Utente:Siria Tolla/Sandbox

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La terza ecloga è una gara di canto tra due pastori, Dameta e Menalca. La sceneggiatura (divisa in cinque parti: contrasto pastorale, sfida, proclamazione della gara, canto amebeo e giudizio) e la scenografia (pascoli e greggi) fanno di questo carme un vero "teatro bucolico"[1]. Menalca vede Dameta mentre custodisce il bestiame, che certamente non può essere suo; il bestiame è di Egone che se ne è andato ed ha lasciato Dameta da solo. Menalca si trova a dover compiangere il bestiame e così facendo Dameta, risentito, ricambia l'ingiuria. I due pastori continuano ad offendersi citando questioni passate fin quando Dameta provoca il compagno ad uan gara amebea (alternata, in cui i due si alternano a recitare versi). Fissata la posta: una vitella, Menalca svela le sue condizioni familiarie e offre una posta di valore maggiore: due tazze di faggio. Dameta accetta la posta e contrappone due tazze aventi le anse circondate di acanto. Unico uditore e guidice sarà Palemone, che appare come un deus ex machina; egli fissa le norme e la gara comincia. Le dodici coppie di epigrammi esametrici, mettono in scena "dodici bozzetti"[2]. di valore prettamenre pittorico: si ha l'impressione di essere in una una galleria, dove i quadri che popolano le pareti è come se ti parlassero. il momento dialogico cessa con la sida; i temi toccati riguardano la vita pastorale, l'amore e la poesia. Palemone dichiara pari la gara e ormai «sat prata biberunt»[3] e bisogna chiudere la tenzone poetica.

  1. ^ Virgilio, Le Bucoliche, a cura di F. Della Corte, Milano, Mondadori, 1952, p. 47.
  2. ^ Virgilio, Le Bucoliche, a cura di F. Della Corte, Milano, Mondadori, 1952, p. 49.
  3. ^ v. 111.