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Gli strumenti economici di tutela ambientale[modifica | modifica wikitesto]

Gli strumenti economici consistono in meccanismi in cui sono definiti solo gli obiettivi ambientali, ma che poi lasciano la libertà agli inquinatori, sfruttando le logiche di mercato, di scegliere la modalità per raggiungere tali obiettivi[1].

Prima della massiccia diffusione di questi strumenti, negli anni ‘70-’90, le politiche ambientali facevano ricorso quasi esclusivamente allo strumento normativo del “command and control.”

Questo, in particolare, consiste in un insieme di norme giuridiche che hanno l’obiettivo di stabilizzare e ridurre l’inquinamento ambientale[2]: si esplica, in particolare,  tramite la fissazione di standard, l’imposizione di autorizzazioni per le attività potenzialmente dannose, la predisposizione di adeguati controlli e di strumenti sanzionatori[3].

Il command and control è lo strumento più efficace nel caso in cui sia necessaria un’azione preventiva[4]; di contro, presenta alcuni punti deboli, quali i costi[5], costi propriamente relativi alla fase di controllo, ma anche alla fase di acquisizione di informazione in atti di pianificazione ed autorizzazioni, e la rigidità[6].

Per questi motivi, a partire dagli anni ‘90, si sono diffusi gli strumenti economici, che presentano tra i molti vantaggi, quello della riduzione dei costi di controllo, quello di essere più flessibili e in grado di sollecitare, tramite l’innovazione[7], un continuo miglioramento degli standard ambientali[8] e di incrementare risorse economiche disponibili[47](ed utilizzabili non necessariamente o non esclusivamente per finalità ambientali).

In ogni caso, al fine di rendere più efficaci le politiche ambientali, si fa ricorso, alternativamente o congiuntamente, sia agli strumenti normativi sia agli strumenti economici.

Esistono diverse tipologie di strumenti economici, tra cui si possono citare:

  • La “tassazione ambientale”: Imposte, tasse e contributi
  • I sussidi;
  • I depositi cauzionali;
  • I cosiddetti “Appalti verdi”[9];
  • Gli schemi di responsabilità, come la responsabilità civile per danno ambientale;
  • I permessi e diritti negoziabili[10] (ad esempio l’ETS)

I tributi ambientali[modifica | modifica wikitesto]

La distinzione a livello concettuale tra i tributi ambientali in senso stretto e i tributi con funzione ambientale è di derivazione europea, ma è stata accolta anche a livello nazionale. Questa distinzione è però, seppur pacifica, criticabile dato che l'esperienza legislativa mostra la tendenza a valorizzare anche le mere funzioni ambientali. Inoltre, pur considerate le differenze strutturali tra i due tributi, è possibile ridurli a fattor comune valorizzando la loro componente psicologica: si tratta infatti di categorie di tributi riconducibili al modello della fiscalità comportamentale.

Con “fiscalità comportamentale”, infatti, si intendono genericamente i tributi volti a favorire o sfavorire[11] determinati comportamenti da parte dei contribuenti[12] allo scopo di tutelare beni della vita, come l’ambiente. Essa può attuarsi attraverso tributi incentivanti e tributi disincentivanti, i quali sono anche espressione del suddetto principio chi inquina paga, in virtù del quale i soggetti dell’ordinamento responsabili di una forma di inquinamento devono sostenere i costi delle misure necessarie per evitarlo o ridurlo[13]. I tributi ambientali, quindi, svolgono una funzione disincentivante rispetto a comportamenti non ecologici.

Oggi i tributi disincentivanti costituiscono la maggioranza degli strumenti economici a tutela dell’ambiente, in particolare nel settore dei rifiuti[14], dei trasporti e dell’energia.

Tributi ambientali in senso stretto

I tributi ambientali in senso stretto pongono l’accento sul fatto materiale deteriorante rispetto all’eco-sistema, stabilendo come base imponibile elementi che abbiano effetti negativi sull’ambiente e introducendo dunque una relazione diretta e causale tra il presupposto del tributo e l’unità fisica che è in grado di provocare il deterioramento dell’ambiente[15]. A questa categoria possono essere ricondotte le imposte, tra le quali in tema ambientale ha avuto rilevanza storica la carbon tax, istituita nel 1998 e abrogata nel 2007[16], e l’imposta sulle emissioni di anidride solforosa e di ossidi di azoto, consistenti in imposte sui consumi di prodotti ad alto contenuto di anidride carbonica o di azoto. La loro natura di tributo in senso stretto è costituita dall’assunzione dell'utilizzo di sostanze inquinanti quale presupposto impositivo al fine di ridurre le emissioni di anidride carbonica e solforosa. Hanno funzione disincentivante anche le accise sui carburanti[17] e la plastic tax[18].

La funzione disincentivante di questi tributi si esprime in una maggiorazione del prezzo dei prodotti inquinanti, influenzando sia la domanda di tali prodotti, sia l’offerta, che si adegua di conseguenza. La misura fiscale agisce dunque come un segnale sociale, rivolto a produttori e consumatori, che determinati comportamenti sono percepiti come scorretti[19]. Inoltre, il rialzo del prezzo dei prodotti inquinanti influenza anche le decisioni sul loro utilizzo in prospettiva: infatti, l’allineamento del costo di utilizzo rispetto ai costi sociali indirizzerà tutti gli operatori del mercato verso scelte più sostenibili.

Tributi con funzione ambientale[modifica | modifica wikitesto]

I tributi con funzione ambientale non sono caratterizzati dalla presenza di elementi riferiti all’ambiente nella propria fattispecie impositiva, per cui la funzione di tutela ambientale può essere riconosciuta loro solo in quanto finalità extrafiscale[20]. Tra questi tributi si possono richiamare alcuni tipi di tasse e contributi.

Le tasse, centrali nella politica ambientale di molti Stati[21], sono espressione del benefit principle, poiché il contribuente usufruendo di un servizio paga un corrispettivo che confluisce nelle casse pubbliche. L’utilizzo della tassa a scopo ambientale è accentuato nella fiscalità locale[22], nonostante le critiche emerse in letteratura[68].

Il contributo, invece, è l’imposizione di un prelievo ad alcuni soggetti a fronte del beneficio individuale che essi abbiano tratto da un’attività amministrativa volta a soddisfare un interesse generale e soddisfa l’esigenza di ripartire sugli effettivi beneficiari l’onere per la realizzazione ed il funzionamento di un’opera pubblica o servizio, perciò si ritiene sia espressione del principio chi inquina paga. Il contributo è spesso usato a presidio dell’ambiente, visto il ruolo che svolgono gli enti pubblici nella sua tutela.

Va notato che alcuni non annoverano tra i tributi ambientali le tasse e i contributi[23]. Anche questi ultimi tributi svolgono una funzione disincentivante nei confronti di comportamenti non sostenibili poiché addebitando ai privati parte dei costi della preservazione dell’ambiente, si sensibilizza il contribuente sulle conseguenze dei suoi comportamenti.

Esempi di tasse e contributi usati con funzione ambientale sono la tassa per lo smaltimento dei rifiuti, ora sostituita dalla tariffa, la quale costituisce un disincentivo molto efficace per le imprese[75], e il contributo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio.


Note[modifica | modifica wikitesto]

Note Bibliografiche[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Environmental Law and Economics: Theory and Practice, Cambridge University Press, 2019, pp. 119–144, DOI:10.1017/9781108554916.008, ISBN 978-1-108-42948-1. URL consultato il 5 maggio 2021.
  2. ^ Emma Lees e Jorge E. Viñuales, The Oxford handbook of comparative environmental law, First edition, 2019, ISBN 978-0-19-183335-9, OCLC 1105950355. URL consultato il 5 maggio 2021.
  3. ^ Fari A., La sussidiarietà orizzontale in materia ambientale: il ruolo dei privati e l’esercizio di funzioni pubbliche, in Rivista Quadrimestrale di Diritto dell’ambiente, n. 3/2015.
  4. ^ Cecchetti M., La disciplina giuridica della tutela ambientale come “diritto dell’ambiente”, in Rivista di diritto pubblico italiano, comunitario, comparato, 2006, pag. 101.
  5. ^ Cecchetti M., La disciplina giuridica della tutela ambientale come “diritto dell’ambiente”, in Rivista di diritto pubblico italiano, comunitario, comparato, 2006, pag. 174.
  6. ^ Emma Lees e Jorge E. Viñuales, The Oxford handbook of comparative environmental law, First edition, 2019, ISBN 978-0-19-183335-9, OCLC 1105950355. URL consultato il 5 maggio 2021.
  7. ^ Ignazio Musu, Crescita sostenibile e innovazione ambientale: ruolo della regolazione e della responsabilità sociale, in L'industria, n. 1, 2009, pp. 59–72, DOI:10.1430/29158. URL consultato il 5 maggio 2021.
  8. ^ Commissione delle Comunità Europee, Libro verde sugli strumenti di mercato utilizzati a fini di politica ambientale e ad altri fini connessi, 28/03/2007, su eur-lex.europa.eu.
  9. ^ Fari A., La sussidiarietà orizzontale in materia ambientale: il ruolo dei privati e l’esercizio di funzioni pubbliche, in in Rivista Quadrimestrale di Diritto dell’ambiente,, n. 3/2015.
  10. ^ Environmental Law and Economics: Theory and Practice, Cambridge University Press, 2019, pp. 119–144, DOI:10.1017/9781108554916.008, ISBN 978-1-108-42948-1. URL consultato il 5 maggio 2021.
  11. ^ Verrigni C., La rilevanza del principio comunitario "chi inquina paga" nei tributi ambientali, in Rassegna Tributaria, n. 5, 2003, pag. 1614.
  12. ^ Kris Bachus e Frederic Vanswijgenhoven, The use of regulatory taxation as a policy instrument for sustainability transitions: old wine in new bottles or unexplored potential?, in Journal of Environmental Planning and Management, vol. 61, n. 9, 29 luglio 2018, pp. 1469–1486, DOI:10.1080/09640568.2017.1358155. URL consultato il 5 maggio 2021.
  13. ^ Alfano R., Agevolazioni fiscali in materia ambientale e vincoli dell’Unione europea, in Rassegna Tributaria, n. 2, 2011, pag. 328.
  14. ^ Puri P., La produzione dell'energia tra tributi ambientali e agevolazioni fiscali, in Diritto e Pratica Tributaria, 2, 2014, pag. 28.
  15. ^ E. Simon Acosta, Roberta Alfano e Fabrizio Amatucci, Ordinamenti tributari a confronto = Derecho Tributario Comparado : Problematiche comuni e aspetti procedimentali = Problemas comunes y aspectos procedimentales Italia, Espana y Colombia., 2017, ISBN 978-88-921-6750-6, OCLC 1114982972. URL consultato il 5 maggio 2021.
  16. ^ Puri P., La produzione dell'energia tra tributi ambientali e agevolazioni fiscali, in Diritto e Pratica Tributaria, n. 2/2014.
  17. ^ Procopio M., La natura non commutativa dei tributi ambientali e la loro compatibilità̀ con il principio di capacità contributiva, in Diritto e Pratica Tributario, n. 2/2013.
  18. ^ Balocco G., L'inquinamento determinato dalla plastica: una problematica planetaria, in Giornale di diritto amministrativo, 4/2020, pag. 470.
  19. ^ Leicester, Levell, Rasul, Corrective taxation, in Tax and benefit policy: insights from behavioural economics, 2012 (PDF), su ifs.org.uk.
  20. ^ Verrigni C., La rilevanza del principio comunitario "chi inquina paga" nei tributi ambientali, in Rassegna Tributaria, n. 5/2013.
  21. ^ Selicato P., La tassazione ambientale: nuovi indici di ricchezza, razionalità del prelievo e principi dell'ordinamento tributario, in Rivista di Diritto Tributario Internazionale, 2004.
  22. ^ Hope Ashiabor, Critical issues in environmental taxation, Richmond Law & Tax, ©2005-<c2010>, ISBN 1-904501-19-2, OCLC 61705004. URL consultato il 5 maggio 2021.
  23. ^ Puri P., La produzione dell'energia tra tributi ambientali e agevolazioni fiscali, Diritto e Pratica Tributaria, n. 2/2014.