Utente:G dallavecchia/Sandbox

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Origini e diffusioni della ceramica graffita tra alto e basso medioevo

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La ceramica era ed è considerata tutt'ora come un fenomeno poco studiato, al quale nel corso degli anni non si è dato particolare interesse; Nonostante ciò però, la storia della ceramica risale a tempi antichi. Le sue origini si possono ricondurre all'emisfero Asiatico, in quanto già a partire dal secolo VI troviamo alcune testimonianze in Cina, Penisola arabica e Persia; questa diffusione continuerà poi durante tutto il periodo che intercorre tra Alto e Basso Medioevo. Questa espansione, soprattutto in epoca basso-medievale darà origine a un’ulteriore propagazione a macchia di leopardo a partire dal XIV secolo, per giungere poi in Italia per merito delle spedizioni medievali in Oriente e grazie quindi anche ai flussi commerciali che seguendo le rotte lungo il fiume Po. Queste merci arrivarono nelle zone oggi conosciute come: Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. I motivi che hanno favorito questa veloce espansione, soprattutto nel nord della Penisola Italiana, sono dovuti principalmente alla diversa caratterizzazione della terra che veniva usata per la lavorazione e all’uso di ossidi naturali per la colorazione della ceramica stessa: le argille della pianura padana erano più rossastre, solide e compatte, gli ossidi derivavano da diversi metalli facilmente reperibili come rame, ferro e piombo ed erano inoltre in grado di sopportare maggiormente le incisioni che venivano fatte durante la lavorazione. Per quanto riguarda la decorazione di questi lavori si faceva riferimento a forme geometriche, ornamenti vegetali e floreali, animali fantastici, figure grottesche; la caratteristica principale era che, nonostante l’arte della ceramica fosse riconosciuta in diverse parti dell’Italia, le peculiarità della decorazione era pressappoco la stessa. Le forme dei recipienti erano prevalentemente chiuse (principalmente boccali), le forme aperte erano piuttosto rare e principalmente si trattava di catini che avevano la funzione di centro tavola durante eventi importanti; gli oggetti con forme aperte erano talmente rari che si comincia per la prima volta a parlarne nel XIV secolo.

La ceramica alla corte dei Gonzaga

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La ceramica a Mantova ha subito molteplici influenze derivanti da altre corti diffuse in tutta Italia. Particolare importanza la si dà alla dinastia Gonzaga la quale, appassionata di tutte le arti, aveva cercato di portare alla Corte di Mantova il maggior numero di opere artistiche in ceramica. Nella penisola italiana l’arte della ceramica aveva avuto una notevole evoluzione dovuta al fatto che le argille presenti nel territorio facilitavano la lavorazione della ceramica; proprio per questa ragione le famiglie Nobili si innamorarono delle opere in ceramica tanto da voler anche condurre delle raffinate ricerche per scoprire tutte le testimonianze antiche che potessero richiamare alla ceramica. Tra le Corti più famose citiamo: i Gonzaga, signori di Mantova, gli Este, signori di Ferrara e i Sabaudi, signori di Bologna. L’arte della ceramica non era considerata importante solamente nelle Corti ma era usata anche nella farmacia, nella chimica, nella medicina e nell'edilizia oltre che per usi domestici. Per quanto riguarda Mantova i Gonzaga avevano fatto costruire una fornace che rimase attiva fino al XIV secolo, in particolare Ludovico II Gonzaga (marchese 1444-1478) lascia testimonianza di quando in quei secoli la ceramica e l’arte della maiolica fossero ben radicate nella città. In particolare grazie a degli scavi archeologici presso il Lago Inferiore si scoprì che in quel luogo era situata la fornace principale. Va però ricordato che non solamente nella città di Mantova si possono trovare testimonianze di questa nuova tecnica artistica, infatti si possono riscontrare tracce di lavorazioni in ceramica anche a Viadana, Revere, Ostiglia e Canneto. Questo periodo storico viene ricordato grazie al fatto che, mentre in altre città l’arte della ceramica era agli esordi, Mantova aveva già una certa padronanza con questa arte tanto da ospitare figure che diventeranno importanti più avanti, come ad esempio Elia della Marra. Come prima accennato, Mantova sentì le influenze di anche altre città Italiane come ad esempio Firenze. Questo avvenne grazie ad un personaggio di nome Giovanni da Milano, il quale aveva portato proprio a Mantova delle opere dalla capitale toscana. Una relazione si instaura anche tra Mantova e Pesaro in quanto entrambe al governo avevano un appartenente alla famiglia Gonzaga, proprio per questo motivo il modo di dominare l’arte maiolica di Pesaro aveva avuto una notevole influenza sulla maiolica mantovana.

Come accennato precedentemente nelle città di Mantova e nelle vicine città di Viadana, Ostiglia, Canneto e Sermide possiamo trovare testimonianze della presenza di Università specializzate nello studio della ceramica. Alla morte del Duca Federico II il comando dello stato passò sotto il controllo del Cardinale Ercole Gonzaga e per ciò i maestri ceramisti di Corte scrissero al nuovo signore una lettera nella quale chiedevano che i diritti concessi dal defunto Duca, fossero riconfermati. Il Cardinale accettò offendo anche ad alcuni di loro delle opportunità di lavoro più vicine a casa e alla famiglia. Ancora una volta possiamo riscontrare come per la corte dei Gonzaga la ceramica fosse un’arte degna di riguardo. È importante ora citare un personaggio che aveva portato una innovazione importante nella storia artistica mantovana: Tommaso Scaldamuzza, grazie al quale, Mantova ebbe la sua prima fabbrica di maiolica (1552). La sua industria e la relativa Università, producevano e studiavano un nuovo modo di fabbricazione della maiolica, rendendola più raffinata e del tutto differente da quella che fino a quel momento aveva caratterizzato la lavorazione della ceramica, tanto da ottenere numerosi privilegi dal governo Mantovano Ben presto però si venne a scoprire che l’arte della maiolica e della porcellana non avevano avuto l’esito desiderato e per questo motivo la fabbrica di maiolica dello Scaldamuzza venne chiusa, possiamo quindi notare che questo secolo non fu più tanto proficuo come quello precedente, tanto da portare verso un lento ma inesorabile decadimento di questa arte nonostante i molteplici tentativi per evitarlo. Possiamo inoltre riscontrare come, al contrario del secolo precedente, la Corte dei Gonzaga non instaurò nessuna relazione particolare con le altre città della penisola, se non per una piccola eccezione dettata da Isabella d’Este la quale, appassionata della ceramica faentina, amava circondarsi di oggetti proveniente da quelle zone perché dei quali ne ammirava la decorazione.

In questo secolo importante è la scomparsa definiva della maiolica dalle Corti Mantovane. Ora è importante precisare che a Mantova erano presenti tre fornaci tra le quali la principale era quella di Federico Parma, che occupava in totale 17 operai, la quale ottenne non solo il monopolio sulle altre fornaci, ma ulteriori privilegi come ad esempio essere l’unica a poter commerciare nella zona centrale della città, ovvero quella composta da Piazza Broletto, Piazza Sant'Andrea e Piazza dell’Aglio, dietro all'obbligo di pagare una quota annuale alla Corte. Nel 1600 possiamo riscontrare un tentativo di far riaprire la fabbrica di Maiolica; a questo tentativo parteciparono diverse figure:

  • Il maestro Scipione Tamburino che offriva la sua manodopera e gli arnesi di professione che servivano alla lavorazione
  • Il Duca Ferdinando che dava libertà di vendita
  • S. Altezza che fornì: la casa che poteva ospitare gli operai, 3.600 lire in maiolica cruda da decorare ed i materiali
  • Il Casale che offriva 1.200 lire

L’utile di questa piccola società sarebbe stato diviso in tre parti con l’impiego di non scioglierla per i successivi tre anni. La fabbrica funzionò bene e si riuscì ad ottenere il divieto di importazione delle maioliche da fuori Mantova, nonostante tutto la fornace però durò pochi anni a causa della morte del maestro Tamburino. Successivamente alla scomparsa del maestro vi fu un personaggio che alla notizia della morte di Tamburino si fece avanti alla Corte dei Gonzaga per chiedere al Duca di poter lavorare nella fabbrica e diventare il nuovo maestro all'interno della fabbrica: Giovanni Zudelli da Faenza, il quale era disposto a produrre maioliche che sarebbero state all'altezza di quelle faentine pur non importando nessun tipo di merce e di attrezzature come imposto dal Duca stesso nel suo decreto. A quel punto però sembrava che il Duca non fosse più interessato ad avere tra i suoi possedimenti una fornace, al punto che il 21 agosto Ferdinando lasciò decadere il monopolio sulla fornace, lasciandola di fatto agli artigiani che lavoravano al suo interno. L’Università di Ceramica era ancora funzionante ed era incaricata di controllare che effettivamente non venissero importate merci da altre città produttrici di Ceramica. Nel 1639 le fabbriche di ceramica, che erano state ridotte a solamente due unità, non riuscivano a sostenere la richiesta dei vari committenti della città e l’anno successivo Giacomo dell’Orto chiese al Duca di poter fornire, a titolo esclusivo, i materiali ai ceramisti mantovani tenendo un magazzino per le scorte, ma nel 1642 i ceramisti scrissero una lettera di protesta contro dell’Orto lamentandosi della scarsa qualità della creta e del fatto che esigeva pagamenti anticipati, spese che gli artigiani non erano in grado di sostenere. Nel 1772 l’Imperatore concesse l’apertura di una fabbrica di maiolica che però a quanto pare non ebbe successo in quanto ancora oggi non si riscontra nessuna notizia. In fine è importante ricordare come nonostante le importazioni fossero proibite, Bartolomeo Zavanella di Carpi, fece domanda per poter fornire la sua creta per la lavorazione della ceramica alla Corte dei Gonzaga e a Moglia, con stupore questa richiesta venne accettata.

Per quanto riguarda la ceramica propria del territorio mantovano dobbiamo ringraziare diverse mostre e rassegne che misero in luce il particolare modo di lavorare tipico della città di Mantova; queste mostre sono ritenute particolarmente importanti perché hanno reso possibile la scoperta e la successiva esposizione di reperti acquisiti da collezioni private e altri oggetti provenienti da alcuni musei situati nella provincia, tra i più importanti citiamo: Asola, Cavriana, Ceresara, Ostiglia, Pietole, San Benedetto Po, Revere e Viadana. Importante è stata soprattutto una particolare mostra che ha permesso per la prima volta di porre attenzione ai particolari che venivano usati per la lavorazione della ceramica a Mantova, in particolare si è potuto notare l’uso dei colori e la differenziazione tra due tipologie di incisione tipiche della zona: incisione a punta o a stecca (maggiori dettagli saranno spiegati successivamente). Va notato però che non è possibile attribuire una datazione precisa dalla quale partire per parlare dell’evoluzione della ceramica presso le Corti Mantovane, possiamo solo limitarci a precisare che i maggiori esponenti che hanno cercato di rendere onore a questa lavorazione sono stati i discendenti della famiglia Gonzaga di fatti possiamo trovarne una testimonianza in alcuni documenti datati 1300 che attestano spese da parte della famiglia per l’acquisto di materiale nelle zone alleate limitrofe: alcuni reperti rinvenuti nella zona dell'Oglio e nei pressi di Palazzo d’Arco e Palazzo Ducale testimoniano la nascita di una produzione arcaica che trova riscontro nelle migliaia di taglieri e scodelle fornite alla mensa e alle cucine gonzaghesche nel 1340 attraverso acquisti in numerose mostre tenute in tutta la penisola. Un ulteriore conferma delle antiche origini dell’arte della ceramica presso la città di Mantova si può riscontare nel ritrovamento di reperti nelle zone dei quartieri adiacenti al Rio e della zona del monastero di san Giovanni. Come erano decorati i vasi? Secondo lo studio dei reperti ritrovati si è potuto notare che questo tipo di produzione era caratterizzato da vetrine gialle e verdine ravvivate dalla bicromia giallo-ferraccia e verde-ramina, i motivi decorativi vengono realizzati secondo il concetto del rivestimento bidimensionale della superficie ingobbiata utilizzando degli elementi geometrici: nelle scodelle compaiono foglie di pioppo e di palma, nei boccali compaiono invece fiori quadripetali, uccelli dalle ali possenti, profili umani. Va notato che la produzione locale inizia ad aumentare grazie all'affermarsi politico della famiglia Gonzaga che, acclamando il titolo di marchesi, rafforzano i rapporti che le città alleate, prevalentemente emiliane e lombarde, per contrastare la potente ascesa della repubblica di Venezia. In conferma a quanto appena accennato possiamo notare come viene imposto ai ceramisti di corte l’utilizzo dei colori di tecniche innovative che si riscontrano essere prese dalle località vicine, in particolare dai maiolari, abili lavoratori di vetro. In più possiamo riscontare che a Mantova, in quegli anni, erano presenti maestri originari delle zone umbre e toscane. Durante una ricerca all'interno dell'archivio mantovano emersero numerosi nomi di artisti scodellari e boccalari. Come precedentemente detto troviamo delle differenze nell'uso della punta e della stecca che veniva adottato dai ceramisti alla fine del XVI secolo, in particolare vi sono due differenze sostanziali:

  • Lavorazione alla Damaschina
  • Lavorazione a Robesche

Il primo tipo di lavorazione era ispirato agli incisori orientali, il secondo tipo invece veniva usato per intendere quel particolare tipo di decorazione organizzata in sottili fasce concentriche riempite di sequenze e di motivi minuti distribuiti sulla tesa, mentre in un piccolo medaglione, nel centro, sono rinchiusi diversi tipi di fiori. È importante notare inoltre come nei secoli XVI e XVII sembravano coesistere due divere modalità per quanto riguardava l’esecuzione degli ornati. Il primo tipo di procedimento veniva fabbricato tramite la tecnica del risparmio contro uno sfondo ribassato, il secondo tipo invece consisteva nella scavatura dell’ingobbio con la punta e con la stecca; esempi del primo tipo possono essere riscontrati in motivi vegetali a racemi, foglie accartocciate di vite, quercia, gelso; esempi invece relativi al secondo tipo possono essere motivi geometrici e fantastici. Il glorioso cammino della ceramica graffita mantovana si concluse con la lavorazione a punta sottile in tutta la gamma di ceramiche che venivano create all'epoca.

È importante citare questa città perché nell'epoca gonzaghesca era uno dei centri di maggior importanza nel commercio di ceramica. La storia di questa particolare città è abbastanza travagliata, ma ora è situata al confine estremo della provincia di Mantova con Cremona. Attraversa periodi di dominazione diverse: i Gonzaga riuscirono a strapparla dalle mani dei marchesi Cavalcabò nel 1415 nel momento in cui la città era caduta nelle mani di Cabrino Fondulo, quando poi Cremona nel 1425 rientrò nel dominio dei Visconti, i marchesi Gianfrancesco e Ludovico Gonzaga riaffermarono la loro nuova signoria sul borgo favorendone lo sviluppo economico tenendo conto delle antiche prerogative per guadagnare l’appoggio popolare rispetto a Milano. Nonostante la sua frastagliata storia nelle diverse dominazioni, Viadana è stato il centro dei commerci tra Mantova e Cremona grazie alla sua posizione. Importante ora è citare il museo locale “Parazzi”, famoso per la sua immensa opera di recupero, catalogazione, restauro ed esposizione di tutto il materiale appartenente alla cultura dell’arte della ceramica che durante gli anni ha pervaso la storia della città. Il fondatore del museo fu Don Antonio Parazzi, famoso storico e archeologo famoso per aver scritto un’opera nella quale possiamo trovare numerosi accenni all'attività dei ceramisti viadanesi ai quali attribuisce la paternità degli esemplari che lui stesso aveva analizzato e catalogato. Gli scavi archeologici fatti da Parazzi hanno messo in luce il fatto che Viadana era un centro di commercio molto importante, questo era favorito soprattutto dalla sua posizione di vantaggio rispetto a Mantova e Cremona che costituivano i due punti di maggiore scambio commerciale per la città stessa. L’importanza della città deriva principalmente dal commercio fluviale che gli permetteva di essere uno dei centri nevralgici per il commercio delle ceramiche che in quei tempi permise ai Gonzaga di ampliare la vasta gamma di commerci con il resto della penisola in particolar modo con Parma, Reggio Emilia e Milano. Per questo motivo la produzione locale era molto cospicua ed era caratterizzata da materiale ingobbiato, graffito, dipinto, invetriato e lavorato a punta o a stecca. Un personaggio importante, che risponde al nome di Antonio Berlotti, riuscì a ricostruire l’esistenza di attività vascolare nella città di Viadana nei secoli XV e XVI grazie al ritrovamento di un decreto ufficiale datato 15 gennaio 1537 in cui Federico Gonzaga dichiarava che qualora vi fosse stato bisogno i vasai viadanesi erano tenuti a lavorare per la Corte ribadendo però il divieto di importazione da fuori Mantova. Si è successivamente venuto a conoscenza della presenza di fabbriche all’interno della città, precisamente si riscontra la presenza di due fabbriche:

  • Una più antica
  • Una di maioliche, fondata nel 1625 da Pietro Nani, nella frazione di Portiolo Po

Queste precisazioni di Parazzi si sono state ritenute essenziali per l’individuazione dell’epoca e delle caratteristiche della produzione viadanese, caratterizzata da una graffita arcaica con decorazioni semplificate, con incisione a punta e a stecca con fondo ribassato nei colori verde ramina e giallo ferraccia con una rara aggiunta di cobalto e manganese. Vengono inoltre indicati materiale, forme, soggetti, scritte, luoghi di provenienza dei reperti e i nomi degli artigiani, ne citiamo i più importanti: Gio Francesco del Bochalar, Battista Bocalere, Bartolomeo e Agostino Maiolaro. Possiamo quindi affermare che il materiale raccolto a Viadana testimonia una tradizione ceramista secolare affiancata da un redditizio commercio di manufatti di terracotta destinati all'edilizia e alla cucina, tra queste emerge soprattutto un gruppo di maioliche seicentesche a fiori, animali e paesi a imitazione della produzione bianca e turchina fatta dall'officina del Porto del Duca Ferdinando Gonzaga. Va detto però che il segnale che da massima testimonianza della presenza dell’arte della ceramica nella città la si riscontra nei documenti ritrovati presso le mura dell’antico castello ora scomparso e nel borgo degli “Scodellari”. Sono stati ritrovati nella zona anche alcuni vasetti adibiti a vari usi nella cucina, nella spezieria, in erboristeria ma anche nelle botteghe dei vasai per contenere i colori che veniva usati per dipingere la ceramica. Grazie a quanto appena detto la raccolta del materiale che possiamo trovare nel museo Parazzi offre un panorama di forme colorate generalmente nella bicromia già citata ramina/ferraccia riconducibili alle varie lavorazioni a punto e a stecca, queste caratteristiche possono riassumere molte delle tipologie di ceramiche che possiamo trovare nelle ceramiche che contraddistinguono la storia che va dal Quattrocento al Seicento. Prima si è accennato al fatto che Viadana è passata sotto diverse dominazioni e infatti la massima crescita a livello di produzione della ceramica si è avuta dopo il 1425 in cui i Gonzaga la fecero diventare il centro economico. È importante sottolineare che questo tipo di lavorazione ha delle peculiarità che la rendono unica:

  • Motivi decorativi che sembrano rari rispetto ad altre zone, come a esempio la testa di cherubino, il fiore a calice dal quale escono petali e l’ostia consacrata appoggiata alla coppa del Santo Graal.
  • L’ornato zoomorfo rappresentato da un esemplare di uccello dalle ali spiegate che aveva il compito di significare la fecondità.
  • Nella lavorazione della ceramica nei secoli XVII e XVIII possiamo riscontrare dei disegni particolari che rappresentano colombi, pavoni, trampolieri, uccelli affiancati da lepri e conigli.
  • Tecniche diverse vengono coese all'interno di questa corrente artistica: lavorazione ad azzimo nella decorazione dello stemma quadripartito dei Gonzaga, in rilievo su scudo a fondo ribassato nello stemma dei Visconti, riccioli graffiti nella decorazione dello stemma dei Boiardi di Reggio Emilia e da lambrecchini nella decorazione di quello dei Reggi.

Queste caratteristiche rendono a pieno l’idea di come questa città nel suo periodo di massimo splendore era il centro economico che racchiudeva diverse tipologie di lavorazione, cercando di mescolarle in modo da amalgamarle.

Precedentemente sono state citata delle mostre che hanno reso possibile la conoscenza dell’arte della ceramica Mantovana, in questo approfondimento verranno citate le più importanti. La prima mostra che citiamo nasce a Revere sotto il nome di “Mostra della Ceramica Graffita” che si occupa non solamente di rappresentare i prodotti di questa arte, ma ha anche lo scopo di ampliare un discorso su quello che una civiltà ha rappresentato in un quadro di relazioni su diversi piani. Questa mostra si prende quindi l’obbligo di spiegare quali sono stati i rapporti tra la città di Mantova e le alte città presenti nella penisola. Questa rappresentazione si è guadagnata uno sguardo degno di nota in quanto ha messo in luce il rapporto di solidarietà che ha animato i rapporti tra le diverse parti della penisola italiana e ha quindi consentito di organizzare la prima rassegna di materiale che fino ad allora veniva trascurato ma che si pensava dovesse essere messo in risalto perché rappresenta una parte importante della storia. Ora citiamo una mostra che non è una vera e propria mostra in quanto si tratta più di un convegno internazionale che va sotto il nome di AIECM2 (acronimo di “Association Internationale pour l’etude des Céramiques Médiévales en Mediterranée”). Questa mostra ha organizzato per il 1999 con i vari Comitati nazionali di: Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Marocco e Grecia, un grande convegno di Ceramica bizantina nella più larga estensione del termine, dalla tarda antichità fino alle soglie del rinascimento. È dal 1978 che si tengono questi convegni internazionali sempre sul versante del Mediterraneo occidentale, ovvero sul versante considerato il padre delle origini della maiolica. L’Italia ovviamente non può che cogliere positivamente questa mostra in quanto centro di molte spedizioni per l’espansione di questo particolare tipo di ceramica. Questa iniziativa è importante soprattutto per il fatto che dà un quadro sintetico di quanto si è fatto sinora per quanto riguarda le ricerche archeologiche, storiche e tecniche relativamente alla ceramica graffita dell’area padano-veneta.