Discussione:Aringo

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Sposto qui parte della voce costituita da una ricerca originale. --Narayan89 12:18, 26 mar 2012 (CEST)[rispondi]

Tradizioni

Matrimonio[modifica wikitesto]

Molti anni fa era caraterizzato da usanze tipiche: la serenata, detta partenza, che lo sposo cantava la sera prima del matrimonio sotto la finestra di lei e il carro decorato che trasportava il corredo da casa della sposa a quella del futuro marito. Prima di avviarsi a bordo del carro, i genitori della sposa descrivevano a tutti i presenti il corredo e all’arrivo, davanti la casa dello sposo, veniva elencato di nuovo tutto quello che la donna portava in dote. Il carretto, seguito da familiari e paesani, sfilava per tutto il paese addobbato con fiocchi, fiori e nastri per evidenziare ciò che trasportava nelle cassapanche che contenevano il corredo e alle ceste che trasportavano il pane. Se la donna era originaria di un altro paese, il giorno del matrimonio l'uomo doveva andare a prenderla per portala in sposa ad Aringo. Prima di ripartire gli sposi dovevano sottoporsi alla "parata". Prima di lasciare il paese natio della ragazza, la via da percorrere veniva chiusa da numerosi nastri che l’uomo provvedeva a tagliare e da corde che doveva sciogliere. Durante il tragitto lo sposo lasciava in dono delle monete come pagamento simbolico per aver portato via la donna. I soldi raccolti erano utilizzati dai capi famiglia del paese di lei che si riunivano per festeggiare con una cena. Il giorno delle nozze gli sposi arrivavano in chiesa accompagnati dal corteo nuziale. Al termine del rito durante il tradizionale lancio dei confetti (i cannellini con anice) i più piccoli fuori la chiesa si precipitavano a raccoglierli per poi dividersi successivamente il gustoso gruzzolo. Un’altra serenata, detta rèscita, era eseguita sotto la finestra dei novelli sposi dagli amici dopo due settimane dalle nozze.

Funerale[modifica wikitesto]

Un’usanza ancora in voga è quella di comunicare a tutto il paese l’annuncio della scomparsa di una persona suonando insistentemente le campane della chiesa in modo insolito detto a morto (oggi le campane vengono suonate ogni volta che scompare una persona del paese, non appena arriva la notizia, anche se scompare in un altro luogo). Altra tradizione che si ripete tuttora è quella del viatico: durante il funerale la famiglia del defunto fa distribuire a tutti i presenti dei filoncini di pane. Questo gesto molto antico è considerato un ringraziamento da parte dei familiari del defunto verso gli intervenuti. Donare il pane rappresenta carità e in questo caso riconoscenza. Nel passato partecipare ad un funerale voleva dire perdere una giornata di lavoro nei campi e allora questo semplice gesto serviva a ripagare i presenti per il mancato lavoro di quel giorno. Di grande importanza era considerato il pasto che i familiari consumavano al termine del funerale, dopo i giorni di dolore e di digiuno, chiamato consolo. Veniva preparato in un'altra casa e portato dai parenti ai familiari del defunto in quanto l’usanza voleva che il fuoco della casa dove abitava il morto doveva restare spento. La porta di ingresso era lasciata sempre aperta durante il giorno per permettere a tutti di entrare per le visite di condoglianze.

Ricorrenze[modifica wikitesto]

S. Antonio[modifica wikitesto]

Il 17 gennaio era usanza girare per le case per mangiare cibi che venivano offerti a chiunque bussava alla porta: pagnottelle di pane o di polenta. Le famiglie più benestanti preparavano ricche pietanze da donare agli ospiti. La più famosa era una specie di minestra con farina di miglio e patate, densa e saporita: la paniccia. Si condiva con sugo di maiale o con le salsicce. Altro piatto diffuso era il riso a minestra con guanciale. Altra pietanza era la panonta: si friggeva la pancetta insieme alle salsicce nuove e qualche fetta di pane in una grande padella. Il pane veniva abbrustolito, bagnato e condito con la panonta. Di mattina il parroco diceva messa e al termine benediva tutte le bestie lungo le strade del paese in segno di buon auspicio per il nuovo anno.

Potatura di 3 viti[modifica wikitesto]

Il 25 gennaio una vecchia credenza di Aringo voleva che i coltivatori di vino dovevano potare tre viti, in vista della potatura vera e propria che si effettuava entro il mese di marzo, per un buon auspicio legato alla produzione di vino dell’intero anno.

La Candelora[modifica wikitesto]

Il 2 febbraio durante la messa il parroco benediva le candele e le distribuiva ai fedeli: i ceri benedetti venivano gelosamente custoditi nelle case, in quanto si pensava tenessero lontani gli influssi maligni. In ogni casa si preparavano pizze fritte e nel pomeriggio si usava uscire tutti mascherati e girare per le vie del paese.

S. Biagio[modifica wikitesto]

Il 3 febbraio si festeggiava S. Biagio, il protettore della gola. Se agli inizi del ‘900 si usava portare in chiesa il pane per farlo benedire dal parroco durante la messa, col passare degli anni divennero famose e più diffuse ad Aringo le ciambelle di S. Biagio: preparate con gli stessi ingredienti del ciambellone classico e cotte al forno, prima di essere mangiate dovevano essere benedette, sostituendo così il pane. Tutti i paesani partecipavano alla funzione della mattina portando dalle proprie case il sale e l’olio per la consacrazione. Al termine il parroco ungeva con olio santo la gola di tutti i presenti in segno di buona salute e per prevenire ogni malattia di raffreddamento.

Pasqua – Settimana santa[modifica wikitesto]

Il martedì iniziava il digiuno che durava fino al sabato santo. Il mercoledì venivano legate le campane e fino al sabato non potevano essere suonate per nessun motivo. Il giovedì si consacravano i Sepolcri con una veglia nella chiesa che durava per tutto il giorno e la notte: si portavano sull’altare minore sinistro le piantine di grano e lenticchie poste in piccoli vasi durante il primo giorno di Quaresima e si lasciavano per tutto il periodo della festività (usanza ancora in voga). Il venerdì santo si svolgeva una funzione alle cinque del pomeriggio. Per avvisare la popolazione dell’inizio della messa si usavano le traccanelle, essendo le campane legate. Finalmente il sabato santo a mezzogiorno si scioglievano le campane del paese ed era grande festa: terminava il digiuno iniziato il martedì e si entrava nel vivo dei festeggiamenti. La mattina si cominciava con la benedizione della chiesa e a seguire, quella di tutte le case. La domenica di Pasqua iniziava con la prima colazione considerata da sempre come un rito e consumata con la tavola abbellita dalle violette. La frittata con le vitacchie e la palombella (pagnotta con un uovo sodo collocato nel centro) furono col tempo sostituite da: frittata di carciofi, salame, ventricina, coratella di agnello, uova sode decorate, pizza pasquale salata o semidolce, vino rosso, Al termine ciambellone classico. A seguire veniva celebrata una messa molto lunga.

Pasqua – Le traccanelle[modifica wikitesto]

Erano degli strumenti in legno che servivano per produrre grande rumore. Alcune costruite con una tavoletta in legno con dei pezzi di ferro a forma di L o di C fissati su entrambi i lati: ruotandola velocemente si provocava fracasso. Altre a forma di trick-track, con un bastone ad ingranaggio dentato sul quale ruotava un altro meccanismo. Altre ancora erano costituite da tre mazzuoli: agitandole, i due esterni battevano su quello interno fisso. Ve n’erano perfino certe formate da due bastoni preparati con scanalature orizzontali: sfregandoli insieme si otteneva rumore assordante. Armati di questi strumenti e su richiesta del parroco, numerosi gruppi di ragazzini insieme ai chierichetti correvano per tutto il paese facendo un baccano terribile: serviva ad avvertire i paesani che stava per iniziare la funzione religiosa del venerdì santo.

Pasquetta – Passalacqua[modifica wikitesto]

La gita fuori porta, detta Passalacqua, si faceva e si fa ancora il martedì anziché il lunedì dopo Pasqua. Il nome deriva probabilmente dal fatto che la scampagnata si organizzava sempre nei pressi di un corso d’acqua in questo modo se ne poteva usufruire per cucinare o semplicemente per bere. Anche questa era considerata una giornata di festa sicuramente dedicata ai giovani.

Festa della crocetta[modifica wikitesto]

Il 3 maggio si teneva la festa della crocetta per festeggiare con partite alla morra, alle bocce e grandi bevute la benedizione ai campi coltivati. Al termine della messa della mattina, si svolgeva una processione che attraversava il paese con un percorso a croce: si partiva dalla chiesetta a sud del paese per arrivare nella zona nord, si riscendeva in paese deviando per la strada vicinale del fosso fino a toccare l’area dell’attuale campo di calcio e si concludeva il corteo tornando per la via del casale. Durante il tragitto si passava per tutti i campi seminati e si impiantava ben visibile una crocetta di legno di nocciolo verniciata di bianco con la calce insieme alle rocce presenti sul terreno. Questo rito era detto sbiffatura e rappresentava il simbolo che delimitava il terreno seminato. Serviva ad indicare ai pastori che dovevano tenere lontane le greggi. Nel corso della cerimonia il curato benediva le coltivazioni, ponendo accanto alla crocetta un ramoscello di ulivo, il resto di una candela del giorno della Candelora e, se qualcuno lo aveva conservato, il residuo di carbone di un ceppo di Natale: era di buon auspicio per il raccolto.

Ascensione[modifica wikitesto]

Era considerata una giornata di riposo e non si lavorava neanche il formaggio. Il latte si utilizzava per preparare la quagliata. Questa si donava alle famiglie più povere del paese e a quelle degli altri paesi che arrivavano ad Aringo durante questo giorno. La sera poi si usava lasciare delle candele accese alle finestre di ogni casa per tutta la notte.

Corpus Domini[modifica wikitesto]

Questa ricorrenza in passato era molto sentita. Durante la processione che attraversava il paese, tutti i vicoli e le case venivano decorati con fiori e ginestre. Porte, finestre e balconi erano accuratamente ornati di piante. Durante il mese che precedeva la mietitura inoltre si cominciava la semina degli orti e la falciatura del fieno. Una volta tagliato, veniva riunito col forcone in piccoli cumuli e lasciato seccare a terra per qualche giorno. Quindi era caricato sui carretti trainati dai somari e portato sull’ara per essere sistemato nei pagliai e nelle stalle.

S. Vincenzo[modifica wikitesto]

A luglio si teneva una lunga processione che partiva da Aringo e arrivava fino a Montereale passando per la Madonna in Panthanis. Dopo la messa, il corteo seguito dai fedeli percorreva tutti i vicoli del paese prima di prendere la via delle vigne alla volta della piana di Montereale. Durante il percorso il parroco benediva tutte le vigne e i campi del paese coltivati a grano.

Festa del patrono[modifica wikitesto]

La festa patronale si è sempre tenuta la domenica dopo ferragosto. È sicuramente una delle più sentite dai paesani che ancora oggi vi partecipano numerosi tornando in paese per l’occasione. La mattina presto il boato di un mortaretto sveglia i paesani e dà il via alle celebrazioni. Poi arriva la banda musicale che suona per tutte le strade del paese. Dopo la messa una processione si muove lungo i vicoli: un’antica usanza vuole che in questo giorno si espongano sulle finestre e sui balconcini delle case i lenzuoli ricamati e le coperte più pregiate. In passato nel pomeriggio si realizzavano i tipici giochi come la corsa con i sacchi, con le conche, il tiro al gallo, alla fune, l’albero della cuccagna e la sfilata di maschere improvvisate al momento. Intorno agli anni '70 la festa è stata portata a tre giorni.

Trebbia[modifica wikitesto]

Lo svolgimento della trebbiatura si teneva alla fine di agosto ed era una giornata di duro lavoro alla quale partecipavano tutti i paesani. Anticamente i raccolti venivano ammassati in un campo comune e poi percossi. La battitura permetteva di staccare il grano dalla paglia. Il fieno era poi trascinato via dai somari che, portati in un altro punto, venivano fatti girare a cerchio per far cadere altri chicchi. Il grano a terra era quindi scamato a mano. Questo procedimento poteva durare anche la notte e il giorno successivo se il raccolto era stato abbondante. Negli anni successivi terminata la mietitura, il giorno della trebbiatura arrivava ad Aringo una grossa trebbiatrice per lavorare il grano raccolto dai contadini di tutto il paese. Si cominciava la mattina presto ed era considerata una festa. Ogni persona aveva un ruolo: c’era chi inforcava il fieno nella macchina, chi raccoglieva il grano battuto, chi tirava via le balle dai nastri scorrevoli.Tutto era organizzato con precisione e praticato insieme agli altri per la produzione di grano dell’intera stagione.

Madonna del Loreto[modifica wikitesto]

Le celebrazioni dell'8 settembre prevedevano una processione che attraversava tutto il paese partendo dalla vecchia chiesa della Madonna del Loreto fino ad arrivare alla chiesetta della Madonnella. Serviva a trasportare la statua della Madonna da una chiesa all’altra. Al termine veniva celebrata una messa.

Raccolta della frutta[modifica wikitesto]

Durante il mese di ottobre si eseguiva la raccolta delle castagne e del granturco e per l’occasione arrivavano ad Aringo donne da paesi vicini. Durante la raccolta del granturco, si racconta che se un ragazzo trovava una pannocchia di colore rosso (molto rara) era considerato fortunato e poteva baciare la ragazza che a lui più piaceva. Di conseguenza, quando questo accadeva, il totero rosso girava tra gli uomini che se lo passavano in segreto e i baci alle donne si moltiplicavano tra le risate di tutti.

I Defunti[modifica wikitesto]

La mattina del 2 novembre il parroco celebrava una particolare messa prima dell'alba che era dedicata ai morti: per l’occasione i paesani portavano nella chiesa delle ceste piene di grano, pane e legumi che venivano benedette e simbolicamente offerte dai fedeli ai propri defunti.

S. Salvatore[modifica wikitesto]

Il 9 novembre si festeggiava il patrono di Aringo. La mattina si svolgeva una messa alla quale partecipavano tutti i paesani e al termine i capi famiglia del paese usavano offrire il pranzo al parroco.

La Concezione[modifica wikitesto]

Quando ancora si produceva il vino con uve provenienti dalle numerose vigne del paese, si usava dare inizio alle festività di fine anno il giorno 8 dicembre: il giorno della Concezione. I capi famiglia giravano di casa in casa per bere il vino nuovo. Tradizione ormai totalmente persa oggi in quanto sono scomparse vigne e vignaioli.

Natale – Le sette cose[modifica wikitesto]

La sera della vigilia gruppi di bambini giravano casa per casa a fare gli auguri e a chiedere le sette cose. I paesani mettevano nei loro cestini sette semplici doni differenti. Di solito erano noci, nocciole, mele, castagne, mandarini e chi era più fortunato poteva ricevere in regalo anche caramelle, cioccolatini e torroncini. Tutto ciò era di buon augurio per le famiglie ed una grande gioia per i bambini che si dividevano il bottino ricevuto. Dopo cena tutti i paesani si riversavano per la strada con le ciaramelle suonando la pastorella, tipica canzone natalizia. Aspettavano l’ora della santa messa di mezzanotte. I ragazzi lungo le vie del paese accendevano i fuochi con le torce per illuminare la strada. Queste erano preparate con la scorza del ciliegio (la corteccia estratta veniva essiccata e poi bruciata) o con i sacchi di canapa tagliati e impregnati di cera fusa. Il dolce caratteristico era il pangiallo, preparato con noci, fichi secchi, uvetta candita, vino rosso e cioccolata amara.