Discussione:Savino di Spoleto

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Testo spostato dall'articolo in quanto non attinente con la biografia del santo. Marcok 01:20, Mag 21, 2005 (CEST)


IVREA – La venerazione nei confronti di San Savino e la tradizione equina, seppur scollegate fra loro, sono due delle componenti più radicate della tradizione culturale eporediese e, nel corso degli anni si sono “fuse”, grazie alla concomitanza della rassegna equina e della festa patronale. Già l’antico nome della città. “Eporedia” (risalente al primo secolo avanti Cristo), deriva dall’ancor più antico “Hyporegia”, dove il suffisso si riferisce chiaramente la cavallo (ippos in greco). Anche secondo lo storico latino Plinio il termine “Eporedia” trae origine dall’abilità degli abitanti dell’attuale Ivrea nel trattare con cavalli e puledri. Nel corso dei secoli, e fino all’epoca compresa fra le due guerre mondiali, l’importanza del cavallo nella cultura e nell’economia eporediesi crebbe, grazie anche alla posizione della città, punto di intersezione fra importanti vie di comunicazione tra i grandi centri dell’Italia del Nord. Da qui transitava infatti l’antica strada delle Gallie che, provenendo da Piacenza, passava Ivrea, toccava Augusta Praetoria (Aosta) per giungere in Gallia (Francia) e in Helvetia (Svizzera). Lo stallaggio e le stazioni di cambio dei cavalli furono per secoli una redditizia attività per gli eporediesi. Abbinando a questo il fatto che il cavallo era un ausilio fondamentale per l’attività agricola, è facile comprendere come questo animale sia riuscito a farsi apprezzare ed amare dalla popolazione locale, tant’è che, anche con l’avvento di automobili e mezzi agricoli meccanizzati, le stalle di Ivrea e dei paesi del circondario non sono rimaste vuote e inutilizzate, ma hanno continuato a ospitare questi superbi animali, che oggi sono un fiore all’occhiello per molti dei loro padroni. Negli ultimi anni, poi, sono cambiate anche le razze di appartenenza: le nuove “mode” equestri hanno introdotto cavalli argentini, olandesi, americani, spesso più adatti per l’utilizzo “hobbistico” che se ne fa oggi, rispetto agli “animali da lavoro” in voga fino agli anni Trenta e Quaranta.