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Chi Siamo[modifica | modifica wikitesto]

Il gruppo si forma a Frosinone (FR) nel 2005 per opera di 6 ragazzi (Federico, Matteo, Giulia Maria, Piergiorgio, Giada, Alessandro) frequentanti entrambi il Conservatorio, con la voglia di creare un certo tipo di musica che possa essere molto coinvolgente per l’attuale generazione e che sia facile da interpretare.

Foro de Exégesis y Teología bíblica del Instituto del Verbo Encarnado 

NASCITA DI GESU' E CENSIMENTO - Dario Bazec


NASCITA DI GESU' E CENSIMENTO

Dario Bazec

dariobazec@virgilio.it


NOTA

Este artículo de Dario Bazec, doctorado por la Universidad de Venecia “Ca’ Foscari” en Lenguas y Literatura oriental (hebreo), es un ensayo que parte dos artículos (y en consecuencia hace referencia frecuente a ellos), uno de Mons. Ravassi y el otro de Antonio Socci, publicado este último en Il Giornale del 23 de diciembre de 2005 (se puede encontrar en http://www.rassegnastampa.totustuus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=1777).

Questo saggio di Dario Bazec prende spunto da due articoli, uno da Mons. Gianfranco Ravassi e l’altro da Antonio Socci (per quest’ultimo vedi http://www.rassegnastampa.totustuus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=1777).



INTRODUZIONE


Antonio Socci e Vittorio Messori, spalleggiati da altri, hanno risuscitato l’ipotesi di Shemarjahu Talmon sull’annunciazione a Zaccaria, che si rifà al calendario di Qumran. E’ bene dire “risuscitato”, perché si tratta di uno studio fatto nel 1958, come riferisce l’ “Encyclopaedia Judaica”, quindi non recente, come si vuol far credere. 

Perché non sia attendibile il calendario di Qumran si fa presto a dirlo. Si tratta di un calendario solare di 364 giorni, in difetto di 1,25 giorni rispetto al calendario giuliano. Ciò significa che la Pasqua ebraica, se calcolata correttamente con l’adozione di tale calendario, dopo cento anni è anticipata di 125 giorni. Quindi si va dai mesi marzo-aprile a novembre-dicembre.

In questa analisi si dimostreranno le incongruenze in cui incorre Socci e la sua ricostruzione molto approssimativa degli avvenimenti. Inoltre si illustreranno, nella parte costruttiva, alcuni risultati raggiunti sulla cronologia della Natività e quella del censimento[1].

CRONOLOGIA DELLA NATIVITA’

1.          Scrive Socci: “Negli studi della “Scuola di Madrid” – sintetizzati nel libro “La vita di Gesù” di Josè Miguel Garcia - trova soluzione anche il problema cronologico del censimento che finora non si sapeva quando collocare e pareva storicamente dubbio.” 

Il libro “La vita di Gesù” di Josè Miguel Garcia è un testo da cui è meglio tenersi lontani. L’autore pretende di ricostruire il testo aramaico dei Vangeli, che, secondo lui, si nasconde sotto certe incongruenze del testo greco. La fatica di Garcia è dubbia se non del tutto inutile. Il testo aramaico dei Vangeli è quello della Peshitta siriaca e non se ne possono ipotizzare altri. Qui non mi soffermerò su tale argomento; ho già scritto una nota critica che invio a chi la desidera. Mi riservo di entrare, in tempi successivi, su alcune invenzioni di Garcia.

2.          Prosegue il giornalista: “Perché Giuseppe e Maria devono andare a Betlemme il cui nome, beth-lehem, in ebraico significa “città del pane”? Perché Erode, per conto dei romani, ha imposto un giuramento-censimento.” 

Beth-lehem vuol dire “casa del pane” e non “città del pane”. Erode non ha mai imposto alcun giuramento-censimento. Non so da dove si possa arguire che si dovesse fare un giuramento all’imperatore. Per quanto riguarda la questione del censimento l’argomento sarà trattato più avanti.

3.          Scrive ancora: “A lungo si è ritenuto che il 25 dicembre fosse una data convenzionale, scelta per contrastare le feste pagane del Natale Solis invicti (da identificare forse con Mitra, forse con l’imperatore romano). Ma recentemente una scoperta archeologica fatta tra i papiri di Qumran ha clamorosamente suggerito la possibile esattezza di quella data. Dal “Libro dei Giubilei” uno studioso israeliano, Shemarjahu Talmon ha ricostruito la successione dei 24 turni sacerdotali relativi al servizio nel Tempio di Gerusalemme e ha scoperto che “il turno di Abia” corrispondeva all’ultima settimana di settembre. Notizia importante perché si lega a un’informazione cronologica del Vangelo di Luca (1,5) secondo cui Zaccaria, il padre di Giovanni Battista e marito di Elisabetta, appartenente alla tribù sacerdotale di Abia, vide l’angelo, che annunciava il concepimento di Giovanni, proprio mentre “officiava davanti al Signore nel turno della sua classe”. Quindi a fine settembre.”
Le affermazioni di Socci dimostrano che non conosce le cose in modo critico. La prima cosa da osservare è la validità dei calendari di Qumran. La seconda è la turnazione secondo Qumran che è diversa da quella di Davide. Infatti secondo il calendario di Qumran i turni erano 26 e non 24, come scrive Socci. Diversamente i turni non potevano essere fissi. La terza è che non si può in alcun caso dimostrare che i sacerdoti del Tempio avessero stabilito una rotazione diversa da quella stabilita da Davide. 
I. Com’è noto il calendario di Qumran è un calendario solare di 364 giorni. E’ lo stesso calendario che usavano in Egitto prima della riforma effettuata da Cesare su consiglio di Sosigene. Sul calendario di Qumran così si esprime Licht nell’Encyclopaedia Judaica: 

“ Il Calendario solare di 364 giorni. Questi calendari differivano in quantità rispettabile dalle normative del calendario ebraico, ma il più radicale allontanamento appare essere stato fatto nel calendario solare difeso nei testi pseudoepigrafi, Enoch e Giubilei. La sezione «astrologica» del Libro di Enoch (Etiope) (cap. 72–78) descrive in dettaglio il movimento annuale apparente del sole attraverso diversi punti ("12 porte") dell’alba e del tramonto. La descrizione (formalmente corretta) porta al calcolo (errato) di 364 giorni per l’anno solare, 30 giorni per ciascun mese e quattro giorni supplementari per "i segni" ("nei quali il sole indugia"), cioè, i solstizi e gli equinozi. C’è pure una discussione sull’anno lunare, con un calcolo della differenza in lunghezza tra esso e l’anno solare. Il significato di queste osservazioni è che la natura obbedisce al calendario solare, del quale quattro quarti sono le quattro stagioni con il cambio di clima e vegetazione; che l’universo si muove in perfetta armonia numerica; e che qualsiasi altro calcolo

dell’anno è errato. Parimenti il Libro dei Giubilei (6, 29–30) accentua che ci sono esattamente 52 (4 x 13) settimane nell’anno, e condanna con veemenza i peccatori che usano un calendario lunare, osservando così le festività in date sbagliate. Negli scritti della setta del Mar Morto ci sono diverse indicazioni che la setta aveva adottato il calendario di 364 giorni. La Regola della Comunità di Damasco (I QS, col. 1, 14-15), per esempio, stabilisce che il Libro dei Giubilei deve essere seguito in tutto ciò che riguarda il calcolo del calendario. Ancora, secondo la Regola della Guerra (col. 2), nel Tempio futuro ci saranno 26 "turni" (cioè, "divisioni") di sacerdoti e leviti, cioè, una precisa distribuzione di due settimane di servizio per anno solare per ciascun "turno" (in diretta contraddizione con la divisione biblica in 24 turni, che non osserva l’esatta divisione dell’anno (1 Cr 24, 1–18)). E’ stato anche trovato un frammento di un programma della setta per il servizio nel futuro Tempio; la sua evidenza è, tuttavia, inconcludente (benché considerata importante da diversi studiosi). [...]

Finché il calendario della setta era noto solo dai Libri di Enoch e dei Giubilei, non era necessario presumere che qualcuno avesse effettivamente cercato di metterlo in pratica. La scoperta degli scritti della setta del Mar Morto fa conoscere un corpo sociale perfettamente organizzato, con un proprio modo di vita sfacciatamente separatista, che era del tutto capace di mettere in pratica ciò che predicava. Ha un certo valore l’argomentazione di S. Talmon (in Scripta Hierosolymitana, 4 (1958), 162–99) che l’adozione della setta del calendario di 364 giorni era l’unico fattore più decisivo del suo separatismo, in quanto è impossibile una simbiosi realistica di due gruppi che usano calendari differenti. D’altronde, l’ipotesi che la setta avesse realmente usato questo calendario è piuttosto problematica, nonostante l’evidenza piuttosto convincente a suo favore. Dal momento che il vero anno solare è di 365 1/4 giorni, chiunque usi il calendario di 364 giorni deve scoprire entro circa 30 anni che non è in accordo con la natura. Pesah, ad esempio, sarebbe caduta nel mezzo dell’inverno della Palestina. Inoltre, c’è il motivo per credere che la setta sia esistita per più di 30 anni. Si potrebbe supporre uno stratagemma d’intercalazione di qualche tipo, benché nulla di ciò sia indicato dalle fonti attuali. E’ pure possibile che la setta in realtà avesse seguito il suo calendario per un breve periodo, o che avesse perseverato con esso senza riguardo delle sue conseguenze. Con ogni evidenza l’uso reale del calendario rimane contraddittorio e inconcludente.”[2]

La conclusione di Licht è puntuale e severa: l’uso di tale calendario è contraddittorio e inconcludente, perché, essendo composto da 364 giorni, non rispetta il normale corso della natura. In effetti, un calendario simile pone più problemi di quanti ne risolva. Si conviene con quanto ipotizza Licht e cioè che il calendario sia stato usato per breve tempo.

Di per sé il fatto che Pasqua ricorra sempre di mercoledì è una soluzione che comporta gravi conseguenze. In effetti, tale calendario, oltre ad essere completamente svincolato da quello solare di 365,25 giorni, altera completamente il ciclo settimanale che era tramandato da tempo immemorabile. Inoltre non è possibile sapere in che modo fosse stata effettuata una concordanza col calendario astronomico. Infatti, se tale calendario era effettivamente in uso, non poteva sfuggire a chi lo praticava, che senza inserire dei giorni supplementari, di anno in anno la Pasqua era anticipata. Salvo che tale calendario iniziasse ogni anno in concomitanza col 1° Nisan ufficiale che era proclamato a Gerusalemme. In tal caso Pesah ricorreva lo stesso giorno, con la differenza che a Qumran era sempre mercoledì, mentre a Gerusalemme era uno dei giorni possibili, cioè domenica, martedì, giovedì, sabato. In tal caso il calendario di Qumran aveva un valore puramente teorico, perché doveva essere continuamente aggiustato, in modo che ogni anno iniziasse in concomitanza col 1° Nisan ufficiale.

Una cosa che non bisogna sottovalutare è che, quando nacque Gesù, era già in vigore da più di quarant’anni il calendario giuliano, che sotto ogni punto di vista definiva una volta per tutte, con solida base scientifica, un criterio univoco per misurare il tempo. Proporre un calendario di 364 giorni, più che caratteristica di una setta, sarebbe stata la manifestazione d’arretratezza culturale.

La questione del calendario giuliano non è indifferente. Giulio Cesare, coi poteri che li derivavano dall’essere pontefice massimo, lo promulgò per tutto l’impero romano. Antipatro e i suoi successori, sia come “reges socii”, sia come cittadini romani, erano tenuti ad applicarlo. E’ noto che Antipatro fu elevato al rango di cittadino romano per l’aiuto dato a Cesare nella battaglia in Egitto. La cittadinanza romana si estendeva a tutta la sua famiglia e ai discendenti. Un tanto risulta dalla concessione dei diplomi militari. La formula: “assegna la cittadinanza a loro stessi, ai loro figli e ai discendenti; anche il diritto di connubio con le rispettive loro mogli ai tempi del ricevimento della cittadinanza, o se celibi, a qualunque donna desiderassero sposarsi in un tempo successivo, nella misura di una sposa ciascuno” si ripete costantemente in tutte le concessioni di cittadinanza romana.

L’adozione di un calendario che determinasse esattamente l’equinozio di primavera era dunque quanto mai utile in Israele, per la corretta fissazione della festa di Pesah.

II. Jacob Liver, scrivendo a proposito dei turni sacerdotali nel Tempio, fa osservare quanto segue:

“Secondo 1 Cr 24-26 e la tradizione rabbinica, i sacerdoti e i leviti erano organizzati in turni, o divisioni. Secondo la testimonianza post-biblica queste divisioni erano usate per il servizio in rotazione.”[…]

“Secondo questo elenco, il numero di sacerdoti era già molto grande (4.289 uomini), e pure il numero di sacerdoti in una famiglia era così grande, che non potevano servire nel Tempio simultaneamente. Era necessaria perciò una sistemazione in modo che i gruppi di sacerdoti servissero a rotazione . Le famiglie sono state divise in clan, e i clan in gruppi (cf. tradizione rabbinica: «quattro divisioni sono ritornate dall'esilio: Jedaiah, Harim, Pashhur, e Immer; e i

profeti in Gerusalemme li hanno organizzati in ventiquattro divisioni», Tosef., Ta'an. 2: 1; TJ, Ta'an. 4: 2, 67d, e al.). Forse è incluso nella stessa struttura è il conto dato da Giuseppe (Ap. 2: 108) riguardo a quattro tribù sacerdotali che hanno ruotato nel servizio nel Tempio a intervalli regolari. Tuttavia, c'è chi correggerebbe il testo da leggere «ventiquattro» anche in questo passo (cf. Ios., V. 2; Ios., AI. 7: 366). Una tradizione riguardo al consolidamento graduale dei 24 corsi sacerdotali appare anche in Tosefta, Ta'anit 4: 2, e TJ, Ta'anit 4: 2, 67d.”[3]

I turni sacerdotali nel Tempio si svolgevano dunque secondo la cadenza stabilita da 1 Cr 24 – 26.

I turni che si svolgevano nel Tempio erano quelli stabiliti da Davide e non quelli di Qumran, che prevedevano 26 rotazioni.

III. I turni settimanali erano dunque 24. Ma nel corso dell’anno ci sono 52 settimane + 1 g. Quindi ci sono (24 + 24 + 4) turni, nell’anno successivo ci sono (20 + 24 + 8) turni, e poi (16 + 24 + 12) turni, ecc. Perciò nessun turno si ripete l’anno successivo nella stessa settimana. E’ vero che a Qumran avevano cercato di aggirare l’ostacolo delle 52 settimane facendo (26 x 2) turni fissi. Ma di tale progetto si ha notizia soltanto dai Manoscritti e non risulta che fosse stati applicato nel Tempio di Gerusalemme dove officiava Abia. Peraltro, sotto ogni punto di vista, è insostenibile affermare che nel Tempio di Gerusalemme si praticassero le turnazioni di una setta separatista.

In conclusione si può affermare che lo studio di Shemarjahu Talmon citato da Socci, Vittorio Messori e P. Livio Fanzaga non ha alcun valore, sebbene sia molto prossimo alla vera data. Però l’autore sbaglia nelle premesse, e quindi la conclusione è errata.

IV. La determinazione della data dell’annunciazione a Zaccaria non è così semplice come Socci vuol far vedere. E’ necessaria una ricerca sistematica che tenga conto da una parte quale poteva essere, per ogni anno, il calendario lunisolare dell’epoca in cui visse Gesù, dall’altra bisogna verificare quali date si possono verificare da un’attenta lettura dei Vangeli.

Il calcolo del calendario lunisolare si può effettuare con il calcolo dell’epatta per ogni anno preso in considerazione. Per controllare l’esattezza del calcolo si può ricorrere alle tavole astronomiche delle eclissi solari e lunari per l’anno preso in considerazione. Siccome in media ogni anno ci sono due eclissi di sole e due eclissi di luna, si può verificare se l’epatta è stata calcolata con esattezza. Ad esempio si può accertare così che “una festa dei Giudei” (Gv 5, 1 s), nella quale Gesù guarì un paralitico, era sabato 16 settembre dell’anno 30, la festa di Rosh ha – Shanah. Inoltre si può verificare che la guarigione del cieco nato (Gv 9, 14) avvenne il 7 ottobre dello stesso anno. Ancora che il primo giorno della festa di Hanukkah, 25 Kislew, in quell’anno cadeva l’8 dicembre.

In questa sede ciò che interessa verificare è quando ricorreva il turno di Abia, nel quale Zaccaria ricevette l’annuncio che Elisabetta avrebbe concepito un figlio. Da 1 Mac 1, 54 s si sa che il 15 Kislew 145 (dei Greci) Antioco IV Epifane innalzò un idolo sull’altare del Tempio. Pertanto da quel momento non c’erano più sacrifici, in quanto il Tempio era stato profanato. Soltanto il 25 Kislew 148, con la sua riconquista fu possibile fare la sua Dedicazione e riprendere i sacrifici. Dai calcoli effettuati è risultato che tale data, secondo il calendario giuliano era venerdì 11 dicembre dell’anno – 163. Quindi il giorno dopo, sabato 12 dicembre, potevano ricominciare regolarmente i turni sacerdotali settimanali. Sapendo che in un anno ci sono cinquantadue settimane (più un giorno) i turni sono 24 + 24 + 4; con opportuni calcoli si può determinare quando incomincia il I turno, ad esempio, nell’anno – 3. Ciò avviene sabato 3 febbraio. Quindi l’VIII turno, quello di Abia, comincia per la prima volta sabato 24 marzo – 3 e per la seconda volta sabato 8 settembre dello stesso anno. Ed è il turno quando apparve l’arcangelo Gabriele a Zaccaria. Sicuramente non nel primo e ciò per un motivo molto semplice. Il 30 marzo Zaccaria finiva il suo turno e tra il 31 marzo e il 2 aprile dello stesso anno morì Erode. Se questa coincidenza si fosse verificata l’Evangelista non avrebbe omesso di segnalarla. Pertanto l’arcangelo apparve a Zaccaria nel turno che iniziava sabato 8 settembre. Tenuto conto del tempo necessario a Zaccaria per finire il turno e rientrare a casa si può ammettere che Giovanni Battista fu concepito in una data intermedia tra il 20 e il 26 settembre – 3.

Da come Socci espone l’argomento sembra che il concepimento di Giovanni avvenga in coincidenza con l’annuncio dell’arcangelo. Alle medesime conclusioni si perviene con lo studio del Talmon. E’ nota l’obiezione di Zaccaria a Gabriele: “Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni” (Lc 1, 18). Da ciò si deduce che l’arcangelo annuncia che Elisabetta ha riacquistato la fertilità (“tua moglie Elisabetta ti darà un figlio” (Lc 1, 13)) e quindi il concepimento è avvenuto in modo naturale. Quindi era necessario che trascorressero alcuni giorni; scrive infatti Luca: “Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì” (Lc 1, 23-24).

Un obiezione che si può fare è questa: come mai Luca non è più esplicito? La risposta è presto detta: far coincidere il concepimento di Giovanni Battista con il 23 settembre o una data vicina, poteva essere pericoloso oltre a creare confusione. Infatti è noto oggi, come lo era anche allora, che il 23 settembre è il genetliaco dell’imperatore Augusto. Questo è un motivo più che plausibile per cui le date non sono state indicate in modo esplicito. Perché, noto un evento qualsiasi, era comunque possibile risalire alla data del concepimento del Battista.

Nella stessa maniera si può ora dire che, nota la data del concepimento di Giovanni, è possibile determinare ora tutte le date successive: Annunciazione a Maria, nascita di Giovanni Battista, nascita di Gesù, sua circoncisione, sua presentazione al Tempio, ecc.

Qui di seguito si elencano alcune date :

Cronologia sistematica

1. 15 Kislew 3595, martedì 6dicembre –166, a causa della profanazione del Tempio e della persecuzione scatenata da Antioco IV Epifane, non ci sono più sacrifici nel Tempio (1 Mac 1, 54 – 64).

2. 25 Kislew 3598, venerdì 11dicembre –163, riconquista del Tempio e dedicazione dell’altare. Festa di Hanukkah (1 Mac 4, 52 - 59).

3. 26 Kislew, sabato 12 dicembre ricominciarono regolarmente i turni sacerdotali. Sappiamo che ci sono 24 classi sacerdotali che, a cominciare da sabato, ogni settimana si alternano l’una all’altra (Cfr. 1 Cr 24, 7 – 18).

4. 1° Nisan 3720, 16 marzo –40, Erode è nominato re.

5. 8 Adar Rishon 3757, sabato 3 febbraio –3 inizia il turno della prima classe, cioè quella di Yehoyarib.

6. 13 marzo –3. Eclisse di luna.

7. 27 Adar Sheni 3757, sabato 24 marzo –3. Inizia il I turno della classe di Abia, che finisce il 4 Nisan, 30 marzo.

8. 1° Nisan 3757, 27 marzo –3.

9. 5 – 7 Nisan 3757, 31 marzo/ 2 aprile –3. Morte di Erode, dopo 37 anni di regno.

10. 6 aprile – 8 aprile. Ultimo giorno di lutto di Archelao.

11. 15 Nisan 3757, 10 aprile 3. Pesah.

12. Dal 18 al 24 Elul 3757, ovvero dall’8 al 14 settembre –3, secondo turno della classe di Abia. L’arcangelo Gabriele annuncia il prossimo concepimento di Giovanni Battista, in quanto è finita la sterilità di Elisabetta (Lc 1, 8 – 17).

13. Tra il 1°-3 e il 5 – 7 Tishri 3757, 20 – 22 e 24 – 26 settembre –3. Concepimento di Giovanni Battista. (E’ accettabile la data tradizionale del 24 o 25 settembre).

14. 14 Adar 3758, 28 febbraio – 2. Purim. Probabilmente in questa data, che è giorno di festa, Elisabetta esce dal suo nascondimento durato circa 5 mesi (Lc 1, 23 – 25).

15. 10 Nisan 3758, 25 marzo –2. Annunciazione dell’arcangelo Gabriele a Maria. Maria va subito da Elisabetta (Lc 1, 26 – 28).

16. Inizio di Tammuz 3758 prima del 24 giugno –2. Maria torna a Nazaret (Lc 1, 56).

17. 12 Tammuz 3758, il 24 giugno –2. Nascita di Giovanni Battista (Lc 1, 57).

18. 19 Tammuz 3758, 1° luglio –2. Circoncisione ed imposizione del nome di Giovanni Battista (Lc 1, 59 63).

19. Anno – 2. Cesare Augusto emana un editto di indizione (Lc 2, 1).

20. Anno – 2. Publio Sulpicio Quirinio diviene proconsole della provincia romana di Asia (Lc 2, 2). Nel 3-4 d.C. è consigliere del figlio dell’imperatore, Gaio Cesare.

21. 11 – 12 Tebet 3759, 18 – 19 dicembre – 2. Giuseppe e Maria partono per Nazaret per il censimento (Lc 2, 4 – 5).

22. 18 Tebet 3759, 25 dicembre –2. Nascita di Gesù a Betlemme, in una mangiatoia (Lc 2, 6 –7).

23. 1°gennaio –1, 23 Tebet 3759. Circoncisione ed imposizione del nome di Gesù (Lc 2, 21).

24. 28 Sheba t 3759, 2 febbraio –1. Presentazione al Tempio di Gesù (Lc 2, 22 – 23).

25. 2 – 3 Adar Rishon 3759, giovedì– venerdì –6 7 febbraio –1. Giuseppe, Maria e Gesù tornano a Nazaret (Lc 2, 39).

26. Anno 6. Destituzione di Archelao; la Giudea diventa provincia romana.

IL CENSIMENTO DI CESARE AUGUSTO
Sulla questione del censimento è intervenuto Mons. Gianfranco Ravasi, nell’ultimo numero di “Famiglia Cristiana” (n. 52), con un aggiornamento sulla Bibbia dal titolo: “Quirinio e il censimento di Augusto”.

Ravasi ha esposto la solita soluzione del quesito: se era realmente un censimento, quando fu, ecc. Asserisce poi che sapendo la data del censimento sarebbe possibile sapere anche la data di nascita di Gesù. Afferma poi che dell’unico censimento di cui si abbia notizia certa è quello effettuato da Publio Sulpicio Quirinio nel 6 d. C. In proposito scrive che forse Luca ha fatto confusione o ha dato una lettura teologica dell’avvenimento.Afferma ancora che forse “sarebbe stato un censimento di tipo amministrativo più che fiscale (essendo Erode rex socius et amicus di Augusto), connesso a un giuramento di fedeltà all’imperatore e condotto secondo il metodo tribale e non residenziale per ragioni di rispetto alle tradizioni locali.”

Per comprendere bene cosa avvenne allora, è opportuno dare uno sguardo sintetico su alcuni avvenimenti. Per un’analisi più dettagliata dei fatti si rimanda al testo citato nell’introduzione.

Premessa Gli anni si misurano con la serie dei numeri relativi

….. -3 -2 -1 0 1 2 3 …..

L’anno infatti è un’unità di misura multipla del secondo nel sistema di misurazione MKS (metro – kilo – secondo). Tutte le unità di misura iniziano da 0 e per le unità che precedono l’origine si usano i numeri negativi. Le unità di misura vanno adottate in modo uguale da tutti.

La misurazione secondo il sistema di Dionigi il Piccolo dà origine a molti errori. Ad esempio si dice che Augusto è nato il 23 settembre del 63 a. C. In realtà., siccome è morto il 19 agosto del 14, a 76 anni meno 35 giorni, per calcolare l’anno di nascita basta fare la somma algebrica degli anni

14 – 76 = – 62

Quindi Augusto è nato il 23 settembre dell’anno – 62.

Un altro errore avviene nel computo degli anni olimpici. Cappelli asserisce che la 195ma olimpiade è iniziata nell’anno 1 d. C. Ciò è inesatto. L’anno in cui cade il primo anno di ogni olimpiade si calcola secondo la formula

– 780 + 4 x Nol.

Perciò la 195ma olimpiade si calcola così

– 780 + 4 x 195 = – 780 + 780 = 0

Quindi il primo anno della 195ma olimpiade inizia il 1° luglio dell’anno 0.

Il regno di Erode il Grande Erode fu nominato re il 16 marzo – 40, ossia il 1° Nisan 6720. Interessante è osservare la gestione economico-finanziaria di Erode nei 34 anni effettivi di regno. Scrive di lui Shimon Applebaum:

“Erode considerò il regno come una sua proprietà privata. Uno degli scopi della sua politica era di fortificare l'elemento straniero in Israele e portare il regno nell'orbita culturale romano-ellenistica, allo scopo di garantire allo stesso regno un collegamento sicuro nell'Impero Romano. A prescindere dalle considerazioni politiche, un'inclinazione personale verso la cultura greca era la causa della sua politica. Stabilì istituzioni culturali greche come il teatro e l'ippodromo in Gerusalemme, e fuori del suo paese proprio in Siria, Asia Minore, e nelle isole del mare Egeo fece erigere splendidi edifici pubblici, come acquedotti, teatri e colonnati. In Grecia egli stesso offrì aiuti a palestre; i suoi contributi in denaro aiutarono a finanziare i giochi olimpici, e gli meritarono il titolo onorario di presidente a vita. In Israele eseguì egli stesso progetti edilizi e colonie estese che indubbiamente giovarono alla popolazione rurale, particolarmente i contadini privi di terra, e aiutarono pure a sradicare la minaccia delle bande di predoni. Ciò era particolarmente reale nelle aree della Traconitide dove la rapina nella strada pubblica era un caso quotidiano. D'altra parte la fondazione di città di veterani fortificò l'influenza greca[4] e rinforzò la posizione dell'elemento straniero nel paese. Erode costruì Sebaste al posto di Samaria e assegnò appezzamenti di terra a 6.000 dei suoi abitanti; fondò Cesarea e fece di essa il porto più grande del paese; ricostruì la città marittima di Anthedon e fondò le città di Antipatride, Fasaelide, Geba Parashim, e Heshbon. Per assicurare la sua autorità interna e per la protezione dei confini, Erode costruì o ricostruì una quantità di fortezze: Antonia in Gerusalemme, Macheronte e Herodium in Giudea, Herodion in Transgiordania, Kypros vicino a Gerico, e Masada. Costruì palazzi per sé in Gerusalemme e in altre città.”[5]

Per realizzare tutte queste opere Erode doveva disporre di un’ingente somma di denaro. Fra l’altro pagava le tasse a Roma e inoltre costruì il Tempio. Alcuni studiosi affermano che egli aveva 2.000 talenti di introiti annui, di cui 1.300 per la riscossione delle tasse. Inoltre per 3.000 talenti aveva ottenuto il diritto alla metà del rendimento delle miniere di rame a Cipro. E’ interessante analizzare quanto costò la costruzione del Tempio, limitatamente all’onere per pagare gli operai.

Il costo della manodopera del Tempio si può determinare così: sono stati impiegati 11.000 operai, compresi i 1.000 sacerdoti per le parti del Tempio riservate a loro; supponendo che siano stati pagati in media a 250 denari annui pro capite si ha

11000 x 250 x 9 = 24.750.000

Però 24.750.000 denari, sono pari a 999.000 aurei, i quali sono pari a 4.125 talenti.

Sebbene il Museo Bottacin di Padova asserisca che non è possibile fare una comparazione tra il valore attuale del denaro e quello di una volta, c’è stato però chi l’ha effettuato, determinando il valore di 1 denario pari a circa € 40,00. Siccome un talento sono 240 aurei e un aureo è pari a 25 denari, allora il costo della manodopera del Tempio è stato approssimativamente pari a

4125 x 40 x 25 x 240 = € 999.000.000

In buona sostanza Erode ha speso per la sola manodopera circa 1 miliardo di Euro. La paga di 250 denari annui “pro capite” è plausibile. E’ lo stesso importo che veniva erogato in un anno a un soldato semplice, che, come qualifica di lavoro, svolge le mansioni equivalenti a quelle di un operaio. Dai Vangeli sappiamo che il padrone pagava un denario al giorno. Quindi la paga annua era corrisposta in base ai giorni lavorati, festività escluse. Il valore di cambio può essere pure accettabile, considerando che la spesa media giornaliera per una famiglia era di 3 sesterzi, pari a circa € 30,00. Fra l’altro si può vedere come una paga di 250 denari l’anno fosse appena sufficiente a sopravvivere per una famiglia. Infatti 250 denari sono pari a 1000 sesterzi, che suddivisi in 365 giorni, equivalgono a circa 2,74 sesterzi al giorno.

In buona sostanza si può dire che in effettivi 34 anni di regno, Erode riscosse circa 68.000 talenti, pari a 1.632.000.000 di sesterzi. Per farsi un’idea delle dimensioni di tale ricchezza basta pensare che, secondo quando risulta dal “Monumentum Ancyranum”, Augusto erogò 2.435.800.000 sesterzi. Quindi la ricchezza di Erode era pari a circa il 70% delle erogazioni di Augusto. E’ interessante considerare che Augusto, quando occupò l’Egitto, ebbe un bottino di 1.000.000.000 di sesterzi. Quindi la ricchezza di Erode era pari al 163% di quella somma.

A nessuno sfugge la sproporzione tra queste percentuali. Augusto aveva proventi da tutto l’Impero per permettersi di erogare quella somma, mentre Erode riscuoteva il denaro soltanto dalla Palestina, almeno nominalmente. E’ opportuno osservare pure che l’Egitto sicuramente era più ricco del regno di Erode.

E’ da ritenere che Augusto fosse bene informato di tutta l’attività di Erode. Sotto un certo punto di vista gli poteva andar bene. Il fatto che Erode avesse ampliato il suo campo d’azione in tutto il Medio Oriente poteva essere per Augusto un gravame in meno. Del resto Erode non era tenero con nessuno. Però sicuramente più di un dubbio si deve essere insinuato nella mente dell’imperatore. Quel re non faceva forse il furbo, esorbitando dalla sua giurisdizione? Pagava tutte le tasse dovute a Roma, oppure tirava a fregare il fisco romano? Dove mirava Erode con quella sua spregiudicata politica?

3.      Dalla fine del Regno di Erode fino alla costituzione della Provincia romana

Il “redde rationem” avvenne con la morte di Erode. Il sovrano morì tra il 31 marzo e il 2 aprile dell’anno –3. Tenuto conto dei sette giorni di lutto e della festività di Pesah (10 aprile), nessuno dei tre eredi di Erode, Archelao, Filippo e Antipa, partì prima del 18 aprile. Ma intanto gli efficienti mezzi di comunicazione dell’Impero portarono presto a conoscenza di Augusto la notizia dell’avvenuto decesso. La decisione di Augusto fu repentina: Sabino doveva recarsi immediatamente a Gerusalemme e sequestrare tutta la contabilità tenuta da Erode nei suoi 37 anni di regno. Egli arrivò là, quando gli eredi erano già partiti. Oltre ad Archelao, Filippo e Antipa giunsero a Roma anche cinquanta ebrei. Essi si erano recati da Augusto per protestare contro le feroci repressioni attuate subito da Archelao. Inoltre chiedevano l’abolizione della monarchia e 8.000 ebrei romani davano loro man forte.

Augusto agì d’astuzia, applicò a modo suo il testamento di Erode e per il momento non diede ascolto ai 50 Ebrei. Suddivise il regno tra i tre eredi, ma ad Archelao diede soltanto il titolo di etnarca della Giudea. Si riservò di nominarlo re in futuro, soltanto se si fosse dimostrato capace.

Ora Augusto aveva in mano i libri contabili di Erode e così poteva controllare tutta l’attività svolta da Erode, chiarendo eventualmente i punti rimasti oscuri. Convocò tutte le magistrature assegnando loro il compito di sviscerare fino all’ultimo fin dove si era spinto quel re. E qui si presentò un grosso problema. Se Erode era proprietario di tutto, come si faceva a controllare fino a che punto erano veridiche le scritture relative a coloro che, a vario titolo, avevano avuto relazioni d’affari col re? Come si poteva distinguere se le somme introitate da Erode gli erano dovute a titolo d’imposta, o invece erano il pagamento di concessioni, affitti, mezzadrie, ecc.?

L’unica soluzione possibile era un censimento. Così sarebbe stato possibile verificare in modo univoco le proprietà, le fonti di reddito, e ogni altro fatto giuridico tra ogni cittadino e il re. Inoltre sarebbe stato possibile verificare la veridicità delle scritture contabili. Infine, essendo morto Erode, nessuno avrebbe avuto alcun timore di ritorsioni e quindi avrebbe dichiarato il vero.

Il censimento avvenne nell’anno –2. Che l’anno –2 fosse in assoluto la prima indizione del primo ciclo, lo si ricava da quanto scrisse Beda il Venerabile: “Aggiungi sempre tre, perché secondo Dionigi il Signore è nato durante la quarta indizione.” Se dunque l’anno 1 era la quarta indizione, retrocedendo negli anni si arriva all’anno –2 per la prima indizione. Inoltre, siccome sappiamo che Costantino cominciò la prima indizione nell’anno 313, allora nell’anno 312 si concluse la quindicesima indizione del ventunesimo ciclo indizionale. Infatti

312 + 3 = 315

315: 3 = 21

Sebbene sia necessario prendere con cautela quanto scrivono gli apocrifi, è interessante peraltro osservare cos’è scritto all’inizio del “Vangelo arabo sull’infanzia del Salvatore”: “L’anno 309 dell’era di Alessandro, uscì un decreto di Augusto affinché ognuno si facesse recensire nel suo luogo d’origine.” Sicuramente il Vangelo arabo era una traduzione dal siriaco. E’ interessante notare che per èra di Alessandro s’intende la cronologia chiamata èra dei Greci, che è quella instaurata da Seleucidi nell’anno –311 e fu in uso almeno fino al tredicesimo secolo, come si evince da una frase in siriaco: “Nell’anno 1515 dei Greci Costantinopoli fu conquistata dai Franchi”; infatti nel 1204 ci fu la conquista di Costantinopoli. Ebbene, l’anno 309 dei Greci corrisponde proprio all’anno – 2.

Rimane in parte insoluto il problema se fosse stato proprio Publio Sulpicio Quirinio a svolgere questa mansione amministrativa. Le fonti storiche non sono sicure e per maggiori dettagli si rimanda all’opera sopra citata sulla cronologia dei Vangeli. Piuttosto il problema bisogna porlo in altri termini. Fino a qual punto sono complete e sicure le fonti che ci giungono dall’antichità? E’ noto che la storia, coadiuvata dai microbi, dagli insetti, dalle perturbazioni atmosferiche, dagli incendi e dalla pigrizia umana, ha scremato gran parte dei documenti scritti nell’antichità. Quindi di ciò che rimane bisogna costruire ipotesi, fare delle interpolazioni e delle estrapolazioni dei dati che ci sono pervenuti. Sarebbe quindi una grande ingenuità credere che dell’antichità sappiamo proprio tutto.

C’è però ancora un elemento che non si può trascurare. Siamo sicuri che, se anche i documenti antichi fossero pervenuti a noi integri, noi sapremmo tutto ciò che accadde allora? Noi sappiamo oggi che la storia non sempre corrisponde alla completa realtà dei fatti accaduti. E’ noto che la storia si fa studiando e analizzando i documenti che ci pervengono da ogni epoca. Ma siamo sicuri che i documenti contengano, anche se a grandi linee, tutti i fatti accaduti in ogni epoca e li riferiscano con veridicità? E’ ben noto che, per non pochi fatti criminali accaduti nell’altro secolo, non esistono prove documentali; e ciò per il semplice motivo che chi ordinò tali azioni si limitò a dare disposizioni verbali, senza lasciare alcuna traccia scritta. Quanto accadde in tempi vicini a noi, si può anche applicare a tempi più remoti. Sin dall’antichità più remota si sapeva che ciò che era stato scritto poteva essere letto da altri e tramandato. Ed è proprio per questo motivo che s’inventò la scrittura. Inoltre non è da oggi che la mentalità di ogni uomo politico è di trasmettere un’immagine positiva di se stesso, sorvolando o dimenticando alcuni particolari che potrebbero oscurarlo.

Ed è proprio quello che Augusto ha fatto. Il “Monumentum Ancyranum” altro non è che un’esaltazione di tutto il bene e di tutte le opere che egli ha compiuto. Lasciare ai posteri una notizia come quella del censimento indetto dopo la morte di Erode, avrebbe potuto lasciare un’immagine non proprio esaltante di se stesso. E’ vero che già nell’antichità gli storici avevano raccolto notizie, scavato negli archivi, e tramandato un’immagine non proprio limpida né di Augusto, né di altri imperatori. Ma tutte quelle notizie sono cronache di ordinaria amministrazione. A ogni potente della terra si possono ascrivere abusi di ogni genere, ma la questione che riguarda i rapporti politici tra Augusto ed Erode era di tutt’altro tipo. Per dire le cose con poche parole e in modo popolare, Erode riuscì a fare fesso Augusto. Quei mille talenti che qualche volta Erode andava a gettare ai piedi di Augusto erano soltanto uno specchietto per le allodole. Erode invece fece una politica che mirava a un’espansione del suo potere in modo illimitato. Sempre pronto a osservare dove spirava il vento, in modo da poter salire rapidamente sul carro del vincitore, agì in ogni occasione in modo spregiudicato. Benevolo coi pagani, devoto con gli Ebrei, organizzò un’amministrazione occhiuta a cui nulla doveva sfuggire. Era talmente astuto che rifiutò perfino qualsiasi “avance” da parte di Cleopatra, a piedi della quale pur caddero uomini di valore come Giulio Cesare e Marco Antonio.

Di tutte queste cose Augusto si rese progressivamente conto man mano che i magistrati romani dipanavano la matassa facendo il confronto tra le scritture contabili di Erode e il censimento. Emergeva una politica talmente ramificata che coinvolgeva delle realtà che superavano i confini della Palestina. Le proprietà accumulate da Erode erano in buona sostanza incommensurabili. Ora tutto questo sarebbe stato destinato al giovane Archelao, che era stato nominato etnarca all’età di 18 anni. La sua nomina a re l’avrebbe lasciato libero di agire e in pochi anni avrebbe completato l’opera di suo padre, diventando così il capo incontrastato del Medio Oriente. Era dunque necessario che Augusto agisse di conseguenza. Di motivi per destituire Archelao ce n’erano molti, ma fra tutti emergevano i soprusi che egli, seguendo le orme di suo padre Erode, andava compiendo in Palestina. C’era inoltre un motivo su cui Roma non poteva transigere: la frode fiscale, reiterata con il censimento. Dal confronto tra i documenti contabili e i dati censiti emergeva che Archelao, in combutta con i maggiorenti a lui subalterni, non aveva dichiarato tutto quello che doveva. Ciò era stato fatto soprattutto per coprire innumerevoli irregolarità commesse già da Erode, che peraltro si traducevano in mancati versamenti al fisco romano.

Augusto fu inflessibile. Archelao doveva essere eliminato. Però ciò doveva essere fatto in una maniera diversa da come Augusto agì contro i propri nemici politici. Eliminarlo fisicamente avrebbe potuto, nei tempi lunghi, creare intorno a lui un’aura di martire. Per i notabili, che lo avevano spalleggiato bisognava usare la mano morbida. Anch’essi potevano diventare un pericolo potenziale nel sobillare le masse. Bastava richiamarli al senso di responsabilità. Non sono forse gli Ebrei che dicono che non si deve dare falsa testimonianza? E che cos’è una dichiarazione mendace, se non una falsa testimonianza? Ecco perché fu mobilitato il sommo sacerdote Joazar a persuadere i capi che bisognava dichiarare il vero. Quale supremo custode della Torah non poteva dar altro che un consiglio cogente. Inoltre c’era da risolvere il problema posto dai 50 Ebrei che andarono a protestare contro i soprusi commessi da Archelao. L’allontanamento dell’etnarca avrebbe potuto soddisfarli.

Publio Sulpicio Quirinio fu così inviato in Palestina, come commissario “ad acta”, con un mandato ben preciso, che così si articolava: bisognava confiscare tutte le proprietà di Archelao; lo stesso Archelao, una volta destituito, doveva essere mandato in esilio a Vienne, in Gallia; gli evasori dovevano dichiarare il vero; e per ultimo la Giudea diventava Provincia romana. Così furono accontentati tutti, ma però agli Ebrei fu dato in premio, ciò che ad altri era stato dato in castigo.

Si può dunque rilevare che il censimento fu uno solo, quello dell’anno – 2. In seguito agli accertamenti fatti con acribia dai magistrati romani, Augusto poté fare, in modo pacifico, consono alla sua “pax Romana”, ciò che aveva in animo di fare già quando morì Erode. Soltanto gli mancavano le motivazioni che potessero giustificare un intervento in tal senso. Ora era dimostrato che Archelao era un volgare oppressore, frodatore del fisco romano, erede di un padre che si era arricchito approfittando dell’alleanza con Roma. Invece di far processare l’etnarca, come Augusto avrebbe dovuto ordinare di fare, anche perché il reo era “civis Romanus”, la procedura fu semplificata con l’esilio. In realtà si trattava dell’ “interdictio aquae et ignis”, che in parole povere significava condannare il reo a morire di fame e di stenti. In effetti Archelao morì nel 18 d. C., 12 anni dopo la deposizione, all’età di circa 39 anni. Un regolare processo avrebbe inevitabilmente comportato per Archelao la condanna alla decapitazione. Si può tuttavia ritenere che l’esilio fosse stato un “éscamotage” per evitare una procedura regolare. Infatti anche se il processo fosse stato celebrato a porte chiuse, avrebbe dato origine a una propalazione di notizie che non conveniva a nessuno, meno che mai ad Augusto, se non altro per non aver sufficientemente vigilato sulle attività poco pulite, sia di Erode, sia di Archelao. Inoltre sarebbe rimasta una prova scritta dei fatti accaduti.

L’AFFARE DI AUGUSTO
Chi fece un vero affare fu Augusto. Senza spargere o far spargere neppure una goccia di sangue, si era impossessato dell’incommensurabile patrimonio di Erode il Grande, donando a Roma una ricchezza immobiliare immensa. Inoltre aveva garantito al fisco romano una fonte cospicua di redditi da tassare. Così era Augusto ora che poteva incassare quello che prima arrivava alle case di Erode. In conto competenza, per ogni anno, spettavano all’imperatore quanto meno i 2.000 talenti  che il defunto re riscuoteva per tasse e rendite economiche. In conto arretrati tutto l’immenso patrimonio immobiliare, costituito da case, terreni, città; un patrimonio che si ramificava fino alla Grecia. 

Si potrebbe ora fare un calcolo presuntivo sul reddito che Augusto poteva tassare. Se Erode era in grado di riscuotere 1.300 talenti di tasse all’anno, e supponendo che tale importo fosse almeno il 10% del reddito nazionale, allora significa che il reddito imponibile ammontava a 13.000 talenti all’anno. Facendo gli opportuni calcoli:

13000 x 240 x 25 x 4 = 312.000.000

si può quindi asserire che, con forte probabilità, il reddito annuo imponibile ammontava a 312.000.000 di sesterzi. Tenuto conto che un sesterzio equivale a circa € 10, il reddito sarebbe stato di circa € 3.120.000.000.

Tale importo è del tutto plausibile, considerando che, in buona sostanza, la schiavitù in Palestina non esisteva e che il lavoro era un precetto stabilito da Dio, che tutti dovevano rigorosamente osservare. Si sa inoltre che dove si lavora, si produce anche reddito. Bastava quindi assoldare e sguinzagliare un congruo numero di pubblicani, che avrebbero egregiamente spremuto i contribuenti ebrei per arricchire Roma.

Una conferma dell’alta redditività degli Ebrei di allora ce la dà indirettamente Luca nel suo Vangelo, quando parla sia di Matteo, sia di Zaccheo. Siccome i pubblicani si arricchivano a spese del popolo, in quanto a Roma dovevano versare le tasse in anticipo, questi due passi del Vangelo sono quanto mai emblematici.

Matteo festeggia la sua vocazione, organizzando “un grande banchetto”, a cui invitò una “folla di pubblicani e d’altra gente” (Lc 5,29). Tenuto conto che, secondo le norme dell’ospitalità, in teoria poteva accedere alla festa ogni cittadino di Cafarnao, il “grande banchetto” è un segno manifesto della vita agiata che conduceva Matteo, prima della vocazione, anche in considerazione la città su cui egli aveva competenza impositiva non era tanto grande.

Più interessante, ai fini di questa analisi, è la figura di Zaccheo. Egli è definito “capo dei pubblicani e ricco” (Lc 19,2), al punto che può permettersi di donare la metà dei suoi beni ai poveri e di restituire quattro volte tanto per ogni frode perpetrata (cfr. Lc 19, 8).[6] Vale poi la pena di osservare che, in seguito a queste elargizioni, l’Evangelista non dice che il pubblicano sia diventato povero. La definizione data a Zaccheo di essere “capo dei pubblicani e ricco” è quanto mai interessante. Zaccheo, per la sua attività di pubblicano era diventato ricco, e questo per essere soltanto capo a Gerico. Come già detto sopra che Roma non faceva sconti a nessuno, significava che il margine di guadagno era altissimo. Anche se si tiene in considerazione la rapacità dei pubblicani, peraltro ammessa da Zaccheo, si può comunque dedurre che i redditi da tassare erano sufficientemente alti.

CONCLUSIONE
“Gira e rigira la Torah e vi troverai tutto” dicono i saggi ebrei. Altrettanto potremmo dire noi relativamente ai Vangeli; quanto meno con un attenta analisi delle parole si possono trovare molti elementi finora abbastanza trascurati. Fra questi c’è la cronologia della vita di Gesù Cristo. Ovviamente non si può trovare tutto. Ad esempio, sarebbe una fatica improba trovare le coordinate temporali delle parabole. Si potrebbe ipotizzare che Gesù abbia introdotto ogni suo discorso agganciandosi al brano della Torah letto nella sinagoga il sabato precedente. Così quando disse: “Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio” (Mt 5,21), probabilmente il sabato precedente era stato letto il brano dell’Esodo (Es 20, 12) che contiene il Decalogo. Purtroppo però non è possibile ricostruire con esattezza il calendario liturgico ebraico dei tempi di Gesù, in quanto mancano i lezionari dell’epoca.

E’ stato possibile tuttavia stabilire alcune date molto importanti. In questo saggio sono state elencate quelle relative al periodo della Natività di Nostro Signore. Nel testo sopra citato ce ne sono altre, relative al periodo della Passione, Morte e Resurrezione, ma anche di quello precedente fino a sei mesi prima.

Il quadro complessivo è interessante. Perché non si ricava soltanto un arido elenco di date, ma anche la spiegazione abbastanza ampia dei fatti accaduti che talvolta nei Vangeli sono citati in modo piuttosto implicito. In questo saggio si è visto, ad esempio, quanti elementi si riescono a trovare sui fatti accaduti nei primi anni di vita di Gesù.

Ce ne sono tuttavia ancora tanti altri, come ad esempio la data esatta dell’Ascensione di Gesù Cristo al cielo. Tale evento è accaduto il 4 maggio dell’anno 31. E’ venerdì, anzi precisamente venerdì sera, dopo il tramonto, quindi all’inizio del sabato. Non a caso Luca scrive negli Atti che gli Apostoli hanno percorso un tratto di strada che corrisponde al “cammino permesso in un sabato”(At 1,12). Ma Luca conosce anche altri modi di misurare la strada percorsa. Nel caso dello smarrimento di Gesù nel Tempio, Luca dice che Maria e Giuseppe “fecero una giornata di viaggio” (Lc 2, 44); trattasi di un percorso di circa 20 miglia romane, pari quasi 30 km. In un altro caso, narrando la vicenda dei discepoli di Emmaus, Luca scrive che essi si recavano in “un villaggio distante 60 stadi da Gerusalemme” (Lc 24, 13); 60 stadi sono circa 7 miglia, pari a poco più di 11 km. Siccome sappiamo con certezza che l’Ascensione di Gesù Cristo al cielo significa la glorificazione di Gesù, allora è attendibile che sia asceso all’inizio del sabato. Infatti tale giorno si collega perfettamente con quanto scritto in Gn 2, 2 che Dio “cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro.”



[1] Maggiori ragguagli si possono trovare nel libro: Dario Bazec, “La cronologia dei Vangeli secondo il calendario ebraico” – Edizioni “Italo Svevo”, Trieste, 2001, pagg. 89 – 128.

[2] Jacob Licht, The 364-Day Sectarian Calendar, sta in EJ, s.v. Calendar, vol. V, coll. 51-53, traduzione del brano a cura di Dario Bazec.

[3] Jacob Liver, Mishmarot and Ma'amadot, in EJ cit., Vol. XII, Coll. 89 – 90.

[4] Nota. Applebaum non tiene conto che i veterani erano militari romani e non greci. La lingua che unificava l’esercito romano era il latino, in quanto lingua d’ordinanza. Agli ausiliari, militari di origine “peregrina”, dopo l’assolvimento della leva militare, oltre alla cittadinanza romana, era assegnato un appezzamento di terreno da coltivare. Perciò i veterani rafforzarono in Medio Oriente la presenza romana. Quindi la conoscenza del greco era casuale e comunque ininfluente.

[5] Shimon Applebaum, Herod I, sta in EJ, vol. VIII, col. 382 s.

[6] Quanto promette Zaccheo ha qualcosa di singolare: un atto di carità che precede un atto di giustizia. Infatti, secondo il diritto romano, restituire il quadruplo della somma frodata o rubata, sanava il reato di furto.

NASCITA DI GESU' E CENSIMENTO[modifica | modifica wikitesto]

Foro de Exégesis y Teología bíblica del Instituto del Verbo Encarnado 

NASCITA DI GESU' E CENSIMENTO - Dario Bazec


NASCITA DI GESU' E CENSIMENTO

Dario Bazec

dariobazec@virgilio.it


NOTA

Este artículo de Dario Bazec, doctorado por la Universidad de Venecia “Ca’ Foscari” en Lenguas y Literatura oriental (hebreo), es un ensayo que parte dos artículos (y en consecuencia hace referencia frecuente a ellos), uno de Mons. Ravassi y el otro de Antonio Socci, publicado este último en Il Giornale del 23 de diciembre de 2005 (se puede encontrar en http://www.rassegnastampa.totustuus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=1777).

Questo saggio di Dario Bazec prende spunto da due articoli, uno da Mons. Gianfranco Ravassi e l’altro da Antonio Socci (per quest’ultimo vedi http://www.rassegnastampa.totustuus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=1777).



INTRODUZIONE


Antonio Socci e Vittorio Messori, spalleggiati da altri, hanno risuscitato l’ipotesi di Shemarjahu Talmon sull’annunciazione a Zaccaria, che si rifà al calendario di Qumran. E’ bene dire “risuscitato”, perché si tratta di uno studio fatto nel 1958, come riferisce l’ “Encyclopaedia Judaica”, quindi non recente, come si vuol far credere. 

Perché non sia attendibile il calendario di Qumran si fa presto a dirlo. Si tratta di un calendario solare di 364 giorni, in difetto di 1,25 giorni rispetto al calendario giuliano. Ciò significa che la Pasqua ebraica, se calcolata correttamente con l’adozione di tale calendario, dopo cento anni è anticipata di 125 giorni. Quindi si va dai mesi marzo-aprile a novembre-dicembre.

In questa analisi si dimostreranno le incongruenze in cui incorre Socci e la sua ricostruzione molto approssimativa degli avvenimenti. Inoltre si illustreranno, nella parte costruttiva, alcuni risultati raggiunti sulla cronologia della Natività e quella del censimento[1].

CRONOLOGIA DELLA NATIVITA’

1.          Scrive Socci: “Negli studi della “Scuola di Madrid” – sintetizzati nel libro “La vita di Gesù” di Josè Miguel Garcia - trova soluzione anche il problema cronologico del censimento che finora non si sapeva quando collocare e pareva storicamente dubbio.” 

Il libro “La vita di Gesù” di Josè Miguel Garcia è un testo da cui è meglio tenersi lontani. L’autore pretende di ricostruire il testo aramaico dei Vangeli, che, secondo lui, si nasconde sotto certe incongruenze del testo greco. La fatica di Garcia è dubbia se non del tutto inutile. Il testo aramaico dei Vangeli è quello della Peshitta siriaca e non se ne possono ipotizzare altri. Qui non mi soffermerò su tale argomento; ho già scritto una nota critica che invio a chi la desidera. Mi riservo di entrare, in tempi successivi, su alcune invenzioni di Garcia.

2.          Prosegue il giornalista: “Perché Giuseppe e Maria devono andare a Betlemme il cui nome, beth-lehem, in ebraico significa “città del pane”? Perché Erode, per conto dei romani, ha imposto un giuramento-censimento.” 

Beth-lehem vuol dire “casa del pane” e non “città del pane”. Erode non ha mai imposto alcun giuramento-censimento. Non so da dove si possa arguire che si dovesse fare un giuramento all’imperatore. Per quanto riguarda la questione del censimento l’argomento sarà trattato più avanti.

3.          Scrive ancora: “A lungo si è ritenuto che il 25 dicembre fosse una data convenzionale, scelta per contrastare le feste pagane del Natale Solis invicti (da identificare forse con Mitra, forse con l’imperatore romano). Ma recentemente una scoperta archeologica fatta tra i papiri di Qumran ha clamorosamente suggerito la possibile esattezza di quella data. Dal “Libro dei Giubilei” uno studioso israeliano, Shemarjahu Talmon ha ricostruito la successione dei 24 turni sacerdotali relativi al servizio nel Tempio di Gerusalemme e ha scoperto che “il turno di Abia” corrispondeva all’ultima settimana di settembre. Notizia importante perché si lega a un’informazione cronologica del Vangelo di Luca (1,5) secondo cui Zaccaria, il padre di Giovanni Battista e marito di Elisabetta, appartenente alla tribù sacerdotale di Abia, vide l’angelo, che annunciava il concepimento di Giovanni, proprio mentre “officiava davanti al Signore nel turno della sua classe”. Quindi a fine settembre.”
Le affermazioni di Socci dimostrano che non conosce le cose in modo critico. La prima cosa da osservare è la validità dei calendari di Qumran. La seconda è la turnazione secondo Qumran che è diversa da quella di Davide. Infatti secondo il calendario di Qumran i turni erano 26 e non 24, come scrive Socci. Diversamente i turni non potevano essere fissi. La terza è che non si può in alcun caso dimostrare che i sacerdoti del Tempio avessero stabilito una rotazione diversa da quella stabilita da Davide. 
I. Com’è noto il calendario di Qumran è un calendario solare di 364 giorni. E’ lo stesso calendario che usavano in Egitto prima della riforma effettuata da Cesare su consiglio di Sosigene. Sul calendario di Qumran così si esprime Licht nell’Encyclopaedia Judaica: 

“ Il Calendario solare di 364 giorni. Questi calendari differivano in quantità rispettabile dalle normative del calendario ebraico, ma il più radicale allontanamento appare essere stato fatto nel calendario solare difeso nei testi pseudoepigrafi, Enoch e Giubilei. La sezione «astrologica» del Libro di Enoch (Etiope) (cap. 72–78) descrive in dettaglio il movimento annuale apparente del sole attraverso diversi punti ("12 porte") dell’alba e del tramonto. La descrizione (formalmente corretta) porta al calcolo (errato) di 364 giorni per l’anno solare, 30 giorni per ciascun mese e quattro giorni supplementari per "i segni" ("nei quali il sole indugia"), cioè, i solstizi e gli equinozi. C’è pure una discussione sull’anno lunare, con un calcolo della differenza in lunghezza tra esso e l’anno solare. Il significato di queste osservazioni è che la natura obbedisce al calendario solare, del quale quattro quarti sono le quattro stagioni con il cambio di clima e vegetazione; che l’universo si muove in perfetta armonia numerica; e che qualsiasi altro calcolo

dell’anno è errato. Parimenti il Libro dei Giubilei (6, 29–30) accentua che ci sono esattamente 52 (4 x 13) settimane nell’anno, e condanna con veemenza i peccatori che usano un calendario lunare, osservando così le festività in date sbagliate. Negli scritti della setta del Mar Morto ci sono diverse indicazioni che la setta aveva adottato il calendario di 364 giorni. La Regola della Comunità di Damasco (I QS, col. 1, 14-15), per esempio, stabilisce che il Libro dei Giubilei deve essere seguito in tutto ciò che riguarda il calcolo del calendario. Ancora, secondo la Regola della Guerra (col. 2), nel Tempio futuro ci saranno 26 "turni" (cioè, "divisioni") di sacerdoti e leviti, cioè, una precisa distribuzione di due settimane di servizio per anno solare per ciascun "turno" (in diretta contraddizione con la divisione biblica in 24 turni, che non osserva l’esatta divisione dell’anno (1 Cr 24, 1–18)). E’ stato anche trovato un frammento di un programma della setta per il servizio nel futuro Tempio; la sua evidenza è, tuttavia, inconcludente (benché considerata importante da diversi studiosi). [...]

Finché il calendario della setta era noto solo dai Libri di Enoch e dei Giubilei, non era necessario presumere che qualcuno avesse effettivamente cercato di metterlo in pratica. La scoperta degli scritti della setta del Mar Morto fa conoscere un corpo sociale perfettamente organizzato, con un proprio modo di vita sfacciatamente separatista, che era del tutto capace di mettere in pratica ciò che predicava. Ha un certo valore l’argomentazione di S. Talmon (in Scripta Hierosolymitana, 4 (1958), 162–99) che l’adozione della setta del calendario di 364 giorni era l’unico fattore più decisivo del suo separatismo, in quanto è impossibile una simbiosi realistica di due gruppi che usano calendari differenti. D’altronde, l’ipotesi che la setta avesse realmente usato questo calendario è piuttosto problematica, nonostante l’evidenza piuttosto convincente a suo favore. Dal momento che il vero anno solare è di 365 1/4 giorni, chiunque usi il calendario di 364 giorni deve scoprire entro circa 30 anni che non è in accordo con la natura. Pesah, ad esempio, sarebbe caduta nel mezzo dell’inverno della Palestina. Inoltre, c’è il motivo per credere che la setta sia esistita per più di 30 anni. Si potrebbe supporre uno stratagemma d’intercalazione di qualche tipo, benché nulla di ciò sia indicato dalle fonti attuali. E’ pure possibile che la setta in realtà avesse seguito il suo calendario per un breve periodo, o che avesse perseverato con esso senza riguardo delle sue conseguenze. Con ogni evidenza l’uso reale del calendario rimane contraddittorio e inconcludente.”[2]

La conclusione di Licht è puntuale e severa: l’uso di tale calendario è contraddittorio e inconcludente, perché, essendo composto da 364 giorni, non rispetta il normale corso della natura. In effetti, un calendario simile pone più problemi di quanti ne risolva. Si conviene con quanto ipotizza Licht e cioè che il calendario sia stato usato per breve tempo.

Di per sé il fatto che Pasqua ricorra sempre di mercoledì è una soluzione che comporta gravi conseguenze. In effetti, tale calendario, oltre ad essere completamente svincolato da quello solare di 365,25 giorni, altera completamente il ciclo settimanale che era tramandato da tempo immemorabile. Inoltre non è possibile sapere in che modo fosse stata effettuata una concordanza col calendario astronomico. Infatti, se tale calendario era effettivamente in uso, non poteva sfuggire a chi lo praticava, che senza inserire dei giorni supplementari, di anno in anno la Pasqua era anticipata. Salvo che tale calendario iniziasse ogni anno in concomitanza col 1° Nisan ufficiale che era proclamato a Gerusalemme. In tal caso Pesah ricorreva lo stesso giorno, con la differenza che a Qumran era sempre mercoledì, mentre a Gerusalemme era uno dei giorni possibili, cioè domenica, martedì, giovedì, sabato. In tal caso il calendario di Qumran aveva un valore puramente teorico, perché doveva essere continuamente aggiustato, in modo che ogni anno iniziasse in concomitanza col 1° Nisan ufficiale.

Una cosa che non bisogna sottovalutare è che, quando nacque Gesù, era già in vigore da più di quarant’anni il calendario giuliano, che sotto ogni punto di vista definiva una volta per tutte, con solida base scientifica, un criterio univoco per misurare il tempo. Proporre un calendario di 364 giorni, più che caratteristica di una setta, sarebbe stata la manifestazione d’arretratezza culturale.

La questione del calendario giuliano non è indifferente. Giulio Cesare, coi poteri che li derivavano dall’essere pontefice massimo, lo promulgò per tutto l’impero romano. Antipatro e i suoi successori, sia come “reges socii”, sia come cittadini romani, erano tenuti ad applicarlo. E’ noto che Antipatro fu elevato al rango di cittadino romano per l’aiuto dato a Cesare nella battaglia in Egitto. La cittadinanza romana si estendeva a tutta la sua famiglia e ai discendenti. Un tanto risulta dalla concessione dei diplomi militari. La formula: “assegna la cittadinanza a loro stessi, ai loro figli e ai discendenti; anche il diritto di connubio con le rispettive loro mogli ai tempi del ricevimento della cittadinanza, o se celibi, a qualunque donna desiderassero sposarsi in un tempo successivo, nella misura di una sposa ciascuno” si ripete costantemente in tutte le concessioni di cittadinanza romana.

L’adozione di un calendario che determinasse esattamente l’equinozio di primavera era dunque quanto mai utile in Israele, per la corretta fissazione della festa di Pesah.

II. Jacob Liver, scrivendo a proposito dei turni sacerdotali nel Tempio, fa osservare quanto segue:

“Secondo 1 Cr 24-26 e la tradizione rabbinica, i sacerdoti e i leviti erano organizzati in turni, o divisioni. Secondo la testimonianza post-biblica queste divisioni erano usate per il servizio in rotazione.”[…]

“Secondo questo elenco, il numero di sacerdoti era già molto grande (4.289 uomini), e pure il numero di sacerdoti in una famiglia era così grande, che non potevano servire nel Tempio simultaneamente. Era necessaria perciò una sistemazione in modo che i gruppi di sacerdoti servissero a rotazione . Le famiglie sono state divise in clan, e i clan in gruppi (cf. tradizione rabbinica: «quattro divisioni sono ritornate dall'esilio: Jedaiah, Harim, Pashhur, e Immer; e i

profeti in Gerusalemme li hanno organizzati in ventiquattro divisioni», Tosef., Ta'an. 2: 1; TJ, Ta'an. 4: 2, 67d, e al.). Forse è incluso nella stessa struttura è il conto dato da Giuseppe (Ap. 2: 108) riguardo a quattro tribù sacerdotali che hanno ruotato nel servizio nel Tempio a intervalli regolari. Tuttavia, c'è chi correggerebbe il testo da leggere «ventiquattro» anche in questo passo (cf. Ios., V. 2; Ios., AI. 7: 366). Una tradizione riguardo al consolidamento graduale dei 24 corsi sacerdotali appare anche in Tosefta, Ta'anit 4: 2, e TJ, Ta'anit 4: 2, 67d.”[3]

I turni sacerdotali nel Tempio si svolgevano dunque secondo la cadenza stabilita da 1 Cr 24 – 26.

I turni che si svolgevano nel Tempio erano quelli stabiliti da Davide e non quelli di Qumran, che prevedevano 26 rotazioni.

III. I turni settimanali erano dunque 24. Ma nel corso dell’anno ci sono 52 settimane + 1 g. Quindi ci sono (24 + 24 + 4) turni, nell’anno successivo ci sono (20 + 24 + 8) turni, e poi (16 + 24 + 12) turni, ecc. Perciò nessun turno si ripete l’anno successivo nella stessa settimana. E’ vero che a Qumran avevano cercato di aggirare l’ostacolo delle 52 settimane facendo (26 x 2) turni fissi. Ma di tale progetto si ha notizia soltanto dai Manoscritti e non risulta che fosse stati applicato nel Tempio di Gerusalemme dove officiava Abia. Peraltro, sotto ogni punto di vista, è insostenibile affermare che nel Tempio di Gerusalemme si praticassero le turnazioni di una setta separatista.

In conclusione si può affermare che lo studio di Shemarjahu Talmon citato da Socci, Vittorio Messori e P. Livio Fanzaga non ha alcun valore, sebbene sia molto prossimo alla vera data. Però l’autore sbaglia nelle premesse, e quindi la conclusione è errata.

IV. La determinazione della data dell’annunciazione a Zaccaria non è così semplice come Socci vuol far vedere. E’ necessaria una ricerca sistematica che tenga conto da una parte quale poteva essere, per ogni anno, il calendario lunisolare dell’epoca in cui visse Gesù, dall’altra bisogna verificare quali date si possono verificare da un’attenta lettura dei Vangeli.

Il calcolo del calendario lunisolare si può effettuare con il calcolo dell’epatta per ogni anno preso in considerazione. Per controllare l’esattezza del calcolo si può ricorrere alle tavole astronomiche delle eclissi solari e lunari per l’anno preso in considerazione. Siccome in media ogni anno ci sono due eclissi di sole e due eclissi di luna, si può verificare se l’epatta è stata calcolata con esattezza. Ad esempio si può accertare così che “una festa dei Giudei” (Gv 5, 1 s), nella quale Gesù guarì un paralitico, era sabato 16 settembre dell’anno 30, la festa di Rosh ha – Shanah. Inoltre si può verificare che la guarigione del cieco nato (Gv 9, 14) avvenne il 7 ottobre dello stesso anno. Ancora che il primo giorno della festa di Hanukkah, 25 Kislew, in quell’anno cadeva l’8 dicembre.

In questa sede ciò che interessa verificare è quando ricorreva il turno di Abia, nel quale Zaccaria ricevette l’annuncio che Elisabetta avrebbe concepito un figlio. Da 1 Mac 1, 54 s si sa che il 15 Kislew 145 (dei Greci) Antioco IV Epifane innalzò un idolo sull’altare del Tempio. Pertanto da quel momento non c’erano più sacrifici, in quanto il Tempio era stato profanato. Soltanto il 25 Kislew 148, con la sua riconquista fu possibile fare la sua Dedicazione e riprendere i sacrifici. Dai calcoli effettuati è risultato che tale data, secondo il calendario giuliano era venerdì 11 dicembre dell’anno – 163. Quindi il giorno dopo, sabato 12 dicembre, potevano ricominciare regolarmente i turni sacerdotali settimanali. Sapendo che in un anno ci sono cinquantadue settimane (più un giorno) i turni sono 24 + 24 + 4; con opportuni calcoli si può determinare quando incomincia il I turno, ad esempio, nell’anno – 3. Ciò avviene sabato 3 febbraio. Quindi l’VIII turno, quello di Abia, comincia per la prima volta sabato 24 marzo – 3 e per la seconda volta sabato 8 settembre dello stesso anno. Ed è il turno quando apparve l’arcangelo Gabriele a Zaccaria. Sicuramente non nel primo e ciò per un motivo molto semplice. Il 30 marzo Zaccaria finiva il suo turno e tra il 31 marzo e il 2 aprile dello stesso anno morì Erode. Se questa coincidenza si fosse verificata l’Evangelista non avrebbe omesso di segnalarla. Pertanto l’arcangelo apparve a Zaccaria nel turno che iniziava sabato 8 settembre. Tenuto conto del tempo necessario a Zaccaria per finire il turno e rientrare a casa si può ammettere che Giovanni Battista fu concepito in una data intermedia tra il 20 e il 26 settembre – 3.

Da come Socci espone l’argomento sembra che il concepimento di Giovanni avvenga in coincidenza con l’annuncio dell’arcangelo. Alle medesime conclusioni si perviene con lo studio del Talmon. E’ nota l’obiezione di Zaccaria a Gabriele: “Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni” (Lc 1, 18). Da ciò si deduce che l’arcangelo annuncia che Elisabetta ha riacquistato la fertilità (“tua moglie Elisabetta ti darà un figlio” (Lc 1, 13)) e quindi il concepimento è avvenuto in modo naturale. Quindi era necessario che trascorressero alcuni giorni; scrive infatti Luca: “Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì” (Lc 1, 23-24).

Un obiezione che si può fare è questa: come mai Luca non è più esplicito? La risposta è presto detta: far coincidere il concepimento di Giovanni Battista con il 23 settembre o una data vicina, poteva essere pericoloso oltre a creare confusione. Infatti è noto oggi, come lo era anche allora, che il 23 settembre è il genetliaco dell’imperatore Augusto. Questo è un motivo più che plausibile per cui le date non sono state indicate in modo esplicito. Perché, noto un evento qualsiasi, era comunque possibile risalire alla data del concepimento del Battista.

Nella stessa maniera si può ora dire che, nota la data del concepimento di Giovanni, è possibile determinare ora tutte le date successive: Annunciazione a Maria, nascita di Giovanni Battista, nascita di Gesù, sua circoncisione, sua presentazione al Tempio, ecc.

Qui di seguito si elencano alcune date :

Cronologia sistematica

1. 15 Kislew 3595, martedì 6 dicembre –166, a causa della profanazione del Tempio e della persecuzione scatenata da Antioco IV Epifane, non ci sono più sacrifici nel Tempio (1 Mac 1, 54 – 64).

2. 25 Kislew 3598, venerdì 11 dicembre –163, riconquista del Tempio e dedicazione dell’altare. Festa di Hanukkah (1 Mac 4, 52 - 59).

3. 26 Kislew, sabato 12 dicembre ricominciarono regolarmente i turni sacerdotali. Sappiamo che ci sono 24 classi sacerdotali che, a cominciare da sabato, ogni settimana si alternano l’una all’altra (Cfr. 1 Cr 24, 7 – 18).

4. 1° Nisan 3720, 16 marzo –40, Erode è nominato re.

5. 8 Adar Rishon 3757, sabato 3 febbraio –3 inizia il turno della prima classe, cioè quella di Yehoyarib.

6. 13 marzo –3. Eclisse di luna.

7. 27 Adar Sheni 3757, sabato 24 marzo –3. Inizia il I turno della classe di Abia, che finisce il 4 Nisan, 30 marzo.

8. 1° Nisan 3757, 27 marzo –3.

9. 5 – 7 Nisan 3757, 31 marzo/ 2 aprile –3. Morte di Erode, dopo 37 anni di regno.

10. 6 aprile – 8 aprile. Ultimo giorno di lutto di Archelao.

11. 15 Nisan 3757, 10 aprile 3. Pesah.

12. Dal 18 al 24 Elul 3757, ovvero dall’8 al 14 settembre –3, secondo turno della classe di Abia. L’arcangelo Gabriele annuncia il prossimo concepimento di Giovanni Battista, in quanto è finita la sterilità di Elisabetta (Lc 1, 8 – 17).

13. Tra il 1°-3 e il 5 – 7 Tishri 3757, 20 – 22 e 24 – 26 settembre –3. Concepimento di Giovanni Battista. (E’ accettabile la data tradizionale del 24 o 25 settembre).

14. 14 Adar 3758, 28 febbraio – 2. Purim. Probabilmente in questa data, che è giorno di festa, Elisabetta esce dal suo nascondimento durato circa 5 mesi (Lc 1, 23 – 25).

15. 10 Nisan 3758, 25 marzo –2. Annunciazione dell’arcangelo Gabriele a Maria. Maria va subito da Elisabetta (Lc 1, 26 – 28).

16. Inizio di Tammuz 3758 prima del 24 giugno –2. Maria torna a Nazaret (Lc 1, 56).

17. 12 Tammuz 3758, il 24 giugno –2. Nascita di Giovanni Battista (Lc 1, 57).

18. 19 Tammuz 3758, 1° luglio –2. Circoncisione ed imposizione del nome di Giovanni Battista (Lc 1, 59 63).

19. Anno – 2. Cesare Augusto emana un editto di indizione (Lc 2, 1).

20. Anno – 2. Publio Sulpicio Quirinio diviene proconsole della provincia romana di Asia (Lc 2, 2). Nel 3-4 d.C. è consigliere del figlio dell’imperatore, Gaio Cesare.

21. 11 – 12 Tebet 3759, 18 – 19 dicembre – 2. Giuseppe e Maria partono per Nazaret per il censimento (Lc 2, 4 – 5).

22. 18 Tebet 3759, 25 dicembre –2. Nascita di Gesù a Betlemme, in una mangiatoia (Lc 2, 6 –7).

23. 1°gennaio –1, 23 Tebet 3759. Circoncisione ed imposizione del nome di Gesù (Lc 2, 21).

24. 28 Sheba t 3759, 2 febbraio –1. Presentazione al Tempio di Gesù (Lc 2, 22 – 23).

25. 2 – 3 Adar Rishon 3759, giovedì– venerdì –6 7 febbraio –1. Giuseppe, Maria e Gesù tornano a Nazaret (Lc 2, 39).

26. Anno 6. Destituzione di Archelao; la Giudea diventa provincia romana.

IL CENSIMENTO DI CESARE AUGUSTO
Sulla questione del censimento è intervenuto Mons. Gianfranco Ravasi, nell’ultimo numero di “Famiglia Cristiana” (n. 52), con un aggiornamento sulla Bibbia dal titolo: “Quirinio e il censimento di Augusto”.

Ravasi ha esposto la solita soluzione del quesito: se era realmente un censimento, quando fu, ecc. Asserisce poi che sapendo la data del censimento sarebbe possibile sapere anche la data di nascita di Gesù. Afferma poi che dell’unico censimento di cui si abbia notizia certa è quello effettuato da Publio Sulpicio Quirinio nel 6 d. C. In proposito scrive che forse Luca ha fatto confusione o ha dato una lettura teologica dell’avvenimento.Afferma ancora che forse “sarebbe stato un censimento di tipo amministrativo più che fiscale (essendo Erode rex socius et amicus di Augusto), connesso a un giuramento di fedeltà all’imperatore e condotto secondo il metodo tribale e non residenziale per ragioni di rispetto alle tradizioni locali.”

Per comprendere bene cosa avvenne allora, è opportuno dare uno sguardo sintetico su alcuni avvenimenti. Per un’analisi più dettagliata dei fatti si rimanda al testo citato nell’introduzione.

Premessa Gli anni si misurano con la serie dei numeri relativi

….. -3 -2 -1 0 1 2 3 …..

L’anno infatti è un’unità di misura multipla del secondo nel sistema di misurazione MKS (metro – kilo – secondo). Tutte le unità di misura iniziano da 0 e per le unità che precedono l’origine si usano i numeri negativi. Le unità di misura vanno adottate in modo uguale da tutti.

La misurazione secondo il sistema di Dionigi il Piccolo dà origine a molti errori. Ad esempio si dice che Augusto è nato il 23 settembre del 63 a. C. In realtà., siccome è morto il 19 agosto del 14, a 76 anni meno 35 giorni, per calcolare l’anno di nascita basta fare la somma algebrica degli anni

14 – 76 = – 62

Quindi Augusto è nato il 23 settembre dell’anno – 62.

Un altro errore avviene nel computo degli anni olimpici. Cappelli asserisce che la 195ma olimpiade è iniziata nell’anno 1 d. C. Ciò è inesatto. L’anno in cui cade il primo anno di ogni olimpiade si calcola secondo la formula

– 780 + 4 x Nol.

Perciò la 195ma olimpiade si calcola così

– 780 + 4 x 195 = – 780 + 780 = 0

Quindi il primo anno della 195ma olimpiade inizia il 1° luglio dell’anno 0.

Il regno di Erode il Grande Erode fu nominato re il 16 marzo – 40, ossia il 1° Nisan 6720. Interessante è osservare la gestione economico-finanziaria di Erode nei 34 anni effettivi di regno. Scrive di lui Shimon Applebaum:

“Erode considerò il regno come una sua proprietà privata. Uno degli scopi della sua politica era di fortificare l'elemento straniero in Israele e portare il regno nell'orbita culturale romano-ellenistica, allo scopo di garantire allo stesso regno un collegamento sicuro nell'Impero Romano. A prescindere dalle considerazioni politiche, un'inclinazione personale verso la cultura greca era la causa della sua politica. Stabilì istituzioni culturali greche come il teatro e l'ippodromo in Gerusalemme, e fuori del suo paese proprio in Siria, Asia Minore, e nelle isole del mare Egeo fece erigere splendidi edifici pubblici, come acquedotti, teatri e colonnati. In Grecia egli stesso offrì aiuti a palestre; i suoi contributi in denaro aiutarono a finanziare i giochi olimpici, e gli meritarono il titolo onorario di presidente a vita. In Israele eseguì egli stesso progetti edilizi e colonie estese che indubbiamente giovarono alla popolazione rurale, particolarmente i contadini privi di terra, e aiutarono pure a sradicare la minaccia delle bande di predoni. Ciò era particolarmente reale nelle aree della Traconitide dove la rapina nella strada pubblica era un caso quotidiano. D'altra parte la fondazione di città di veterani fortificò l'influenza greca[4] e rinforzò la posizione dell'elemento straniero nel paese. Erode costruì Sebaste al posto di Samaria e assegnò appezzamenti di terra a 6.000 dei suoi abitanti; fondò Cesarea e fece di essa il porto più grande del paese; ricostruì la città marittima di Anthedon e fondò le città di Antipatride, Fasaelide, Geba Parashim, e Heshbon. Per assicurare la sua autorità interna e per la protezione dei confini, Erode costruì o ricostruì una quantità di fortezze: Antonia in Gerusalemme, Macheronte e Herodium in Giudea, Herodion in Transgiordania, Kypros vicino a Gerico, e Masada. Costruì palazzi per sé in Gerusalemme e in altre città.”[5]

Per realizzare tutte queste opere Erode doveva disporre di un’ingente somma di denaro. Fra l’altro pagava le tasse a Roma e inoltre costruì il Tempio. Alcuni studiosi affermano che egli aveva 2.000 talenti di introiti annui, di cui 1.300 per la riscossione delle tasse. Inoltre per 3.000 talenti aveva ottenuto il diritto alla metà del rendimento delle miniere di rame a Cipro. E’ interessante analizzare quanto costò la costruzione del Tempio, limitatamente all’onere per pagare gli operai.

Il costo della manodopera del Tempio si può determinare così: sono stati impiegati 11.000 operai, compresi i 1.000 sacerdoti per le parti del Tempio riservate a loro; supponendo che siano stati pagati in media a 250 denari annui pro capite si ha

11000 x 250 x 9 = 24.750.000

Però 24.750.000 denari, sono pari a 999.000 aurei, i quali sono pari a 4.125 talenti.

Sebbene il Museo Bottacin di Padova asserisca che non è possibile fare una comparazione tra il valore attuale del denaro e quello di una volta, c’è stato però chi l’ha effettuato, determinando il valore di 1 denario pari a circa € 40,00. Siccome un talento sono 240 aurei e un aureo è pari a 25 denari, allora il costo della manodopera del Tempio è stato approssimativamente pari a

4125 x 40 x 25 x 240 = € 999.000.000

In buona sostanza Erode ha speso per la sola manodopera circa 1 miliardo di Euro. La paga di 250 denari annui “pro capite” è plausibile. E’ lo stesso importo che veniva erogato in un anno a un soldato semplice, che, come qualifica di lavoro, svolge le mansioni equivalenti a quelle di un operaio. Dai Vangeli sappiamo che il padrone pagava un denario al giorno. Quindi la paga annua era corrisposta in base ai giorni lavorati, festività escluse. Il valore di cambio può essere pure accettabile, considerando che la spesa media giornaliera per una famiglia era di 3 sesterzi, pari a circa € 30,00. Fra l’altro si può vedere come una paga di 250 denari l’anno fosse appena sufficiente a sopravvivere per una famiglia. Infatti 250 denari sono pari a 1000 sesterzi, che suddivisi in 365 giorni, equivalgono a circa 2,74 sesterzi al giorno.

In buona sostanza si può dire che in effettivi 34 anni di regno, Erode riscosse circa 68.000 talenti, pari a 1.632.000.000 di sesterzi. Per farsi un’idea delle dimensioni di tale ricchezza basta pensare che, secondo quando risulta dal “Monumentum Ancyranum”, Augusto erogò 2.435.800.000 sesterzi. Quindi la ricchezza di Erode era pari a circa il 70% delle erogazioni di Augusto. E’ interessante considerare che Augusto, quando occupò l’Egitto, ebbe un bottino di 1.000.000.000 di sesterzi. Quindi la ricchezza di Erode era pari al 163% di quella somma.

A nessuno sfugge la sproporzione tra queste percentuali. Augusto aveva proventi da tutto l’Impero per permettersi di erogare quella somma, mentre Erode riscuoteva il denaro soltanto dalla Palestina, almeno nominalmente. E’ opportuno osservare pure che l’Egitto sicuramente era più ricco del regno di Erode.

E’ da ritenere che Augusto fosse bene informato di tutta l’attività di Erode. Sotto un certo punto di vista gli poteva andar bene. Il fatto che Erode avesse ampliato il suo campo d’azione in tutto il Medio Oriente poteva essere per Augusto un gravame in meno. Del resto Erode non era tenero con nessuno. Però sicuramente più di un dubbio si deve essere insinuato nella mente dell’imperatore. Quel re non faceva forse il furbo, esorbitando dalla sua giurisdizione? Pagava tutte le tasse dovute a Roma, oppure tirava a fregare il fisco romano? Dove mirava Erode con quella sua spregiudicata politica?

3.      Dalla fine del Regno di Erode fino alla costituzione della Provincia romana

Il “redde rationem” avvenne con la morte di Erode. Il sovrano morì tra il 31 marzo e il 2 aprile dell’anno –3. Tenuto conto dei sette giorni di lutto e della festività di Pesah (10 aprile), nessuno dei tre eredi di Erode, Archelao, Filippo e Antipa, partì prima del 18 aprile. Ma intanto gli efficienti mezzi di comunicazione dell’Impero portarono presto a conoscenza di Augusto la notizia dell’avvenuto decesso. La decisione di Augusto fu repentina: Sabino doveva recarsi immediatamente a Gerusalemme e sequestrare tutta la contabilità tenuta da Erode nei suoi 37 anni di regno. Egli arrivò là, quando gli eredi erano già partiti. Oltre ad Archelao, Filippo e Antipa giunsero a Roma anche cinquanta ebrei. Essi si erano recati da Augusto per protestare contro le feroci repressioni attuate subito da Archelao. Inoltre chiedevano l’abolizione della monarchia e 8.000 ebrei romani davano loro man forte.

Augusto agì d’astuzia, applicò a modo suo il testamento di Erode e per il momento non diede ascolto ai 50 Ebrei. Suddivise il regno tra i tre eredi, ma ad Archelao diede soltanto il titolo di etnarca della Giudea. Si riservò di nominarlo re in futuro, soltanto se si fosse dimostrato capace.

Ora Augusto aveva in mano i libri contabili di Erode e così poteva controllare tutta l’attività svolta da Erode, chiarendo eventualmente i punti rimasti oscuri. Convocò tutte le magistrature assegnando loro il compito di sviscerare fino all’ultimo fin dove si era spinto quel re. E qui si presentò un grosso problema. Se Erode era proprietario di tutto, come si faceva a controllare fino a che punto erano veridiche le scritture relative a coloro che, a vario titolo, avevano avuto relazioni d’affari col re? Come si poteva distinguere se le somme introitate da Erode gli erano dovute a titolo d’imposta, o invece erano il pagamento di concessioni, affitti, mezzadrie, ecc.?

L’unica soluzione possibile era un censimento. Così sarebbe stato possibile verificare in modo univoco le proprietà, le fonti di reddito, e ogni altro fatto giuridico tra ogni cittadino e il re. Inoltre sarebbe stato possibile verificare la veridicità delle scritture contabili. Infine, essendo morto Erode, nessuno avrebbe avuto alcun timore di ritorsioni e quindi avrebbe dichiarato il vero.

Il censimento avvenne nell’anno –2. Che l’anno –2 fosse in assoluto la prima indizione del primo ciclo, lo si ricava da quanto scrisse Beda il Venerabile: “Aggiungi sempre tre, perché secondo Dionigi il Signore è nato durante la quarta indizione.” Se dunque l’anno 1 era la quarta indizione, retrocedendo negli anni si arriva all’anno –2 per la prima indizione. Inoltre, siccome sappiamo che Costantino cominciò la prima indizione nell’anno 313, allora nell’anno 312 si concluse la quindicesima indizione del ventunesimo ciclo indizionale. Infatti

312 + 3 = 315

315: 3 = 21

Sebbene sia necessario prendere con cautela quanto scrivono gli apocrifi, è interessante peraltro osservare cos’è scritto all’inizio del “Vangelo arabo sull’infanzia del Salvatore”: “L’anno 309 dell’era di Alessandro, uscì un decreto di Augusto affinché ognuno si facesse recensire nel suo luogo d’origine.” Sicuramente il Vangelo arabo era una traduzione dal siriaco. E’ interessante notare che per èra di Alessandro s’intende la cronologia chiamata èra dei Greci, che è quella instaurata da Seleucidi nell’anno –311 e fu in uso almeno fino al tredicesimo secolo, come si evince da una frase in siriaco: “Nell’anno 1515 dei Greci Costantinopoli fu conquistata dai Franchi”; infatti nel 1204 ci fu la conquista di Costantinopoli. Ebbene, l’anno 309 dei Greci corrisponde proprio all’anno – 2.

Rimane in parte insoluto il problema se fosse stato proprio Publio Sulpicio Quirinio a svolgere questa mansione amministrativa. Le fonti storiche non sono sicure e per maggiori dettagli si rimanda all’opera sopra citata sulla cronologia dei Vangeli. Piuttosto il problema bisogna porlo in altri termini. Fino a qual punto sono complete e sicure le fonti che ci giungono dall’antichità? E’ noto che la storia, coadiuvata dai microbi, dagli insetti, dalle perturbazioni atmosferiche, dagli incendi e dalla pigrizia umana, ha scremato gran parte dei documenti scritti nell’antichità. Quindi di ciò che rimane bisogna costruire ipotesi, fare delle interpolazioni e delle estrapolazioni dei dati che ci sono pervenuti. Sarebbe quindi una grande ingenuità credere che dell’antichità sappiamo proprio tutto.

C’è però ancora un elemento che non si può trascurare. Siamo sicuri che, se anche i documenti antichi fossero pervenuti a noi integri, noi sapremmo tutto ciò che accadde allora? Noi sappiamo oggi che la storia non sempre corrisponde alla completa realtà dei fatti accaduti. E’ noto che la storia si fa studiando e analizzando i documenti che ci pervengono da ogni epoca. Ma siamo sicuri che i documenti contengano, anche se a grandi linee, tutti i fatti accaduti in ogni epoca e li riferiscano con veridicità? E’ ben noto che, per non pochi fatti criminali accaduti nell’altro secolo, non esistono prove documentali; e ciò per il semplice motivo che chi ordinò tali azioni si limitò a dare disposizioni verbali, senza lasciare alcuna traccia scritta. Quanto accadde in tempi vicini a noi, si può anche applicare a tempi più remoti. Sin dall’antichità più remota si sapeva che ciò che era stato scritto poteva essere letto da altri e tramandato. Ed è proprio per questo motivo che s’inventò la scrittura. Inoltre non è da oggi che la mentalità di ogni uomo politico è di trasmettere un’immagine positiva di se stesso, sorvolando o dimenticando alcuni particolari che potrebbero oscurarlo.

Ed è proprio quello che Augusto ha fatto. Il “Monumentum Ancyranum” altro non è che un’esaltazione di tutto il bene e di tutte le opere che egli ha compiuto. Lasciare ai posteri una notizia come quella del censimento indetto dopo la morte di Erode, avrebbe potuto lasciare un’immagine non proprio esaltante di se stesso. E’ vero che già nell’antichità gli storici avevano raccolto notizie, scavato negli archivi, e tramandato un’immagine non proprio limpida né di Augusto, né di altri imperatori. Ma tutte quelle notizie sono cronache di ordinaria amministrazione. A ogni potente della terra si possono ascrivere abusi di ogni genere, ma la questione che riguarda i rapporti politici tra Augusto ed Erode era di tutt’altro tipo. Per dire le cose con poche parole e in modo popolare, Erode riuscì a fare fesso Augusto. Quei mille talenti che qualche volta Erode andava a gettare ai piedi di Augusto erano soltanto uno specchietto per le allodole. Erode invece fece una politica che mirava a un’espansione del suo potere in modo illimitato. Sempre pronto a osservare dove spirava il vento, in modo da poter salire rapidamente sul carro del vincitore, agì in ogni occasione in modo spregiudicato. Benevolo coi pagani, devoto con gli Ebrei, organizzò un’amministrazione occhiuta a cui nulla doveva sfuggire. Era talmente astuto che rifiutò perfino qualsiasi “avance” da parte di Cleopatra, a piedi della quale pur caddero uomini di valore come Giulio Cesare e Marco Antonio.

Di tutte queste cose Augusto si rese progressivamente conto man mano che i magistrati romani dipanavano la matassa facendo il confronto tra le scritture contabili di Erode e il censimento. Emergeva una politica talmente ramificata che coinvolgeva delle realtà che superavano i confini della Palestina. Le proprietà accumulate da Erode erano in buona sostanza incommensurabili. Ora tutto questo sarebbe stato destinato al giovane Archelao, che era stato nominato etnarca all’età di 18 anni. La sua nomina a re l’avrebbe lasciato libero di agire e in pochi anni avrebbe completato l’opera di suo padre, diventando così il capo incontrastato del Medio Oriente. Era dunque necessario che Augusto agisse di conseguenza. Di motivi per destituire Archelao ce n’erano molti, ma fra tutti emergevano i soprusi che egli, seguendo le orme di suo padre Erode, andava compiendo in Palestina. C’era inoltre un motivo su cui Roma non poteva transigere: la frode fiscale, reiterata con il censimento. Dal confronto tra i documenti contabili e i dati censiti emergeva che Archelao, in combutta con i maggiorenti a lui subalterni, non aveva dichiarato tutto quello che doveva. Ciò era stato fatto soprattutto per coprire innumerevoli irregolarità commesse già da Erode, che peraltro si traducevano in mancati versamenti al fisco romano.

Augusto fu inflessibile. Archelao doveva essere eliminato. Però ciò doveva essere fatto in una maniera diversa da come Augusto agì contro i propri nemici politici. Eliminarlo fisicamente avrebbe potuto, nei tempi lunghi, creare intorno a lui un’aura di martire. Per i notabili, che lo avevano spalleggiato bisognava usare la mano morbida. Anch’essi potevano diventare un pericolo potenziale nel sobillare le masse. Bastava richiamarli al senso di responsabilità. Non sono forse gli Ebrei che dicono che non si deve dare falsa testimonianza? E che cos’è una dichiarazione mendace, se non una falsa testimonianza? Ecco perché fu mobilitato il sommo sacerdote Joazar a persuadere i capi che bisognava dichiarare il vero. Quale supremo custode della Torah non poteva dar altro che un consiglio cogente. Inoltre c’era da risolvere il problema posto dai 50 Ebrei che andarono a protestare contro i soprusi commessi da Archelao. L’allontanamento dell’etnarca avrebbe potuto soddisfarli.

Publio Sulpicio Quirinio fu così inviato in Palestina, come commissario “ad acta”, con un mandato ben preciso, che così si articolava: bisognava confiscare tutte le proprietà di Archelao; lo stesso Archelao, una volta destituito, doveva essere mandato in esilio a Vienne, in Gallia; gli evasori dovevano dichiarare il vero; e per ultimo la Giudea diventava Provincia romana. Così furono accontentati tutti, ma però agli Ebrei fu dato in premio, ciò che ad altri era stato dato in castigo.

Si può dunque rilevare che il censimento fu uno solo, quello dell’anno – 2. In seguito agli accertamenti fatti con acribia dai magistrati romani, Augusto poté fare, in modo pacifico, consono alla sua “pax Romana”, ciò che aveva in animo di fare già quando morì Erode. Soltanto gli mancavano le motivazioni che potessero giustificare un intervento in tal senso. Ora era dimostrato che Archelao era un volgare oppressore, frodatore del fisco romano, erede di un padre che si era arricchito approfittando dell’alleanza con Roma. Invece di far processare l’etnarca, come Augusto avrebbe dovuto ordinare di fare, anche perché il reo era “civis Romanus”, la procedura fu semplificata con l’esilio. In realtà si trattava dell’ “interdictio aquae et ignis”, che in parole povere significava condannare il reo a morire di fame e di stenti. In effetti Archelao morì nel 18 d. C., 12 anni dopo la deposizione, all’età di circa 39 anni. Un regolare processo avrebbe inevitabilmente comportato per Archelao la condanna alla decapitazione. Si può tuttavia ritenere che l’esilio fosse stato un “éscamotage” per evitare una procedura regolare. Infatti anche se il processo fosse stato celebrato a porte chiuse, avrebbe dato origine a una propalazione di notizie che non conveniva a nessuno, meno che mai ad Augusto, se non altro per non aver sufficientemente vigilato sulle attività poco pulite, sia di Erode, sia di Archelao. Inoltre sarebbe rimasta una prova scritta dei fatti accaduti.

L’AFFARE DI AUGUSTO
Chi fece un vero affare fu Augusto. Senza spargere o far spargere neppure una goccia di sangue, si era impossessato dell’incommensurabile patrimonio di Erode il Grande, donando a Roma una ricchezza immobiliare immensa. Inoltre aveva garantito al fisco romano una fonte cospicua di redditi da tassare. Così era Augusto ora che poteva incassare quello che prima arrivava alle case di Erode. In conto competenza, per ogni anno, spettavano all’imperatore quanto meno i 2.000 talenti  che il defunto re riscuoteva per tasse e rendite economiche. In conto arretrati tutto l’immenso patrimonio immobiliare, costituito da case, terreni, città; un patrimonio che si ramificava fino alla Grecia. 

Si potrebbe ora fare un calcolo presuntivo sul reddito che Augusto poteva tassare. Se Erode era in grado di riscuotere 1.300 talenti di tasse all’anno, e supponendo che tale importo fosse almeno il 10% del reddito nazionale, allora significa che il reddito imponibile ammontava a 13.000 talenti all’anno. Facendo gli opportuni calcoli:

13000 x 240 x 25 x 4 = 312.000.000

si può quindi asserire che, con forte probabilità, il reddito annuo imponibile ammontava a 312.000.000 di sesterzi. Tenuto conto che un sesterzio equivale a circa € 10, il reddito sarebbe stato di circa € 3.120.000.000.

Tale importo è del tutto plausibile, considerando che, in buona sostanza, la schiavitù in Palestina non esisteva e che il lavoro era un precetto stabilito da Dio, che tutti dovevano rigorosamente osservare. Si sa inoltre che dove si lavora, si produce anche reddito. Bastava quindi assoldare e sguinzagliare un congruo numero di pubblicani, che avrebbero egregiamente spremuto i contribuenti ebrei per arricchire Roma.

Una conferma dell’alta redditività degli Ebrei di allora ce la dà indirettamente Luca nel suo Vangelo, quando parla sia di Matteo, sia di Zaccheo. Siccome i pubblicani si arricchivano a spese del popolo, in quanto a Roma dovevano versare le tasse in anticipo, questi due passi del Vangelo sono quanto mai emblematici.

Matteo festeggia la sua vocazione, organizzando “un grande banchetto”, a cui invitò una “folla di pubblicani e d’altra gente” (Lc 5,29). Tenuto conto che, secondo le norme dell’ospitalità, in teoria poteva accedere alla festa ogni cittadino di Cafarnao, il “grande banchetto” è un segno manifesto della vita agiata che conduceva Matteo, prima della vocazione, anche in considerazione la città su cui egli aveva competenza impositiva non era tanto grande.

Più interessante, ai fini di questa analisi, è la figura di Zaccheo. Egli è definito “capo dei pubblicani e ricco” (Lc 19,2), al punto che può permettersi di donare la metà dei suoi beni ai poveri e di restituire quattro volte tanto per ogni frode perpetrata (cfr. Lc 19, 8).[6] Vale poi la pena di osservare che, in seguito a queste elargizioni, l’Evangelista non dice che il pubblicano sia diventato povero. La definizione data a Zaccheo di essere “capo dei pubblicani e ricco” è quanto mai interessante. Zaccheo, per la sua attività di pubblicano era diventato ricco, e questo per essere soltanto capo a Gerico. Come già detto sopra che Roma non faceva sconti a nessuno, significava che il margine di guadagno era altissimo. Anche se si tiene in considerazione la rapacità dei pubblicani, peraltro ammessa da Zaccheo, si può comunque dedurre che i redditi da tassare erano sufficientemente alti.

CONCLUSIONE
“Gira e rigira la Torah e vi troverai tutto” dicono i saggi ebrei. Altrettanto potremmo dire noi relativamente ai Vangeli; quanto meno con un attenta analisi delle parole si possono trovare molti elementi finora abbastanza trascurati. Fra questi c’è la cronologia della vita di Gesù Cristo. Ovviamente non si può trovare tutto. Ad esempio, sarebbe una fatica improba trovare le coordinate temporali delle parabole. Si potrebbe ipotizzare che Gesù abbia introdotto ogni suo discorso agganciandosi al brano della Torah letto nella sinagoga il sabato precedente. Così quando disse: “Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio” (Mt 5,21), probabilmente il sabato precedente era stato letto il brano dell’Esodo (Es 20, 12) che contiene il Decalogo. Purtroppo però non è possibile ricostruire con esattezza il calendario liturgico ebraico dei tempi di Gesù, in quanto mancano i lezionari dell’epoca.

E’ stato possibile tuttavia stabilire alcune date molto importanti. In questo saggio sono state elencate quelle relative al periodo della Natività di Nostro Signore. Nel testo sopra citato ce ne sono altre, relative al periodo della Passione, Morte e Resurrezione, ma anche di quello precedente fino a sei mesi prima.

Il quadro complessivo è interessante. Perché non si ricava soltanto un arido elenco di date, ma anche la spiegazione abbastanza ampia dei fatti accaduti che talvolta nei Vangeli sono citati in modo piuttosto implicito. In questo saggio si è visto, ad esempio, quanti elementi si riescono a trovare sui fatti accaduti nei primi anni di vita di Gesù.

Ce ne sono tuttavia ancora tanti altri, come ad esempio la data esatta dell’Ascensione di Gesù Cristo al cielo. Tale evento è accaduto il 4 maggio dell’anno 31. E’ venerdì, anzi precisamente venerdì sera, dopo il tramonto, quindi all’inizio del sabato. Non a caso Luca scrive negli Atti che gli Apostoli hanno percorso un tratto di strada che corrisponde al “cammino permesso in un sabato”(At 1,12). Ma Luca conosce anche altri modi di misurare la strada percorsa. Nel caso dello smarrimento di Gesù nel Tempio, Luca dice che Maria e Giuseppe “fecero una giornata di viaggio” (Lc 2, 44); trattasi di un percorso di circa 20 miglia romane, pari quasi 30 km. In un altro caso, narrando la vicenda dei discepoli di Emmaus, Luca scrive che essi si recavano in “un villaggio distante 60 stadi da Gerusalemme” (Lc 24, 13); 60 stadi sono circa 7 miglia, pari a poco più di 11 km. Siccome sappiamo con certezza che l’Ascensione di Gesù Cristo al cielo significa la glorificazione di Gesù, allora è attendibile che sia asceso all’inizio del sabato. Infatti tale giorno si collega perfettamente con quanto scritto in Gn 2, 2 che Dio “cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro.”



[1] Maggiori ragguagli si possono trovare nel libro: Dario Bazec, “La cronologia dei Vangeli secondo il calendario ebraico” – Edizioni “Italo Svevo”, Trieste, 2001, pagg. 89 – 128.

[2] Jacob Licht, The 364-Day Sectarian Calendar, sta in EJ, s.v. Calendar, vol. V, coll. 51-53, traduzione del brano a cura di Dario Bazec.

[3] Jacob Liver, Mishmarot and Ma'amadot, in EJ cit., Vol. XII, Coll. 89 – 90.

[4] Nota. Applebaum non tiene conto che i veterani erano militari romani e non greci. La lingua che unificava l’esercito romano era il latino, in quanto lingua d’ordinanza. Agli ausiliari, militari di origine “peregrina”, dopo l’assolvimento della leva militare, oltre alla cittadinanza romana, era assegnato un appezzamento di terreno da coltivare. Perciò i veterani rafforzarono in Medio Oriente la presenza romana. Quindi la conoscenza del greco era casuale e comunque ininfluente.

[5] Shimon Applebaum, Herod I, sta in EJ, vol. VIII, col. 382 s.

[6] Quanto promette Zaccheo ha qualcosa di singolare: un atto di carità che precede un atto di giustizia. Infatti, secondo il diritto romano, restituire il quadruplo della somma frodata o rubata, sanava il reato di furto.