Utente:Tecna2000/Sandbox/pagina2

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Il Palazzetto Baviera è situato a Senigallia, nella Piazza del Duca, ed occupa interamente il lato corto della piazza, dalla parte del fiume.

L’edificio fu costruito quasi certamente, nel XIV secolo e successivamente riadattato nella seconda metà del secolo successivo, allorchè vi si insediò Giovanni Giacomo Baviera.

Nel 1474 Papa Sisto IV inviò Giovanni Giacomo Baviera a Senigallia per prendere possesso della Rocca in nome del nipote, Giovanni della Rovere, nominato nuovo signore della città. Il Baviera giunse a Senigallia il 23 ottobre dello stesso anno e venne accolto dal popolo con grande benevolenza, tanto che gli consegnarono spontaneamente le chiavi della città. Egli decise di stabilire la sua dimora nel Palazzetto, che risulta essere l’unico edificio rimasto a testimoniare la potenza e l’importanza della famiglia. Originariamente, infatti, sorgeva nel lato opposto della piazza un altro nobile edificio appartenente ai Baviera, che venne probabilmente demolito nel XVIII secolo.

Il Palazzetto Baviera fu notevolmente danneggiato a causa del sisma, del VIII-IX grado della scala Mercalli, che colpì Senigallia e i dintorni la mattina del 30 ottobre del 1930. Ciò aggravò la già precaria situazione dell’edificio, come testimoniato da Cesare Selvelli che elenca i danni reali subiti dall’edificio (note: C. Selvelli, il terremoto di Senigallia e un’opera d’arte, in Studia Picena, vol. VII, 1931, pp. 108-109) : “A Senigallia, in Piazza del Duca […]c’è una bassa costruzione dall’aspetto povero e trascurato, conosciuta col nome di Palazzetto Baviera […]. Il terremoto recente del 30 Ottobre 1930, ha gettato lo sconquasso in quella piccola fabbrica che era quasi abbandonata: strapiombo inquietante i muri esterni, slegamento e strappamento di muri interni, solai e tetto sconnessi, lesioni di traverso e a croce di Sant’Andrea in pareti divisorie, sconnessione della scala, crollo completo del più piccolo e meno interessante dei soffitti (in un localetto minuscolo di passaggio) caduta delle lunette d’un angolo della saletta principale, lesioni profonde, distacchi e piccole cadute di frammenti decorativi. Se quel fabbricatuccio dall’esterno che sta sotto il modesto non avesse racchiuso opera d’arte così cospicua, i tecnici […]avrebbero forse decisa la demolizione della pericolante fabbrica. […]La saletta principale è detta della Guerra di Troia ed è quella che mostra d’avere più sofferto con la caduta di un angolo del soffitto  […]”.

Il valore artistico degli stucchi eseguiti da Federico Brandani nel XVI secolo in alcune sale del piano superiore, fu dunque determinante nella decisione di preservare il Palazzetto dalla demolizione. Il restauro dell’edificio ebbe inizio negli anni 1931-1932 ad opera dell’impresa di costruzioni Remo Morpurgo, mentre gli stucchi furono affidati allo scultore Alberto Moroni di Perugia, che cominciò la sua opera partendo da quello della sala di Ilio, poiché maggiormente danneggiato.

Nuovi lavori di restauro dei soffitti artistici ma anche di quelli delle altre stanze, nonché del tetto e dei pavimenti, vennero eseguiti nel 1951. Nel 2016, grazie a un contributo di trentacinque mila euro versato attraverso il meccanismo dell’art bonus, l’intervento di ristrutturazione si concentrò sui soffitti a stucco del Brandoni.

Il palazzetto presenta una struttura bassa, compatta ed elegante. È necessario però sottolineare che l’aspetto rinascimentale dell’edificio (come si denota soprattutto dall’ inquadramento delle finestre, dall’unico portone entro paraste e lesene) è il risultato dell’opera di restauro effettuata in seguito al terremoto del 1930. Infatti venne variato il numero e la distribuzione di porte e finestre nella facciata anteriore; furono inoltre eliminati i quattro portoni laterali e le finestre del primo piano vennero ridotte da sette a cinque.

Cortile interno

[modifica | modifica wikitesto]

Il cortile interno, che sembra riprodurre in proporzioni ridotte i motivi del Chiostro maggiore di Santa Maria delle Grazie, è circondato da un porticato esile con archi a pieno centro, sostenute da bianche colonne. Le finestre, che si affacciano su quest’ultimo, sono scandite da semplici lesene e sembrano poggiare su una sorta di finto terrazzino che percorre le quattro pareti. Al centro si trova un elegante pozzetto rotondo decorato da quattro stemmi dei Baviera. Il cortile fu indispensabile per salvaguardare la vita privata della famiglia poiché il palazzo si affacciava su una piazza destinata ad un uso militare.

Il piano terra del Palazzetto è occupato da uffici, magazzini, ripostigli e due sale d’esposizione, rinomate per i soffitti lignei a cassettoni tinteggiati. Più avanti si trova un altro locale, decentrato rispetto alla struttura principale, ma sempre comunicante, adibito a sala conferenze.

A sinistra dell’ingresso principale una scalinata conduce al piano superiore dell’edificio, dove sono situate le sale degli stucchi, a cui si accede da una vasta anticamera in cui spicca lo stemma dei Baviera.  Questi ultimi furono opera di Federico Brandani che giunse a Senigallia da Urbino nel 1560 per ornare cinque sale del palazzo: laSala dell’Antico Testamento, laSala di Ercole, la Sala di Ilio odell’Iliade, laSala di Roma Repubblicana e la Sala di Roma Imperiale(le ultime due tra loro comunicanti).

La Sala dell’Antico Testamentoprobabilmente fu in passato una sorta di piccola cappella di palazzo; infatti è un ambiente piccolo e raccolto, posto in disparte rispetto alle altre stanze e quindi usato come luogo di preghiera ed è l’unica sala i cui soffitti sono decorati con soggetti sacri. La sala è ornata da sedici scene: al centro la Creazionenel rettangolo centrale, la Cacciata dal Paradisoe Caino ed Abelein due ovali. Attorno a queste sono presenti altre scene quali Mosè riceve le Tavole dei Dieci Comandamenti; la caduta della manna; Giuseppe condotto dal Faraone per interpretare i sogni; Isacco benedice il figlio minore Giacobbe mentre dalla caccia torna il figlio maggiore Esaù; la seconda piaga d’Egitto:le rane; Giacobbe benedice Efrain e Manasse, figli di Giuseppe; Abramo pronto a sacrificare Isacco; Giuseppe spiega al faraone il sogno delle sette vacche grasse e delle sette vacche magre;Giuseppe trascinato nel pozzo dai fratelli; la Torre di Babele; Abramo visitato dagli Angeli; il diluvio universale.

Segue la Sala d’Ercolein cui, nei lunettoni sopra le quattro pareti, sono raffigurate le dodici fatiche. Al centro del soffitto si trova un ovale in cui Brandani raffigura la Madre Terra, circondata da quattro tondi con la raffigurazione delle stagioni. Alcuni piccoli medaglioni sormontano le dodici fatiche: il cinghiale Erimanzio(sopra: la Prudenza);il leone Nemeo(sopra: una figuretta che scaglia una freccia al cielo); Ercole uccide il drago a guardia del giardino delle Esperidi(sopra: la Sapienza); Ercole soffoca Anteo (sopra: la “Dialettica”); Ercole uccide l’idra di Lerna(sopra: l’ Abbondanza);Deianira(sopra: la Fede); Ercole uccide Caco(sopra: la Temperanza); il toro cretese(sopra: Leda e il cigno); Ercole fila la lana(sopra: l’ Architettura);Ercole regge il mondo sulle spalle(sopra: la Grammatica); la cattura di Cerbero(sopra: la Speranza); Ercole porta le colonne(sopra: la Pudicizia?). L’interpretazione potrebbe essere legata al fatto che l’uomo, aiutato dalle virtù cristiane ed umane, dalla cultura e dalla fortuna e riesce a superare le difficoltà della vita che scorre fino al ritorno della Madre terra.

La terza sala, ovvero quella dell’Iliade, è l’ambiente più vasto e luminoso, e dunque la principale sala di rappresentanza della famiglia. Risulta di maggior interesse artistico poiché è la vivida rappresentazione del testo omerico. Al centro del soffitto un riquadro pare descrivere una splendida scena di caccia rinascimentale, circondata da ovali angolari e medaglioni che narrano la conclusione della guerra: l’inganno del cavallo di legno; gli Achei distruggono la città; la morte di Laocoonte e dei suoi figli; Enea fugge col figlio Ascanio, portando il padre sulle spalle; l’uccisione di Priamo; il furto del Palladio.

Quattordici ovali illustrano: il giudizio di Paride; Paride rapisce Elena; Agamennone convoca l’esercito in assemblea;un uomo (Ulisse?)porge ad una donna(Penelope?)una spola ad indicare la sua lunga attesa; l’arrivo della flotta a Troia; Afrodite protegge il figlio Enea durante la battaglia; Ettore uccide Protesilao; la morte di Ettore; Achille si prepara a trascinare Ettore attorno alle mura di Troia; una battaglia; Priamo chiede ad Achille la restituzione del corpo di Ettore; la morte di Achille; Laocoonte incita i compagni a distruggere i cavalli di legno; gli stessi Troiani trascinano il cavallo entro le mura della città. Ogni stucco è accompagnato da una didascalia in greco.

Segue la Sala di Roma Repubblicana, al centro del cui soffitto si trovano: la Carità, circondata da ovali più piccoli che raffigurano l’Architettura, l’Aritmetica, la Pitturae l’Astronomia. Anche qui i dodici stucchi della narrazione sono sormontati da medaglioni: Orazi e Curiazi(la Fortezza); Marco Curzio si getta nella voragine(la Giustizia); prostrazione di fronte al vincitore(la Prudenza); all’arrivo dei Galli le vestali portano in salvo oggetti di culto (l’Abbondanza); scontro fra Romani e Galli presso il fiume Allia (Febo); le matrone incontrano Coriolano (Saturno); Furio Camillo arringa il popolo (Giove); Lucio Bruto parte per combattere i Tarquini (Venere); Muzio Scevola (Mercurio); Virginia (Marte); Orazio Coclite (Diana); Clelia fugge dall’accampamento di Porsenna (la Temperanza).

Fra la Stanza della Roma Repubblicanae quella della Roma Imperialevi è un piccolo stanzino di passaggio dove si trovano alcune ceramiche.

In quest’ultima sono riprodotti episodi non facilmente identificabili, fatta eccezione per l’uccisione di Cesare ad opera di Bruto avvenuta, com’è noto, nel Senato sotto la statua di Pompeo. Sono presenti in totale dieci lunette, sei scene e due ovali di soggetto mitologico. A quest’ultima sala è collegato un piccolo ambiente ricco di decorazioni plastiche figuranti fiori e foglie, intervallate con piccole figure allegoriche.