Utente:Valmala00/Sandbox

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L'eccidio di Valmala[modifica | modifica wikitesto]

Il 6 marzo 1945, presso il santuario di Valmala, ci fu uno scontro tra il battaglione Bassano del 1° Reggimento Alpini della Divisione Monterosa e il distaccamento partigiano Bottazzi che si concluse con la morte di 9 partigiani.

Il contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

Tra la fine del 1944 e l’inizio del ’45, il fronte di avanzata degli Alleati in Italia è fermo sulla linea gotica e attende la bella stagione. A causa di un inverno rigido e nevoso si riducono quindi il numero di partigiani e di distaccamenti.

In Val Varaita i Garibaldini erano invece sempre organizzati su sette distaccamenti, anche se ridotti nei numeri.

L’inizio del nuovo anno segnò una ripresa dell’attivismo partigiano e un ritorno delle azioni di disturbo nei confronti del nemico.

Il battaglione Bassano, in particolare la squadra del tenente Adam Pavan, non ha mai smesso di rastrellare i gruppi di partigiani.

I protagonisti dello scontro[modifica | modifica wikitesto]

Il distaccamento Bottazzi[modifica | modifica wikitesto]

Il distaccamento Bottazzi deriva dal distaccamento Giambone, che nel tempo aveva accolto nelle proprie file un numero molto alto di partigiani ed andava diviso. Il capo del nuovo distaccamento era Ernesto ed aveva come base il Santuario di Valmala. La nuova formazione normalmente era composto da 25-30 uomini, ma il 5 marzo erano solo in 16.

Partigiani a Valmala[modifica | modifica wikitesto]

Il 5 marzo 1945 Ernesto e Giorgio vanno al santuario di Valmala. Il colle e il monte San Bernardo sono ancora ricoperti di neve perché posti a nord.

Ernesto conosce bene il posto perché si rifugiava spesso nella foresteria quando era comandante del battaglione.

Durante la stagione invernale l’accesso al santuario era difficoltoso.

Nella parte posteriore della costruzione si trovano i volontari.

Quando Ernesto e Giorgio giungono presso il distaccamento ci sono solo pochi partigiani del “Bottazzi” perché a qualcuno era stato concesso di tornare a casa per il periodo invernale.

Il 6 marzo Ernesto convoca i responsabili del distaccamento, ma manca il comandante Carlo Razé (Carletto), ammalato di febbri paratifiche.

Edelweiss si trova a Lemma e Ancona lo avvisa che la sua base dovrà sostenere un rastrellamento e che dovranno fare attenzione che non arrivino fino a Valmala. I partigiani devono essere pronti.

Le pattuglie e Edelweiss si sono riuniti in sedici nella base del distaccamento “Bottazzi” ma alla riunione mancano Marino, King e Trapani che hanno preferito passare la notte a Mattone presso la famiglia Rinaudo.

Il battaglione Bassano[modifica | modifica wikitesto]

Fu ricostruito nel 1943 dopo l'armistizio dell'otto settembre. Venne inserito nel 1° Reggimento Alpini della Divisione Monterosa; che, addestrato in Germania, tornò in Italia nel ’44. Era composto complessivamente da milleduecento uomini, divisi in cinque compagnie. Il reclutamento era avvenuto, come fa capire il nome del battaglione, in Veneto sotto il comando del capitano Mario Molinari divenuto poi maggiore. Il Battaglione Bassano venne assegnato al controllo delle Valli Varaita e Maira, da dove non smise mai di rastrellare le brigate partigiane, soprattutto sotto il comando del tenente Adami ( Pavan), e di dare ostinatamente la caccia ai ribelli, anche con metodi non convenzionali, ad esempio la tortura a civili e familiari .

Il battaglione Bassano si prepara al rastrellamento[modifica | modifica wikitesto]

Da Casteldelfino si mossero alcuni alpini del battaglione Bassano, della Monte Rosa, diretti a Valmala. Il tenente Pavan riunisce sempre il solito gruppo di uomini. Non si sa con quali mezzi siano giunti nel luogo dal quale poi iniziarono a salire per arrivare al santuario. Alcune testimonianze parlano di camion che si fermarono a Brossasco, ma è più probabile che siano partiti a piedi da Casteldelfino.

L'eccidio[modifica | modifica wikitesto]

Gli uomini del Bassano cominciarono ad avvicinarsi nella notte tra il 5 e il 6 marzo.

Per la strada catturarono dei civili per farsi guidare in montagna; Giuseppe Chiotti, un cittadino, testimonia che verso le 3.00 del mattino, la banda Pavan arrivò a casa sua e lo catturò.

Grazie a loro arrivarono a “Chiot del bosco” dove si divise in due gruppi, un gruppo andò verso Pian Pietro e l’altro verso il Santuario presso il quale era prevista una riunione di comandanti di distaccamento.

Pavan, colpito da una colica, si fermò in una casa e non partecipò all’azione.

Verso le 7,30 del mattino del 6 marzo Pistola vide il gruppo di Pian Pietro, ma tutti pensarono che il pericolo non fosse imminente e che l’azione non fosse rivolta a loro, perché si era diffusa la notizia di un possibile rastrellamento nella zona di Lemma. Per sicurezza, Ivan e Tigre uscirono a perlustrare la zona e Tigre avvistò il grosso degli alpini che stava per affacciarsi sul piazzale.

I due risalirono per informare il comandante; Ernesto e Giorgio ordinarono di nascondere il materiale non trasportabile e bruciare gli elenchi compromettenti, di uscire dal santuario andando verso il colle per transitare in valle.

Non tutti uscirono contemporaneamente e dalla stessa parte; a est Ernesto, Ivan, Giorgio, Abete, Gigione, Edelweiss, Ulisse, Cirillo, di questi, 3 si salvarono. Dal lato ovest uscirono Sander, Gabry, Pierre e Dado, morirono tutti. Gli ultimi 4 furono Ercole, Tigre, Sarel, Pistola, che si attardarono a nascondere il materiale, in particolare Sarel, che nascose la macchina da scrivere e quando uscirono vennero circondati, catturati e picchiati.

Quelli usciti da ovest vennero subito colpiti: Sander al braccio a metà del piazzale, Pierre al ginocchio, Gabry alla testa in modo grave e Dado, senza ferite, si accovacciò a terra.

Il gruppo di Ernesto invece riuscì ad arrivare all’inizio della salita. Lì Giorgione venne colpito al piede, si trascinò fino alla casa Cantoniera, dopo aver avvertito Ernesto si fece forza e continuò la salita, nonostante i colpi di pistola, riuscì a raggiungere il colle e ad arrivare in Val Maira, dove verrà curato nel distaccamento di Steve.

Ulisse e Giorgio invece vennero colpiti a morte, uno al volto e l’altro al petto.

Erano ancora in cinque quelli che volevano raggiungere il colle, rispondevano al fuoco come potevano e riuscirono ad arrivare alla casa di pietra circa a metà salita.

Tra questi Abete riuscì a valicare il colle, Ercole, Tigre, Sarel e Pistola raggiunsero l’angolo tra i 2 fabbricati sulla sinistra del santuario. Vennero catturati e picchiati mentre Dado, alzatosi con un movimento brusco, venne ucciso sul posto da un sottoufficiale. Gabri, Sander e Pierre feriti, furono giustiziati da un colpo di pistola dallo stesso sottoufficiale.

Sarel, Ercole e Pistola vennero portati sul lato ovest, picchiati con il caricatore del mitra, poi vennero allineati per essere fucilati. Passarono sopra le loro teste gli aerei degli Alleati facendo cessare l'esecuzione.

Il gruppo di Pian Pietro si avvicinò al santuario da Roccia Sparela dove era più facile colpire dall' alto verso il crinale.

Dalla loro posizione riuscirono a vedere e prendere di mira gli ultimi 4 partigiani. Furono proprio i loro colpi che uccisero Ernesto, Cirillo e Ivan. Edelweiss invece andò a destra e arrivò in una zona protetta dai colpi.

I Repubblichini non salirono neanche a vedere se i partigiani feriti fossero morti, ma li lasciarono nella neve e, caricati i 4 prigionieri, si avviarono verso la valle.

Marino, King e Trapani stavano andando verso il santuario, si ritirarono e non vennero feriti.

La marcia di ritorno fu molto dolorosa per Tigre che era senza scarponi e per Pistola che ebbe una leggera commozione celebrale.

A Venasca vennero rinchiusi nelle scuole elementari con gli ostaggi civili, dopo 2 giorni vennero trasferiti a Castel Delfino.

Temendo un attacco partigiano, i Repubblichini si prepararono e usarono Tigre come scudo umano.

Li interrogarono per alcuni giorni, ma, alla fine, vennero liberati, anche se la guerra stava per finire.

Questo eccidio ha prodotto 9 caduti, 4 prigionieri e soltanto 3 si salvarono.