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UNIONE DEGLI ISTRIANI[modifica | modifica wikitesto]

Il 5 ottobre 1954 veniva firmato a Londra da Stati Uniti, Regno Unito, Italia e Jugoslavia il Memorandum d’Intesa che determinava il ritorno della Zona A del Territorio Libero di Trieste all’amministrazione italiana ed il passaggio della Zona B dall’amministrazione militare a quella civile jugoslava.

La notizia fu accolta delle decine di migliaia di esuli istriani a Trieste con un duplice sentimento: da un lato il sollievo e la gioia per il ritorno dell’Italia a Trieste, dall’altro la viva preoccupazione per le sorti della terra natia.

Unione degli Istriani
Fondazione1954
Sede centraleBandiera dell'Italia Trieste, Palazzo Tonello
PresidenteMassimiliano Lacota
Sito web

Fu così che in seno alla comunità degli esuli, ancora segnata dalle privazioni materiali dell’immediato dopoguerra, si comprese la necessità di fondare un’associazione apartitica e trasversale che vigilasse sull’applicazione del Memorandum, anche rappresentando le istanze degli esuli istriani presso il Governo ed il Parlamento italiano, affinché la situazione determinatasi non assumesse un carattere definitivo, nel senso di un pieno trasferimento di sovranità.

L’Unione degli Istriani mosse i suoi primi passi sul finire del 1954, su iniziativa dell’avvocato capodistriano Lino Sardos Albertini e di altri esuli, tra i quali il farmacista buiese Marco Rainis, che già intendevano istituire una cooperativa di mutuo soccorso.

L’assemblea costitutiva fu tenuta il 28 novembre 1954 in un cinema di Trieste, nel corso della quale fu approvato il primo Statuto.

L’associazione assunse da subito una struttura di tipo federativo, con componenti le “Famiglie” delle comunità istriane, delle quali due, la Parentina e la Montonese, già attive all’atto della fondazione, mentre numerose altre sarebbero nate in seguito. La rapida crescita dell’Unione, in seno alla quale si formarono ben presto anche una Sezione Giovanile e numerosi circoli, fece si che i primi anni furono assorbiti dall’attività organizzativa ed economica, essendo le Famiglie autonome sul piano finanziario. Aderirono all’Unione degli Istriani anche il Consorzio Beni Abbandonati, organismo atto a tutelare i beni immobili dei cittadini italiani della Zona B, la Corale Istriana ed il Centro Documentazioni.

L’associazione agì nei primi tempi più che altro come fattore di coesione e di ritrovo, in un epoca ancora segnata per gli esuli insediati a Trieste dalle ristrettezze economiche. Solo in un secondo tempo l’Unione si fece apprezzare per i suoi elaborati politici. Ricordiamo ad esempio un libretto di 45 pagine redatto nel luglio del 1956 dall’allora Segretario Generale dell’Unione degli Istriani, Fabio Zetto, ed intitolato “Sovranità sulle Zone A e B del cosiddetto Territorio Libero di Trieste, nel quale venivano esaminate con linearità le questioni giuridiche pendenti sui territori oggetto del Memorandum d’Intesa, rendendo evidente come la loro naturale risoluzione fosse insita nel ritorno alla sovranità italiana di entrambe le zone.

I serrati ragionamenti espressi in questo libretto costituirono sempre l’ossatura dell’iniziativa politica dell’Unione degli Istriani, che li ripropose ogni qual volta se ne presentò la necessità.

Il largo consenso riscontrato dalla nascita dell’Unione degli Istriani, che ben presto per numero di aderenti e per peso politico divenne la prima organizzazione di esuli in Italia, era dovuto in larga parte alla connotazione strettamente politica delle altre organizzazioni, legate a formazioni partitiche direttamente riconducibili alle forze di governo di allora: evoluzione del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Istria l’Associazione delle Comunità Istriane, e connessa alle correnti della Democrazia Cristiana l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Zara, poi divenuta Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.

Nell’estate del 1964 viene istituito il Comitato Promotore del Primo Raduno nazionale degli istriani, che si sarebbe svolto a Trieste l’autunno dello stesso anno.

Il Raduno si aprì il 3 novembre con una cerimonia emblematica: la consegna solenne al Museo del mare di alcuni cimeli del piroscafo vetro Pisani, comandato da Nazario Sauro prima dell’inizio della Prima Guerra Mondiale. Seguirono il pellegrinaggio alla Foiba di Basovizza ed il Primo Congresso Nazionale dei Giovani Istriani, nel quale le vicende storiche dell’Istria vennero rese note ad un pubblico di giovani nati dopo la guerra e quindi ignari della dolorosa storia recente della loro terra, che non veniva (e non verrà per molti anni ancora) insegnata nelle scuole. Il giorno seguente in una Cattedrale di San Giusto gremita all’inverosimile si tenne la Santa Messa officiata da Mons. Santin, il quale espresse nella sua omelia toccanti e ferme parole sul disumano calvario delle genti istriane, perpetrato da “un’ideologia per la quale l’uomo non è più protagonista ma diventa oggetto, che serve o si spazza via e si distrugge”. In seguito fu scoperta presso il torrione del Castello la lapide in ricordo del Raduno, donata dagli esuli alla città di Trieste. Dalla cerimonia conclusiva del Raduno si levò un accorato appello al governo nazionale, affinché la questione istriana venisse risolta definitivamente, con particolare riguardo alla Zona B, dove il persistente diritto di sovranità italiano non poteva essere esercitato per effetto di una situazione provvisoria non più ammissibile.

Soluzione finale che sarebbe giunta circa un decennio dopo, ma non nel senso sperato dagli esuli e più volte ribadito dall’Unione degli Istriani nei suoi interventi.

Nei primi giorni di ottobre del 1975 approdò in Parlamento la discussione in merito alla sovranità sulle Zone A e B del cosiddetto Territorio Libero di Trieste. Il primo ottobre parlarono alla Camera dei Deputati l’on. Rumor, Ministro degli Esteri, e dopo di lui il Presidente del Consiglio, Aldo Moro. Se il primo si limitò ad una disamina delle vicende storiche di Trieste e dell’Istria dal secondo dopoguerra, fu il secondo ad annunciare, con un discorso insolitamente breve che la decisione era stata presa: l’adeguamento dello “stato di diritto” allo “stato di fatto”, ovvero la rinuncia definitiva dell’Italia alla sovranità sulla Zona B. Il dibattito svoltosi nei giorni successivi, prima alla Camera e poi al Senato, trovò le aule semi deserte, sintomo di quanto poco a cuore la questione stesse alla politica nazionale, e allo stesso tempo del fatto che la decisione presa dal governo era immodificabile. Lo scontato voto di approvazione si tenne in Senato il giorno 10 ottobre.

Negli stessi giorni l’Accordo veniva approvato dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, dal Consiglio Comunale di Trieste e dal Consiglio Provinciale. La discussione a Trieste si era tenuta in un Municipio presidiato dai carabinieri, al cui esterno manifestanti assiepati lanciavano uova e ortaggi. A nulla valsero le iniziative di protesta indette dall’Unione degli Istriani, come la manifestazione del 6 ottobre a Trieste, cui aderirono migliaia di persone e associazioni come la Lega Nazionale e l’Unione Monarchica, ma la cui unitarietà fu minata dalla mancata adesione dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e delle Comunità Istriane. In essa si reclamava il “diritto insopprimibile ed irrinunciabile dei popoli di decidere col proprio voto il destino della propria terra”. Nel contempo, il 7 ottobre, su il Times di Londra ed Il Tempo di Roma veniva pubblicato un appello per il plebiscito nelle due zone del Territorio Libero di Trieste, di cui veniva rimarcato il prevalente carattere italiano della popolazione.

Tuttavia il testo dell’accordo non fu divulgato ancora per molte settimane, finché il 10 novembre, in seguito alla firma avvenuta nel Castello di Monte San Pietro, presso Osimo, ne furono resi noti succintamente i contenuti. Sulla scorta delle informazioni disponibili l’Unione degli istriani denunciava la validità del trattato, proclamava il netto rifiuto delle popolazioni interessate e si riservava di fare ricorso ad ogni azione, anche penale, nei confronti di chi sulla base di false informazioni e dolose azioni aveva agito al fine di sottoporre parte del territorio nazionale alla sovranità di uno Stato straniero. Nello stesso tempo si faceva appello alla raccolta di tutti gli elementi utili ad invalidare il trattato, per la cui ratifica, si credeva, sarebbero trascorsi dei mesi.

Malgrado le azioni intraprese, le denunce sulle irregolarità nella legge di ratifica, le decine di migliaia di firme raccolte in pochi giorni contro la ratifica del trattato (in particolare contro la clausola economica che prevedeva la creazione di una zona franca integrale industriale a cavallo del confine), le manifestazioni di piazza, l’ignobile ratifica avvenne il 17 dicembre 1976 alla Camera ed il 24 febbraio 1977 al Senato.

Dal 2007 l’Unione degli Istriani, con atto congiunto del Libero Comune di Pola in Esilio, è uscita dalla Federazione delle Associazioni degli Esuli.

A tutt’oggi l’Unione degli Istriani si distingue per la totale apartiticità dell’associazione, sia nei dettami statutari – chi riveste cariche sociali non può avere ruoli attivi nell’ambito politico a qualsiasi livello – sia nella linea d’azione assolutamente indipendente e slegata da ogni dettame politico o partitico.

Il periodico “Unione degli Istriani”, bollettino ufficiale dell’associazione, propone un’informazione chiara e trasparente, del tutto slegata da condizionamenti di sorta.

L’Unione degli Istriani organizza incontri pubblici a Trieste e nel resto della penisola per sensibilizzare e, soprattutto, informare l’opinione pubblica e gli esuli circa l’evoluzione dell’attualità e della storia relativa alla loro tragedia, ponendo particolare rilievo a quei temi considerati maggiormente prioritari per il mondo dell’esodo: beni cosiddetti abbandonati, restituzioni, indennizzi, giustizia amministrativa.

L’organizzazione, inoltre, cura seminari e conferenze di carattere storico-scientifico in collaborazione con i principali istituti di ricerca, le università e gli archivi di stato, lavorando sovente con le pubbliche amministrazioni in occasione della ricorrenza del 10 Febbraio, Giorno del Ricordo delle Vittime delle Foibe e dell’Esodo, anche con l’allestimento di proprie esposizioni tematiche di carattere storico.

L’Unione degli Istriani è estremamente attiva sul fronte estero, oltre che nazionale, essendo una dei soci fondatori e promotori della nascita dell’Unione Europea degli Esuli e degli Espulsi (UESE), ed avendo avviato un programma di partenariato con organizzazioni straniere; dal 2008 l’Unione degli Istriani è ufficialmente gemellata e svolge attività di ricerca storica e scientifica congiunta con la Lega dei Combattenti Carinziani, in ragione del comune trascorso nel periodo bellico (occupazione Jugoslava della città di Trieste e della Carinzia meridionale), mentre altri programmi di cooperazione sono stati avviati con organizzazioni di altri stati europei. L’Unione degli Istriani cura l’esposizione permanente in lingua tedesca dedicata alle Foibe ed all’Esodo presso il Museo degli Esuli di Gurk, in Carinzia, ove sorge anche il primo monumento dedicato all’Istria mai realizzato in Austria.

L’Unione degli Istriani è organizzazione riconosciuta dal Governo Italiano, siede al Tavolo di Concertazione Governo-Esuli attivo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e, per tramite della UESE, è riconosciuta dalla Commissione Europea.


I RISULTATI DELLE PRIME ELEZIONI Associazioni aderenti alla fine del 1967
Consiglio generale:

1.       Almerigogna col. Piero

2.       Benussi Gambel Raimondo

3.       Budini dott. Giuseppe

4.       Chersi avv. Lucio

5.       Cosulich cap. Antonio

6.       Davanzo avv. Mario

7.       Della Santa dott. Antonio

8.       Depangher Manzini ing. Renato

9.       de Favento dott. Piero jr.

10.   Dessanti don Antonio

11.   Flaminio Giuseppe

12.   Galli Lina

13.   Gerolami cav. Giovanni

14.   de Gironcoli Oscar

15.   Iacuzzi avv. Vittorio

16.   de Manincor Luigi

17.   Manzoni cap. Sabino

18.   Martinoli ing. Nicolò

19.   Mazzaroli dott. Luciano

20.   Menis cap. Giordano

21.   Novari ing. Umberto

22.   Orbani Giuseppe

23.   Predonzani prof. Elio

24.   Rabusin dott. Piero

25.   Rainis dott. Armenio

26.   Rozzo dott. Oreste

27.   Salvi dott. Guido

28.   Sandali dott. Rodolfo

29.   Sardos Albertini avv. Lino

30.   Sason cav. Alfredo

31.   Sferco avv. Francesco

32.   Tamaro avv. Gianfranco

33.   Tamburini dott. Bortolo

34.   Tomasi notaio Giovanni

35.   Udina prof. Manlio

36.   Urizio prof. Lino

37.   Vardabasso Lucio

38.   Vattovani avv. Primo

39.   Zoppolato col. Piero

40.   Zuech dott. Sisinio


Consiglio dei probiviri:

1.       Harabaglia avv. Ugo

2.       Nardi Nicolò

3.       Scomersi Giovanni

4.       Stefani dott. Giuseppe

5.       Zetto Riccardo


Collegio sindacale:

1.       Pesle dott. Silvio (Presidente)

2.       Parentin cav. Adolfo (effettivo)

3.       Zelco arch. Renzo (effettivo)

4.       D’Ambrosi dott. Guido (supplente)

5.       Ritossa Benno (supplente)


Fameia Capodistriana

Famiglia Cittanovese

Famiglia Fianonese

Famiglia Gallesanesa

Famiglia Grisignanese

Famea Isolana

Famiglia Montonese

Famea Orserese

Famiglia Parentina

Famea Piranesa

Famiglia Pisinota

Famiglia Polesana

Fameia Portolana

Famia Ruvignisa

Famiglia Umaghese

Famiglia di Verteneglio

Famea Visinadese

Società Nautica “Pietas Jilia”

Società Canottieri “Pullino”

Consorzio Beni Abbandonati






Storia[modifica | modifica wikitesto]

1954: Come nasce l’Unione degli Istriani[modifica | modifica wikitesto]

A seguito delle note vicende dell’immediato secondo dopoguerra e la conseguente cessione alla Jugoslavia delle province di Pola, di Fiume e di Zara e in parte di quelle di

Trieste e di Gorizia, si costituirono quasi immediatamente numerosi comitati formati da diverse migliaia di istriani, fiumani e dalmati evacuati dai territori di origine e dalle località di residenza, e già riparati in Italia.

Assemblea costitutiva presso il cinema Alabarda a Trieste, 28 novembre 1954. Il momento delle votazioni. Fondo Segreteria di Presidenza, fasc. 2, busta 1

In brevissimo tempo i citati comitati si organizzarono in associazione dando vita a quella che, di lì a poco, prese il nome di Associazione Nazionale per Venezia Giulia e Zara (ANVGZ) e si aggiunse al Comitato di Liberazione Nazionale dell’Istria (CLN d’Istria). Queste due entità, distinte e spesso in contrasto fra loro per ragioni politiche, per un certo periodo sarebbero state il punto di riferimento per gli esuli nelle principali città italiane.

Le contrapposizioni interne ai partiti nazionali, ed in particolare quelle alla Democrazia Cristiana, si riflessero sull’azione del governo italiano rispetto alla politica internazionale (soprattutto nella delicata questione del Territorio Libero di Trieste), incidendo fortemente anche sul movimento associativo e logorando una consistente fetta dell’elettorato istriano, sempre più insofferente e contrario ad una politica rinunciataria rispetto ai diritti di sovranità sui territori rivendicati.

L’acuirsi delle tensioni internazionali ed il peggioramento delle relazioni con la Jugoslavia, a seguito della Nota Bipartita anglo-americana di ottobre, e la drammatica situazione a Trieste con l’insurrezione del novembre 1953, generarono all’interno delle due organizzazioni di rappresentanza degli esuli le premesse per la creazione di un nuovo organismo, capace finalmente di dimostrarsi indipendente dalle logiche e dalle imposizioni partitiche e, quindi, in grado di poter meglio tutelare e difendere i diritti italiani su Trieste e sulla Zona B dell’Istria, che sarebbero dovute essere restituite all’Italia. Risalgono a questo periodo i primi incontri per la costituzione di una nuova associazione di esuli istriani.

Il 5 ottobre 1954, con la firma del Memorandum di Londra, che avrebbe sancito il ritorno di Trieste all’Italia, ma lasciato i comuni italiani di Capodistria, Isola, Pirano, Umago, Cittanova, Verteneglio, Buie e Grisignana all’amministrazione fiduciaria jugoslava, si concretizzarono i timori degli esuli per la fuga di altri 50.000 concittadini, che avevano sinora resistito ai soprusi ed alle imposizioni del regime titino. Avrebbe avuto così inizio un nuovo flusso di profughi che durerà, con diversi picchi, almeno fino alla fine degli anni Sessanta.

La successiva, mutata situazione geopolitica, dopo la conferma di Trieste italiana, condusse velocemente ad una fitta serie di riunioni che diedero vita ad un Comitato promotore con il compito di elaborare una bozza definitiva di Statuto (già predisposta nell’estate precedente), e di definire il nome e la struttura di un nuovo organismo. Tra i propugnatori vi furono personalità di origine istriana di primo piano della società triestina di allora, fra cui Armenio Rainis, Guido Salvi, gli avvocati Vittorio Iacuzzi e Lino Sardos Albertini, e l’attivissimo Giuseppe Flaminio.

Presso la sede della Lega Nazionale, a Trieste, vennero messe a punto gli ultimi dettagli con la predisposizione degli inviti da distribuire a tutti gli istriani che avessero voluto partecipare alla nascita della nuova associazione.

Primo numero del periodico dell'Unione degli Istriani, 24 maggio 1956 Fondo Lino Sardos Albertini, fasc. H/5, busta 22

L’assemblea costitutiva ebbe luogo domenica 28 novembre 1954 presso la sala del cinema Alabarda, al numero 13 di Largo Barriera Vecchia, a Trieste.

Dopo una mattinata di interventi e di applausi e dopo che lo Statuto proposto dal relatore avv. Lino Sardos Albertini venne votato all’unanimità, l’Assemblea elesse i membri del primo Consiglio generale, del Consiglio dei probiviri e del Collegio sindacale. L’elezione avvenne tramite scheda segreta e alla conclusione del lavoro di spoglio il Presidente dell’assemblea, l’avv. Guido Hugues, comunicò l’esito delle votazioni e proclamò gli eletti. Il primo Consiglio generale sarebbe stato composto da 40 membri, il Consiglio dei probiviri da 5 ed il Collegio sindacale da 5, di cui 3 effettivi e 2 supplenti.

La prima Assemblea dei tre nuovi organi associativi si svolse il mese seguente, nel pomeriggio dell’ 11 dicembre, nella Sala Maggiore della Camera di Commercio, offerta per l’occasione dal consigliere cap. Antonio Cosulich, e vennero eletti all’unanimità l’ing. Nicolò Martinoli, Presidente, e l’avv. Lino Sardos  Albertini, Vicepresidente dell’Unione degli Istriani.

Nella stessa sala, la sera del 10 gennaio 1955, si riunirono nuovamente il Consiglio generale, il Consiglio dei probiviri e il Collegio sindacale, in una seduta che il Vicepresidente, avv. Sardos Albertini,  presiedette e nella quale venne eletta, a scheda segnata, la prima Giunta esecutiva, che risultò così composta: Presidente avv. Lino Sardos Albertini, Vicepresidenti il dott. Luciano Mazzaroli e il dott. prof. Elio Predonzani; Segretario generale dott. Fabio Zetto; Membri: Giuseppe Orbani, dott. Renato Timeus, avv. Lucio Chersi, Nino Belli, prof. Anita Pesante Burian, dott. Bruno Neri, avv. Lucio Felluga.


1955 – 1960: Le origini e gli anni della crescita[modifica | modifica wikitesto]

L’approvazione parlamentare del Memorandum d’Intesa aveva confermato nell’opinione della stragrande maggioranza degli istriani l’idea di come fosse stato davvero indispensabile creare una nuova associazione del tutto svincolata da qualsiasi subordinazione ai partiti politici, in grado perciò di badare agli interessi della collettività in esilio, e di rappresentarla in forma democratica e con una veste adeguatamente emblematica delle comunità dei profughi.

Per evitare che il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Istria considerasse con sospetto la nuova Associazione, furono subito presi contatti tra i dirigenti, al seguito dei quali si svilupparono rapporti, finalizzati ad una possibile cooperazione rispetto a tutte le problematiche di carattere nazionale ed alle azioni politiche da intraprendere negli interessi comuni.

La grande novità subito rilevata fu, appunto, l’ apartiticità dell’associazione e tale garanzia venne addirittura prescritta puntualmente all’interno dello statuto, il quale stabiliva che né il Presidente, né il Vicepresidente, né i componenti della Giunta esecutiva potessero essere iscritti ad un partito, clausola questa che vige ancora oggi.

Il primo sforzo organizzativo coincise con la ricerca di una sede adeguata, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista degli spazi, in quanto all’Unione degli Istriani aderirono immediatamente due associazioni di comunità di esuli, già operanti in precedenza, ovvero la “Famiglia Parentina” e la “Famiglia Montonese”, costituitesi qualche anno addietro raccogliendo i profughi originari delle rispettive cittadine.

La prima sede venne fissata nella centrale via San Lazzaro (fino al 1956), successivamente in uno stabile di via del Coroneo (dal 1956 al 1958), poi di seguito in via della Ginnastica (1958), in via Tiziano Vecellio ed infine, dal 1960, nei prestigiosi locali di Palazzo Tonello, nella centralissima Piazza Carlo Goldoni, che sarebbero stati acquistati, come si vedrà in seguito, appena nel 1984.

La particolarità che distingueva l’Unione degli Istriani dalle altre organizzazioni, e che attrasse subito l’interesse di molte centinaia di istriani, fu anche la sua strutturazione federativa, scelta quale soluzione all’innata tendenza verso i particolarismi e ai campanilismi, e ritenuta in grado di amalgamare le diverse identità culturali delle varie comunità nate in base alla località di provenienza dei consociati. Si costituirono così tutte le altre “Famiglie” istriane, o Fameie, che aderirono e, nella maggioranza dei casi, nacquero proprio in seno all’ Unione. A metà degli anni Sessanta saranno ben 17 le Famiglie che vi avranno aderito, cui poi si aggiunsero il Consorzio Beni Abbandonati, la Corale Istriana, il Centro di Documentazione e il Centro Nazionale di Vigilanza.

La strutturazione interna proseguì con la creazione di altri organismi, dotati di propria autogestione, quali la Sezione Giovanile (diventata poi Movimento Giovanile MM. OO. Fratelli Visintini), la Sezione Femminile, Gli Amici dell’Istria, composta da sostenitori non necessariamente istriani, il Centro studi (poi Centro culturale Gian Rinaldo Carli). A cavallo tra il 1955 e il 1956 venne elaborato lo studio per la realizzazione di un notiziario, che avrebbe preso lo stesso nome dell’associazione, il cui primo numero venne dato alle stampe nel maggio 1956. Da allora, con continue migliorie e modifiche della grafica, la testata “Unione degli Istriani” sarebbe uscita più o meno continuativamente fino ai giorni nostri.

Altra particolarità dell’ Unione degli Istriani rispetto al passato coincise con una sorta di sottofondo decisivo sul quale si basò il suo sviluppo, ovvero la religiosità, un fattore la cui portata non è stata ancora correttamente valutata negli studi precedenti relativi all’associazionismo giuliano-dalmata. Ed in particolare a Trieste, la religiosità popolare istriana incise profondamente anche sull’ambiente cittadino – fortemente laico ma amichevole e comprensivo – portando ad una modifica del relativo grado di secolarizzazione, che aveva messo in crisi l’istituzione familiare e affievolito la pratica spirituale. Come si vedrà più avanti, a svolgere un ruolo di naturale collegamento in questo senso, percepito in tutti i settori politici della città, sarebbe stato proprio l’avv. Sardos Albertini,  quale Presidente della Giunta diocesana di Azione Cattolica, nominato da Monsignor Antonio Santin, Vescovo di Trieste e Capodistria.

La neonata Associazione si distinse da subito per una intensa attività politica incentrata sulla sensibilizzazione dell’opinione pubblica della Venezia Giulia verso la questione più urgente e delicata: la rivendicazione della sovranità italiana sulla Zona B del mai costituito Territorio Libero di Trieste ed i diritti di proprietà sui beni confiscati in territorio amministrato dalla Jugoslavia.

La prima pubblicazione edita dall’Unione degli Istriani fu allora uno studio  realizzato e diffuso nel luglio 1956, intitolato “Sovranità sulle Zone A e B del cosiddetto Territorio Libero di Trieste”, a cura del Segretario generale Fabio Zetto, con una ampia prefazione del Sindaco del capoluogo giuliano ing. Gianni Bartoli, rovignese, che sarebbe poi diventato, dal febbraio 1967, Presidente onorario dell’associazione. Tale studio, trattava anche alcuni aspetti giuridici legati all’accordo di Belgrado del 18 dicembre 1954, formulando così le prime, diverse possibili soluzioni per il ripristino della legalità con la riannessione della Zona B all’Italia, in una logica, allora ancora giustificata, che immaginava come provvisoria l’amministrazione jugoslava dell’Istria nord-occidentale.

Nel settembre 1957 venne diffuso su scala nazionale, tra le massime autorità dello Stato, tra i parlamentari ed infine tra l’opinione pubblica, anche grazie al supporto di una parte della stampa italiana, un corposo memoriale consegnato dall’Unione degli Istriani al Governo italiano, con il quale in sostanza lo si diffidava chiaramente dal compiere qualunque azione diretta od indiretta che potesse danneggiare o anche solo scalfire i diritti di sovranità sulla Zona B.

Tali prese di posizione sancirono per l’associazione l’avvio di una lunga fase di turbolenze e conflittualità verso le sempre più evidenti, crescenti posizioni rinunciatarie nei confronti della Jugoslavia dei diversi Governi che si sarebbero succeduti fino alla fine degli anni Settanta, posizioni che sarebbero culminate nella firma e ratifica del Trattato di Osimo, a seguito di una lenta, ma progressiva normalizzazione dei rapporti bilaterali tra Roma e Belgrado, nel quadro della stabilizzazione degli equilibri politici continentali.

Parallelamente, iniziarono anche i contrasti con le altre organizzazioni degli Esuli, in particolare con il CLN dell’Istria il quale, godendo del sostegno governativo in virtù del suo affiliamento partitico ed avendo avuto fino a pochi anni prima il monopolio nell’influenza sui voti dei profughi, si dimostrò intollerante verso un cambio di rotta rispetto alla linea politica finora seguita, che invece l’Unione degli Istriani intese promuovere, forte della sua apartiticità e libera, quindi, di prendere posizione su un’infinità di questioni.

L’Unione si conquistò, comunque, un posto di rilievo e, al pari dell’ANVGD, divenne interlocutore dei vari Governi, prendendo parte alle riunioni ed ai diversi incontri che si svolsero periodicamente a Roma per la trattazione delle problematiche riguardanti le provvidenze ai profughi e l’esame delle prime proposte di legge finalizzate all’indennizzo per i beni abbandonati.

A rappresentare le posizioni dell’Associazione venne delegato quasi sempre l’avv. Lino Sardos Albertini nel periodo in cui fu Presidente della Giunta esecutiva e, sporadicamente, il Segretario generale Fabio Zetto con i Presidenti Nicolò Martinoli e Guido Cosulich.

L’intensa attività politica e sindacale dell’Unione degli Istriani favorì una continua crescita anche in termini di adesioni, arrivando a sfiorare nell’estate del 1968 circa 31.000 soci, dei quali un terzo costituito da istriani fuoriusciti dall’ANVGD e dal CLN dell’ Istria.

Si intensificarono così le iniziative di carattere culturale, tante che si rese necessaria una ulteriore strutturazione degli uffici che vennero potenziati; in particolare venne creato l’Ufficio Stampa, sotto la responsabilità del rag. Vittorio Fragiacomo. L’anno precedente si era già dotata di un proprio regolamento la Sezione Femminile, la cui Presidenza era stata affidata a Lina Bartoli, moglie del Sindaco ing. Gianni Bartoli. Non cessava, invece, l’impegno della Sezione Giovani, con l’ organizzazione di viaggi, iniziative sportive, e la costituzione di una federazione tra le cinque società istriane di canottaggio, che di fatto diventarono associazioni aderenti dell’Unione degli Istriani: la Libertas di Capodistria, la Pullino di Isola d’Istria, la Forza e Valore di Parenzo, l’Arupinum di Rovigno e la Pietas Julia di Pola.

1961 – 1967: La stabilizzazione[modifica | modifica wikitesto]

Negli anni Sessanta, l’attività dell’Unione degli Istriani fu caratterizzata, come evidenziato, da una crescita a tutto campo, che portò, ad un certo punto alla decisione di costituire una Biblioteca Istriana, che sarebbe poi diventata uno degli strumenti che l’associazione avrebbe messo a disposizione della comunità, nell’intento di mantenere vivo e preservare il patrimonio culturale istriano: un’esigenza, questa, che diventò una delle priorità nelle linee programmatiche delle varie Presidenze che si sarebbero succedute nel tempo. Nel 1969 fu costituito anche il Centro di documentazione istriano, la cui Presidenza venne affidata all’avv. Luigi Ruzzier, con il fine di raccogliere documenti, memorie, cimeli e tutto ciò che potesse costituire una inoppugnabile testimonianza della civiltà romana, veneziana e italiana dell’Istria: si pubblicò sul notiziario un appello a soci e amici per reperire il materiale o anche semplicemente per segnalarlo al nuovo organismo appena fondato. Queste iniziative costituirono anche le basi per la composizione di un Archivio.

Sotto il profilo istituzionale, invece, l’impegno associativo venne indirizzato verso una costante pressione sul Governo italiano: lettere, comunicati stampa, telegrammi e frequenti contatti telefonici con parlamentari e Ministeri per sostenere la necessità che l’Italia rivendicasse presso ogni sede internazionale la sovranità sulla Zona B dell’Istria, evidenziando la provvisorietà dell’amministrazione jugoslava su quel territorio. Rispetto a questa principale problematica, numerose furono le conferenze pubbliche e le assemblee convocate dall’avv. Lino Sardos Albertini, cui diverse centinaia di istriani non mancarono, indipendentemente dall’associazione di appartenenza, di dare la propria convinta adesione.

Mai trascurata fu, evidentemente, la preoccupazione verso il destino dei beni immobili nelle terre cedute o temporaneamente governate dalla Jugoslavia: si costituì nel giugno 1962 il Consorzio fra Titolari di Beni e Diritti in Jugoslavia o Zona B dell’Istria: ne fu nominato Presidente il cap. Guido Cosulich.

Il bisogno di verificare continuamente la veridicità delle varie notizie diramate dal Governo italiano e dalla propaganda jugoslava e diffuse dagli organi di comunicazione, e di controllare l’esattezza delle informazioni pubblicate dalla stampa di carattere politico, culturale, scolastico o anche turistico, determinò la nascita  di un nuovo, apposito organismo, collegato all’Unione degli Istriani, che ebbe lo scopo di contrastare la disinformazione. Venne fondato il Centro di Vigilanza Nazionale (CVN), la cui direzione fu affidata al dott. Antonio Della Santa, colui che sarebbe diventato successivamente il Presidente dell’Unione. Le competenze di tale centro si sarebbero in seguito rafforzate, assumendo sempre maggior importanza presso i maggiori organi di stampa, almeno fino alla metà degli anni Settanta, e cioè fino a dopo la firma del Trattato di Osimo. Una delle più diffuse pubblicazioni del CVN fu il Glossario “Istria Fiume Dalmazia”, realizzato nel 1970 con la collaborazione dei Liberi Comuni di Fiume della Dalmazia e recante i nomi di tutte le località dei Territori ceduti e di quelli ex veneti dell’Adriatico orientale, divisi per elenchi alfabetici, nelle due versioni italo-slava e slavo-italiana. Fu distribuito in alberghi di prima categoria a Trieste, Venezia e nelle maggiori località della costiera adriatica fino a Bari. Venne poi inviato tra il 1973 ed il 1974, dopo successive edizioni, a tutti i parlamentari e membri del Governo italiano.

Nel settembre 1963 vennero rinnovati gli organi sociali ed il dott. Antonio Della Santa venne eletto alla Presidenza dell’Unione degli Istriani, assumendo, a seguito di una sostanziale modifica dello Statuto dell’Associazione, un reale potere direttivo e non più formale come prima, in quanto le cariche di Presidente della Giunta esecutiva e di Presidente del Consiglio generale furono unite in una sola. La sua elezione coincise con una campagna informativa capillare – che proseguì nel tempo – volta ad attirare l’attenzione dell’elettorato istriano e degli esponenti di quei partiti politici locali vicini alla causa degli esuli.

Con il nuovo corso, in ragione dell’appartenenza sia di Della Santa, che poi di Sardos Albertini alla dirigenza dell’ANVGD di Trieste, l’Unione degli Istriani si avvalse di un canale privilegiato di comunicazione con la sede nazionale di quest’ultima.

Risalgono a questo periodo i  primi raduni di istriani e numerosi simposi. Già nel 1961 l’Unione degli Istriani aveva programmato di indire un Congresso internazionale, previsto a Trieste per i primi giorni di novembre, che tuttavia il Prefetto Giovanni Palamara, su disposizioni governative, vietò espressamente. Il Primo Raduno nazionale degli Istriani poté quindi svolgersi soltanto tre anni dopo, sempre a Trieste, il 3 e 4 novembre 1964: del Comitato organizzatore, presieduto dall’ing. Gianni Bartoli, faceva parte, con un ruolo di primo piano, anche l’Unione degli Istriani.


1967 – 1976: L'espansione ed il tradimento di Osimo[modifica | modifica wikitesto]

Assemblea generale dell'Unione degli Istriani a Roma, 31 Ottobre 1971. Manisfestanti davanti al Campidoglio Fondo fotografico, I/1971/1, album 7

Nel gennaio del 1967, nell’ambito di un ammodernamento dello Statuto, venne istituita la carica di Presidente onorario; il primo a ricoprirla fu l’ex Sindaco Gianni Bartoli, mentre durante l’Assemblea per il rinnovo delle cariche sociali si procedette all’elezione dell’avv. Lino Sardos Albertini a Presidente dell’Unione degli Istriani.

Nell’ottobre dello stesso anno, durante un’Assemblea straordinaria, fu deliberata un’ ulteriore modifica statutaria, in ragione della quale al nome “Unione degli Istriani” venne aggiunta la denominazione di Libera Provincia dell’Istria in Esilio, con l’intento di dare maggiore incisività al ruolo politico e istituzionale all’Associazione. Si decise anche di trasferire la sede legale a Roma, con la unanime convinzione di facilitare i rapporti con il Governo nella trattazione delle questioni riguardanti la Zona B discusse dal Governo. In ogni caso la “base operativa” continuava tuttavia ad essere Trieste.

Da Roma, infatti, sempre più frequenti si diffusero le voci (immancabilmente smentite dal Governo italiano) di possibili trattative tra Italia e Jugoslavia per la trasformazione in Confine di Stato della linea di demarcazione fra Zona A e la Zona B con la conseguente, definitiva cessione alla Jugoslavia di quest’ultima: tutti gli sforzi dell’Unione si concentrarono per impedire che tale ipotesi potesse diventare realtà.

Furono anni caratterizzati da una complessa ed insistente attività di campagna di sensibilizzazione - attuata a tutti i livelli – e dall’ulteriore allargamento della struttura organizzativa dell’Unione sia in Italia che all’estero, attraverso l’istituzione di numerose Delegazioni: risale al 1968 la costituzione dell’Ufficio Istriani all’Estero, affidato alla responsabilità del dott. Piero Relli.

L’azione di difesa della Zona B si esplicò principalmente sul piano politico, grazie ad una fitta rete di rapporti con i parlamentari di quei partiti che si dichiaravano pronti – nei fatti e non soltanto a parole - a sostenere il rispetto del Diritto Internazionale ed il ripristino della legalità con l’estensione della sovranità italiana sull’Istria nord occidentale. Un costante impegno fu comunque profuso per l’instaurazione di nuove relazioni fra le associazioni istriane, giuliane e dalmate, favorendo la costituzione di organismi di mediazione, come il Comitato di Coordinamento fra l’Unione degli Istriani, i Liberi Comuni di Zara e di Fiume in Esilio, sancendo per un periodo l’adesione dell’Unione stessa all’ANVGD.

Il programma di sensibilizzazione a tutto campo dell’opinione pubblica incoraggiò anche i rapporti con le associazioni combattentistiche e d’arma, patriottiche, monarchiche, culturali, le quali, una volta coinvolte nel problema della salvaguardia della Zona B, diventarono le più decise sostenitrici della linea intransigente dell’Unione: salvare la Zona B dell’Istria avrebbe significato tutelare e difendere il supremo interesse della Patria!

Accrebbe così sempre di più l’interesse verso il problema della Zona B; ciò spinse il Presidente Sardos Albertini ad operare con tutte le energie disponibili in tale direzione. Utili mezzi di informazione e di dibattito si rivelarono negli anni 1970-1973 i molto frequenti interventi sulla stampa, i convegni, le riunioni conviviali e le tavole rotonde che si organizzarono settimanalmente nei luoghi più specifici, ad esempio presso i Rotary e Lions club nelle diverse città d’Italia.

Straordinario ed instancabile protagonista fu sempre il Sardos Albertini, nel perseguire l’ obiettivo prefissato e di sensibilizzare gli esuli residenti Oltreoceano, organizzando numerosi viaggi e recandosi personalmente e più volte negli Stati Uniti, in Canada, Messico, Argentina, Cile, Perù, Australia. Tali trasferte favorirono la nascita delle prime Delegazioni all’Estero, che contribuirono, nella maggior parte dei casi, alla successiva costituzione delle diverse associazioni di profughi, che ancora oggi esistono e rappresentano nei diversi continenti la comunità giuliano-dalmata.

L’azione di Sardos Albertini inaugurò anche una serie di viaggi annuali, noti in quel periodo come Crociere della Fraternità: viaggi aerei progettati con il preciso scopo di stringere rapporti e mettere a contatto gli istriani residenti in Italia con quelli residenti all'Estero. La prima Crociera si concretizzò nella primavera del 1969 con la partenza di un quadrigetto Boeing 707, che portò oltre trecento persone nel Nord America, con visite in Canada e negli Stati Uniti. Il successo dell’iniziativa portò l’Associazione ad organizzarne regolarmente ogni anno.

Parallelamente, crebbe ancora l’attenzione verso l’esigenza di assicurare all’opinione pubblica una informazione costante e soprattutto non viziata politicamente, su ciò che stava accadendo e sulle azioni svolte della dirigenza dell’Associazione.  Venne di conseguenza potenziato il CVN, già istituito nel 1960, ma che intensificò la propria attività sotto l’ egida dell’avv. Augusto Gabrielli, che ne fu Presidente dal 1968. Grazie all’attività dell’Ufficio Stampa, l’Associazione riuscì ad ottenere un rapporto diretto con i giornalisti ed i direttori dei quotidiani più importanti in Italia ed alcuni all’estero e ciò, indubitabilmente, creò le condizioni affinché il problema della Zona B potesse finalmente assumere un più consistente rilievo sia sulla stampa nazionale che su quella internazionale.

Decisivo si rivelò, in tale contesto di azione, l’intervento dell’Unione presso il Governo (al quale venne consegnato un memoriale a margine di un incontro) nella cancellazione della a lungo annunciata visita ufficiale di Tito a Roma, inizialmente prevista per il 10 dicembre 1970, ma rinviata all’anno successivo.

L’esigenza di incontrare e far incontrare gli esuli tra loro spinse Sardos Albertini a promuovere sempre più spesso incontri periodici tra gruppi di esuli residenti in città e regioni distanti tra loro ed a convocare la Giunta esecutiva ed il Consiglio generale in concomitanza con le ricorrenze di carattere patriottico. Dopo il Primo Raduno nazionale del 1964, ne vennero promossi degli altri: di nuovo a Trieste, già nel 1968, si svolse una grande manifestazione per le celebrazioni del Cinquantenario della Redenzione dell’Istria; il 4 novembre 1969 ebbe luogo a Venezia la solenne cerimonia per il 19° anniversario del martirio di San Marco, cui fece seguito l’Assemblea generale dell’Unione, con la partecipazione di ben 5.000 esuli a Palazzo Ducale.

Risalgono, invece, alla metà degli anni Settanta i rapporti con l’austriaco Kärntner Heimatdienst ed altri sodalizi patriottici carinziani, che diventarono in seguito più stretti nel comune interesse di monitorare da un lato le incessanti richieste di applicazione del bilinguismo integrale a Trieste e Gorizia, formulate dalle organizzazioni della minoranza slovena (così come avveniva a Klagenfurt) –  con l’implicito sostegno della Jugoslavia -, e dall’altro di ottenere consensi trasversali rispetto all’azione intrapresa di salvaguardia della Zona B.

L’Unione degli Istriani, in questo periodo, promosse anche la costituzione del Centro Nazionale di Coordinamento dei Comitati in difesa della Zona B (CNC), con sede a Roma e Segreteria generale a Trieste. Si trattava del segno evidente che le numerose, crescenti voci su una prossima definizione tra Roma e Belgrado della questione della Zona B, avevano accresciuto l’allarme tra gli esuli militanti, che si prepararono così ad una sorta di mobilitazione generale.

Appello al Capo dello Stato, 1976 Il testo fu pubblicato anche sul periodico, che ebbe una tiratura di 35000 copie Notiziario dell'Unione degli Istriani, anno IX, n.32, 15 novembre 1976

Il primo segnale che la situazione stesse precipitando si manifestò il 23 settembre 1975, quando il quotidiano Il Giornale d’Italia uscì con un pezzo in prima pagina, a sei colonne, dal titolo: “L’Italia rinuncia alla Zona B”. Nell’articolo si sosteneva l’esistenza di un protocollo segreto italo-jugoslavo con il quale l’Italia avrebbe rinunciato in via definitiva alla Zona B. La reazione dell’Unione degli Istriani non si fece attendere.  A seguito di un duro comunicato stampa, vennero trasmessi telegrammi urgenti in cui si chiedevano delle precise smentite da Palazzo Chigi, e venne convocata una seduta straordinaria della Giunta esecutiva, che la sera del 26 deliberò di mobilitare tutte le proprie forze per scongiurare una tale evenienza.

Seguì un periodo concitato, nel quale l’Unione degli Istriani utilizzò ogni risorsa finanziaria ed in generale ogni mezzo a disposizione per contrastare quella che – nonostante le tanto puntuali quanto spudoratamente false assicurazioni, pervenute da parte del Governo e della Democrazia Cristiana fino all’ultimo giorno presso la sede dell’Unione – si sarebbe invece rivelata la già da diversi anni preparata consegna di Capodistria, Isola, Pirano, Buie e Grisignana a Tito.

Il 10 novembre 1975 a Osimo, venne stipulato il Trattato bilaterale che avrebbe portato alla definitiva cessione della Zona B dell’Istria: Mariano Rumor, in rappresentanza dell’Italia, e Miloš Minić per la Jugoslavia, ne decretarono il triste destino.

A Palazzo Tonello la notizia di quanto accadde a Osimo ebbe un effetto destabilizzante, sotto ogni profilo. Delusione, rabbia per la consapevolezza di non aver nulla potuto – nonostante gli enormi ed incessanti sforzi compiuti – ma soprattutto la subitanea presa di coscienza di essere stati ingannati, traditi, pugnalati alle spalle dalla Madrepatria, si abbatterono come uno tsunami sull’Associazione.  

Lo sdegno venne manifestato attraverso un numero infinito di proteste, scritti, comunicati stampa ed articoli.

Il fallimento del piano di salvezza della Zona B si ripercosse inevitabilmente anche sulla vita politica dell’Unione. Il Presidente Lino Sardos Albertini, dopo varie lettere di dimissioni presentate al Consiglio generale e da questo puntualmente respinte – lasciò definitivamente la guida dell’Associazione nel luglio 1976 per dedicarsi alla sua ultima battaglia politica, cui egli parteciperà quale Presidente del Centro Nazionale di Coordinamento per la Difesa di Trieste nell’interesse della Pace, nato in seno all’Unione, ma da esso indipendente: impedire la ratifica parlamentare del Trattato di Osimo, giocando l’unica carta possibile rimasta.

1976 – 1984: Prima e dopo il trattato di Osimo[modifica | modifica wikitesto]

Le dimissioni di Sardos Albertini, come si è visto, determinarono la necessità di convocare il Consiglio generale per l’elezione di un nuovo Presidente. La riunione si svolse l’11 luglio 1976 e venne eletto il prof. Italo Gabrielli quale nuovo leader dell’Unione degli Istriani, mentre a quello uscente venne conferita la carica di Presidente onorario.  Vicepresidenti furono eletti il dott. Luigi Papo (Roma) ed il dott. Ferruccio Veronese (Gorizia), Tesoriere il rag. Edoardo Zwab e confermato Segretario generale il comm. Egon de Szombathely. Componenti della Giunta esecutiva risultarono: dott. Silvio Alesani, rag. Desiderio Brussi, avv. Libero Coslovich, prof. Nerina Feresini, avv. Augusto Gabrielli, dott. Alfredo Magnarin, prof. Maria Parovel, prof. Ennio Saffi, dott. Guido Salvi, dott. Claudio Scioli.

La nuova dirigenza manifestò da subito l’intenzione di non lasciare nulla di intentato rispetto all’applicazione del Trattato di Osimo, denunciandone l’invalidità anche sulla base dei contenuti dell’Atto finale degli Accordi di Helsinki  dell’agosto 1975, con particolare riferimento all’art.3, concernente l’inviolabilità delle frontiere (ovvero, nella fattispecie, l’ ex linea di demarcazione sul fiume Quieto), e promuovendo una nuova, imponente ed incisiva campagna informativa sull’opinione pubblica; fondamentale fu la sinergica cooperazione con il citato Centro Nazionale di Coordinamento per la Salvezza di Trieste nell’interesse della Pace, presieduto da Sardos Albertini.

Il periodo di Presidenza di Italo Gabrielli si distinse essenzialmente per la lotta contro la ratifica del Trattato di Osimo, con manifestazioni di piazza e colorite rimostranze, come l’esposizione di numerosi dazibao dalle finestre della sede.

Quasi contemporaneamente, in risposta alle previste conseguenze dell’Accordo, con particolare riferimento alla cosiddetta Zona Franca Industriale sul Carso (ZFIC) – da realizzarsi sull’altipiano alle spalle della città di Trieste e a cavallo del confine con la Jugoslavia – si costituì con la raccolta di oltre 65.000 firme un movimento autonomista d'avanguardia, che avrebbe alcuni anni dopo preso il nome di "Lista per Trieste”. Ebbe così inizio una stagione di forti tensioni e contrasti fra gli esponenti delle libere associazioni e dei comitati contrari all’attuazione dell’accordo economico (il solo che, a fronte della perdita territoriale della Zona B, avrebbe potuto costituire un vantaggio per l’Italia) e le autorità. La DC organizzò addirittura, nell’ottobre 1976, una serie di iniziative (la cosiddetta “Settimana pro Osimo”) culminata con l’allontanamento del suo Segretario Benito Zaccagnini, costretto ad abbandonare il Politeama Rossetti travolto da proteste e lancio di uova.

Il Governo Andreotti, successivo a quello di Aldo Moro, ignorando le proteste di Trieste, fece ratificare Osimo nel dicembre dalla Camera e nel marzo 1977 dal Senato, con un'alzata di mano in palese assenza del numero legale. L’Unione degli Istriani fu testimone diretta del voto, con la partecipazione del Presidente Gabrielli e di una delegazione di esuli seduti sulle tribune del pubblico.

Il 3 aprile 1977, con l’entrata in vigore dell’Accordo, dopo la firma del Presidente della Repubblica Giovanni Leone, pur sollecitato da decine di migliaia di appelli a non farlo, la ratifica fu festeggiata a Belgrado con mazzi di rose rosse.

L’Unione degli Istriani non solo aveva perduto, questa volta definitivamente, la sua più grande battaglia ma venne anche “punita” per aver disobbedito alle volontà del Governo. L’associazione venne infatti segnalata finendo nell’elenco delle organizzazione eversive.

Alla scadenza del proprio mandato Italo Gabrielli non volle ricandidarsi e, nel giugno 1981, fu eletto Presidente il maestro Fulvio Miani. Il passaggio di consegna avvenne in un contesto di difficoltà, non solo di carattere economico, che l’associazione dovette attraversare per riorganizzare in maniera sostanziale la propria attività sul piano politico, sociale e culturale.

La prima questione di cui Miani dovette occuparsi fu quella di “salvare” la sede, ovvero fare in modo che lo sfratto dai locali di Palazzo Tonello, già in precedenza più volte minacciato, non divenisse esecutivo. Già durante la precedente gestione, il Presidente Gabrielli aveva inviato diverse circolari ai soci per ottenere dei contributi finalizzati e avanzare ai proprietari una proposta di  compravendita dell’immobile di via Pellico.

L’idea di far convergere in un unico luogo tutta la comunità di istriani, giuliani e dalmati, era stata promossa dall’ex Sindaco di Trieste Gianni Bartoli già alla fine degli anni Cinquanta; essa presupponeva che l’Unione degli Istriani esercitasse, nell’operazione, un ruolo centrale. Risale al 1961, infatti, la costituzione di un Comitato promotore per la fondazione dellaCasa della fraternità istriana”, che avrebbe avuto la funzione di rappresentare un punto di riferimento e di aggregazione sociale per tutti gli istriani profughi a Trieste, avendo cura di preservarne l’eredità culturale e la memoria storica.

Il progetto venne messo a punto da alcuni professionisti incaricati, tra cui il legale della proprietà, l’avv. Lucio Chersi (cui successivamente fu intitolata, in segno di riconoscenza, la sala conferenze della sede). Dopo una vasta e capillare campagna pubblicitaria presso gli esuli, il cui merito principale va innanzitutto al Presidente Miani e ad un gruppo di soci e dirigenti, tra i quali il dott. Luigi Usco, il dott. Alfredo Magnarin ed il dott. Italico Stener, l’appello per raccogliere l’importo necessario all’acquisto della proprietà ebbe il meritato successo: il 16 settembre 1984 la Casa Madre degli Istriani, Fiumani e Dalmati in Esilio venne festosamente inaugurata, anche se abbisognava in realtà di diversi lavori di restauro interno. Venne anche scoperta, tra lunghi applausi e commozione generale, una targa marmorea, recante il seguente testo: “Gli esuli Istriani-fiumani-dalmati affidano questa “Casa Madre” a coloro che in tempi migliori realizzeranno il sogno dei padri. Trieste, 16-9-1984”.

Un altro merito del Presidente Miani fu quello di rimettere in sesto le finanze dell’Associazione riprendendo l’edizione del Notiziario, che era stata sospesa nel 1976 e sostituita da una serie di circolari informative. Con il numero di giugno-luglio 1982 fu inaugurata la Nuova serie del Periodico, che ridivenne l’organo ufficiale di stampa dell’Unione degli Istriani.


1985 – 2005: Verso il cambiamento[modifica | modifica wikitesto]

Con l’inizio del 1985 si concluse il mandato del maestro Miani il quale, alla vigilia delle elezioni per il rinnovo delle cariche sociali, fece sapere di non essere disponibile a guidare l’Unione degli Istriani per un ulteriore quadriennio. L’acquisto della sede sociale e la ripresa delle pubblicazioni avevano costituito i nuovi presupposti per un rinvigorimento della base sociale dell’Associazione ed è quello che effettivamente avvenne negli anni successivi.

I soci, chiamati ad esprimersi, elessero il Consiglio generale e la Giunta con l’entrata di nuove figure nella compagine dirigenziale. Venne allora chiamato ad assumere la Presidenza dell’Unione l’umaghese Silvio Delbello, che accettò l’incarico in un momento delicato in cui stava prefigurandosi un cambiamento piuttosto rilevante della situazione geo-politica, nettamente avvertito in particolare nella Venezia Giulia: Tito era morto da anni, oramai, ed i segni di una progressiva quanto inevitabile disgregazione della Jugoslavia si stavano manifestavano ogni giorno di più, offrendo agli occhi degli esuli e delle loro associazioni gli scenari più impensabili, se soltanto rapportati ad una decina di anni prima.

Delbello, che era già conosciuto ai più avendo avuto un ruolo operativo nella realizzazione dell’acquisto della Casa Madre, si distinse da subito per una nuova impostazione della struttura organizzativa che volle imprimere sin dalle prime settimane dal suo insediamento a Palazzo Tonello. Allora servivano ancora molti fondi per sistemare gli interni della sede e vennero perciò pubblicati, tramite il Periodico, numerosi appelli al fine di riuscire a reperire la somma necessaria per i lavori più urgenti: venne così ristrutturata una parte della pavimentazione dei locali e si riuscì a rifare completamente l’impianto elettrico.

I cambiamenti politici internazionali in corso – dettati dalle turbolenze sociali nell’Europa dell’Est ed in Jugoslavia e che avrebbero portato al crollo dei regimi comunisti e dittatoriali, scompaginando gli equilibri ed i rapporti tra stati e regioni in tutto il continente – segnarono anche l’impegno dell’Unione che seguiva con molta attenzione quanto stava accadendo. L’attività politica vide l’Associazione assumere numerose prese di posizione sul problema dell’applicazione del bilinguismo a Trieste, sulla sorte della minoranza italiana in Istria e Dalmazia e, per la prima volta, sul destino delle diverse organizzazioni degli esuli: in quel preciso momento apparve chiara la necessità di costituire un soggetto unico e qualificato che avesse lo scopo di rappresentare tutte le associazioni. Delbello fu tra i promotori dei diversi e non facili incontri che portarono prima alla costituzione di un Comitato di Coordinamento (di cui fecero parte, oltre all’Unione, anche l’ANVGD, i Liberi Comuni di Pola, Fiume e Zara, e l’Associazione delle Comunità Istriane che aveva da poco rimpiazzato con questo nome la storica titolazione “Comitato di Liberazione Nazionale dell’ Istria”) e successivamente alla nascita della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati. Nell’ambito di questa, egli ricoprì per diversi anni la carica di Vicepresidente.

Il 19 e 20 settembre 1987 ebbe luogo a Trieste un nuovo, grande Raduno nazionale degli Esuli, in concomitanza con il 40° anniversario dell’Esodo a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Pace di Parigi (16.9.1947). Promosso dal citato Comitato di Coordinamento, registrò la presenza di quasi 20.000 esuli, molti dei quali parteciparono anche al concerto nel Teatro Verdi, alle manifestazioni commemorative alla Foiba di Basovizza, Monrupino ed alla Santa Messa a San Giusto celebrata dal Vescovo Mons. Lorenzo Bellomi. Intervenne anche Maria Pasquinelli, l’eroina che il 10 febbraio 1947 aveva assassinato, in segno di protesta, il comandante delle forze anglo-americane gen. Robin W. L. De Winton.

Sul solco di quanto avviato da Sardos Albertini, il Presidente Delbello riprese i viaggi all’estero per riallacciare o, meglio, rinvigorire i contatti con gli Esuli residenti Oltreoceano. Come Vicepresidente dell’Associazione Giuliani nel Mondo, partecipò nell’aprile 1990, a Sydney, al Terzo Raduno della comunità giuliana in Australia, mentre in veste di Presidente dell’Unione fu uno dei promotori del Raduno di Toronto svoltosi nel settembre 1991.

Nel dicembre 1989 venne data alle stampe l’opera più importante che l’associazionismo giuliano-dalmata abbia pubblicato: l’Albo d’Oro. La Venezia Giulia e la Dalmazia nell’ultimo conflitto mondiale, un volume  costituito da 750 pagine e l’iscrizione di oltre 18.000 nominativi di caduti italiani residenti o combattenti nel territorio indicato dal titolo – frutto di lunghe ricerche curate dal dott. Luigi Papo – , che sarebbe divenuto, dal 2003, lo strumento ufficiale di cui si avvalsero i componenti della Commissione della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la concessione dei riconoscimenti ai congiunti degli infoibati.

Delbello istituì durante il suo primo mandato il Premio Solidarietà Istriana, quale segno di riconoscenza e gratitudine nei confronti di quelle personalità che si fossero distinte nei confronti dell’Unione degli Istriani. La prima edizione venne assegnata – con un certo risalto di stampa – al Maestro Uto Ughi che, come già evidenziato, aveva voluto contribuire all’acquisto della sede con un concerto, devolvendone il ricavato; la seconda edizione, nel maggio 1991, al noto cardiochirurgo prof. Lucio Parenzan. Altri insigniti furono Fulvio Bracco, Pasquale de Simone ed il comm. Aldo Clemente. Infine va segnalato che anche lo Statuto dell’Associazione venne ulteriormente rivisto in questo periodo, con l’apporto di alcune modifiche di ammodernamento e snellimento.

Alla fine del 1991 Delbello, dopo essere stato rieletto due anni prima, rassegnò le dimissioni a metà mandato, per motivi personali. L’Assemblea, chiamata ad designare il nuovo Presidente, elesse nel gennaio 1992 l’allora trentaseienne Denis Zigante che assunse l’incarico per i due anni successivi. Nel 1994 sarebbe stato riconfermato alla guida dell’Unione per un ulteriore periodo di quattro anni.

Zigante nel prendere le redini dell’Associazione caratterizzò con toni decisamente più politici l’attività istituzionale dell’Unione; tale indirizzo fu suggerito dalla situazione politica nazionale e dalle posizioni del Governo italiano nei confronti della situazione nella Jugoslavia, che stava vivendo il dramma della guerra fratricida, scatenata dalle dichiarazioni di indipendenza di Slovenia e Croazia, e che si sarebbe conclusa con la dissoluzione dell’ex Repubblica federativa creata dal Maresciallo Tito.

La Federazione delle Associazioni degli Esuli, spinta principalmente dall’Unione degli Istriani, pretese dalle due repubbliche secessioniste la rinegoziazione del Trattato di Osimo ai sensi del diritto internazionale e fece pressione sul Governo italiano affinché il riconoscimento delle repubbliche secessioniste fosse condizionato dalla restituzione dei beni: per gli esuli della Zona B, dopo anni di delusioni, si riaccese per un momento la speranza di ottenere un minimo di giustizia, ma la disputa  si concluse con un nulla di fatto. Anzi, Roma nel 1996 riconobbe formalmente che Lubiana e Zagabria sarebbero divenute “eredi” dell’Accordo.

Nel maggio 1992 Trieste ricevette la visita di Giovanni Paolo II: la Giunta esecutiva dell’Unione diede mandato al prof. Italo Gabrielli, alla prof.ssa Nerina Feresini ed al cav. Silvio Facchini di predisporre per l’occasione una supplica che venne poi consegnata al Pontefice dall’on. Giulio Camber, allora membro del Consiglio generale dell’Associazione.

Oltre a quella di carattere politico, anche le numerose iniziative culturali promosse dal Presidente Zigante ebbero un certo rilievo. Nel maggio 1993 il Premio Solidarietà Istriana venne conferito all’ex sottosegretario agli Affari Esteri Livio Caputo ed a Gabriella Fortuna, rispettivamente già vicedirettore e giornalista de Il Giornale, mentre per ricordare il cinquantesimo anniversario delle stragi delle Foibe, nel settembre-ottobre dello stesso anno furono programmate – per la prima volta con il Patrocinio del Comune di Trieste ed una relazione del Sindaco Giulio Staffieri – una serie di conferenze, mostre ed un pellegrinaggio simbolico a Pisino e a Parenzo, luoghi che per primi furono colpiti da questa tragedia.

Nel novembre 1994, con un ricco programma di convegni, cerimonie e mostre si festeggiarono a Trieste i  40 anni di vita dell’Unione degli Istriani. Nell’occasione della funzione religiosa nella cattedrale di San Giusto, venne benedetto il nuovo stendardo della Libera Provincia dell’Istria in Esilio. Il mese successivo venne pubblicata la seconda edizione dell’Albo d’Oro. La Venezia Giulie e Dalmazia nell’ultimo conflitto mondiale. Nel biennio 1995-1996 vennero pubblicati anche due volumi di testimonianze, Ritorni e Dai lunghi inverni, i primi pubblicati di questo genere. Nel maggio 1995 venne conferito a Mons. Luigi Parentin, cittanovese, da sempre impegnato in ricerche storiche sull’Istria e autore del volume intitolato Incontri con l’Istria, la storia, la sua gente, edito la prima volta nel 1991 dal Centro Culturale Gian Rinaldo Carli aderente all’Associazione.

Numerose furono poi le visite di personaggi di spicco della politica nazionale vicina agli Esuli, che presentarono in occasione di incontri pubblici il punto di vista rispetto alle questioni legate alle restituzioni dei beni ed agli indennizzi. Nell’estate del 1996 venne promosso un referendum tra gli associati al fine di conoscere le aspettative rispetto all’ipotesi di un ritorno nelle terre natie.

Denis Zigante sarebbe stato anche il primo Presidente dell’Unione degli Istriani ad incontrare il 17 maggio 1995, alla guida di una delegazione composta dal Vicepresidente Luigi Papo e dai signori Claudio Scioli, Dario Cotterle, Giovanni Copettari e Pietro Pocecco, un Presidente della Repubblica italiana. Ricevuta al Quirinale da Oscar Luigi Scalfaro, la rappresentanza dell’Associazione, profittando della circostanza per illustrare al Capo dello Stato l’Albo d’Oro, gli aveva manifestato lo stato d’animo degli esuli, chiedendogli il ripristino dei loro diritti disattesi. 

L’Unione partecipò in questo periodo anche al terzo Raduno dei Giuliano-Dalmati emigrati in Canada e soprattutto promosse, giocando un ruolo di primo piano nella macchina organizzativa, il Secondo Raduno mondiale dei giuliano-dalmati in esilio, svoltosi nei giorni 13 e 14 settembre 1997 a Trieste, patrocinato dalla Federazione delle Associazioni, della quale Zigante nel frattempo era stato eletto Presidente. La data coincise essenzialmente con il 50° anniversario dell’entrata in vigore del Diktat di Parigi; gli esuli intervennero a migliaia da tutta Italia e dall’estero, affollando piazza Unità d’Italia per ascoltare gli interventi dei rappresentanti delle loro associazioni e le autorità. Per il Governo (alla cui guida allora c’era Romano Prodi), prese la parola il ministro Antonio Maccanico il quale, iniziata da pochi minuti la sua orazione, venne pesantemente contestato, fischiato ed interrotto per aver osato pronunciare, di fronte ad una folla di profughi che reclamavano il diritto al ritorno, la seguente frase: “Il cammino verso l’Europa che la Slovenia ha intrapreso con decisione e l’inclinazione dimostrata dalla Croazia a stringere legami, rappresentano una chiara scelta che l’Italia apprezza e incoraggia…”; l’esponente politico dovette lasciare in tutta fretta la piazza, che nel frattempo aveva intonato il Va’ Pensiero assieme ai parlamentari triestini eletti nei partiti di centro-destra.

Il 1997 si concluse comunque con una nota positiva per l’Unione: ad un preciso intervento del Presidente Zigante, il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni dette seguito all’emissione del primo francobollo dedicato all’esodo giuliano dalmata. Con l’Assemblea dei soci del marzo 1998 Denis Zigante finiva il suo periodo di Presidenza. Gli subentrò ancora Silvio Delbello, che sarebbe rimasto alla guida dell’Unione per due mandati consecutivi.

Con il suo ritorno, Delbello promosse una serie di innovazioni, dotando ad esempio la sede di personal computer moderni e l’Associazione di un sito internet e della posta elettronica. Dopo pochi mesi dal suo insediamento si costituì anche il Gruppo Giovani che, composto inizialmente da una trentina di giovani discendenti, figli e nipoti di esuli, sarebbe stato guidato in un primo momento da Simone Vicky Peri  mentre, dall’anno 2000, dal futuro ed attuale Presidente dell’Unione Massimiliano Lacota.

La presenza continua di giovani nella sede di Palazzo Tonello rinvigorì l’atmosfera in tutti i settori di attività che vedevano impegnata l’Associazione. La partecipazione agli eventi organizzati aumentò fortemente con l’ingresso di una nutrita schiera di collaboratori, ed in particolare dell’allora giovanissimo Vicepresidente Enrico Neami. Le proiezioni settimanali di diapositive e di filmati, curate da Rino Tagliapietra e Franco Viezzoli, le mostre e la pubblicazione di volumi di carattere storico e memorialistico  –  favorite dai primi contributi statali di cui tutte le associazioni della Federazione degli Esuli beneficiarono dal 2003, grazie ad una specifica norma (Legge 72/2001) – incrementarono il numero di visitatori e frequentatori delle strutture della sede.

Si cominciò anche diffusamente a parlare negli ambienti dell’associazionismo triestino della costituzione di un Museo unitario che potesse rendere permanente la memoria dell’esodo giuliano-dalmata; l’Istituto Regionale per la Cultura Istriana (IRCI), sorto nel 1983 con la compartecipazione dell’Unione degli Istriani quale socio fondatore, ne aveva da tempo progettato la sua realizzazione. Nella sede di Palazzo Tonello vennero organizzate numerose iniziative pubbliche con la partecipazione di diversi esponenti politici, ed in particolare del Vicesindaco di Trieste Roberto Damiani, che annunciò in una di queste occasioni che il Comune aveva ipotizzato di destinare l’immobile dell’ex Ufficio di Igiene di via Torino a sede museale, come poi avvenne.

Una dei più importanti progetti promossi e realizzati da Delbello durante le due presidenze consecutive fu la realizzazione del primo monumento in Italia dedicato ai Martiri delle Foibe. Sostenuto e finanziato grazie all’impegno del Sindaco di Trieste Riccardo Illy - con il contributo dell’Unione degli Istriani - e creato dall’architetto Ugo Carà, il manufatto venne eretto in bella posizione nel Parco della Rimembranza sul Colle di San Giusto, ed inaugurato il 25 marzo 2000 con una partecipatissima cerimonia.

Altre iniziative degne di nota si concretizzarono in questo periodo: oltre al primo pellegrinaggio sulla Foiba di Surani, nell’Istria Croata, promosso in collaborazione con il Circolo Culturale Norma Cossetto nel 2000, vanno ricordati alcuni convegni, tra cui quello internazionale – il primo – ideato e organizzato nel febbraio 2003 dal Gruppo Giovani ed intitolato “Gli esodi del dopoguerra in Europa: aspettative e prospettive nel confronto fra giovani di seconda generazione”, che aveva visto la presenza di studiosi e storici da diverse parti d’Europa; si segnalano anche l’assegnazione di due edizioni del Premio Solidarietà Istriana all’ambasciatore Egone Ratzenberger (giugno 2000) ed all’ex ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi (gennaio 2002), e la partecipazione di una delegazione dell’Unione al raduno mondiale dei Giuliano Dalmati a Niagara Falls (settembre 2000).

L’Unione sostenne in quegli anni anche una petizione indirizzata al Governo italiano per l’indennizzo equo e definitivo dei beni nazionalizzati e confiscati dal regime di Tito che raccolse un discreto successo e non solo tra i soci.

Tra gli impegni dell’ultima parte della Presidenza Delbello un particolare rilievo assunse la discussione generatasi tra le associazioni degli esuli prima, e tra queste ed il Governo poi, sull’individuazione di una data unitaria con la quale celebrare il Giorno del Ricordo che stava per nascere, dopo un lungo periodo di dibattiti tra gli schieramenti politici rappresentati in parlamento. La diatriba finale vide il confronto tra due date simbolo: il 10 febbraio, chiesto a gran voce dai sodalizi dei profughi (che si erano alla fine comunque ricompattati tra loro) in ricordo dell’iniquo Trattato di Pace di Parigi del 1947, ed il 20 marzo coincidente con l’ultimo viaggio della motonave Toscana con cui, sempre nel 1947, si concludeva l’esodo plebiscitario dalla città di Pola.

Per la prima volta nel 2003, l’anno prima della promulgazione della Legge 92/2004, istitutiva del Giorno del Ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati, il labaro dell’Unione degli Istriani scortato da una folta delegazione dell’Associazione omaggiò i propri caduti all’Altare della Patria con una deposizione di corone alla presenza delle massime autorità dello Stato. Il 10 febbraio 2004 l’Unione promosse la prima celebrazione del Giorno del Ricordo con una solenne cerimonia nei saloni della Stazione Marittima di Trieste.

Al citato Presidente si deve anche il merito di aver predisposto, già dal 2004, in unità d’intenti con il suo predecessore avv. Lino Sardos Albertini, la progettazione della storia dell’Unione attraverso lo studio delle carte dell’importante archivio privato di quest’ultimo. Il lavoro, curato dall’ex Segretario generale dell’Unione dott. Rino Baroni, autore tra l’altro del volume “Trieste exit”, si concluse nel 2005 con la realizzazione di tre volumi intitolati “Gli Istriani in difesa dell’Istria italiana. Dal Memorandum d’Intesa al Trattato di Osimo”.

Il secondo mandato di Silvio Delbello si concluse con i festeggiamenti per il Cinquantesimo anniversario dell’Unione, svoltisi a Padriciano in uno dei saloni degli edifici dell’ex Centro Raccolta Profughi (CRP), in cui un mese prima il Gruppo Giovani aveva inaugurato – a seguito di una accurata ricerca in diversi archivi in Italia coordinata da Enrico Neami – una grande esposizione sulla vita dei profughi nei campi di accoglienza allestiti nel dopoguerra, che successivamente sarebbe diventata permanente, assumendo un vero e proprio carattere museale.                                 

2005 – 2013: Il nuovo rilancio e la proiezione europea[modifica | modifica wikitesto]

Già nell’autunno 2004, durante gli ultimi mesi del suo secondo mandato, Silvio Delbello aveva chiarito a tutto il Consiglio Direttivo la sua indisponibilità a ricandidarsi. A contendersi così la Presidenza dell’Associazione, con una campagna elettorale che raramente aveva animato così appassionatamente i soci dell’Unione, furono Francesco Zuliani e Massimiliano Lacota, rispettivamente Presidente della Famìa Ruvignisa e Coordinatore del Gruppo Giovani. Agli occhi degli esuli la sfida sarebbe stata concepita come un duello impari tra la “vecchia guardia” ed il “nuovo che avanza”. Fu così, infatti, che l’Assemblea riunitasi nel marzo 2005 per il rinnovo delle cariche sociali elesse con un voto quasi plebiscitario il nuovo Consiglio Direttivo ed il nuovo Presidente. Con Lacota, che sarebbe rimasto ancora per alcuni anni alla guida del Gruppo Giovani (che coordinava già dal 2000) furono eletti Enrico Neami (Vicepresidente vicario), Nelia Verginella Petris (secondo Vicepresidente), Francesco Balestier, Anita Derin, Diego Fava, Alan Male e Romano Manzutto (consiglieri).

La nuova dirigenza si distinse subito per un forte dinamismo che si riflesse su ogni aspetto della vita politica, amministrativa e culturale dell’Unione degli Istriani. L’avvio del mandato venne funestato dalla morte dell’avv. Lino Sardos Albertini, uno dei protagonisti e dei fondatori dell’Associazione. Ai funerali, imponenti, parteciparono commossamente tutti i soci dell’Unione ed una nutrita rappresentanza delle diverse Famiglie aderenti, che presenziarono con i propri vessilli e labari.

Lacota diede inizia da subito un nuovo impulso alla linea politica dell’Unione avviando una serie di contatti con altre associazioni minori di esuli (tra le quali l’ADES ed il Movimento Istria-Fiume-Dalmazia) e consolidando i rapporti personali già instaurati con alcune grandi organizzazioni di esuli tedeschi dall’ex Europa dell’Est.

Già nel corso delle manifestazioni svoltesi nel Teatro Verdi a Trieste in occasione del Giorno del Ricordo (10 febbraio 2005), Lacota aveva invitato la Signora Erika Steinbach, Presidente del Bund der Vertriebenen (la Federazione tedesca degli esuli con sede a Bonn), a tenere un discorso ufficiale dal palco alla presenza dell’allora Vicepresidente del Consiglio dei Ministri Gianfranco Fini e del Ministro degli Italiani nel Mondo Mirko Tremaglia. Questi primi contatti internazionali avrebbero portato alla firma di un protocollo di intesa tra l’Unione degli Istriani e la Sudetendeutsche Landsmannschaft, ovvero l’organizzazione di rappresentanza degli esuli tedeschi dai Sudeti (maggio 2005), con il patrocinio del Governatore della Baviera Edmund Stoiber.

La nuova Presidenza determinò un sensibile cambiamento anche nell’ambito dei rapporti con la Federazione delle Associazioni degli Esuli; rispetto al passato, le prese di posizione dell’Unione nei confronti di ANVGD in particolare, contribuirono ad un progressivo irrigidimento delle relazioni con il Governo italiano, rispetto alle mancate ed insoddisfacenti risposte di quest’ultimo alle varie problematiche sul tappeto. Lacota in particolare spinse la Federazione ad assumere una linea più intransigente nei confronti dell’Esecutivo, paventando inoltre, per la prima volta, la possibilità di una scissione nell’ambito della Federazione, accusata di scarsa incisività. Sulle posizioni dell’Unione, a seguito di un’affollata assemblea pubblica indetta congiuntamente e svoltasi a Trieste il 28 maggio 2005, si schierarono anche l’Associazione delle Comunità Istriane e del Libero Comune di Pola, i cui Presidenti Lorenzo Rovis e Silvio Mazzaroli, aderendo all’invito di Lacota, preannunciarono una nuova forma di collaborazione a tre. Un mese dopo sarebbe nato il Comitato di Coordinamento delle Associazioni degli Esuli Istriani (Co.Es.I.), il cui primo portavoce sarebbe stato Lacota, coadiuvato da tre membri per ogni associazione aderente: Silvio Mazzaroli, Argeo Benco e Lino Vivoda per il Libero Comune di Pola in Esilio; Lorenzo Rovis, Nicolò Novacco e Piero Parentin per l’Associazione delle Comunità Istriane; Enrico Neami e Nelia Verginella Petris per l’ Unione.

Il 2005 si sarebbe rivelato un anno ricchissimo per le attività sul piano politico, ma in particolare sul quello culturale. Numerose furono infatti le visite a Palazzo Tonello da parte delle autorità cittadine che vollero conoscere e salutare il nuovo Presidente, dal Governatore della Regione Friuli Venezia Giulia Riccardo Illy, che per la prima volta visitò la sede dell’Unione, al Sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, al Questore Domenico Mazzilli, al Presidente della Provincia Fabio Scoccimarro.

La grande eco sui giornali nazionali e sulle riviste di cultura della mostra CRP – Centro Raccolta Profughi di Padriciano CRP. Per una storia dei campi profughi giuliano-dalmati in Italia (1945-1975), realizzata nell’ottobre 2004 dal Gruppo Giovani per celebrare il 50° Anniversario dell’Unione degli Istriani e del ritorno di Trieste all’Italia dopo il periodo angloamericano, ne determinò una serie di proroghe e la visita di numerose comitive e delegazioni provenienti da tutta Italia, con personalità di primo piano della politica nazionale, come ad esempio Luciano Violante, Walter Veltroni, Pierluigi Castagnetti, Gianfranco Fini, Gianni Alemanno ed altri ancora.

Nel corso dell’estate fu avviata un’iniziativa mirata ad ottenere il riconoscimento dell’esposizione all’amianto per gli esuli che erano stati alloggiati nei campi profughi, e, di conseguenza, un risarcimento proporzionato al periodo di permanenza; questa azione seguiva di poco la promulgazione di una legge di indennizzo riguardante determinate categorie di lavoratori.

Conferenze, concerti, assemblee pubbliche si svolsero soprattutto nel periodo autunnale e invernale. Vanno ricordate la commemorazione del Centenario della nascita del venerabile Egidio Bullesi, il convegno svoltosi all’Auditorium del Museo Revoltella di Trieste sui trent’anni del Trattato di Osimo, che vide la partecipazione di studiosi di primo piano, la pubblicazione di due volumi di carattere memorialistico.

A partire da novembre, dopo alcune trasferte a Strasburgo, il Comitato di Presidenza dell’Unione decise di organizzare una grande manifestazione di protesta da svolgersi davanti all’Europarlamento, durante la prima riunione plenaria del 2006. Il numero 14 del Periodico dell’Associazione venne dedicato proprio a questa iniziativa, che vide la partecipazione di oltre 200 esuli, provenienti da tutta Italia, nonostante le persone autorizzate fossero state 150.

La rumorosa, riuscitissima, protesta ebbe luogo durante l’intera mattinata del 18 gennaio, con il rallentamento del traffico nelle strade circostanti, l’esposizione di diverse decine di cartelli e striscioni ed altrettante bandiere di Istria, Fiume e Dalmazia. Nel pomeriggio, invece, all’interno dell’emiciclo, si svolse la conferenza stampa alla presenza di numerosi eurodeputati e di una delegazione dell’Unione composta, tra gli altri, dal prof. Italo Gabrielli, Enrico Neami, Nelia Verginella Petris, Carlo Alberto Pizzi, Silvio Stefani, Silvio Mazzaroli, Argeo Benco, Aldo Flego. A prendere la parola, oltre a Lacota, gli eurodeputati Romano La Russa, Roberta Angelilli, Enrico Letta, Cristiana Muscardini, Francesco Speroni, Mario Borghezio e Luca Romagnoli.

L’8 febbraio a Roma per la prima volta nella storia d’Italia un Presidente della Repubblica insigniva al Quirinale i familiari delle vittime delle foibe; Carlo Azeglio Ciampi dava così piena applicazione alla legge 92/2004, voluta dal Parlamento italiano grazie all’impegno delle Associazioni degli esuli per perpetuare la memoria degli eccidi e delle stragi commessi a guerra finita al Confine Orientale.

Nel periodo estivo il Gruppo Giovani aveva predispose un presidio all’ex valico di Rabuiese, allora in funzione, distribuendo tutti i sabati e le domeniche agli automobilisti in fila per i controlli di routine migliaia di volantini in lingua italiana, inglese e tedesca, allo scopo di sensibilizzare potenziali acquirenti di immobili in Slovenia e Croazia sul problema dei beni confiscati agli esuli. L’esito di tale iniziativa fu positivo e si registrarono centinaia di richieste di informazione, giunte alla segreteria di Palazzo Tonello da parte di cittadini, soprattutto austriaci e tedeschi, interessati ad approfondire la tematica.

Proseguendo nel solco dell’internazionalizzazione delle vicende dell’esodo istriano, Massimiliano Lacota ed Enrico Neami, con la collaborazione e la consulenza di Isolde (Isa) Engelmann, cooperarono con diverse istituzioni scientifiche in Europa, allacciando nuovi rapporti e stringendo un accordo di cooperazione con il Zentrum gegen Vertreibung, sfociato nell’estate 2006 nella realizzazione della prima mostra internazionale in Europa sugli esodi e le espulsioni avvenute in Europa nel 20° secolo. Una delegazione dell’Unione degli Istriani prese parte, il 10 agosto, all’inaugurazione dell’esposizione alla presenza del Presidente del parlamento tedesco Norbert Lammert.

Per coinvolgere i giovani di terza generazione, nel settembre 2006 venne ricostituita – dopo quasi trent’anni di inattività – la Polisportiva dell’Unione degli Istriani; la squadra di calcio Libera Provincia dell’Istria in Esilio iniziò a giocare iscrivendosi al Torneo “Città di Trieste”, servendosi di giocatori di origine istriana.

Il secondo anno della presidenza Lacota si concluse con una serie di trasferte in Austria, Germania, Finlandia ed Estonia finalizzate al raggiungimento di un accordo unitario con lo scopo di dare forma ad una sorta di Federazione europea di tutte le grandi Associazioni di esuli ed espulsi, in grado di incidere presso le istituzioni dell’Unione Europea. Il 2007 avrebbe visto concretizzarsi questo importante progetto: dal 29 al 31 marzo 2005, sostenuto dalla Regione Friuli Venezia Giulia, si sarebbe svolto a Trieste il 1° Congresso Internazionale degli Esuli e degli Espulsi in Europa, cui presero parte 30 organizzazioni nazionali da 9 Paesi. I lavori si svolsero nella Sala Maggiore della Camera di Commercio e portarono alla firma della Dichiarazione di Trieste ed alla approvazione di una prima bozza dello Statuto di una costituenda organizzazione. Dopo numerosissime sessioni di lavoro tenutesi in Austria e Germania, il 1 dicembre dello stesso anno si sarebbe svolta l’Assemblea costituente, presieduta dal dott. Aldo Flego, che avrebbe sancito la nascita dell’Unione Europea degli Esuli e degli Espulsi (UESE). La leadership dell’Organizzazione sarebbe stata affidata a Massimiliano Lacota, eletto Segretario generale, il quale avrebbe poi nominato Enrico Neami quale Capo dell’Ufficio Esecutivo.

Il 2007 si aprì con una serie di iniziative messe a punto per ricordare il 60° anniversario del Trattato di Pace di Parigi: il Comitato di Presidenza votò all’unanimità la realizzazione di tre serie di manifesti e gigantografie da fare affiggere nei punti più importanti del centro di Trieste, denunciando esplicitamente truffe ed inganni dei vari governi italiani a danno degli esuli.

Seguirono numerose iniziative, anche di carattere editoriale, tra le quali la pubblicazione di un volume (Padriciano 60), conferenze sul tema del negazionismo delle Foibe ed incontri pubblici sull’incidente diplomatico tra Roma e Zagabria, generatosi a seguito delle dichiarazioni del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a proposito delle responsabilità slavo-comuniste nella pulizia etnica a danno degli italiani e nel disegno annessionistico di sottrarre la Venezia Giulia alla sovranità italiana, e che provocarono una violenta reazione da parte del Presidente croato Stjepan Mesić che lo accusò di aperto razzismo, revisionismo storico e revanscismo politico.

Il 20 febbraio venne convocato a Roma, dopo il cambio di Governo dell’anno prima, un tavolo di confronto con l’Esecutivo, rappresentato per l’occasione dai sottosegretari Ettore Rosato, Enrico Letta e Famiano Crucianelli. Ci fu una successiva riunione nel mese di luglio, nella quale vennero riesaminate le due questioni ancora aperte (restituzioni dei beni da parte di Slovenia e Croazia ed indennizzo da parte dell’Italia); dopo quasi due anni dalla ripresa del dialogo con le associazioni degli esuli, comunque, gli esiti si sarebbero rivelati del tutto insoddisfacenti.

Si registrarono anche diversi interventi del Presidente Lacota, con ampio risalto sulla stampa triestina e slovena, rispetto al contenzioso con Lubiana sulla restituzione – periodicamente avanzata dalle autorità  – delle opere d’arte del Carpaccio, del Vivarini e del Tiepolo, originariamente conservate in chiese e palazzi di Capodistria e Pirano, rimosse a scopo preservativo nel 1941 dalle autorità italiane ed ora custodite nei locali del Museo Sartorio di Trieste.

Il 15 settembre, con una solenne e partecipata cerimonia, ebbe luogo l’inaugurazione del primo monumento dedicato all’esodo istriano in Europa. Realizzato dall’Unione degli Istriani, venne eretto nel parco principale di Gurk, in Carinzia, accanto ad altri che ricordano esodi ed espulsioni di popolazioni avvenuti durante e dopo la seconda guerra mondiale. Per l’occasione furono noleggiati ben cinque pullman che da Trieste portarono oltre 250 esuli ed il Coro Arupinum dell’Associazione in Austria.

La grande manifestazione ideata dal Presidente Lacota per ricordare le persistenti ingiustizie a danno degli esuli istriani concluse l’attività sociale del 2007. Promossa in concomitanza con i festeggiamenti organizzati al valico di Fernetti dalle autorità italiane e slovene la sera del 20 dicembre, ovvero il giorno prima della caduta dei confini per effetto dell’adesione della Slovenia al Trattato di Schengen, la commemorazione vide la partecipazione di centinaia di persone e di una folta rappresentanza di tutti i partiti di centro destra della Regione: una marcia silenziosa con fiaccolata lungo le rive di Trieste e poi, allo scoccare della mezzanotte, l’attraversamento simbolico del confine presso l’oramai ex valico di San Bartolomeo, nei pressi di Muggia.

Anche il 2008 fu un anno ricco di iniziative, nelle quali l’Unione degli Istriani si distinse nettamente. In occasione del Giorno del Ricordo vennero emessi due erinnofili, di cui uno dedicato al Liceo Ginnasio Combi di Capodistria: Poste Italiane, infatti, aveva ritardato a causa di non meglio precisati problemi tecnici l’emissione di un francobollo da 60 cent dedicato alla celebre scuola. La Famiglia Capodistriana, presieduta da Anita Derin che si era prodigata per conseguire il risultato, in qualità di membro del Comitato ex Allievi dell’ex ginnasio italiano, titolare della pratica, protestò fermamente con la pubblicazione di  una dura nota del suo Segretario Pietro Valente. Il francobollo alla fine uscì con una dicitura diversa da quella prevista inizialmente, per evitare polemiche con la Slovenia, evitando il ripetersi di un nuovo incidente diplomatico, com’era avvenuto l’anno precedente per il francobollo di Fiume italiana.

Su proposta del Comitato di Presidenza, in occasione del Giorno del Ricordo venne istituito il Premio alla Cultura “Histria Terra”, da assegnare a quelle personalità che si fossero dedicate allo studio ed alla divulgazione della cultura e delle tradizioni istriane. La prima edizione venne conferita al dott. Aldo Cherini, ricercatore capodistriano versatile e noto appassionato di storia patria.

Una delle iniziative più importante dell’anno fu il pellegrinaggio del 10 febbraio alla Foiba di Roditti, in Slovenia, a pochi chilometri dal confine italo sloveno di Pese, dove nel maggio 1945 vennero fatti precipitare 97 finanzieri prelevati dalle caserme di Trieste dopo l’occupazione slavo-comunista (1 maggio12 giugno 1945). La commemorazione venne però bloccata dalla polizia slovena che ne impedì con un atto arbitrario – successivamente condannato dal  parlamento di Strasburgo – lo svolgimento. Il pullman degli esuli venne infatti fermato all’ingresso in territorio sloveno e ripetutamente multato per aver voluto comunque proseguire nell’intento di omaggiare innocenti vittime della pulizia etnica titina; la comitiva riuscì infatti a raggiungere l’ex miniera di Roditti e poi l’ex casa delle torture dell’OZNA a Capodistria, deponendo due corone di alloro. Il comportamento degli agenti di polizia venne denunciato alle autorità europee che stabilirono, dopo pochi mesi, che la manifestazione avrebbe dovuto svolgersi liberamente, intimando anche la restituzione degli importi delle sanzioni, illegalmente pretesi.

Tra le numerose iniziative realizzate, quella di maggior rilievo fu la realizzazione – in collaborazione con il Libero Comune di Pola in Esilio – del primo monumento per le vittime della Strage di Vergarolla, dedicato alla memoria del dott. Geppino Micheletti. Progettato dall’arch. Ennio Cervi, venne inaugurato il 18 agosto nel piazzale Rosmini a Trieste.

Il 20 settembre, anniversario della breccia di Porta Pia, l’Unione commemorò con una suggestiva cerimonia in mare i 302 volontari irredenti giuliani-dalmati caduti durante la prima guerra mondiale combattendo con il Regio Esercito. Due motonavi impavesate con a bordo quattrocento persone, tra le quali le autorità civili e militari di tutta la Regione, raggiunsero il centro del Golfo di Trieste; per ogni caduto, dopo la benedizione, fu lanciata una rosa rossa.

Il 4 ottobre si svolse nella cattedrale di San Giusto la cerimonia solenne di beatificazione di don Francesco Bonifacio, alla quale presero parte centinaia di fedeli. In segno di silenziosa protesta l’Unione vi partecipò facendo visibilmente esporre bandiere, labari e cartelli all’esterno del duomo, il cui accesso all’interno venne inspiegabilmente vietato.

Venti giorni dopo venne sottoscritto prima a Trieste e poi a Klagenfurt l’accordo di partenariato tra l’Unione degli Istriani ed il Kärntner Abwehrkämpferbund (KAB).

Ulteriori iniziative in campo editoriale, come la realizzazione della ristampa in edizione anastatica dell’opera Il Grido dell’Istria, e sociale, con la programmazione di un workshop per studenti, coronarono un periodo di intenso lavoro cui parteciparono tutti i membri del Comitato di Presidenza.

Concluso il primo mandato triennale, l’Assemblea chiamata al rinnovo degli organi sociali, rielesse il 26 gennaio 2009 all’unanimità Massimiliano Lacota Presidente, riconfermando alla Vicepresidenza Enrico Neami (vicario), Nelia Verginella Petris e l’intero Consiglio generale uscente, con l’eccezione di Alan Male, al quale subentrò il giovanissimo Enrico Brandmayr.

A margine delle successive celebrazioni del Giorno del Ricordo vennero organizzate diverse manifestazioni, oltre alla seconda cerimonia di assegnazione del Premio Histria Terra, conferito al dott. Luigi Papo.

Il 28 febbraio Lacota promosse il secondo pellegrinaggio in Slovenia, dopo il tentativo dell’anno precedente in quel di Roditti. Dopo aver ottenuto tutte le autorizzazioni richieste dagli organi di polizia sloveni, un pullman di esuli partiti da Trieste raggiunse Corgnale di Divaccia, dove presso la Foiba di Golobivnica avrebbero dovuto omaggiare le vittime colà uccise. Ad attenderli, lungo il sentiero sterrato che conduce alla voragine, i visitatori trovarono una turba di cittadini sloveni travestiti da partigiani, con tanto di stella rossa sui berretti, incredibilmente accompagnati da bambini. Nonostante le insistenze e le proteste dei rappresentanti dell’Unione, si dovette rinunciare per evitare lo scontro fisico.

I fatti suscitarono indignazione in tutto il mondo politico, e si sfiorò l’incidente diplomatico tra Italia e Slovenia. Il Presidente Lacota non volle però abbandonare l’idea di commemorare le vittime della dittatura slavo-comunista ed a seguito di una affollatissima assemblea pubblica, ripropose il pellegrinaggio che poté così svolgersi, senza nessun incidente, il successivo 23 maggio alla presenza anche delle autorità diplomatiche italiane.

Il 2009 si caratterizzò per lo straordinario impegno nella strutturazione dell’Unione Europe degli Esuli e degli Espulsi. Continui incontri internazionali presso la Commissione Europea e la partecipazione alle diverse sessioni plenarie dell’Europarlamento assorbirono quasi completamente il Presidente Lacota ed il Vicepresidente Neami. Si stavano gettando infatti le basi per ottenere il riconoscimento giuridico dell’Organismo internazionale da parte delle istituzioni europee, finalizzato all’istituzione di una Commissione ad hoc per la trattazione del problema irrisolto delle espulsioni e dei risarcimenti dei beni confiscati.

Tuttavia vennero promosse numerose attività, tra le quali le commemorazioni del 12 giugno (la liberazione di Trieste dall’occupazione jugoslava), del 19 luglio (in ricordo dei volontari irredenti caduti sul Podgora il 19 luglio 1915), mentre in precedenza (9 maggio) presso la Foiba di Basovizza, con una cerimonia organizzata assieme alla Lega Nazionale ed alla Federazione Grigioverde, l’Unione degli Istriani e il KAB commemorarono congiuntamente le vittime dei terribili 40 giorni. Particolarmente efficace fu l’intervento del Presidente dei combattenti carinziani Fritz Schretter, che fece un analisi comparativa rispetto alle vicende simili occorse nel Land austriaco nel maggio 1945.

Tra l’estate e l’autunno 2009 vennero dati alle stampe tre volumi che riscossero un ottimo successo: Momiano in cartolina, curato dal Circolo Momianese, il volume Giovanni Vesnaver. Uno studioso istriano, realizzato dalla Fameia Portolana  e poi la ristampa anastatica dello studio di Virginio GaydaLa Jugoslavia contro l’Italia. Documenti e rivelazioni.

Una delegazione dell’associazione partecipò il 10 ottobre a Klagenfurt, ospite del Governo della Carinzia per i festeggiamenti del Volksabstimmung, il plebiscito del 1920 che aveva sancito l’unione della Carinzia del sud all’Austria dopo l’occupazione militare di due anni prima da parte dell’esercito del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.

Il 10 dicembre, infine, venne inaugurata una mostra sulla figura di Francesco Salata, in occasione del 90° anniversario dell’istituzione dell’Ufficio Centrale per le Nuove Province. La pubblicazione del catalogo, con la preziosa collaborazione dell’Archivio di Stato di Trieste e della sua direttrice Grazia Tatò, suscitò grande interesse.

L’anno si concluse con la visita ufficiale dell’ Arcivescovo Giampaolo Crepaldi, avvenuto pochi giorni prima che si concludessero i lavori del restauro della sede di Palazzo Tonello, avviati nel 2006, e con lo scoprimento, nella rinnovata Sala Maggiore, della lapide in memoria dell’irredentista buiese Donato Ragosa.

Il 2010 vide Unione degli Istriani protagonista di numerosissime iniziative. Partendo dalle celebrazioni del 10 Febbraio e dall’assegnazione del Premio Histria Terra all’esule Claudio Antonelli ed al Prefetto della Congregazione degli Italiani di Vienna, Sergio Valentini, si tennero poi diverse riunioni pubbliche sui temi di attualità. In particolare venne trattato il fenomeno del crescente negazionismo delle foibe e la presa di posizione del Presidente Lacota favorì l’approvazione di una risoluzione da parte della VII Commissione della Camera dei Deputati, scatenando reazioni contrapposte negli schieramenti partitici. Il tema venne trattato anche a livello nazionale con ampi articoli sulla stampa.

Il 27 marzo si svolse ancora un pellegrinaggio in Slovenia, questa volta presso le Foibe di Gargaro e Ternova della Selva, a ridosso della città di Gorizia, mentre nei mesi successivi venne riallestita la mostra permanente CRP di Padriciano con una presentazione al pubblico del restyling del sito.

Un nuovo fronte di polemiche in città si sarebbe aperto con il concerto in piazza Unità d’Italia diretto dal Maestro Riccardo Muti ed organizzato dal Festival Ravenna con la partecipazione dei Capi di stato di Italia, Slovenia e Croazia. La scelta della data, il 13 luglio, coincidente con il 90° anniversario dell’incendio del Balkan, e soprattutto il ricatto del Presidente sloveno Danilo Türk, che intese vincolare la sua presenza ad un omaggio ufficiale congiunto alle vittime slovene del rogo, divise profondamente la città. Alla fine, per evitare di far saltare l’appuntamento internazionale, venne trovato un accordo che stabilì la posa di una corona da parte dei tre Presidenti presso il monumento dell’Esodo di piazza della Libertà. L’Unione degli Istriani, così come tutti gli istriani, non presenziò a nessuno dei momenti celebrativi.

In ottemperanza ad una risoluzione del Parlamento Europeo che sancisce il 23 agosto come Giornata Europea in Memoria delle Vittime dello Stalinismo e del Nazismo, l’Associazione promosse una cerimonia con deposizione di corone davanti all’obelisco luminoso di piazza Goldoni, realizzato dal Comune di Trieste anni addietro per ricordare tutte le vittime dei nazionalismi.

Tra le altre iniziative realizzate nel corso dell’anno, vanno citate la pubblicazione del volume Il mio tailleur rosso  con i bottoni di bambù di Annamaria Muiesan Gaspàri, e la costituzione della Delegazione di Vienna, affidata a Enrica Danek Valentini.

Il 3 settembre giunse a Trieste, su invito dell’Unione, il Presidente del Consiglio Regionale della Carinzia, Josef Lobnig, il quale dopo le visite di cortesia presso le autorità locali, visitò il CRP di Padriciano e la Foiba di Basovizza, tenendo alla fine della giornata una conferenza stampa nella sede di Palazzo Tonello, preannunciando le iniziative congiunte dei mesi seguenti.

Il 10 ottobre una delegazione dell’Associazione composta da oltre 80 soci prese parte all’imponente corteo rievocativo di Klagenfurt, svoltosi nel 90°anniversario del plebiscito svoltosi nel 1920. Nei giorni 2 e 3 dicembre il Presidente Lacota ospitò a Trieste l’ambasciatore armeno Rouben Karapetian che non mancò di visitare la sede dell’Unione.

Anche il 2011 fu un anno di intensa attività. Nel solco della consolidata tradizione, oltre alle cerimonie del 10 febbraio, si svolsero decine di conferenze ed assemblee pubbliche. Sul piano internazionale, il Presidente Lacota non mancò di coltivare i rapporti con le organizzazioni partner, partecipando a numerose iniziative ed intervenendo in una ventina di convegni.

Il 17 marzo venne convocata l’Assemblea generale in occasione del 150° anniversario della fondazione dello Stato Unitario, in seno alla quale venne adottata all’unanimità (registrata una sola astensione) una risoluzione che avrebbe regolato i rapporti con la minoranza italiana in Istria. Il 19 marzo, invece, presso la Stazione Marittima venne organizzato il primo Concerto dell’Amicizia assieme al KAB, con la partecipazione di oltre cinquecento persone.

Particolare rilievo ebbero le iniziative associative legate alla storia dell’esodo, come ad esempio la conferenza del magistrato Fulvio Rocco, già Presidente della Sezione Giovanile dell’Unione, per ricordare le figure di Francesco Salata ed Antonio de Berti, entrambi istriani.

Da rilevare inoltre la partecipazione di una delegazione composta dai membri del Comitato di Presidenza dell’Unione all’incontro ufficiale svoltosi il 3 settembre a Pola tra il Presidenti Giorgio Napolitano ed Ivo Josipović.

Il 9 e 10 gennaio 2012 si inaugurarono i primi colloqui ufficiali con i nuovi rappresentanti diplomatici italiani a Zagabria e Lubiana, gli ambasciatori Emanuela D’Alessandro e Rossella Franchini Sherifis. Ai due incontri presero parte il Presidente Lacota ed il Vicepresidente Neami, i quali colsero l’occasione per ribadire le posizioni dell’Associazione nei confronti delle problematiche ancora aperte.

Le cerimonie per il Giorno del Ricordo aprirono le stagioni delle conferenze, con ospiti provenienti dall’Austria, dalla Germania e dall’Armenia. Presso la Camera di Commercio, infatti, l’11 febbraio si svolse, organizzato dalla UESE, un convegno internazionale sul Genocidio armeno, presieduto dal ministro per la Diaspora Hranoush Hakobyan.

Tra le iniziative che furono promosse nel corso dell’anno, vanno menzionati il pellegrinaggio all’ex gulag di Borovnica (26 maggio), il restilyng del sito web dell’associazione (luglio), la Festa dell’Amicizia ad Eberndorf, in Carinzia (19 agosto) con grande successo di pubblico, la partecipazione di una delegazione dell’Associazione alla Festa del Popolo resiano (9 agosto), un’escursione storico-didattica presso le fortificazioni esistenti del Vallo Alpino del Littorio, lungo l’ex confine di Rapallo, in Slovenia (15 settembre), una conferenza pubblica sul tema della riconciliazione (2 ottobre).

Il 3 ottobre ebbe luogo alla Farnesina il primo incontro, dopo tre anni di silenzio, tra il Governo e le Associazioni degli esuli, mentre nello stesso mese venne pressoché ultimato il primo lotto dei lavori di restauro conservativo dello stabile museale dell’ex Campo Profughi di Padriciano.

A conclusione dell’attività culturale 2012, ebbe luogo a Palazzo Tonello il 24 novembre la Serata culturale resiana, ovvero una conferenza di carattere storico ed uno spettacolo folkloristico con la partecipazione di bambine in costume; vi presenziarono il Sindaco di Resia Sergio Chinese e lo storico Gilberto Barbarino.  

Con la fine del 2012 ebbe termine anche il secondo mandato della Presidenza Lacota, ed alle successive elezioni svoltesi nel gennaio 2013, l’Assemblea generale diede piena conferma alla linea politica associativa di continuità nella coerenza che già aveva contraddistinto le presidenze precedenti, sia nei rapporti con le organizzazioni consorelle del complesso mondo giuliano-dalmata, sia nei confronti del Governo italiano  e nell’ambito dei più ampi rapporti internazionali e diplomatici. Acclamò quindi, con voto plebiscitario, il nuovo Consiglio generale, riconfermando sostanzialmente il gruppo dirigente uscente tuttora in carica: Presidente per la terza volta Massimiliano Lacota, Vicepresidenti Enrico Neami (vicario) e Nelia Verginella Petris, Francesco Balestier, Enrico Brandmayr, Anita Derin, Guido Luca Brunello, Romano Manzutto, consiglieri. Per il Collegio dei Revisori dei conti: Giovanni Pugliese (Presidente), Tullio Parenzan e Luigi Fava (sindaci effettivi). Per il Collegio dei Probiviri: Beniamino Moscarda (Presidente), Mario Zangrando ed Armando Gelletti (membri effettivi).

I presidenti[modifica | modifica wikitesto]

Nicolò Martinoli[modifica | modifica wikitesto]

Nicolò Martinoli

L’ingegner Nicolò Martinoli fu eletto primo Presidente dell’Unione degli Istriani nell’assemblea svoltasi nel dicembre 1954 presso la Sala Maggiore della Camera di Commercio. Nacque il febbraio 1888 a Lussinpiccolo, città della quale fu Podestà per più volte e che lasciò nel 1945, trasferendosi a Trieste. Laureato in architettura navale a Vienna, visse nel capoluogo giuliano, ricoprendo cariche di importanza: fu Presidente della Società di navigazione Marco N. Martinolich e Lussino, e Vicepresidente della Camera di Commercio di Trieste e della Sasa (Società di assicurazioni), nonché Presidente dell’Associazione armatori liberi italiani, che aveva sede a Roma. E sempre a Trieste si spense nel luglio del 1961.



Guido Cosulich[modifica | modifica wikitesto]

Il capitano Guido Cosulich nacque a Lussinpiccolo il 27 settembre 1887, dalla prestigiosa famiglia di armatori, che successivamente avrebbero dirottato la propria attività anche al trasporto aereo, fondando negli anni Venti del Novecento la prima compagnia di linea in Italia, la Società Italiana Servizi Aerei (SISA). Frequentò il Liceo classico Dante Alighieri e l’Accademia nautica a Trieste, e nel 1910 conseguì il brevetto di capitano di lungo corso. Dopo la Prima guerra mondiale fino al 1919, fu al comando del transatlantico “Presidente Wilson”.

Guido Cosulich

Nel 1926 prese il posto del fratello Oscar, tragicamente scomparso, alla direzione della Società triestina di navigazione “Cosulich” e due anni dopo, quando essa divenne socia di maggioranza del Lloyd Triestino, il cap. Cosulich ne assunse l’incarico di amministratore delegato prima, e di direttore generale poi, dal 1937 al 1958. Assunse la Presidenza dell’Unione degli Istriani dal 1961, succedendo all’ing. Nicolò Martinoli, fino all’improvvisa morte avvenuta a Trieste il 26 ottobre 1962. Durante la sua vita, ricoprì numerose cariche, delle quali si ricordano: vice podestà di Trieste, Presidente della Sezione marittima della Camera di Commercio locale, consigliere amministrativo della società di navigazione “Lussino”, della Riunione Adriatica di Sicurtà e della SASA. Fu inoltre Presidente dello “Yacht Club Adriaco”, Vicepresidente della Croce Rossa Italiana locale, direttore della sezione marittima del Cenacolo triestino, nonché  grand’ufficiale dell’Omri, medaglia d’oro della Finmare e socio onorario del Rotary Club di Trieste.


Antonio Della Santa[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Capodistria nel 1908, figlio terzogenito di Terenzio, e di Giovanna D’Este, figlia di un imprenditore navale.

Antonio della Santa

Dopo aver conseguito la maturità classica presso il Liceo Carlo Combi della città natale, si laureò alla Facoltà di Medicina dell’Università di Siena, specializzandosi in Radiologia. Passò, quindi, alla Scuola di Sanità Militare, conseguendovi il grado di Ufficiale e, durante il secondo conflitto mondiale, prestò la sua opera presso l’Ospedale Militare di Trieste e successivamente in Russia. Finita la guerra, riprese il suo lavoro presso l’Ospedale Infantile Burlo Garofalo, dove ebbe modo di farsi apprezzare per la sua alta professionalità.

Per molti anni consigliere comunale del Partito Liberale Italiano (PLI), Della Santa seppe guadagnarsi la stima generale. Fu da sempre molto impegnato in prima persona nel panorama associativo degli esuli: nel maggio del 1957 fu nominato Commissario straordinario del Comitato provinciale dell’ANVGD di Trieste e, già Consigliere dell’Unione degli Istriani fin dalla sua fondazione, contribuì alla suo potenziamento assumendo nel tempo sia la dirigenza del Centro di Vigilanza Nazionale, fondato nel 1960, e successivamente la carica di consigliere del Consorzio per i Beni Abbandonati. Fu Presidente dell’Unione degli Istriani dal settembre del 1963 al gennaio del 1967, anno in cui decise di non ricandidarsi a causa degli impegni professionali. Non venne mai comunque meno il suo impegno per la causa istriana, accettando, dal 1968 e mantenendola fino all’ultimo, la Presidenza della Fameia Capodistriana, della quale era stato membro del direttivo per più periodi sin dalla sua nascita nel 1956. Fra i vari incarichi di cui fu investito, ricordiamo la sua Presidenza all’Associazione di Sanità Militare, che ricoprì per più anni. Fu anche figura di rilievo in seno alla Lega Nazionale, appoggiando le iniziative patriottiche ed assistenziali dell’ente, e fu socio attivo del Lions Club, in adesione alle funzioni che il benemerito sodalizio riveste nel campo della cultura e del bene pubblico. Il 4 luglio 1987 si ricongiunse al fratello Angelo, il più giovane dei volontari capodistriani, M.A. al V.M., caduto sul Piave il 22 luglio 1918, per quegli stessi ideali che perseguì in tutta la sua vita.

Lino Sardos Albertini[modifica | modifica wikitesto]

Lino Sardos Albertini nacque il 17 giugno 1915 ad Abano Terme, dove la famiglia, lasciata Capodistria, aveva cercato rifugio allo scoppio della Grande Guerra. Rientratovi dopo il  1918, riparò a Trieste dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Laureatosi brillantemente in giurisprudenza a Roma, esercitò la professione di avvocato durante tutta la sua vita, conducendo uno studio legale di rilievo a Trieste.

Lino Sardos Albertini sulla destra

Fervente cattolico, nel 1954 fu nominato Presidente della Giunta diocesana di Azione Cattolica di Trieste dal Vescovo di Trieste e Capodistria Mons. Antonio Santin e ne rimase alla guida fino al 1964. Nel gennaio del 1962, proprio in riconoscimento dei servizi resi alla Diocesi di Trieste, venne insignito della commenda dell’Ordine di San Gregorio Magno. Continuò tuttavia ad impegnarsi nell’associazionismo cattolico: nel 1966, gli venne affidata, infatti, la Presidenza del Comitato pro erigenda Casa Esercizi spirituali, incarico che gli permise di continuare a mantenere contatti con personalità del mondo religioso e di poter incontrare frequentemente Mons. Santin.

Promotore nel 1954 della costituzione dell’Unione degli Istriani, né fu il primo Vicepresidente fino al 1961, nonché primo Presidente della Giunta esecutiva fino al 1963. Nel febbraio del 1967 ne assunse la Presidenza, carica che, nel frattempo, a seguito di una modifica allo Statuto, aveva acquisito reale potere direttivo, e non puramente rappresentativo come in precedenza, e dalla quale diede le dimissioni nell’agosto del 1976, in seguito alle quali fu nominato Presidente onorario.

Prese parte all’assemblea costituente della Fameia Capodistriana, sorta in seno all’Unione degli Istriani nel giugno 1956, e da subito fece parte del Consiglio direttivo della stessa.

Su iniziativa dell’associazione, diede vita nel luglio 1971 al Centro Nazionale di Coordinamento dei Comitati in Difesa della Zona B (CNC), di cui assunse la Presidenza. Dopo la firma del Trattato di Osimo, nel tentativo di sensibilizzare i partiti e l’elettorato sui pericoli degli accordi siglati e nel tentativo di impedirne la ratifica da parte del Parlamento, promosse e istituì, in accordo con l’Unione degli Istriani, il Centro Nazionale di Coordinamento per la Salvezza di Trieste e nell'interesse della Pace, di cui assunse la Presidenza nell’estate del 1976, date le dimissioni dalla Presidenza dell’Unione.

Ricoprì incarichi istituzionali nell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia locale; la Delegazione nazionale dell’ANVGD, infatti, fu istituita a Trieste nel 1956: all’ avv. Sardos Albertini fu data, per esigenze di tipo organizzativo, la prima gestione commissariale. Nell’aprile del 1962 ricoprì la carica di Presidente che, in ragione di una modifica statutaria, lo fece divenire anche membro di diritto del Consiglio Nazionale e dell’Esecutivo centrale dell’ANVGD, e Vicepresidente della stessa.

Per la sua attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e di difesa della Zona B, fu oggetto di aspre critiche e di attacchi politici.

E’ stato autore di vari studi, pamphlet, promemoria a carattere divulgativo e pubblicazioni organiche di carattere giuridico.

Fra le varie cariche che ricoprì, si ricordano: Direttore del settore giuridico del Cenacolo Triestino, di cui fu anche nel Consiglio direttivo; Presidente del Centro Culturale Papini; Presidente dell’Archeo Club di Trieste; Consigliere nazionale dell’Associazione Italia Irredenta; Vicepresidente dell’Unione Paneuropea Italia.

Italo Gabrielli[modifica | modifica wikitesto]

Italo Gabrielli è nato nel gennaio 1921 a Pirano. Conseguita la maturità classica presso il liceo “Carlo Combi” di Capodistria nel 1939, sostenne e superò l’esame di ammissione alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove si iscrisse alla facoltà di fisica. Interrotti gli studi a causa della Seconda guerra mondiale, durante la quale prestò servizio militare anche come sottotenente del Genio presso la Guardia alla Frontiera, si laureò a Pisa nel 1946. Già precedentemente trasferitosi a Trieste, qui visse e insegnò all’Università, come Professore associato presso l’Istituto di Fisica della Facoltà di Ingegneria, fino al 1991 e, nel corso della sua attività nell’ambito dell’ultracustica e della fisica nucleare, ha praticato la propria ricerca scientifica anche presso altri istituti, fra cui ricordiamo: il Cern di Ginevra, il Lawrence Radiation Laboratory di Berkeley (California), i Centri di Grenoble e Saclay (Parigi).

Italo Gabrielli

È stato Presidente dell’Unione degli Istriani dal 1976 al 1981, impegnandosi totalmente  in una aspra battaglia contro la ratifica parlamentare del Trattato di Osimo e, successivamente, di sensibilizzazione sulle conseguenze degli accordi.

Una volta spirato il mandato, ha continuato a occuparsi degli interessi del mondo esule in altre sedi: ha partecipato all’attività politica locale, venendo eletto Consigliere Comunale della Lista per Trieste nel 1982, rappresentando le esigenze di parte dell’elettorato degli esuli.  Nel 1983 è stato uno dei promotori della visita dei profughi istriani in Vaticano, dove ha avuto la possibilità di consegnare a Papa Giovanni Paolo II il volume “La questione di Trieste” di Diego de Castro; nel 1988 è stato tra i fondatori, assieme ad una trentina di delegati provinciali dell’ANVGD riuniti a Gorizia per il 13° Congresso nazionale, del “Gruppo Memorandum 88” di Esuli, organo che si prefigge specificatamente il fine di segnalare la violazione dei diritti degli esuli da parte dei Governi italiani.

È autore di pubblicazioni sia di carattere scientifico, legate alla propria opera di ricerca come docente universitario, che di scritti di carattere storico e culturale sulle vicende  delle terre sul confine orientale, fra cui si ricorda: “Dove l’Italia non poté tornare”(2004). Ancora, nel 2006, ha partecipato alla manifestazione di protesta dell’Unione degli Istriani a Strasburgo, davanti al Parlamento europeo.

Fulvio Miani[modifica | modifica wikitesto]

Fulvio Miani

Fulvio Miani fu il sesto Presidente dell’Unione degli Istriani, carica che ricoprì attivamente dal 1981 al 1985, pur essendo stato, all’interno dell’associazione stessa, già particolarmente operoso, come animatore del Circolo Culturale Gian Rinaldo Carli.

Insegnante e figura di rilievo dello scautismo triestino, militò nella Lega Nazionale, e fu collaboratore della “Repubblica dei Ragazzi” di Trieste. La sua Presidenza si concentrò negli sforzi di far rinascere l’organizzazione dopo l’estenuante battaglia condotta contro la ratifica parlamentare del Trattato di Osimo. Venne ripresa la stampa del notiziario  e, nel 1984, si giunse all’acquisto della sede in Piazza Goldoni, realizzando così il progetto, a lungo pianificato, della “Casa Madre degli esuli istriani, fiumani e dalmati”. Ebbe profondamente cara la bandiera dell’Istria, che affidò ai giovani alpinisti triestini, perché la ponessero nelle cime della Ande, e che portò anche nelle mani di Papa Giovanni Paolo II nell’udienza del 1985. Nello stesso anno si spense a Trieste.


Silvio Delbello[modifica | modifica wikitesto]

Nato nel 1934 a San Lorenzo di Daila, frazione del Comune di Umago d’Istria, da una famiglia di agricoltori. Sposato, ha due figli, Nicoletta e Alberto ed un nipote, Lorenzo. Dopo aver frequentato la scuola primaria a San Lorenzo (1940 – 1945) e la secondaria fra Umago, Gorizia e Capodistria, ha completato gli studi superiori a Trieste, all’Istituto Nautico, conseguendo il diploma di capitano nel 1955.

Silvio Delbello

Dopo le prime esperienze di occupazioni temporanee, il suo impegno lavorativo si è svolto in grandi aziende triestine (Lloyd Triestino di Navigazione e Lloyd Adriatico di Assicurazioni), proseguendo quindi nell’azienda famigliare e maturando esperienze diverse nel campo commerciale e della comunicazione.

Nel corso degli anni ricoprì vari incarichi in organismi nel settore della comunicazione: ha fatto parte del Consiglio Direttivo della FERPI (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana), del Movimento Federalista Europeo e di altre organizzazioni.

E’ già stato, per un lungo periodo, Presidente della Famiglia Umaghese, l’associazione degli esuli originari di quel Comune istriano aderente all’Unione degli Istriani.

Da Vicepresidente negli anni Ottocento e Novecento, dell’associazione Giuliani nel Mondo di Trieste, ha promosso la nascita di diversi Club Giuliano-Dalmati  in Canada e in Sud Africa rinsaldando i rapporti con le altre  Comunità di emigrati nei Paesi di oltreoceano. Nel 1992 ha promosso la costituzione della Federazione Canadese dei Club Giuliano Dalmati e ha partecipato attivamente ai Raduni di Chatham, Toronto, Niagara Falls in Canada e Sydeny in Australia.

E’ stato fra gli ideatori della costituzione della Federazione delle Associazioni degli Esuli nonché il promotore di varie iniziative nel campo culturale e memorialistico del mondo degli Esuli, sempre impegnato nella difesa dei loro interessi.

Ha favorito, ad esempio, anche l’erezione assieme alla Provincia di Trieste, del monumento che ricorda in località Rabuiese il transito degli esuli sulla strada per Trieste, quando lasciarono la loro terra natale.

Per sua iniziativa il 12 giugno del 2000 viene ricordato l’abbandono di Trieste da parte delle truppe Jugoslave dopo i quaranta giorni di occupazione nel 1945: da allora la data viene annualmente ricordata.

Nei periodo 2004-2009, quale Presidente dell’IRCI (Istituto Regionale per la Cultura Istriana Fiumana e Dalmata) di Trieste, ha incentivato il lavoro relativo alla conservazione ed alla manutenzione delle tombe italiane nei cimiteri istriani e  la stampa di volumi dedicati alla storia dell’Istria.

E’ da segnalare il suo determinante personale impegno per la realizzazione del Civico Museo della Civiltà Istriana Fiumana e Dalmata di Trieste per la cui  realizzazione, portata a termine in tre anni, ottenne i fondi pubblici e privati necessari al completamento delle opere. É stato infine Presidente dell’Università Popolare di Trieste dal marzo 2009 al marzo 2014.

Attualmente è Presidente della Famiglia Umaghese e Presidente onorario dell’Unione degli Istriani, del cui Consiglio Direttivo è membro.

Denis Zigante[modifica | modifica wikitesto]

Denis Zigante sulla destra

Denis Zigante, è nato a Umago il 19.09.1956 da genitori originari di Pedena (comune di Pisino). Giunto in tenera età a Trieste con la famiglia, è stato accolto nell’allora Campo di smistamento profughi della Risiera di San Sabba. Sposato, è padre di due figlie (Giulia e Claudia) di cui una lo ha recentemente reso nonno. Compiuti gli studi liceali presso il Liceo Oberdan di Trieste, ha partecipato nelle fila dei giovani dell’Unione degli Istriani alle proteste contro la ratifica del Trattato di Osimo. Successivamente ha seguito da vicino la nascita e l’attività della Lista per Trieste, il movimento autonomista nato dalla rivolta popolare contro gli effetti economici del Trattato di Osimo, divenuta poi anche punto di riferimento per gli esuli giuliano-dalmati.

Nella Lista per Trieste milita ancora in qualità di Segretario politico, dopo esserne stato Segretario organizzativo, anche dopo che il Movimento venne incluso nell’attività nazionale e locale del Popolo della Libertà.

Alla fine degli anni Ottanta entra nel Consiglio generale dell’ Unione degli Istriani e nel 1992 ne assume la Presidenza. Dal 1997 e fino ad aprile 1998 è anche Presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli istriani fiumani dalmati.

Nel 1993/1994 è nominato dal Consiglio comunale di Trieste nel Consiglio di Amministrazione dell’ ITIS (Istituto triestino per gli interventi sociali). Dal 2006 al 2008 è stato Presidente della Fameia Cittanovese, aderente all’Unione degli Istriani.

Nel 2009 è nominato dal Comune di Trieste nel Consiglio di Amministrazione dell’Università Popolare di Trieste e, successivamente, è entrato a far parte del suo Consiglio Direttivo. Nel 2009 è stato eletto consigliere comunale del Comune di Sgonico (Ts) con il Popolo delle Libertà.

La sede: Il palazzo Tonello[modifica | modifica wikitesto]

Lo storico  stabile, caratterizzato da uno stile neoclassico lineare ed essenziale, ma allo stesso tempo curato nella ricerca di equilibrio e particolari che ne mettano in risalto l’autorevolezza, sorse al posto della modesta villa dell’ingegnere de Gerhard, nell’allora denominata Piazza della Legna, poi ribattezzata Piazza Goldoni.

Storico palazzo Tonello nella città di Trieste

Su progetto dell’architetto Sebastiano Zanon, agli inizi dell’ Ottocento, se ne affidò la costruzione  al capomastro Budolini, e cambiò proprietario fino all’acquisto da parte di Domenico Rossetti; nel 1839, passò quindi nelle mani dell’imprenditore navale cav. Tonello, cui si deve la Costruzione del Cantiere San Marco. La famiglia Tonello, che vantava rapporti di parentela con le emergenti famiglie dell’epoca, quali i lussignani Cosulich e Premuda, lo mantenne fino alla fine dell’Ottocento quando, nel 1897, venne acquistato da  Teodoro Mayer per destinarvi, fino al suo spostamento nel 1987, la sede del quotidiano locale da lui fondato Il Piccolo. L’edificio venne incendiato e parzialmente distrutto nei disordini del maggio  1915, seguiti alla dichiarazione di guerra dell’Italia all’Impero austro-ungarico. Ristrutturato successivamente, fu adibito ad uffici e sede di rappresentanza di istituti bancari. Dal 1960 ospita la sede dell’Unione degli Istriani.

L’Unione degli Istriani ha sede presso Palazzo Tonello, in via Silvio Pellico 2.

Si legge in una targa marmorea all’ingresso della sala maggiore (Sala Chersi): Gli esuli Istriani-fiumani-dalmati affidano questa “Casa Madre” a coloro che in tempi migliori realizzeranno il sogno dei padri. Trieste, 16-9-1984, facendo chiaro riferimento all’aspettativa che ogni esule ha di poter tornare da uomo libero nella propria casa.

A Palazzo Tonello ha sede infatti anche la Casa Madre, società fondata ormai più di vent’anni fa per gestire ed amministrare la prestigiosa sede triestina in cui trovano spazio due sale conferenza, una biblioteca aperta al pubblico, un locale ritrovi, la Segreteria e la Presidenza.

Gli azionisti della Casa Madre sono gli stessi soci dell’Unione degli Istriani che nel 1984 si autotassarono acquistando le azioni.

Nell’edificio di via Silvio Pellico 2, la prestigiosa sede triestina che si estende su due piani, trovano spazio tre sale conferenza multimediali, una biblioteca aperta al pubblico, l’archivio storico, l’archivio fotografico con più di 3500 immagini, gli uffici della Segreteria e della Presidenza, ed hanno sede anche le “Famiglie”, ovvero le singole organizzazioni degli esuli provenienti da ciascuna singola località istriana.

Il Centro Raccolta Profughi di Padriciano[modifica | modifica wikitesto]

Museo di carattere nazionale : Centro Raccolta Profughi di Padriciano[modifica | modifica wikitesto]

Il Museo di Carattere Nazionale CRP di Padriciano è l'unico allestimento espositivo in Italia, ed è situato in un'area esclusiva che conserva inalterata la sua struttura originaria dopo la dismissione nella metà degli anni Settanta.

Realizzato inizialmente quale mostra permanente nel 2004 dall'Unione degli Istriani, il Museo di Carattere Nazionale CRP di Padriciano è oggi una delle strutture più visitate nella provincia di Trieste, tappa fondamentale nell'ambito dei "viaggi della Memoria", che fanno del capoluogo giuliano un sito unico in Italia.

Il Museo di Carattere Nazionale CRP di Padriciano è, pertanto una meta obbligata per chi volesse conoscere o approfondire il dramma dell'Esodo giuliano-dalmata oppure farsi un'idea precisa e circostanziata della difficile accoglienza che venne riservata agli esuli in fuga dalla persecuzioni della Jugoslavia comunista del dopoguerra.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il comprensorio venne progettato quale installazione periferica per le forze armate angloamericane di stanza nel Territorio Libero di Trieste. Ben presto dismesso, venne prontamente riutilizzato per far fronte all’emergenza profughi, sempre più pressante a partire dagli anni ’50, con dei picchi nel 1954-55 (Esodo dalla Zona B). Fu una delle infrastrutture militari alleate che, come previsto dai protocolli connessi al passaggio della Zona A del Territorio Libero di Trieste all'Italia, venne destinata al ricovero ed all'assistenza dei profughi istriani che transitavano sul territorio per venire smistati nei Centri Raccolta Profughi della penisola.

L’intera superficie del centro, dismesso definitivamente nei primi anni ’70 è tutt’ora delimitata dalla recinzione originaria ed il campo, pur essendo state demolite le baracche in legno modello "Pasotti", conserva inalterata la struttura originaria. Si tratta di uno dei pochissimi campi profughi del territorio nazionale che non abbiano subito modifiche o stravolgimenti dopo la cessazione del loro utilizzo.

Il campo era dotato di un ingresso principale situato nella zona centrale del complesso, dotato di un varco a doppia cancellata, ove era situato anche il posto di controllo della Polizia Civile, annesso alle palazzine in muratura dell’amministrazione.

L’accesso al campo era strettamente regolamentato sia in ingresso che in uscita e la circolazione non era libera. Nelle ore notturne i varchi venivano chiusi senza eccezioni di sorta persino per i profughi residenti.

Sono ancora ben visibili gli edifici a più piani che erano parte delle strutture centrali del campo, nelle quali trovavano posto la mensa comune ed alcuni magazzini ed uffici amministrativi. Le costruzioni, ancora in discrete condizioni strutturali, sono state investite da due distinti tentativi di restauro, corrispondenti ad altrettanti progetti - poi abortiti - di riqualificazione dell’area: il primo risalente agli anni ’62 - ’63 era concomitante alla trasformazione del Campo Profughi di San Sabba principale (locato nelle strutture della Risiera di San Sabba ed ospitante a quel tempo i profughi dell’Europa dell’Est) in zona museale e monumentale e comportava la trasformazione del campo di Padriciano in campo raccolta profughi stranieri con conseguente elevazione degli standard abitativi; il secondo è risalente agli anni ’80 - ’90 e prevedeva la trasformazione del campo di Padriciano in sezione distaccata delle carceri di Trieste (numerosi edifici portano ben visibili alle finestre i segni delle sbarre che dovevano venire installate).

Le ampie superfici erbose oggi viasibili corrispondevano alle tre zone del campo in cui trovavano posto le baracche in legno modello “Pasotti”, concepite dal Genio Civile di Trieste per conto del Governo Militare Alleato sulla base delle abitazioni d’emergenza utilizzate per ospitare gli sfollati del terremoto di Messina del 1908.

Le baracche, prive di riscaldamento ed acqua corrente, erano ricoperte ed isolate con lastre in amianto-cemento di tipo eternit, le cui tracce sono tuttora massicce nel terrenno e fra le fondamenta in cemento ancora esistenti dopo la campagna di demolizioni degli anni ’80. Del complesso di baracche, le uniche strutture visibili sono la palazzina dei bagni comuni e una serie di magazzini e rimesse, 7 attualmente utilizzati quali depositi dalle amministrazioni locali.

L'esposizione permanente[modifica | modifica wikitesto]

Il Museo di Carattere Nazionale C.R.P. di Padriciano è stato istituito a seguito di un’articolata ricognizione archivistica e testimoniale sul territorio, in occasione del cinquantesimo anniversario di nascita dell’Unione degli Istriani - Libera Provincia dell’Istria in Esilio (novembre 1954 - novembre 2004), la maggiore organizzazione degli esuli italiani dall'Istria.

In sede espositiva è presente un allestimento che prefigura la struttura dell’esposizione e del suo percorso didattico: esso è bilanciato tra i pannelli didattici, che riportano le informazioni frutto dell’analisi dei documenti e delle carte d’archivio, e gli allestimenti scenografici tutti realizzati mediante riproduzioni di foto d’epoca e di masserizie rigorosamente originali provenienti dai magazzini del Punto Franco Vecchio del Porto di Trieste.

Il percorso espositivo si apre con una parete frontale coperta da volti e nomi che vuole significare la spersonalizzazione dell’esule giuliano dalmata nell’odissea del campo profughi, conseguente allo sradicamento dalla propria terra e dalla propria vita - usi, costumi, ritmi, parlate …- ed anche il frantumarsi ed il disperdersi di una società e della sua cultura nello spazio e nel tempo. Tutti i volti, come le gigantografie esterne, sono estrapolate da foto d’epoca di ospiti dei campi in Italia; di alcuni di essi è noto il nome, della maggioranza si è perso ogni riferiemento ed ogni memoria.


Attività[modifica | modifica wikitesto]


Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

UNIONE DEGLI ISTRIANI

Via Silvio Pellico, 2 – 34122 TRIESTE

Telefono: +39 040 636098

Fax: +39 040 636206

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]