossero contro gli Angioini a sostegno del re. Scampato il pericolo, il sovrano inviò al municipio di Cava, di cui era sindaco Onofrio Scannapieco, una pergamena bianca, sulla quale la città avrebbe potuto indicare qualunque sua richiesta. Tale pergamena restò bianca, ed è tuttora conservata nel Palazzo di Città. Il re, allora, riconoscente comunque, le concesse il titolo di “fedelissima”. Fra i discendenti di questo ramo dei Romano, dopo il periodo dei regni di Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, rimase memoria delle origini, come dimostra il fatto che, a tutt’oggi, famiglie R.  Ovvero originarie di Cava e trasferitesi altrove, facciano uso del blasone con Arma: di nero, col leone d’oro, coronato di oro; col lambello di tre pendenti di rosso attraversante sul leone. Si ritiene probabile che a questo ramo della famiglia appartenne Giuseppe R., sacerdote canonico della Cattedrale e vicario della Diocesi (1855-1934). Per oltre 40 anni fu direttore della  biblioteca “ Aniello Avallone” di Cava; un suo manoscritto sulla biblioteca è custodito presso la “Società Napoletana di Storia Patria”.


Notizie dei  Romano di Sorrento

Dal ramo amalfitano discese, nel XIII secolo, il ramo sorrentino della famiglia R. Secondo Candida Gonzaga e Di Crollalanza, un Pietro R. barone della Rotonda , ricevette dall’imperatore Federico II alcuni prigionieri lombardi da tenere in custodia (1239). Successivamente, Marino e Bartolomeo R. furono fra i nobili di Sorrento che prestarono denaro al re Carlo I d’Angiò. Sempre secondo gli stessi studiosi, un Alatrino R. fu capitano della città di Napoli nel 1286. Riccardo e Landolfo R. da Sorrento sono citati dai registri della cancelleria angioina come ostaggi a Melfi nel 1289/90. Ancòra altri membri di questo ramo furono Pietro R., maestro razionale e giudice della Gran Corte nel 1374 e Luca R., luogotenenente del protonotario del regno nel 1466. Il ramo si estinse nel 1850, nella persona di Andrea R., deceduto senza eredi. A questo ramo della famiglia sono da ascriversi (vedi oltre) le baronie di Rotonda, Laino, Torchiara e Copersito. Il solo Guelfi Camajani riporta che, al 1992, il rappresentante della famiglia ( che denomina “Romano di Rotonda”) era l’avv.” Giuseppe R., fu Vincenzo, conte di Rotonda, nato a Napoli il 10.10.1922, ufficiale dell’Arma Aereonautica, ecc.”. Difficile dire se la notizia sia attendibile, dato che il ramo Sorrentino si creda  estinto dagli studiosi sopra citati. Arma: di nero, col leone d’oro, coronato di oro; col lambello di tre pendenti di rosso attraversante sul leone.


Notizie dei  Romano della Calabrese

Che il ramo sorrentino della famiglia sia stato trapiantato in Calabria è ben accertato. A séguito degli angioini i discendenti dei due R., facoltosi possidenti tanto da prestare denaro al re Carlo I d’Angiò, vennero a Scalea, quasi contemporaneamente  alla famiglia Pallamolla, proveniente dalla Provenza. I Romano  andarono ad abitare nell’attuale palazzo dei principi di Scalea. Qui venne alla luce Ademaro R., (Scalea 1280 – Scalea 1343), fu capo della spedizione che fu inviata in aiuto del principe di Taranto fratello di re, per i suoi meriti in campo militare, fu nominato dal re Roberto d’Angiò grande ammiraglio della flotta (1327) , fu anche “cubiculario di camera e familiare ” dello stesso  Re e protontino in Calabria, Signore di Viggianello, Signore di Macchia Saracena (1336-1343), fu podestà, per concessione di Roberto d'Angiò, di Pietra Morella. Dopo la sua morte (1344), fu poi sepolto nella Parrocchia di San Nicola di Platea nella città di Tropea, nella cappella di Santa Caterina d’Alessandria. Ottenne da papa Giovanni XXII il diritto di “jus patronato” sul sacro edificio. Il comando della flotta passò a Leonardo da Vassallo, anche lui di Scalea. Entrambi sono citati in una pergamena dell’Archivio arcivescovile di Amalfi contenente il sansunto di due mandati in favore del monastero di S.Maria di Positano (1326). Nei registri della cancelleria angioina degli anni 1289 e 1290 risultano sia un Ademario R. di Scalea, sia un Leonardo R. di Scalea.  successivamente   nel corso del saccheggio compiuto dai Turchi nel 1552, Il sarcofago venne profanato e danneggiato i quali, capeggiati da Dragut Rays, portarono  via la spada in argento di Ademaro. Il Casato fu ascritto nel Registro delle piazze chiuse come Patrizio di Tropea.  un altro ramo della famiglia Romano passo da  Sorrento  a Nicotera  e più tardi in Tropea, nel 21 agosto 1572  ottenne il patriziato vitale nel seggio di Portercole,  in occasione del matrimonio contratto nel 1568 da Gilberto Romano e Isabella Tavuli, ultima di sua famiglia,  vi mantenne ogni maggior decoro.