Discussione:Liberismo/archivio07

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Primi commenti[modifica wikitesto]

Ho ripristinato delle parti tolte da un utente non registrato, che levavano ogni possibilità di intervento allo stato, eliminando pure i riferimenti a Keynes ed a leggi per regolare la concorrenza.

Da una serie di verifiche vedo che su it.wiki si tende a considerare un liberismo in qualche modo regolato, mentre il free market della voce inglese sembra proprio odiare ogni intervento statale. In questo senso mi ricorda molto la legge delle giungla o la legge del più forte. Comunque i diagrammi su free market fanno riferimento alle regole della concorrenza (competition in inglese).

Insomma il discorso è complesso, ci sono varie accezioni del concetto e differenze significative tra italiano e inglese.

Per ora tenderei ad arricchire la voce, separando l'approccio storico da quello più teorico.

Per il resto lo stub "neoliberismo" potrebbe essere sostituito con un redirect qui, incorporando le poche informazioni presenti. --Truman Burbank 18:49, Set 15, 2005 (CEST)


Sparare sulla Croce rossa[modifica wikitesto]

Ho verificato che l'interpretazione corretta di liberismo è proprio quella di nessun controllo sul commercio. Ho poi cercato di approfondire un po' e ho visto che dal punto di vista ideologico non c'è bisogno di un premio Nobel per criticare il liberismo. Mi sembra addirittura che sia facile come sparare sulla Croce Rossa, quasi non c'è gusto.

Eppure bisogna farlo. Il liberismo è una teoria microeconomica che nessun economista sensato può proporre come politica a livello globale. Esso può parlare solo di ambiti limitati.

Ma anche guardandolo a livello microeconomico, esso suppone, in modo quasi religioso (comunque non razionale) che ci sia la concorrenza senza un ente che la garantisca. Ora qualsiasi manuale di microeconomia spiega che la tendenza di una mercato non regolato è il monopolio. (Qui un anonimo aggiunge "oppure la concorrenza perfetta" ma non mi risulta la concorrenza in assenza di controlli). Gli insuccessi del liberismo sono quindi perfettamente spiegabili in teoria e si verificano pure in pratica.

Nell'articolo principale ho riportato alcune liberalizzazioni italiane: con la liberalizzazione la benzina è aumentata, le assicurazioni pure, i servizi bancari pure e ci siamo anche beccati un colossale black-out elettrico dopo la privatizzazione dell'ENEL. Ci sarebbero da aggiungere le ferrovie, con una sequenza infinita di disastri, unita a prezzi sempre crescenti. In altri termini, il liberismo è semplicemente una truffa.

Eppure il liberismo gode di un sostegno sempre crescente. Non è difficile spiegare questo fatto se si suppone che i sostenitori del liberismo siano interessati. Del resto se loro dicono che le persone fanno qualcosa solo per denaro, io sono diposto a crederlo, almeno per quanto riguarda tali sostenitori del liberismo.--Truman Burbank 17:15, Set 20, 2005 (CEST)

Se interpreto bene i principi di Wikipedia, qui si dovrebbe discutere della voce enciclopedica, cioè della corretta descrizione del termine liberismo. Non se il liberismo sia giusto o sbagliato, per quello ci sono innumerevoli forum di dibattito in rete. Proprio per questo mi asterrò dal dire due cosette - per esempio - sull'ENEL a partecipazione statale. Mi spiace non essere tecnicamente ferrato in materie economiche, rischierei di dare un contributo puramente politico. Ma da questi commenti ho ragione di dubitare che il tuo editing sia o sarà molto NPOV. -- gd

La voce rimane un po' carente ed andrebbe rimpolpata. Tra gli argomenti da inserire c'è forse la tendenza del liberismo a riemergere ciclicamente in contrasto al dirigismo statale. In pratica i liberisti fanno notare i fallimenti dello stato come regolatore, in particolare quando cerca di regolare un monopolio ed invece il monopolio alla fine controlla i suoi controllori. Il riferimento era lle ferrovie degli USA, ma mi faceva venire in mente molte analogie con l'Italia (per esempio con la situazione telefonica). Insomma i liberisti esaltano i fallimenti dello stato regolatore, gli statalisti esaltano i fallimenti del mercato. Sarebbe forse utile trovare un compromesso.

C'è poi quella che oggi a me appare come la critica più pesante al liberismo, la quale in qualche modo dipende da concetti ultra noti, ma comincia ad essere affrontata solo oggi in modo serio: il consumatore non fa le sue scelte in modo razionale. Questo è un fatto notissimo agli esperti di marketing, che - sorprendentemente - sembra ignoto ai liberisti. Infatti non si capisce come il mercato possa agire da regolatore, con vantaggi per tutti, se il consumatore normalmente non sa scegliere ciò che è meglio per il suo interesse. (Non dimenticando che a volte la migliore scelta potrebbe essere il non-acquisto). --Truman Burbank 12:18, Mag 23, 2006 (CEST)

pure la distinzione fra micro e macroeconomia pare essere stata "scoperta" da un premio Nobel dell'economia, che è finanziato dalla Banca Centrale svedese. Il liberismo vale in microeconomia, non a livello globale, secodo la teoria economica.

E in effetti le aziende che operano a livello globale non sono una moltitudine di imprese atomiche, ma grandi multinazionali con una consistente quota di mercato. Ciò avviene in tutti i settori.

Se non c'è distinzione tra micro e macroeconomia, vale anche per l'ambito "micro" l'argomento dell'interesse a colludere. Tale argomento è contrario al liberismo, ma non è considerato un'obiezione valida perchè il primo è di solito associato alla macroeconomia, e il liberismo ha campo di validità nella microeconomia.

In ambito macro si dimostra che il profitto che si ottiene facendosi concorrenza e guerra sui prezzi è inferiore per tutte le imprese al profitto che si ottiene accordandosi e facendo cartello.Vale sempre l'interesse a colludere.

Si dimostra (oligopolio alla Cournot)che la collusione avviene spontaneamente, anche quando un'azienda suppone un dato noto e costante la curva di reazione delle concorrenti per cui ipotizza di agire a parità di altri fattori (derivate prime costanti).

L'interesse a colludere vale non solo quando come nell'oligopolio le imprese del settore sono 7-8, ma anche quando sono un numero potenzialmente indefinito come previsto nel liberismo. Il liberismo ipotizza che non ci sono barriere all'ingresso e al'uscita di imprese, che in tempi rapidi e a costi contenuti numerose nuove imprese nascono ed entrano nel mercato, ed altrettante ne sono espulse perchè inefficienti. Il mercato è formato sempre da un numero elevato ed arbitrario di imprese. Se un singolo produttore non può condizionare l'offerta e il prezzo di mercato con la minuscola quantità prodotta, ha comunque l'interese e la possibilità di fare cartello con gli altri produttori. Obiettivamwnte mettere d'accordo un'infinità di piccoli produttori è molto più improbabile e difficile che accordare 7-8 grandi imprese multinazionali.

Si può provare a generalizzare il risultato teorico dell'oligopolio ad numero n qualsiasi d'imprese, provando che l'interesse alla collusione vale anche nel caso liberistico di moltissime imprese.

Se le imprese da mettere d'accordo sul prezzo per fare cartello, sono una marea, si tratta pur sempre di una marea d'imprese tutte uguali. La teoria liberistica ipotizza ce la concorrenza renda i profitti di ogni impresa uguali a quelle delle altre (extraprofitti, ovvero profitti sopra la media di mercato nulli), e di più, che questi profitti derivano dagli stessi costi e dallo stesso fatturato. Se le imprese tendono ad avere fabbriche tutte uguali, ossia una tecnologia standard, con la stessa struttura di costi è più facile che concordino il prezzo, piuttosto che AVENDO COSTO DIVERSI. Ma proprio a livello teorico vale ipotesi di razionalità perfetta, che il Nobel Samuleson mostrò inconsistente, arbitraria e da rilasciare nelle costruzioni teoriche.

Sotto questa ipotesi è naturale che i piccoli produttori, perfettamente a conoscenza di tutto, sapendo che la collusione rende più della concorrenza, non abbiano difficoltà ad accordarsi in un cartello.

Ogni impresa tende a massimizzare il suo profitto. Serve un'altra ipotesi fondamentale della teoria microeconomica: l'ipotesi di non sazietà delle preferenze per la quale ogni soggetto economico (persona fisica es. del consumatore, e giuridica, es, dell'impresa produttrice) tende a massimizzare la propria funzione d'uitlità personale. La funzione d'utilità è una funzione ordinale che atribuis e un voto, un punteggio numerico, ad ognuna delle alternative disponibile e le mette in ordine d'importanza per il decisore.

Fra un numero finito di alternative (collusione o concorrenza) il decisore razionale sceglie la collusione che massimizza la sua utilità personale che è il profitto (per un soggetto economico l'utilità è il profitto).

D'altra parte, la cosa è nota anche a chi non ha una grande cultura economica. Nella piazza del mercato ogni mattina il venditore fa il giro della piazza, vede i prezzi dei banchi altrui e allinea i propri con quello più alto.

La costituzione va citata in modo onesto[modifica wikitesto]

Art. 41. L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Quindi non va bene citare l'articolo in modo parziale all'inizio della voce liberismo.

--Truman Burbank 18:42, Lug 4, 2006 (CEST)

Per Hal8999: eliminazione di link[modifica wikitesto]

Non ripeto per Hal8999 quanto già da me inserito nella discussione sulla voce "Adam Smith". Anche in questo caso il documento linkato (e del quale hai tolto il link) era particolarmente signficativo e stimolante rispetto al tema della voce. Ti chiedo quindi di ripristinarlo. Saluti.

--85.20.210.140 12:56, 27 mag 2007 (CEST)[rispondi]