Utente:Cadmus Peverell/Levi Hill

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Levi Hill
Veduta collinare di case, 1850
Hillotype di un'incisione a colori
Hillotype di un'incisione a colori

Levi Hill (26 febbraio 1816 – 9 febbraio 1865)[1] fu un ministro americano dell'Upstate New York che nel 1851 affermò di aver inventato un processo fotografico a colori. Prendendo in prestito termini precedentemente introdotti in Francia, Hill chiamò il suo processo "eliocromia" e le fotografie che produceva "eliocromie", ma per analogia con la denominazione del processo dagherrotipo, allora in uso, dal nome del suo inventore Louis Daguerre, le fotografie a colori di Hill furono presto chiamate "Hillotypes".[2] Il lavoro di Hill fu accolto con scetticismo durante la sua vita, e per più di cento anni dopo la sua morte le storie della fotografia lo liquidarono abitualmente come una completa frode. In seguito i ricercatori hanno scoperto che il suo difficilissimo processo aveva in effetti una limitata capacità di riprodurre i colori della natura.

Vita e lavoro[modifica | modifica wikitesto]

Levi Hill fu, tra l'altro, ministro battista a Westkill (Contea di Greene), nella zona dei monti Catskill di New York.

All'inizio degli anni '40 del XIX secolo, Hill imparò il processo del dagherrotipo, l'unico processo fotografico comunemente utilizzato in quel decennio. Questo processo produceva fotografie in bianco e nero che riproducevano luci e ombre, ma non i colori. Nel 1851, Hill aveva elaborato una sua versione molto diversa del processo, che sosteneva fosse in grado di riprodurre anche i colori del soggetto. Anche se molti ritenevano che il colore nelle fotografie di Hill fosse stato aggiunto a mano, egli ricevette il sostegno di alcuni membri della comunità scientifica, in particolare di Samuel F. B. Morse, inventore del telegrafo.

Le affermazioni di Hill e del suo processo segreto, non disponibile in commercio, attirarono lo scetticismo e l'ira di alcuni fotografi professionisti, che ritenevano che i clienti rimandassero lo scatto delle loro foto fino a quando non fossero stati in grado di ottenere la dagherrotipia a colori. Nel 1851, il fotografo Daniel DeWitt Tompkins Davie, allora presidente dell'Associazione dei dagherrotipisti, riunì un gruppo di investigatori che dichiarò l'invenzione di Hill "un'illusione".[3]

Nel 1856, Hill scrisse A Treatise on Heliochromy, un libro che prometteva di rivelare finalmente i suoi segreti. Era disponibile solo su abbonamento anticipato al prezzo di 25 dollari a copia,[3] un prezzo esorbitante per l'epoca (in monete d'oro statunitensi contemporanee, ben più di un'oncia di oro puro). Davie ottenne un'ordinanza del tribunale che vietava la vendita del libro di Hill in quanto diffamava lui e il suo comitato, con il risultato che la maggior parte dell'edizione fu macerata.[3] Le poche copie sopravvissute mostrano che il libro consiste in un'autobiografia sconclusionata, in una storia della fotografia, in un ricettario per molti altri processi e, infine, in una ricetta per la produzione di Hillotypes così complicata dal punto di vista chimico da risultare praticamente irrealizzabile.[3]

Hill morì nel 1865 all'età di 48 anni, forse vittima della lunga e incauta esposizione alle numerose sostanze chimiche estremamente velenose e corrosive coinvolte nei suoi esperimenti.

Ricerche successive[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1981, il professore e storico della fotografia Joseph Boudreau ha composto la chimica arcaica e replicato le tecniche descritte da Hill in A Treatise on Heliochromy. Boudreau fu in grado di creare Hillotypes che mostravano distintamente e in modo verificabile riproduzioni attenuate di molti dei colori dei soggetti fotografati, tra cui il rosso, il verde, il blu, il giallo, il magenta e l'arancione; questi colori erano tutti prodotti dalla sola azione della luce, senza l'applicazione di coloranti o pigmenti.[4]

Nel 2007, un'analisi chimica delle lastre di Hill, condotta da ricercatori affiliati al National Museum of American History,[5] ha rilevato che i pigmenti erano stati effettivamente utilizzati per migliorare i colori di alcuni Hillotypes, ma che questo spiegava solo una parte del colore delle fotografie.[6] Dusan Stulik, scienziato senior del Getty Conservation Institute, che ha eseguito l'analisi insieme al collega Art Kaplan, ha concluso che "dopo le pressioni per produrre altri colori ... Hill iniziò ad aggiungere a mano ulteriori pigmenti alle sue lastre a colori, modificandole in modo da farle apparire più variopinte degli originali".[7]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Luminous-Lint - Photographer - Levi L. Hill, su luminous-lint.com. URL consultato il 15 gennaio 2024.
  2. ^ The Misadventures of L.L, Hill (PDF), in Image, Journal of Photography of George Eastman House, vol. 1, n. 5, International Museum of Photography at George Eastman House Inc., May 1952. URL consultato il 22 June 2014.
  3. ^ a b c d Backer, Wm. B. (1980). "Are These The World’s First Color Photographs?" American Heritage, 31:4 (June–July 1980). Retrieved 10 July 2014.
  4. ^ Boudreau, Joseph. Color Daguerreotypes: Hillotypes Recreated. Pioneers of Photography: Their Achievements in Science and Technology. Springfield, VA: The Society of Imaging Science and Technology, 1987, distributed by the Northeastern University Press.
    • As cited in Lienhard, John (1997). "Hill's Color Photography". The Engines of Our Ingenuity, ep. 1220. Radio program, University of Houston.
  5. ^ "Smithsonian's National Museum of American History Receives Grant to Study One of Photography's Biggest Historical Mysteries". (September 27, 2006). National Museum of American History. Press release.
  6. ^ Greenfieldboyce, Nell (October 31, 2007). "Smithsonian Unravels Color Photography Mystery". All Things Considered. NPR program.
  7. ^ 19th-Century Photographic Controvery Finally Resolved, Artinfo, October 30, 2007. URL consultato il 19 maggio 2008.