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I Tomasi di Lampedusa ed il romanzo "Il Gattopardo".

Il casato dei Lampedusa, uno dei più antichi del Regno delle Due Sicilie, sarebbe oggi noto solo agli studiosi di araldica se non fosse stato immortalato nel romanzo storico "Il Gattopardo" scritto dal principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa e pubblicato postumo. Il protagonista, chiamato nel romanzo Principe di Salina, è il bisnonno dell'Autore; dietro i nomi di fantasia di diversi personaggi del romanzo si nascondono antenati dell'Autore. Il grande regista italiano Luchino Visconti si ispirò al romanzo per girare l'omonimo film che vinse la Palma d'Oro al sedicesimo festival di Cannes. Il successo dell'opera ha influenzato anche la lingua italiana; nell'appendice del grande Dizionario del Battaglia si rinvengono, infatti, l'aggettivo "gattopardesco" ed il sostantivo "gattopardismo" dei quali non v'era traccia sotto la lettera G del testo base prima che il romanzo venisse pubblicato. In seguito al successo editoriale del romanzo il casato, già noto agli studiosi per le sue antiche ed illustri origini, è stato oggetto di ulteriori approfondimenti e ricerche.

L'arma.

Da tempi immemorabili un leopardo illeonito campeggia in campo azzurro al centro dello stemma della casata su un monte di tre cime di verde. I titoli nobiliari e lo stemma vennero riconosciuti anche dal Regno d'Italia con decreto ministeriale del 22 marzo 1903; con detto decreto vennero approvate le altre parti dello stemma cioè il cimiero, il mantello, la corona principesca ed il motto: "Spes mea in deo est".

Le leggi dinastiche del Regno delle Due Sicilie ed i titoli nobiliari dei Lampedusa.

In Sicilia non era vigente la legge salica ed i titoli potevano essere trasmessi anche in linea femminile. Il primo titolo nobiliare dei Tomasi di Sicilia, la baronia di Montechiaro, fu acquisito per via materna come in epoca relativamente recente la baronia della Torretta (l'ultimo discendente in linea maschile Pietro, prima di succedere al nipote Giuseppe in tutti i titoli nobiliari spettanti ai Lampedusa era barone della Torretta, ma veniva comunemente chiamato Marchese a titolo di cortesia). Il capitolo "si aliquem" estese la successione nei feudi ai parenti sino al sesto grado; secondo il combinato disposto delle norme del Liber Augustalis (III, 27 “de la successione de li nobili in li feudi) dei capitula “de successione feudalium”, “de alienatione feudorum” “de successione feudorum” e della prammatica 14 novembre 1788 il titolo veniva trasmesso al collaterale maschio vivente più prossimo e più anziano e in mancanza di maschi, alla femmina più prossima privilegiando le nubili.

I Tomasi fra storia e leggenda.

Le prime notizie storiche attendibili sulla stirpe risalgono al XV secolo mentre quelle relative ai secoli precedenti dalla storia sconfinano nella leggenda Secondo alcuni studiosi (Sansovino, Villabianca, Palizzolo Gravina) la famiglia de' Leopardi da Roma si trasferì a Costantinopoli al seguito dell'imperatore Costantino e, dopo la morte dell'imperatore Eracleo, si trasferì ad Ancona. Filadelfo Mugnos affermò che la famiglia discende da Leopardo o Licino Leopardo figlio di Crispo, primogenito dell'imperatore Costantino. Secondo Archibald Colquhoun, che tradusse il romanzo in inglese, il capostipite dei Tomasi sarebbe stato Thomaso il Leopardo, figlio dell'imperatore Tito e della regina Berenice; probabilmente ritenne fondato quanto scritto nel romanzo dove l'Autore fece discendere i Salina "dagli amori di Titone imperatore e Berenice Regina". Andrea Vitello,un autore che ha approfondito gli studi sulla famiglia, afferma che i Tomasi sarebbero discendenti di Irene, figlia dell'imperatore bizantino Tiberio I, che sposò Thomaso detto il Leopardo, principe dell'Impero e comandante della guardia imperiale. Mentre sulle radici bizantine della famiglia è difficile distinguere la storia dal mito, tutti concordano nell'indivicare nei gemelli, Artemio e Giustino, gli artefici del ritorno in Italia dei Leopardi-Tomasi. Sembra che i gemelli, temendo per la loro vita a causa delle lotte al vertice dell'Impero, abbiano lasciato Costantinopoli poco dopo il 640 e dal 646 si siano stabiliti ad Ancona. Alcuni dei discendenti di Giustino (sembra che il fratello non avesse avuto figli) intorno al 1100 si trasferirono a Siena mentre altri restarono ad Ancona; si ritiene che i Leopardi di Recanati discendano da uno dei rami anconetani della famiglia.. Capostipite del ramo di Siena fu tale Arrigo che sposò Virginia Bandinelli, sorella di Alessandro III, dando origine a diversi rami tra i quali i marchesi di Montaperto, i conti di Vignano ed i principi di Lampedusa discedenti da un ramo che si trasferì da Siena a Capua ed infine, nel 1583, a Licata.

Tomasi Caro baroni di Montechiaro e duchi di Palma.

Il capostipite dei Tomasi siciliani, Mario (n. 1558), capitano d'armi, si trasferì dalla Campania in Sicilia dove sposò in seconde nozze (era rimasto vedovo a 25 anni) Francesca Caro che aveva ereditato dal padre la baronia di Montechiaro ed il feudo di Lampedusa. Fino all'Ottocento per volontà del capostipite i Tomasi di Sicilia aggiunsero al loro cognome anche quello di Francesca diventando così Tomasi Caro, baroni di Montechiaro. Mario Tomasi e Francesca Caro ebbero due gemelli, Ferdinando, primogenito, e Mario, gemello cadetto, che fu governatore del Castello di Licata e capitano dell'Inquisizione. Ferdinando (1597-1615), barone di Montechiaro (titolo ereditato dalla madre) appena sedicenne sposò Isabella La Restia, figlia del barone del Maistro e della baronessa di San Filippo ed ebbe due gemelli Carlo e Giulio, che lasciò orfani dopo nove mesi; quando i gemelli avevano diciassette anni morì anche la made e lo zio Mario che aveva avuto una sola figlia, Girolima morta nubile, li chiamò presso di sé a Licata dove restarono circa sei anni. Carlo il primogenito dei due gemelli, venne nominato anche duca di Palma nel 1639 ma, volendo seguire la sua vocazione religiosa, cedette baronia e ducato al fratello e prese gli ordini diventando chierico teatino; studioso di teologia scrisse e pubblicò oltre cinquanta opere aventi ad oggetto la teologia, l'ascetica e la morale. Dopo la sua morte, essendogli stati attribuiti diversi miracoli, venne avviato un processo di beatificazione. La vocazione religiosa fu sempre molto forte nella famiglia che annovera anche tre cardinali nel periodo bizantino (Fabio, durante il papato di Gregorio III, Vibiano durante quello di Alessandro II e Pietro durante il Patriarcato di Gerusalemme di Sergio III).

Il Duca Santo.

Giulio I (1614-1669) duca di Palma e barone di Montechiaro sposò Rosalia Traina baronessa di Falconeri dalla quale ebbe otto figli: 1) Francesca (1643-1727), suor Maria Serafica, fu badessa del monastero di Palma; 2) Isabella (1645-1699), suor Maria Crocifissa, fu fatta Beata e nel romanzo è ricordata come Beata Corbera; 3) Ferdinando (1647), morì a tre mesi; 4) Antonia (1648-1721), suor Maria Maddalena; 5) Giuseppe I (1649-1713), cardinale fu beatificato; 6) Rosaria, morì a 11 mesi (1650-1651); 7) Ferdinando (1651- 1672); 8) Alipia (1653-1734), suor Maria Lanceata. I due coniugi, entrambi animati da una fede maniacale, allevarono i sei figli sopravvissuti agli anni dell'infanzia come novizi in un convento tanto che tutti, fatta eccezione per Ferdinando, si indirizzarono alla carriera ecclesiastica con tale passione che due di essi (Isabella e Giuseppe furono beatificati). Nel 1661 la madre Rosalia che voleva diventare benedettina entrò in convento di clausura come oblata insieme alla figlia diciottenne Alipia (l'unica che avendo solo sei anni quando vi entrarono le sorelle non le aveva seguite) avendone ottenuta licenza da Alessandro VII a condizione che il marito facesse voto semplice di castità; un impegno non gravoso per Giulio I poiché i coniugi avevano deciso già dal 1655 di vivere "in celibato per il rimanente della loro vita". Rosalia per amministrare i vassalli fu costretta, quando il nipote Giulio II, che aveva ereditato tutti i suoi beni dopo la morte del padre Ferdinando I, ad uscire dalla clausura. Giulio I nel 1653 venne nominato cavaliere dell'Ordine di San Giacomo della Spada e, nel 1667 da Maria Anna d'Absburgo-Austria , reggente di Spagna, principe di Lampedusa. Giulio dedicò l'intera sua vita alla beneficenza e ad opere pie con tale assiduità ed impegno da essere definito il Duca Santo; costruì numerose chiese, un asilo per le orfanelle, un ospedale, un reclusorio per meretrici pentite, istituì un Monte di Pietà per contrastare gli usurai, avviò bonifiche e si dedicò a numerose opere sociali ed umanitarie. Il terzo principe di Lampedusa fu Ferdinando I, al quale spettarono i titoli nobiliari del padre, in quanto prima di lui erano nati solo due maschi, Ferdinando morto a tre mesi e Giuseppe I che rinunciando, ai suoi diritti dinastici si era indirizzato alla carriera ecclesiastica,

San Giuseppe Maria Tomasi e la Beata Isabella Tomasi (beata Corbera)

Il fervore religioso del Duca Santo e della moglie era di tale intensità che tutte e quattro le figlie vollero entrare come suore di clausura nel Monastero Benedettino. Isabella che visse come Suor Maria Crocifissa entrò nel monastero, per lei e le sorelle fondato dal padre, il 12 giugno 1659 giorno dell'inaugurazione e con lei entrarono Francesca e Antonia: Isabella aveva quattordici anni, Francesca quindici ed Antonia undici. Suor Maria Crocifissa, che si assoggettava a regole rigorose flagellandosi in modo parossistico, venne dichiarata Venerabile da Papa Pio VI nel 1797, quasi cento anni dopo la morte, e viene immortalata nel romanzo sotto il nome di Beata Corbera. Il suo ricordo è ancor oggi oggetto di culto e le sue spoglie sono conservate in un'urna di vetro nella chiesa del monastero di Palma; si conservano un grosso sasso che sarebbe stato lanciato contro di lei dal diavolo ed una lettera che sarebbe stata scritta dal demonio (entrambi gli episodi sono ricordati nel romanzo). Il fratello Giuseppe, dichiarato beato nel 1803, novanta anni dopo la morte, e santo da Giovanni Paolo II era ritenuto papabile nonostante fosse caratterizzato da una grande modestia tanto che fu costretto da Clemente XI ad accettare la nomina a cardinale che aveva in un primo tempo rifiutata sia perché si riteneva non degno sia perché aveva giurato di non accettare onori. Sulla sua figura vennero scritte diverse biografie.

I Tomasi principi di Lampedusa duchi di Palma, baroni di Montechiaro e Falconeri

Ferdinando I morì a soli ventun anni, l'anno successivo alla nascita del figlio Giulio II (1671-1698), nato dal matrimonio con Melchiorra Naselli e Carrillo. Anche Giulio II, che dalla nonna, morta nel 1692, aveva ereditato il titolo di barone di Franconeri, morì giovane, a ventisette anni; dalla moglie Anna Maria Fiorito e Tagliavia, che rimasta vedova sposò il principe di Scordia Giuseppe Branciforte e Morra, ebbe due figli maschi Antonino morto in tenera età e Ferdinando II, che visse quasi ottanta anni, sposò Rosalia Valguarnera e Branciforte e, rimasto vedovo, Giovanna Valguarnera e La Grua. Giulio II restò sino all'età di sette anni nel monastero che ospitava la nonna Rosalia (suor Seppellita) e le zie; compiuti i sette anni assunse l'onere della sua educazione il nonno materno Luigi, principe d'Aragona. Nonostante sia morto giovane riuscì a fondare l'Istituto delle Scuole Pie, affidato ai Padri Scolopi. Fu allievo dell'Istituto, la cui sede è oggi occupata dal comune di Palermo Ferdinando II (1697-1775) ebbe dieci figli, otto maschi e due femmine, Maria (1718-1795) suor Maria Crocifissa monaca del monastero di Palma e Anna Maria (m. 1751) che sposò Antonio Lucchesi Palli, principe di Campofranco. I figli maschi tutti cavalieri di devozione o di giustizia dell'Ordine di Malta si diedero, fatta eccezione per il primogenito Giuseppe II (1717-1792) e per Gaetano morto in tenerissima età, alla carriera ecclesiastica o a quella militare e non si sposarono: Giulio (m. 1787) fu Abate di Santa Maria di Roccamadore e Prelato domestico di Clemente XIV, Salvatore (m. 1783) prete dell'Olivella, Carlo (n. 1734) gentiluomo di camera del duca di Savoia e capitano dell'esercito sardo, Gioacchino (1739-1792) esente guardie del corpo, Elia (1740-1790) capitano di artiglieria, versato nelle scienze matematiche. Di Pietro (n. 1752), il più giovane, si conosce solo la sua qualità di cavaliere di Malta. A Ferdinando II sono ascrivibili attività dirette a potenziare il patrimonio della famiglia e la istituzione dell'Accademia dei Pescatori Oretei con finalità letterarie, il terzo seminario dei Nobili retto dai padri Scolopi, e l'assunzione di rilevanti ruoli politici. Fu nominato da Carlo VI grande di Spagna, fu presidente dell'arciconfraternita della Redenzione dei Cattivi, capitano di Giustizia di Palermo, pretore di Palermo, deputato del Regno, Vicario generale del Regno, maestro razionale di cappa corta del Regio Patrimonio. Giuseppe II (1717-1792) sposò Antonia Roano e Pollastra dalla quale ebbe tre figli Francesco morto in tenera età, Rosalia, moglie di Gioacchino Burgio del Vio, Duca di Villafiorita e Giulio III (1743-1812). Giuseppe II, cavaliere di Malta, fu governatore della Compagnia della Pace, ambasciatore del Senato di Palermo presso Carlo III, governatore del Monte di Pietà, capitano di Giustizia di Palermo, deputato del Regno, presidente dell'Arciconfraternita per la Redenzione dei Cattivi, Intendente Generale degli eserciti. Il figlio Giulio III sposò Maria Caterina Romano Colonna figlia del duca di Reitano, con la quale ebbe tre figli Baldassarre cavaliere di Malta, Antonia moglie di Francesco Arduino Ruffo marchese di Roccalumera e Giuseppe III (1767-1833). Giulio III fu governatore della Pace, senatore di Palermo, rettore dell'Ospedale Grande, deputato del Regno, pretore di Palermo, governatore del Monte di Pietà, cavaliere di San Giacomo. Giuseppe III si sposò due volte. La prima moglie, Angela Filangeri e la Farina figlia del principe di Cutò morì di parto insieme al nascituro; dalla seconda moglie Carolina Wochingher ebbe due femmine Caterina che sposò Giuseppe Valguarnera e Ruffo, principe di Niscemi e duca dell'Arenella e Antonia che sposò Francesco Caravita principe di Sirignano. L'unico maschio, Giulio IV, è il protagonista del romanzo il Gattopardo. Giuseppe III dovette affrontare una situazione disastrosa sotto il profilo economico con la concreta possibilità che l'intero patrimonio andasse disperso. La moglie Carolina, rimasta vedova, fu costretta, per salvare il salvabile, ad affrontare numerose vertenze giudiziarie ed a varare un piano rigoroso di contenimento delle spese ed anche delle erogazioni benefiche, scontrandosi con il monastero fondato dal Duca Santo e con il collegio di Maria di Palma che accampavano pretese.

Il Gattopardo.

Giulio Fabrizio Maria Tomasi Caro Traina IV (1815-1885) Pari di Sicilia, principe di Lampedusa, duca di Palma, Barone di Montechiaro e Franconeri sposò Maria Stella Guccia e Vetrano figlia del marchese di Ganzaria: diedero alla luce dodici figli, sette femmine e cinque maschi. Salvatore, decimo figlio morì giovane, come la sesta Caterina e la dodicesima, Maria Rosa. Il secondogenito Giovanni sposò la cugina Carolina Guccia dalla quale ebbe una figlia femmina Maria Stella che si fece monaca e un maschio, Giuseppe. Giuseppe sposò Rosa Agliata ed ebbe una sola figlia Carolina che sposò l'avvocato Giovanni Lo Piccolo e Marasà dal quale nacque Giuseppe Lo Piccolo che ha ottenuto di aggiungere al cognome del padre quello della madre. Il terzogenito Filomeno emigrò in Inghilterra e non ebbe figli. Francesco Paolo, nato ottavo, sposò una cugina, Stella Caravita e Tomasi, ed ebbero una sola figlia, Maria morta giovane. Carolina, Concetta e Caterina restarono nubili e si legarono molto con la cugina e cognata Maria Stella Caravita e Tomasi figlia della zia Antonia e vedova del fratello Francesco Paolo; fecero testamento nominandosi reciprocamente eredi; essendo le tre sorelle decedute prima della cognata essa ereditò quattro noni della consistente eredità del Gattopardo dei quali fruì poi il nipote Francesco Caravita principe di Sirignano, detto Pupetto, personaggio che visse novantanni sperperando in letizia il suo immenso patrimonio come raccontò nel suo libro "Memorie di un uomo inutile". Dettò anche il suo epitaffio: "non fece mai nulla d'importante, ma non fece mai male a nessuno. Si divertì." Alla morte di Giulio IV e della moglie i loro patrimoni furono oggetto di una causa di divisione e furono gestiti da un amministratore giudiziario sino alla conclusione della vertenza nel 1948 quando i beni vennero divisi tra tutti gli eredi.

I discendenti del Gattopardo in linea maschile

Giuseppe IV (1838-1908) primogenito del Gattopardo sposò nel 1867 Stefania Papè e Vanni (1840-1913) dalla quale ebbe cinque figli maschi Giulio (1868-1934), Pietro (1873-1964), Francesco (1875-1956), Ferdinando (1877-1920) e Giovanni (1879-1940). Francesco ebbe un figlio, Giuseppe, morto ventenne nel 1945. Si sposarono ma non ebbero figli Pietro, Ferdinando e Giovanni mentre il primogenito Giulio V ebbe oltre all'autore del romanzo una femmina, Stefania morta a tre anni (1893-1896). Giuseppe V (1896-1957) principe, duca e barone sposò nel 1932 Alessandra Wolff-Stomersee, figlia di un nobile baltico e dell'italiana Alice Barbi che, nel 1920, in seconde nozze aveva sposato Pietro, zio di Giuseppe. Alla morte dell'autore del libro lo zio Pietro, il parente maschio più prossimo ereditò i titoli di principe di Lampedusa, duca di Palma e barone di Montechiaro e Franconeri. Come secondogenito era già barone della Torretta, conosciuto però come marchese (di "cortesia" secondo gli autori) titolo che usò ufficialmente nella carriera diplomatica. Pietro fu Ministro degli Esteri, Senatore del Regno e presidente del primo senato della repubblica. I titoli nobiliari passarono a Pietro in quanto in base alle leggi dinastiche non potevano essere trasmessi al figlio adottivo di Giuseppe, Gioacchino Lanza. Con Pietro Tomasi della Torretta si estinse la linea maschile ma non la discendenza del Gattopardo né i titoli nobiliari che, secondo le regole dinastiche della nobiltà del Regno delle Due Sicilie, sopra ricordate sono trasmissibili anche in linea femminile.

La linea di discendenza femminile

Oltre al già citato Lo Piccolo erano viventi alla morte di Pietro discendenti di Maria Antonia e di Chiara. Mentre tre figlie del Gattopardo erano rimaste nubili Maria Antonia aveva sposato Giovanni Garofalo, docente di matematica, e Chiara si era unita in matrimonio con Francesco Paolo Crescimanno Trigona dei Baroni di Capodarso. Maria Antonia aveva avuto tre figli un maschio Giuseppe, Giulia sposata Trombetta e Marietta rimasta nubile. Chiara aveva avuto sette figli, tre maschi e quattro femmine. Alcuni suoi discendenti sono oggi Crescimanno Tomasi essendo stati autorizzati ad aggiungere il cognome della progenitrice al loro. Quando Pietro morì erano viventi solo tre cugini primi Giuseppe figlio di Maria Antonia e le sorelle Giovanna e Maria Carolina, figlie di Chiara; i titoli nobiliari si sono trasferiti a Giuseppe (Palermo 1885 – Genova 1968), il parente maschio più prossimo. Giuseppe aveva una sola figlia, Maria (Genova 1916-1997) sposata con Giuseppe Di Rella dal quale aveva avuto due figli Aurelio (1941) ed Ivana (1945). Aurelio Di Rella, avvocato in Genova, ed i suoi figli hanno aggiunto, in forza di decreto ministeriale, a quello paterno il cognome Tomasi di Lampedusa; è l'attuale principe di Lampedusa, duca di Palma, barone di Montechiaro, Franconeri e della Torretta. Aurelio Di Rella ha tre figli avuti dal matrimonio con Marcella Minale (Sanremo 1943) avvocata, discendente in linea materna dalla casata dei Lombardi di Lomborgo (il nonno Leone era figlio cadetto del conte Lombardi di Lomborgo): Fabrizio Guiscardo Lupo Italo (1968), avvocato, che ha una figlia, Martina (2002); Riccardo Julius Falco Italico (1970) avvocato, coniugato con Elena Peruzzini, avvocata; Fiammetta Selvaggia Aquila Italia (1973) avvocata, coniugata con Alessandro Montis, avvocato, ha una figlia, Maddalena (2007)

Bibliografia

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