Utente:Simone Tormen/Sandbox

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Associazione Bellunesi nel Mondo[modifica | modifica wikitesto]

UN’ASSOCIAZIONE “DEDICATA”[modifica | modifica wikitesto]

La prima metà del Novecento[modifica | modifica wikitesto]

Nella prima metà del secolo XX, anche se non più con istituti all'uopo operanti, l'attenzione della Chiesa locale fu sempre particolarmente efficace e non è esagerato dire che l'opera capillare dei parroci e dei loro bollettini periodici fornì per parecchi decenni l'unico e più valido strumento di collegamento tra i nostri emigranti ed i loro paesi d'origine. Alcuni tra i parroci più sensibili alle tematiche sociali non esitarono ad intraprendere lunghi ed estenuanti viaggi, a proprie spese, tra Svizzera, Benelux, Francia e Germania per incontrare i parrocchiani e portare loro una parola di conforto e aiuto in assenza di altri interventi che il Paese d’origine non assicurava. Un diario molto particolareggiato e interessante di quei viaggi - un esempio fra tutti - ci ha lasciato don Giosuè Fagherazzi, originario di Limana e per alcuni decenni parroco di Frassenè Agordino.

In pieno Novecento, ripresi massicci flussi migratori sia in Italia che all’estero, il desiderio di aggregazione si manifestò in molteplici situazioni e luoghi dove gli emigranti bellunesi erano presenti. La mappatura di tali poli aggregativi risulta difficile da rilevare per mancanza di fonti organiche d’informazione, ma di alcuni è doveroso fare cenno per l’importanza che essi hanno avuto lungo l’arco, più o meno lungo, della loro esistenza ed operatività.

A Buenos Aires è tuttora attiva l’”Associazione Famigliare, Culturale e Ricreativa Bellunese”, il sodalizio che potremmo considerare l’antesignano di tutte le associazioni bellunesi nel mondo.[1] Così l’attuale presidente Angelo Francesco Roni ricorda i momenti della fondazione.


Le prime riunioni si facevano nel garage di Francesco Bez e, siccome tutti lavoravano e quindi alcuni arrivavano in ritardo, avevano stabilito una punizione: l’ultimo pagava la grappa per tutti. Altre volte, le famiglie bellunesi si riunivano al Club Villa Pineral di Caseros oppure nel Delta del Tigre, in un posto chiamato "Paglietini". Furono Roni, D´Incà e Bez a decidere di comperare un terreno a Buenos Aires: dopo di che, tutte le domeniche, i soci si sono costruiti da soli il salone oggi chiamato "Belluno" al piano terra della sede ed il campo delle bocce. Tutti loro erano sempre accompagnati dalle loro mogli. Era il 1950 quando si è potuto inaugurare il Club, anche se doveva ancora essere finito il pavimento.[2]


Un’importante aggregazione, dedicata agli emigranti provenienti dal territorio del comune di Lamon ed operanti nei cantoni della Svizzera, fu quella del “Movimento Emigranti Lamonesi” (M.E.L.), vivace e battagliero sodalizio dal 1970 al 1997. Esso fu protagonista di iniziative (dibattiti pubblici, convegni, tavole rotonde, pubblicazioni, volantinaggio, ecc.) in stretto contatto tra la comunità residente sull’altipiano lamonese ed i suoi emigranti in Svizzera.  


Emigrante, Cittadino Lamonese,

considerando che noi , componenti l’emigrazione lamonese in Svizzera e nelle altre parti del mondo, siamo la fonte principale di vita e sostegno del Comune di Lamon, e che siamo sempre rimasti in disparte e troppo disuniti fra di noi, vorremmo una buona volta unirci in un solo blocco compatto che difenda i nostri interessi e i diritti e le aspirazioni nell’ambito del nostro Comune. Vogliamo cioè non più essere solo degli apportatori di finanze a Lamon e nello stesso tempo [essere] troppo trascurati dallo stesso Comune, bensì cittadini Lamonesi riconosciuti come membri effettivi aventi il diritto ad avere un Comune che senta il dovere d’essere rappresentante d’una comunità emigratoria.[3]


A Milano, fra gli altri, fu operativo per un certo periodo di tempo il locale sodalizio che raggruppava coloro i quali erano emigrati nella metropoli lombarda dal territorio del comune di Seren del Grappa. Oltre ai Serenesi a Milano, i Comelicesi a Zurigo e via dicendo, altre aggregazioni spontanee popolarono, soprattutto nel secondo dopoguerra, l’atlante dei nuclei di emigranti bellunesi in varie parti del mondo. Talvolta, se non era ancora concretizzabile la costituzione di un sodalizio di “marca” provinciale, altre erano le sigle sotto le quali gli stessi emigranti trovavano collocazione per sentirsi meno soli, più uniti e anche, in qualche modo, tutelati. Basti pensare all’organizzazione delle Missioni cattoliche, ai Circoli ACLI, ai Gruppi e alla Sezioni estere dell’Associazione Nazionale Alpini, alla rete della Filef (Federazione italiana emigrati e famiglie, collaterale al movimento sindacale).

Non erano da meno i Fogolars Furlan o i Circoli Trentini, forse perché la relativa vicinanza geografica e culturale in patria trovava all’estero un motivo ancora più forte di condivisione del medesimo destino. In quei sodalizi per tanti anni gli emigranti bellunesi avevano trovato fraterna ospitalità. Nel prosieguo degli anni la vicinanza ideale non sarebbe mai venuta meno e molte sarebbero state le azioni portate avanti in comune tra bellunesi, friulani e trentini.

Il ruolo della Chiesa locale[modifica | modifica wikitesto]

Nell’anteguerra, come già sottolineato in precedenza, si erano registrate frequenti visite di parroci delle diocesi di Belluno e Feltre ai parrocchiani emigrati in vari Paesi europei. Le visite ripresero anche sul finire degli anni 40 e misero sempre in luce l’assenza di strutture associative che si occupassero degli emigranti in modo organico. Dal canto suo la chiesa locale vi provvedeva con le Commissioni pastorali dedicate al problema, ma esse coprivano solo l’aspetto morale e religioso del fenomeno migratorio. Ci voleva qualcosa di più vasto che abbracciasse anche la sfera dei diritti civili del lavoratore all’estero e della sua famiglia.  Per troppo tempo, infatti, tali aspetti erano stati offuscati dall’indifferenza colpevole delle istituzioni. Di ciò era consapevole il vescovo dell’epoca, monsignor Gioacchino Muccin (1899-1991, Ordinario diocesano dal 1949 al 1975) che, a tal proposito, ci ha lasciato una produzione letteraria rivelatrice delle sue preoccupazioni pastorali per il mondo migratorio.


«L’emigrazione nel suo complesso è oggi fenomeno sociale organizzato, ordinato, pacifico, necessario, socialmente e moralmente insopprimibile e, diciamolo, provvidenziale. Le emigrazioni non sono di per sé una maledizione, possono essere una benedizione. E innanzitutto sono un diritto del singolo e della collettività. Tutto sta a vedere come si svolgono. Tutto sta nel rispettare il diritto altrui e il bene comune che prevale sul bene privato».[4]


Alla luce di tutto quanto è avvenuto in seguito, appare evidente il richiamo deciso al rispetto dei diritti umani, tema di scottante attualità ancor oggi. L’emigrazione, di per sé - sembra affermare tra le righe monsignor Muccin -, non rientra tout court nella categoria del peccato e dell’immoralità. È il modo nel quale spesso avviene l’emigrazione ad essere ascrivibile alla categoria cristiana del peccato, se ciò è forzato ed opera uno sradicamento contro la volontà del singolo. Ciò è constatabile considerando il senso delle ondate migratorie che, dal Medio Oriente all’Africa, dagli inizi degli anni 2000 stanno mettendo a dura prova l’Europa.

Tornando agli anni 50 rileviamo come, a più riprese (1952, 1958, 1962), monsignor Muccin sottolineò ed esaltò quanto la Chiesa locale faceva per l’assistenza morale e religiosa dell’emigrante:


[…] validissimo sempre quello della corrispondenza personale del parroco, delle sue visite ai parrocchiani emigrati, della spedizione del bollettino. Cose che si fanno da anni e con frutto.[5]


A quel punto ci voleva un passo in avanti che trasferisse le enunciazioni di principio dentro un quadro operativo di più ampio respiro. Come accade spesso nelle vicende umane, talvolta c’è bisogno di una scintilla che faccia accendere un’azione concreta e solleciti in modo risolutivo la sensibilità al problema, la cui soluzione, all’epoca, forse era latente.

L’attenzione alle esigenze dei diocesani lontani si trasformò in “scintilla” proprio in occasione di un incontro con un esponente della comunità bellunese in Germania, il professor Attilio Fontanella. Il 6 novembre 1960, durante la visita pastorale a Pieve di Zoldo, l’allora segretario del Vescovo, don Lino Mottes, formulò una proposta spontanea:

«Non sarebbe bello se il Vescovo venisse a trovare voi emigranti nei vostri posti di lavoro in Germania e Olanda per una visita pastorale simile a questa?». La risposta di Fontanella fu entusiastica: «Sarebbe magnifico! Vuole che proviamo?».[6]

Detto fatto. Il vescovo Muccin mise subito in agenda le visite in Germania, Olanda e Svizzera per il luglio 1961. Ne seguirono altre tre: Stoccarda (1964), Svizzera (1965), Germania e Belgio (1966). I contatti intrapresi in tali iniziative vescovili svelarono che per tenere saldi i rapporti tra comunità residente e comunità migrante «i mezzi erano modestissimi e l’impegno inadeguato all’entità dei bisogni», mentre si faceva notare che, «nonostante l’impegno di viaggi defatiganti per incontrarli all’estero, i nostri emigranti lavoravano, soffrivano, testimoniavano e morivano, per la maggior parte, soli».[7]

In concomitanza con i viaggi del Vescovo Muccin della prima metà degli anni 60 divenne sempre più impellente l'esigenza di un collegamento organico con la complessa realtà dei nostri emigranti. Ciò trovò corri­spondenza, ancora una volta, all'interno del mondo catto­lico bellunese, in special modo grazie ad alcuni laici e sacerdoti più illuminati, nonché nell’ambito delle associazioni ecclesiali del volontariato diocesano di Belluno e Feltre.

Nel 1965 i tempi erano maturi per gettare la prima pietra di quell’”edificio” voluto con tenacia dal Vescovo e da alcuni suoi collaboratori. A tal proposito è chiarificatrice la testimonianza diretta di un protagonista dell’epoca, monsignor Mario Carlin, per lunghi anni Delegato per l’emigrazione della Diocesi di Belluno. Egli ci fornisce puntualmente un quadro efficace della situazione di allora e delle difficoltà di procedere, non senza palesare preoccupazione e scetticismo per un’impresa che appariva sì meritevole, ma che sembrava di improbabile attuazione. Ma ancora una volta la storia avrebbe smentito se stessa, grazie alla tenacia e alla determinazione di alcuni suoi attori.


Nella primavera del 1964 ero parroco a Gron di Sospirolo e insegnante in una scuola pubblica. Il vescovo mons. Muccin mi chiese di accettare l’incarico di delegato diocesano per l’emigrazione bellunese. Accettai, ma con molta preoccupazione per quanto in concreto avrei potuto fare. L’estate del 1965 partecipai a Roma, insieme con il delegato di Feltre (le due diocesi erano allora distinte, se pur unite) ad un convegno nazionale di delegati per l’emigrazione e, per puro caso, in quei giorni mi trovai a tavola con il delegato di Trento dal quale seppi che lassù avevano un Ente denominato Trentini nel Mondo, sostenuto dalla Regione, che era di valido aiuto al suo servizio pastorale.

Pensai seriamente di poter avere qualcosa di simile a Belluno. Ne parlai al mio collega di Feltre che si disse pienamente d’accordo e, rientrato in diocesi, ebbi un colloquio con il Vescovo, che trovai abbastanza scettico sulla riuscita del nostro progetto, anche se dichiarava di apprezzarlo.

A questo punto ci occorreva un personaggio, un laico cristiano, non compromesso politicamente, stimato nell’ambiente e capace. Così in un pomeriggio autunnale dello stesso anno bussai alla porta dell’ ingegner Vincenzo Barcelloni Corte, che si mostrò entusiasta dell’idea e si rese subito disponibile a mettersi in gioco. Il resto è storia ormai cinquantennale ed è storia gloriosa.

L’Abm fu dunque concepita a Roma, nacque a Belluno e crebbe per la volontà e l’impegno entusiasta della nostra splendida gente che ci ha creduto e l’ha esportata in tutto il mondo. Questa, oggi prestigiosa, Associazione, ha dunque le sue radici non in un progetto politico, nonostante lo richiedessero le gravissime e recentissime disgrazie di Marcinelle in Belgio e di Mattmark in Svizzera, ma nella Chiesa di Belluno-Feltre che, con coraggio, fra non poche, anche autorevoli critiche, ne prese l’ iniziativa.[8]

I primi passi[modifica | modifica wikitesto]

La spinta decisiva che indusse ad accelerare le operazioni per la nascita di un’associazione degli emigranti bellunesi venne da una tragedia consumatasi in un cantiere del Canton Vallese in Svizzer. Il 30 agosto 1965 a Saas Fee, una località turistica della Svizzera, una parte del ghiacciaio dell'Allalin si staccò provocando una valanga che travolse il cantiere idroelettrico situato sul lago Mattmark a 2120 metri di altezza. I morti accertati furono cento: 59 italiani, 27 svizzeri, 14 fra spagnoli, jugoslavi e tedeschi. Tra le vittime italiane ben 17 erano lavoratori bellunesi provenienti da vari paesi della nostra provincia. La notizia scosse l'opinione pubblica bellunese e fece capire che era necessario intervenire per togliere migliaia di nostri conterranei da una solitudine e da un oblìo che pesavano loro addosso come un macigno. [9]


A prendere l’iniziativa furono i delegati diocesani per l’Emigrazione di Belluno e di Feltre, particolarmente sensibili alla complessità del fenomeno (all’epoca don Mario Carlin per la Diocesi di Belluno e don Virgilio Tiziani per la Diocesi di Feltre, ndr) […]

Si cercò […] una formula nuova. [..] fu preferita l’”Associazione” che sembrava dare più spazio ad una gestione democratica, più gradita ai nostri concittadini lontani, che li facesse sentire corresponsabili e veri protagonisti al suo interno. Si volle inoltre il nuovo organismo apartitico, aperto al contributo di tutti e, pur animato come reciterà lo Statuto, da “princìpi cristiani”, affidato alla piena ed autonoma responsabilità di laici coscienti e preparati.[10]


II 9 gennaio 1966, in una stanza al primo piano del Centro Diocesano “Giovanni XXIII” di Belluno, in piazza Piloni, alla presenza del notaio Adolfo Soccal, l'Associazione Emigranti Bellunesi fu fondata ufficialmente adottando lo Statuto redatto con l’apporto del notaio Isidoro Chiarelli.

La Commissione costituente era composta da Vincenzo Barcelloni Corte (ne sarebbe stato il primo presidente), Gino Reolon, Ferruccio Venzin, Bice Pomarè, Amelio Toscani, Angelo Samaria, Sergio Dal Piva, Attilio Fontanella, Luigi Santomaso, Serafino Perot, Vittorio Bottegal, Tullio Poli, Noè Calvi, Virgilio Tiziani, Mario Carlin e Domenico Cassol.

Tra i soci fondatori, oltre agli stessi membri della Commissione costituente, figurarono: Amministrazione Provinciale; Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura; Patronati Scolastici; varie opere cattoliche; associazioni di Azione Cattolica delle due Diocesi; Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (ACLI), Associazione Nazionale Famiglie Emigranti. Come si può capire da tale elenco si trattava di una rappresentanza molto composita di sodalizi provenienti da varie aree geografiche ed espressione di diverse esperienze umane, professionali ed associazionistiche, con una componente maggioritaria riconducibile alla rete del laicato cattolico delle due Diocesi.


Il Battesimo solenne dell’A.E.B. (è con questa sigla che l’Associazione fu familiarmente chiamata) ebbe luogo a Belluno nella splendida cornice di piazza Duomo, il 6 Febbraio seguente. La sala dell’Auditorium, che era gremita di gente (fra gli altri un centinaio di emigranti), presenti le maggiori autorità provinciali, ebbe ospite d’onore l’on. Storchi sottosegretario agli Esteri per l’Emigrazione che incoraggiò, da parte sua, il cammino appena iniziato. Fu questo un incoraggiamento prezioso sulla linea di partenza per una strada che si mostrava lunga ed incerta: percorribile solo con l’arma di una volontà audace, di una vera e propria fede nella solidarietà umana.[11]


Il vero battesimo sul campo, invece, fu ancora una volta un evento luttuoso che colpì la nostra emigrazione in Svizzera. Infatti solo pochi giorni dopo, il 15 febbraio, a Robiei-Stabiascio, in Val Bedretto, nell'Alto Ticino, tra i quattordici operai rimasti asfissiati in galleria ci furono due bellunesi, Angelo Casanova di Sedico e Valerio Chenet di Rocca Pietore.

Non appare retorico affermare che la neonata Associazione Emigranti Bellunesi fu davvero forgiata nel dolore. Quegli eventi luttuosi, dall’agosto 1965 al febbraio 1966, segnarono così l’iniziò di un lungo cammino che vide l’AEB poggiare la sua forza esclusivamente sull’apporto del volontariato e sullo spirito di dedizione e l'impegno civile di poche persone che, dalla sede centrale, cominciarono a gettare un ponte con le comunità all'estero.

I primi tempi, sino a circa metà degli anni ‘70, furono quelli della paziente e minuziosa ricerca dei bellunesi sparsi in tutto il mondo. Prezioso e costante fu il contributo di don Mario Carlin, don Domenico Cassol e di altri collaboratori laici che macinarono migliaia di chilometri per tutta Europa e nei vari continenti alla ricerca dei nostri conterranei. Il seme gettato diede presto i suoi frutti e la risposta dei nostri emigranti non tardò ad arrivare.

Fu un’attività particolarmente difficile e impegnativa che poggiò anche, oltre che sul “passa parola” nei paesi d’origine e in quelli di emigrazione, sui dati forniti dalle anagrafi comunali e parrocchiali. Poi, quando la notizia si diffuse presso gli interessati, scattò quel meccanismo che molto spesso ha generato i flussi migratori dalle nostre vallate, ovvero le cosiddette “catene migratorie”, una sorta di “richiamo” rassicurante da parte di chi era emigrato prima a chi stava per emigrare, entrambi appartenenti talvolta allo stesso nucleo familiare o ad una cerchia parentale più o meno ristretta oppure al medesimo paese natale.

In tal modo, a favorire la nascita dei primi nuclei organizzati di emigranti, contribuì la possibilità di riannodare e/o consolidare, all’interno della neonata esperienza associativa, vincoli e legami diversi, in ciò agevolati da dialetto, usi, tradizioni della comune piccola patria lasciata alle spalle nel giorno in cui si erano aperte le porte dell’emigrazione.

In quegli anni di febbrile attività, fu compiuta un’opera davvero certosina alla quale si attese nei primi tempi nella piccola sede ospitata al Centro Diocesano “Giovanni XXIII” in piazza Piloni ed il compito di primo direttore fu affidato al ragionier Silvano Brancher, coadiuvato per la parte amministrativa dal ragionier Bortolo Pampanin.

Successivamente, quando ormai il timone dell’ufficio era guidato da Patrizio De Martin, già primo presidente della “Famiglia Bellunese” di Zurigo, l’AEB ebbe a disposizione una sede più fun­zionale all'ultimo piano del palazzo della Camera di Commercio in piazza S. Stefano, sempre a Belluno, grazie anche al particolare interessamento dei presidenti camerali dell’epoca commendatori Mario Botter e Edoardo Luciani, nonché del rag. Umberto Crema, allora membro della Giunta camerale e per parecchi anni apprezzato dirigente dell’AEB.

In ambiente camerale fu significativo anche l’apporto fornito dalla posizione al riguardo espressa dall’allora ministro dell’Industria e Commercio on. Giulio Andreotti. Egli, in data 18 maggio 1966, sollecitò le Camere di commercio a farsi parte diligente per sostenere l’associazionismo in emigrazione.


[…] Si ritiene ora che, nel vasto quadro delle provvidenze, annualmente programmate dalle Camere di commercio, industria e artigianato per promuovere lo sviluppo dei singoli settori economici ed il progresso sociale delle rispettive provincie, siano tuttora valide e possano proficuamente inserirsi anche particolari iniziative atte non solo ad elevare la formazione degli emigranti, ma anche a facilitare costanti e durevoli rapporti con i paesi di provenienza. […][12]


La circolare del ministro Andreotti, poi, elencava, tra le iniziative da porre in essere da parte degli enti camerali


[…] Promozione della costituzione di Associazioni provinciali, (in collaborazione di enti ed istituzioni locali) al fine di sviluppare il collegamento costante con gli emigrati e le loro famiglie.[…][13]


La nascita dell’AEB non era passata inosservata agli occhi di altre istituzioni locali. Al riguardo, particolarmente significativa fu l’iniziativa dell’allora Prefetto di Belluno dottor Publio Petroccia che, già in data 7 maggio di quell’anno, aveva indirizzato una nota ai Sindaci dell’intera Provincia nella quale sosteneva con autorevolezza la costituzione dell’Associazione.


L’importanza e l’utilità di tale Associazione essenzialmente sul piano morale, ma anche su quello del miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie degli emigranti, è di tutta evidenza e ne è una riprova il generale consenso di enti pubblici e di privati alla encomiabile e coraggiosa iniziativa.

Le SS. LL., che conoscono appieno il sacrificio della gente bellunese costretta a cercare lavoro all’estero, vorranno pertanto stimolare ogni utile intervento delle proprie Amministrazioni a favore dell’Associazione anzidetta.

A tal riguardo soggiungo che l’eventuale partecipazione dei Comuni alla vita dell’Associazione, in qualità di soci benemeriti, è pienamente compatibile con le finalità dei comuni stessi, poiché concretamente volta anche a migliorare le condizioni di vita degli amministrati.[14]


Nei suoi primi passi, dal punto di vista organizzativo, il neonato sodalizio degli emigranti bellunesi, si diede subito una struttura di rete che poggiava su un efficace strumento di collegamento e di aggregazione, ovvero la "Famiglia Bellunese", nucleo di base che già nel 1966, a partire dalla Svizzera, si irradiò nel mondo intero interessando oltre ottanta Paesi sparsi sui cinque con­tinenti. Oltre un centinaio ne sono state via via costituite in quasi cinquant’ anni a testimonianza della voglia di aggregazione.

Segno distintivo del riconoscimento ufficiale della "Famiglia" è sempre stato il conferimento del gonfalone da parte dell'Amministrazione Provinciale di Belluno, istituzione costantemente al fianco dell'Associazione in un buon rapporto di collaborazione.

Oggi la realtà delle "Famiglie Bellunesi", in Italia e nel mondo, è un articolato complesso orga­nizzativo che costituisce la maglia interconnettiva del­l’Associazione ed assicura la presenza della medesima là dove i nostri emigranti hanno sentito il bisogno di riunirsi tra loro.

Soprattutto a partire dagli anni 90, però, molte realtà locali di ascendenza bellunese avrebbero poi avvertito l’esigenza di dare vita ad aggregazioni territorialmente più vaste, spesso a livello veneto oppure anche triveneto, per meglio organizzarsi ed essere più efficaci nelle risposte alle richieste di aggregazione provenienti dai vari territori. Ciò consente anche un rapporto con la terra d’origine e le sue istituzioni su posizioni di maggiore autorevolezza e più elevato grado di rappresentatività.

Sempre in prima linea[modifica | modifica wikitesto]

Non c'è stata organizzazione, e non c'è a tutt'oggi, che raggruppi varie realtà dell'emigrazione a livello regionale, nazionale ed internazionale, nella quale l'Associazione non abbia svolto una funzione da pro­tagonista. Una presenza che spesso è stata anche valido stimolo e pungolo nei confronti delle istituzioni pubbliche di ogni livello.

Con i suoi dirigenti l'Associazione ha sempre giocato un ruolo di primo piano ai vertici e nei Consigli direttivi di vari organismi interassociativi nazionali. In primis va ricordata l'Unaie (Unione Nazionale delle Associazioni Immigrati ed Emigrati), costituita anch’essa nel 1966 con il bellunese ingegner Vincenzo Barcelloni Corte tra i fondatori, mentre Patrizio De Martin è tutt’oggi componente del Consiglio Direttivo.

L’Associazione, poi, è sempre stata parte attiva della Fusie (Federazione Unitaria della Stampa Italiana all'Estero), sempre con Patrizio De Martin nel Consiglio Direttivo: molte le battaglie portate avanti per gli aiuti, le agevolazioni ed i contributi ministeriali a favore della stampa d’emigrazione.

Ruolo altrettanto attivo ed importante ha sempre svolto l’Associazione nella Commissione Nazionale Migrantes, organismo della Conferenza Episcopale Italiana per i problemi della mobilità, con Patrizio De Martin per dodici anni ai vertici: frequenti i costanti contatti con le missioni cattoliche all’estero e la partecipazione a numerosi convegni e seminari di studio sulle varie problematiche della mobilità umana nel mondo. Va ricordato che il “Rapporto Italiani nel mondo”, pubblicato annualmente da Migrantes, nell’edizione 2014 ospitò un articolato contributo di chi scrive, a nome e per conto dell’ABM, sul tema “I Bellunesi nel mondo tra associazionismo e nuova mobilità”. Sempre per quanto riguarda il rapporto con le strutture ecclesiali va ricordato che dal 1966 ad oggi hanno ricoperto l’incarico di Delegato Diocesano per l’Emigrazione (dapprima delle due Diocesi di Belluno e Feltre, poi della Diocesi unificata) monsignor Virgilio Tiziani, monsignor Mario Carlin, don Domenico Cassol e attualmente monsignor Umberto Antoniol.

Infine degna di menzione è anche la presenza dell’Associazione all’interno dell'Utrim (Unione dei Triveneti nel mondo) della quale fu segretario lo stesso Patrizio De Martin. A tal proposito va ricordato che, tra gli anni 90 e l’inizio del nuovo secolo, grazie alla spinta ed allo stimolo dell’on. Dino De Poli, presidente di Cassamarca, fu sviluppata una complessa iniziativa di promozione del cosiddetto “umanesimo latino” che interessò soprattutto le nuove generazioni di discendenti degli emigranti triveneti con conferenze intercontinentali, seminari di studio, interscambi culturali e altre occasioni di incontro nell’ambito di Paesi di comune origine latina. Tutto ciò si sarebbe poi trasformato, in epoca più recente, nell’attività dei vari Gruppi Giovani delle singole Associazioni sino a confluire attualmente nella realtà aggregatrice di efficaci social network. (v. cap. “La Nuova Frontiera”)

Va anche ricordato che rappresentanti della nostra provincia e della stessa Associazione, ovvero il presidente onorario  Vincenzo Barcelloni Corte, il compianto Luciano Lodi e l’attuale presidente Oscar De Bona, sono stati fra i presidenti più attivi ed apprezzati della Consulta Veneta per l'Emigrazione, organismo consultivo della Regione del Veneto e tra i più battaglieri nello scacchiere regionale italiano.

Sia l'Associazione che il suo giornale raggiunsero ben presto un livello di efficienza ed operatività tali da meritare ampi riconoscimenti all'interno del mondo associazionistico dell'emigrazione, del Parlamento italiano e della Regione Veneto.

Non è presunzione affermare che la grande mole di lavoro svolta sin dai primi anni, la serietà e l'efficacia dell'azione, l'impegno costante dei suoi dirigenti e, in primo luogo, del suo instancabile direttore storico Patrizio De Martin, hanno fatto sì che all'Associazione Emigranti Bellunesi venisse riconosciuta una patente di autorevolezza in campo migratorio della quale ancor oggi i suoi soci, e l'intera comunità provinciale, possono disporre come di un patrimonio da difendere e spendere in ogni momento, potendo contare sulla certezza di riscuotere consenso ed apprezzamento, nonché concretezza ed importanti realizzazioni.

LO SVILUPPO DELL’AZIONE ASSOCIATIVA[modifica | modifica wikitesto]

Convegni e dibattiti[modifica | modifica wikitesto]

La storia di questi cinquant’anni è costellata di incontri pubblici, convegni, seminari di studio che hanno lasciato una traccia concrete in altrettante pubblicazioni nelle quali è possibile rileggere, a distanza di qualche anno, sia la situazione del territorio provinciale dagli anni 70 in poi, sia l’interesse e l’impegno degli emigranti bellunesi circa un apporto concreto di idee per lo sviluppo della loro terra d’origine. Ne riassumiamo qui in breve alcuni contenuti.

Dopo solo cinque anni dalla costituzione dell’AEB la città svizzera di Baden in Argovia l’11 settembre 1971 ospitò il primo convegno delle Famiglie Bellunesi in Svizzera. Vi presero parte varie autorità regionali e provinciali alle quali, a nome del nostro Comitato coordinatore nella Confederazione Elvetica, fu presentato un documento tramite i dirigenti Luciano Lodi, Gianvittore Barp,  Emilio Dall’Acqua e Italo De David. In estrema sintesi il documento presentava analisi e proposte suddivise in tre parti: quadro del fenomeno migratorio nella provincia di Belluno; posti di lavoro e sviluppo provinciale nel quadro regionale e nazionale; situazione della Regione Veneto a confronto con le Regioni a statuto speciale e con riferimento alle provvidenze per l’emigrazione.

L’occasione fu importante per gli emigranti bellunesi in Svizzera che annotarono nell’introduzione al loro articolato documento:


[…] questo primo incontro ci riempie di orgoglio in quanto per la prima volta abbiamo l’occasione di farci ascoltare direttamente, consapevoli che il nostro uditorio è quello che tramite il nostro dovere di cittadini italiani abbiamo contribuito ad eleggere e quindi delegato a rappresentarci. […][1]


Cinque mesi dopo, precisamente il 20 febbraio 1972, fu Zurigo ad ospitare analogo incontro nel corso del quale i rappresentanti delle istituzioni presenti, per bocca del presidente della Provincia Gianfranco Orsini, risposero pubblicamente alle sollecitazioni del documento di Baden e, a loro volta, formularono alcune proposte di intervento per risollevare l’economia del Bellunese. Altre proposte vennero presentate dall’assessore regionale Adolfo Molinari, dal vice presidente di Assindustria Raffaele Moritsch, dal presidente dell’Unione Artigiani Giuseppe Scarzanella, dal vice presidente dell’APPIA Tommaso Carnielli, mentre l’Associazione Commercianti invio un testo a firma del presidente Carlo Terribile e del direttore Piero Rossi.

Ormai il dialogo era finalmente stato avviato ed il Comitato organizzatore sottolineava come, attraverso i materiali raccolti nei succitati documenti e interventi, si potesse elaborare una responsabile politica dell’emigrazione affinché i problemi dell’emigrazione potessero essere sempre più partecipati, seguiti e dibattuti.


[…] Materiale utilissimo sia per gli enti locali che per le varie organizzazioni di categoria, che si trovano ogni giorno a stretto contatto con la realtà del fenomeno migratorio; materiale altrettanto utile per gli stessi emigranti e per l’AEB, che può trarne interessanti stimoli per una nuova e più concreta linea d’azione […] per eliminare nel tempo le conseguenze di una tale “piaga secolare che continua a colpire le zone più arretrate della nostra Penisola dove mancano quelle strutture atte ad assorbire questa ricchezza di mano d’opera”.[2]


Nel gennaio 1973 si tenne a Roma un convegno internazionale degli emigranti bellunesi dove furono esaminate a tutto tondo le varie problematiche della realtà migratoria. Fu un momento importante che diede visibilità all’Associazione la quale poté varcò le soglie del Quirinale, di palazzo Chigi e della Sala Nervi per affermare una presenza significativa a nome delle centinaia di migliaia di bellunesi sparsi nel mondo.

Nella vicina Confederazione Elvetica, nel frattempo, mancava un anello al processo di confronti con le istituzioni bellunesi e venete e così il terzo round di questi incontri si tenne a Lugano il 3 novembre 1973: dall’altra parte del tavolo furono convocati i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori. Luciano Lodi, presidente del Comitato coordinatore delle Famiglie Bellunesi, e Gianni Sartorel, a nome di CGIL-CISL-UIL, svolsero due corpose relazioni che rivelarono un confronto serrato, dai toni a volte anche accesi, con frequenti richiami ai precedenti documenti di Baden e Zurigo. Da parte fu lanciata la proposta di una grande manifestazione di lavoratori per sollecitare nuove politiche di sviluppo.


[…] Quando la organizzeremo la Vostra adesione avrà un grosso peso politico; ed è così che contribuirete assieme ai lavoratori residenti a rimuovere le cause del sottosviluppo e della sotto occupazione, a dare finalmente una risposta concreta ai problemi, a fare una politica iniziata col documento di Baden; […][3]


L’interesse degli emigranti per le sorti della loro terra d’origine si concretizzò anche in iniziative tendenti allo sviluppo economico e turistico della provincia di Belluno, come testimoniò l’interessante convegno, organizzato nel 1975 nel capoluogo meneghino dalla Famiglia Bellunese di Milano, per sostenere la realizzazione del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi, come già indicato dal disegno di  legge del 24 ottobre 1937 a firma di alcuni senatori, tra i quali il bellunese Arnaldo Colleselli. Negli atti del convegno si legge:


Il presente fascicolo vuole essere una specie di libro bianco sulle vicende del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi ed insieme uno strumento di lavoro per recare un fattivo contributo alla realizzazione del Parco… Testimonianza dunque di amore per la propria terra e soprattutto invito a lottare per la difesa e la promozione dei valori umani, rifiutando la squallida logica del consumismo e della speculazione.[4] 


Un ruolo sempre di primo piano fu quello occupato dal rapporto tra le realtà della nostra emigrazione e la Regione del Veneto. A tal proposito va ricordato che numerosa e qualificata fu la presenza di dirigenti dell’AEB e di Famiglie Bellunesi al convegno, promosso dalla Giunta regionale del Veneto, che si svolse a Lucerna nel 1976. Su 52 intervenuti al dibattito ben 18 furono bellunesi!

Nel documento finale, sottoscritto dalle associazioni provinciali e dall’Ulev (Unione Lavoratori Emigranti Veneti), fu fra l’altro chiesto alla Regione: costituzione di un organo consultivo regionale per l’emigrazione e l’immigrazione, garanzia effettiva data agli emigranti di accesso e riserva delle leggi regionali, adeguata informazione, opportune soluzioni dei problemi relativi alla scuola per i figli degli emigranti che rientrano.[5]

Sempre l’Europa fu al centro di un altro importante convegno che si tenne a Belluno nel 1981 con l’AEB capofila dell’organizzazione comprendente Associazione italiana per il Consiglio dei Comuni d’Europa (A.I.C.C.E.), Ministeri degli Affari esterni e degli Interni, Regione del Veneto, Provincia e Comune di Belluno, Consulta per l’emigrazione del Veneto

Nell’articolato documento finale, che sottolineava un momento di crisi economica internazionale e di difficoltà del processo di unificazione europea, fra l’altro si auspicava che i lavoratori emigrati avrebbero potuto svolgere un compito importante, purché al loro impegno corrispondesse una politica dell’emigrazione che non poteva non tenere conto di almeno quattro aspetti fondamentali: salvaguardia dei diritti mediante uno Statuto del lavoratore emigrante da approvare in sede di Parlamento europeo; attuazione di politiche coordinate Stato-Regioni-Enti locali per il reinserimento lavorativo degli emigrati rientrati; revisione delle normative sullo stato giuridico degli immigrati (già allora il fenomeno era considerato, ndr); reale coordinamento sul piano della programmazione degli interventi governativi  e regionali valorizzando nel contempo il ruolo degli Enti locali.[6]

Sempre numerosa e qualificata fu la rappresentanza bellunese anche alla Conferenza regionale dell’emigrazione ed immigrazione, promossa dalla Giunta Veneta, che si tenne nel 1983 ad Abano Terme. Tra i sette relatori e gli oltre cinquanta interventi la voce dei bellunesi si fece sentire 16 volte.

Il documento conclusivo, ancora una volta, sollecitava la Regione Veneto a varare concreti provvedimenti legislativi a favore degli emigranti (politica del lavoro per creare nuovi posti incentivando così il rientro, informazione e cultura, formazione professionale, assistenza e previdenza, valorizzazione delle rimesse). Il documento terminava poi così: «La Conferenza chiede infine ai partiti politici, impegnati per il rinnovo del Parlamento nazionale e nel 1984 di quello Europeo, di enunciare con chiarezza e credibilità gli impegni nei confronti dei cittadini emigrati».[7]

Nel 1989 l’Associazione organizzò a Belluno il convegno “L’apporto dell’emigrante allo sviluppo socio-economico del Bellunese” al quale diedero il loro contributo scientifico il docente universitario professor Ferruccio Bresolin e la dottoressa Noëlla Gava. La relazione, alquanto innovativa nei concetti, presentata dai due relatori fu un’analisi molto puntuale del fenomeno migratorio in provincia tendente a superare


l’identificazione dell’emigrazione come semplice fonte di reddito “esterna” ed avente, in quanto tale, una semplice funzione di sostentamento della popolazione non emigrata. Considerata dapprima come un fattore di dipendenza dall’estero, l’emigrazione viene giudicata come un autentico fattore di sviluppo per la comunità di origine, sia a causa degli effetti propulsivi originati dai flussi monetari provenienti dall’estero che del rilevante apporto professionale dell’emigrante di ritorno. Il presente studio si propone di identificare e quantificare l’influenza dell’emigrazione bellunese sullo sviluppo dell’economia della Provincia proprio secondo questo nuovo approccio.[8]


Anche il tema molto variegato e complesso della componente di religiosità presente nella storia e nel mondo dell’emigrazione andò sotto i riflettori dell’analisi di convegni e studi approfonditi. Ad esempio chi scrive presentò una corposa relazione sull’argomento al Convegno ecclesiale diocesano di Col Cumano del 1989 con ripetuti richiami all’emigrazione bellunese, non ultimo il fatto che l’AEB attinse la sua forza propulsiva iniziale proprio nell’ambito dell’associazionismo cattolico.[9]

Belluno fu poi scelta quale sede del convegno “Migranti portatori di fede”, promosso nel 1991 dalla Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana ed organizzato in collaborazione con l’ABM nell’ambito della “Giornata nazionale delle migrazioni”. Il convegno si svolse in concomitanza anche con il 25° anniversario di fondazione dell’Associazione e, per l’occasione, fu inaugurato il monumento all’emigrante, opera del compianto scultore bellunese Franco Fiabane, che impreziosisce l’aiuola antistante l’entrata della sede dell’ABM. Inoltre va ricordato che il convegno si concluse con la trasmissione in diretta su Rai Uno della Santa Messa concelebrata nella Basilica di san Martino dal vescovo Ducoli con il direttore generale di Migrantes monsignor Lino Belotti e il delegato diocesano per l’emigrazione monsignor Mario Carlin. All’omelia il vescovo ripercorse brevemente


le fasi salienti della storia dell’emigrazione bellunese, sottolineando lo spirito di sacrificio e l’attaccamento ai grandi valori della vita sempre professati dai nostri lavoratori in tutto il mondo. Mons. Ducoli ha messo in guardia contro il pericolo di considerare finita quell’epopea ed ha esortato ad opere attive nei confronti sia dei nostri emigrati che degli immigrati ai quali va data accoglienza in spirito di autentica fratellanza.[10]


Un ulteriore impegno a rimarcare problemi, richieste e affermazione di esistere da parte dei nostri emigranti è contenuta anche nel documento sottoscritto dalle associazioni provinciali di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige in occasione del 1° Convegno dei Triveneti nel mondo, tenutosi nel 1992 sul Pian del Cansiglio per la costituzione ufficiale dell’Unione dei Triveneti nel Mondo (Utrim). I contraenti si impegnarono solidalmente ad attuare politiche di soluzione delle problematiche riguardanti: rientro, formazione professionale, cultura, informazione e integrazione. Furono poi individuate tre direttrici fondamentali per perseguire tali obiettivi: armonizzazione delle legislazioni delle tre Regioni; creazione di enti regionali autonomi per l’emigrazione; istituzione di strumenti e momenti di periodica consultazione tra le Associazioni sottoscriventi.

Le battaglie civili[modifica | modifica wikitesto]

I primi quindici anni di vita dell'Associazione furono caratterizzati fondamentalmente da una complessa ed articolata opera di tutela e salvaguardia dei principali diritti civili del cittadino emigrato: previdenza, assistenza, istruzione per i figli, casa, doppia cittadinanza, diritto di voto, rientro e via dicendo. Alcuni, seppur a fatica e dopo un lungo iter parlamentare, sono stati risolti, ma altri rimangono ancora sul tappeto, altri ancora sorgono ex novo man mano che la realtà dei flussi migratori cambia nel corso degli anni.

Tra quanto realizzato va annoverata l’annosa questione dell'esercizio del diritto di voto per gli italiani all'estero, che non è stata priva di insoddisfacenti chiaroscuri, mentre è a tutt’oggi oggetto di ulteriore e necessaria revisione nell’ambito della riforma costituzionale. A tal proposito va sottolineato che l’infelice esperienza dell’elezione di rappresentanti degli italiani nel mondo nelle due circoscrizioni di Camera e Senato, passata purtroppo anche per le aule della giustizia, impone sempre più la necessità di rinvigorire la battaglia per assicurare concretamente il diritto di voto agli italiani all’estero tramite lo strumento più adatto: il voto per corrispondenza e attraverso un’azione di controllo e garanzia a livello consolare. Operazione piena di ostacoli, vista anche l’attuale situazione di difficoltà nella quale versa la rete consolare italiana, ma certamente non impossibile, se si vuole rispettare sino in fondo un sacrosanto diritto civile degli italiani sparsi nel mondo.

Come è ampiamente documentato dalle pagine del suo mensile, l'Associazione ha combattuto per anni numerose battaglie in prima linea, delle quali va orgogliosa, non solo sui più svariati temi di grande importanza per i nostri emigranti, ma anche per lo sviluppo del territorio provinciale, terreno sul quale il suo impegno è costante.

Ricorda giustamente il Presidente onorario Barcelloni che non è finita


[…] la continua lotta per la sopravvivenza della nostra provincia e per la fine dell’ingiusta sperequazione tra le montagne bellunesi in via di spopolamento e le privilegiate montagne confinanti.  Va evidenziato a questo proposito, non solo per un atto di doverosa riconoscenza, che, dopo anni di parole da parte di tanti politici, l’unico intervento legislativo che nel 2009 impose a Trento e Bolzano di concorrere ad obiettivi di perequazione e di solidarietà versando ogni anno ai comuni di confine 80 milioni di euro – denaro ancora oggi prezioso per la nostra montagna - è frutto dell’impegno preso personalmente con l’ABM dall’allora Sottosegretario bellunese Aldo Brancher. Nel numero di aprile 2002 del nostro mensile egli scrisse: “Io mi impegno qui oggi per questa mia terra”, e dalle parole è poi passato ai fatti.


In primo piano sono sempre state le battaglie che riguardano l’assetto viario della nostra provincia, da una parte insufficiente e inadeguato, dall’altra sotto scacco continuo ad ogni movimento franoso che determina blocchi stradali e interruzione di vari servizi pubblici. Sin dall’inizio l’Associazione si batté, ad esempio, per l’attuazione dell’autostrada Venezia-Monaco e già nel numero di aprile 1966 del suo mensile comparve il primo articolo sull’argomento. Negli anni successivi, praticamente sino alla realizzazione del tratto Mestre-Pian di Vedoia, l’ABM seguì con interesse passo passo la sua entrata in esercizio per poi continuare, dagli inizi degli anni 2000, a promuovere la necessità del suo sbocco a Nord. Però nel numero del giornale di novembre 2010 su alcuni “no” a tal proposito fu titolato “Incredibile ma vero/ Vocazione al suicidio”. E continua la denuncia dell’ABM  del “calvario” della viabilità, in special modo nelle domeniche di “punta” delle stagioni turistiche inverno/estate.

Battaglia parallela è sempre quella riguardante la rete ferroviaria. Già nel 1967 “Bellunesi nel mondo” contestava la concezione di “rami secchi” delle tratte in provincia, nel  1989 si parlava di “Il treno Calalzo-Dobbiaco nel cassetto dei desideri”, nel 2006 di “Una nuova ferrovia Venezia-Cortina?” e più di recente di un ambizioso circuito del “Treno delle Dolomiti”. Una battaglia che l’ABM porta avanti per potenziare la ferrovia se la si vuole davvero salvare.

La voce dell’Associazione si è sempre fatta sentire anche sul tema dell’autonomia e della specificità della provincia di Belluno: se ne parlava già nel 1979! La si è ripresa poi sovente all’insorgere delle spinte centrifughe di alcuni Comuni, ma anche in presenza di allarmi più o meno fondati circa il mantenimento e/o l’accorpamento fuori territorio di vari Enti: la Provincia stessa, Prefettura, Questura, Camera di commercio, organizzazioni sindacali di imprenditori e lavoratori, Vigili del fuoco e via dicendo. Quante volte dalle pagine di “Bellunesi nel mondo” si è levato un grido accorato contro tutto ciò, che prefigura una sorta di “colonizzazione” della provincia! Ed è sempre stato un “no” fermo e deciso, si badi bene, anche a nome delle decine e decine di migliaia di Bellunesi che vivono fuori, in Italia e all’estero.

Di pari passo decine e decine sono state le prese di posizione circa il depauperamento dei comuni per calo demografico e la necessità di adeguati servizi sociali in relazione all’aumento dell’età media della popolazione. Mai è stato dimenticato, poi, per sollecitare opportuni interventi anche contro lo spopolamento della montagna, il dissesto idrogeologico, lo stato “lunare” di torrenti e laghi, il pericolo di tagli al Servizio Sanitario e agli ospedali del territorio, la vergogna per il persistere di un pesante disservizio postale ed altri temi di natura economica e sociale che dipingono un quadro complessivo preoccupante per il futuro delle comunità locali. Si tratta di un quadro che mette in discussione il permanere della presenza dell’uomo in montagna se non si attuano politiche concrete atte a garantirla.

Parimenti, però, va detto, che le pagine del mensile hanno sempre salutato con favore situazioni e soluzioni positive per la società locale dedicando doveroso spazio a iniziative per incrementare l’occupazione, favorire l’istruzione e la formazione delle nuove generazioni, sviluppare la risorsa maggiore del territorio (turismo). In buona sostanza, s’è voluto sempre battersi per salvaguardare l’identità del territorio al fine di contrastarne l’omologazione a modelli estranei a storia e tradizione di paesi e vallate della provincia di Belluno.

Su tale fronte l’ABM ha inteso spendersi per far sì che lo stare sovente ai primi posti nazionali della cosiddetta “qualità della vita” non sia solo un dato statistico, ma corrisponda ad una realtà concreta di carattere sociale ed economico. Ecco spiegato il motivo per il quale l’Associazione non ha mai abbassato la guardia e non smetterà di farlo in futuro.

"Bellunesi nel mondo". Ogni mese il giornale, da oltre mezzo secolo[modifica | modifica wikitesto]

Già dai primissimi passi fu subito inteso che ci voleva uno stru­mento di collegamento periodico e continuato attraverso la stampa e così nacque, in concomitanza con l'Associazione, il giornale "Bellunesi nel mondo" che dal febbraio 1966 non ha mai né sospeso né cessato le pubblicazioni, risultando uno dei periodici più longevi nel panorama dell’editoria locale.

Nel primo anno di pubblicazione il giornale uscì con cadenza bimestrale, ma già nel 1967 assunse quella mensile e dopo soli sette mesi poté vantare una tiratura di 20.000 copie che raggiungevano ben 53 Paesi in tutto il mondo. In cinquant’anni sono stati pubblicati 573 numeri per un totale complessivo di 17.444 pagine stampate. Solo negli ultimi dodici mesi precedenti la data della celebrazione del 50° sono state spedite 54.335 copie, delle quali 35.371 in Italia e 18.964 all’estero in 32 Paesi.

Il giornale è sempre stato rispettoso di tutte le sue anime, poiché ha dovuto costantemente essere testimone dei problemi degli emigranti, della vita e del lavoro dell’Associazione e delle attività delle “Famiglie”, ma anche offrire uno spaccato di ciò che avveniva e avviene nel territorio provinciale, spesso prendendo posizione sui temi di maggiore interesse per l’economia e la società provinciale.

Al di là dello spirito del giornale, altro punto fermo e immutabile è stata ed è la grafica della testata. Si tratta di un’opera del noto grafico e designer bellunese Eronda, al secolo Mario de Donà (Lorenzago di Cadore 1924-Trieste 2009), richiamante le caratteristiche del paesaggio alpino (i tre pini stilizzati) unitamente ad un movimento di linee che dà l’idea del passaggio, del viaggio verso altri lidi con accanto l’affermazione della propria identità nella scritta “Bellunesi nel mondo”.

Nel corso della sua “avventura” ormai cinquantennale, il mensile si è sempre adeguato ai tempi offrendo formati, impaginazioni e stili che via via venivano suggeriti dall’evolversi delle tecniche tipografiche. Si è passati così dall’iniziale formato tabloid, rigorosamente in bianco e nero, all’introduzione progressiva del colore nel maggio 1988, sino a trasformarsi in rivista a colori di formato standard A4 e, più di recente, assumendo una veste agile di maggiore praticità per il lettore avendo ottimizzato al meglio impaginazione e facilità di lettura.

Piace qui ricordare che nei primi anni il giornale portò la firma di un valoroso sacerdote molto co­nosciuto a Feltre e nel Feltrino, vale a dire l'indimen­ticabile monsignor Virgilio Tiziani, che nemmeno la malattia e conseguente infermità distolsero dal suo impegno di direttore responsabile della testata dell'AEB. Compito che successivamente passò nelle mani, sino al numero di ottobre 2014, dello stesso Vincenzo Barcelloni Corte, già redattore del periodico. Dal numero di novembre 2014 il ruolo di direttore responsabile del giornale è stato affidato allo scrivente, già redattore, redattore capo e vice direttore del periodico per parecchi anni.

Detto dei direttori responsabili, va ricordato che il periodico mensile dell’Associazione in questi cinquant’anni ha avuto quattro vice direttori nelle persone di Dino Bridda, monsignor Mario Carlin, Ivano Pocchiesa Cno e Irene Savaris. Nell’incarico di redattore capo si sono succeduti gli stessi Vincenzo Barcelloni Corte e Dino Bridda, mentre il ruolo di segretario di redazione ha visto impegnati dapprima Patrizio De Martin Modolado e attualmente Marco Crepaz. Decine e decine sono stati i collaboratori che, per differenti periodi, hanno prestato la loro preziosa opera di articolisti impreziosendo così le pagine del giornale con l’apporto di contributi di diversa esperienza e competenza.

Il lavoro di redazione e tutta la complessa rete comunicativa ABM, poi, hanno sempre prodotto flussi informativi costanti e regolari verso gli organi d’informazione locali, regionali e nazionali. Notizie e servizi riguardanti il mondo dell’emigrazione bellunese e l’attività dell’Associazione sono sempre comparsi in articoli e/o rubriche periodiche sui quotidiani Il Gazzettino, La Gazzetta delle Dolomiti, Alto Adige, Corriere delle Alpi e sul settimanale provinciale L’Amico del Popolo.

Di pari passo, sin dalla fine degli anni 70, l’Associazione è stata presente, con propri incaricati, nei palinsesti di radio e televisioni locali, sia nelle pagine di radio e telegiornali, sia animando apposite rubriche dedicate a fatti e problemi dell’emigrazione bellunese. Grazie a Renato De Fanti, Umberto Crema, monsignor Mario Carlin, Ivano Pocchiesa Cno, Irene Savaris, chi scrive ed altri validi dirigenti, la “voce” dell’Associazione è stata presente molte volte sulle frequenze di Radioteledolomiti, Telebellunodolomiti, Antenna Tre Veneto, Teleradioalpago, Teleriva, Telecomelico, Radio Longarone, Radio Belluno, Radiopiave, Radio Più, Radio Club 103 e Radio Cortina.

Radio ABM - voce delle Dolomiti[modifica | modifica wikitesto]

L'ultima nata in casa ABM è Radio ABM, la voce delle Dolomiti che si diffonde sul web e raggiunge ogni angolo del mondo. E' lo strumento di ultima generazione che testimonia l'adeguamento dell'Associazione al passo dei tempi.

La cooperativa edilizia "Emigranti bellunesi"[modifica | modifica wikitesto]

Costituita a Belluno nel 1978, la Cooperativa Emigranti Bellunesi "CEB" fu istituita per venire incontro alle molte richieste degli emigranti bellunesi che desideravano poter rientrare in Patria, ma erano sprovvisti di un’abitazione propria.

Fu un servizio che l'Associazione, anche attraverso la costante e tenace opera del Direttore Patrizio De Martin, si fece carico mettendo a disposizione struttura e persone che offrirono la loro collaborazione per la realizzazione di ben 110 alloggi in 10 anni a Belluno, Sedico, Limana e Agordino. Si trattava di intercettare i Comuni per organizzare i terreni messi a disposizione per l'Edilizia Economica Popolare, i mutui agevolati a tassi particolarmente convenienti dallo "Stato-ICLE e dalla Regione", atti notarili necessari, contratti di appalti con le imprese costruttrici e tutte le pratiche e convenzioni necessarie che naturalmente i nostri emigranti, vivendo all'estero, non avrebbero mai potuto seguire.

Con lo slogan “Una casa a casa” l’iniziativa mirava a far accedere ai benefici previsti dalla legge 457/1978 sull’edilizia agevolata e così si presentava ai possibili beneficiari:


Approfitta delle eccezionali agevolazioni offerte dalla CEB! Puoi costruire, acquistare, ristrutturare la Tua prima casa con i mutui agevolati e i finanziamenti a disposizione. InformaTi, non perdere questa occasione: una casa a casa oggi è un sogno realizzabile! Una casa di proprietà dà sicurezza e tranquillità! Finalmente per te, per i tuoi figli, un futuro coerente al passato! La Cooperativa è in grado di svolgere nel migliore dei modi, qualsiasi pratica edilizia poiché si avvale dell’esperienza dei migliori tecnici e di serie Imprese che offrono una garanzia totale.[11]


Il cammino della Cooperativa, comunque, non fu del tutto facile, soprattutto in presenza di difficoltà burocratiche e legislative che richiesero particolare attenzione da parte dei suoi responsabili. Lo stesso De Martin, una decina di anni dopo, a proposito dei problemi relativi alla documentazione da produrre per accedere ai benefici di legge e alla determinazione del reddito, dichiarava testualmente:


Vorremmo che, tenendo conto anche del fatto che i nostri emigranti portano in Italia valuta pregiata, si considerassero a livello regionale e nazionale questi problemi con attenzione e si tenesse conto ad esempio nella determinazione delle fasce di reddito, sulla base delle quali sono computati gli interessi dei mutui, di molte situazioni contingenti, relative ai diversi Paesi, che riducono di fatto il reddito degli emigranti.[12]


A lungo andare, comunque, i risultati furono sostanzialmente positivi e, a distanza di parecchi anni, si può affermare che questa è stata una delle attività più importanti e significative che appartiene alla storia dell’Associazione e rimane come tangibile ricordo di una concreta iniziativa (unica in Italia) realizzata a favore della nostra comunità emigrante.

CAMMINARE AL PASSO CON I TEMPI[modifica | modifica wikitesto]

Un mondo in evoluzione[modifica | modifica wikitesto]

I secondi quindici anni dell'Associazione sono stati improntati ad una più efficace attenzione nei confronti dei mutamenti storici, quasi biologici, che il mondo dell'emigrazione ha subìto, specialmente a partire dalla metà degli anni 80 in poi.

Cambiata nel frattempo la guida da Vincenzo Barcelloni Corte a Maurizio Paniz, ci si trovò di fronte a realtà mutate che già in terra d'emigrazione, ad esempio, avevano dato vita a nuove aggregazioni spontanee su base veneta e triveneta, pur salvaguardando l'identità bellunese. Nel contempo, favorito anche dal fenomeno di considerevoli rientri di emigranti nelle nostre vallate, dovuti principalmente alla fase di fine lavoro, si fece strada l’idea di offrire loro uno strumento di continuità rispetto all’esperienza associativa maturata all’estero.


Gli ex emigranti: un patrimonio per la comunità[modifica | modifica wikitesto]

Un importante segno visibile della presenza dell’Associazione, al­l'interno della realtà del territorio provinciale, fu dato proprio dal sorgere di "Famiglie" degli ex-emigranti che oggi sono una ventina sparse dal Comelico all'Agordino, dall’Alpago al Feltrino.

Fu il tentativo di recuperare un grande patrimonio di esperienze, idee ed energie umane e professionali che era andato maturando in tanti anni di emigrazione all'estero. Se ne ravvisò l’opportunità osservando che cosa accadeva, in linea generale, a chi rientrava al paese d’origine al termine della vita lavorativa vissuta all’estero. Da una parte, talvolta, accadeva  che l’ex emigrante subiva una sorta di nuova emigrazione in casa, poiché la lunga lontananza poneva seri problemi di reinserimento in un tessuto sociale “nuovo” e profondamente cambiato rispetto a quello conosciuto dallo stesso ex emigrante quando se ne era andato parecchi anni prima. Dall’altra, appariva evidente che tutto quanto egli aveva accumulato durante la sua vicenda migratoria, rischiava di rimanere relegato alla sola sua esperienza personale e non riusciva a produrre effetti positivi nella comunità locale.

Nell’uno e nell’altro caso si trattava di cercare di valorizzare al massimo il vissuto umano, sociale e professionale del singolo per metterlo al servizio della comunità arricchendola così di nuovi e ulteriori apporti. Offrendo la possibilità di un’aggregazione, chiamiamola così, di paese e/o di vallata, attraverso la costituzione e l’azione della Famiglia ex emigranti si perseguivano due obiettivi: primo, consentire all’ex emigrante di sentirsi ancora parte attiva della comunità, di rivelarsi utile a se stesso e agli altri, di vedere valorizzata la propria figura di individuo, cittadino e lavoratore; secondo, porre le stesse "Famiglie" quali interlocutori privilegiati delle amministrazioni e delle comunità locali, nonché quali centri di riferimento per chiunque si trova ad affrontare il difficile momento del rientro evitandone la dispersione nelle maglie del tessuto sociale dei nostri paesi.

Dapprima l’operazione non fu delle più facili, poiché si trattava di smussare gli angoli di una doppia e reciproca diffidenza. Per quanto riguardava l’ex emigrante, l’ostacolo maggiore era dato da una sorta di disagio di fronte ad uno stile di vita assai diverso da quello al quale era stato abituato nel corso della sua esistenza di lavoratore emigrante. Era una questione soprattutto culturale, di diversità di comportamenti e abitudini, di comprensibile fatica nell’accettare una realtà che gli appariva pressoché nuova e difficile da metabolizzare. Da parte della comunità locale, poi, si trattava di non considerare l’ex emigrante sbrigativamente un “foresto”, bensì un compaesano che era ritornato a casa dopo tanto tempo ed abbisognava di necessari tempi di acclimatazione, ma che, una volta riambientatosi, avrebbe potuto fornire un contributo umano assai prezioso.

L’operazione della costituzione delle “Famiglie” degli ex emigranti, poi, mirò anche a rinsaldare ulteriori rapporti tra l’Associazione nel suo complesso e le amministrazioni comunali. La presenza capillare sul territorio di tali “Famiglie”, inoltre, fece sì che le stesse diventassero anche soggetti utili e operativi di autentico volontariato sociale e culturale.

Molteplici sono i campi d’azione: assistenza agli ex emigranti più anziani nelle loro abitazioni o nelle case di riposo; disbrigo di pratiche varie riguardanti pensione, assistenza sanitaria, casa, utenze, ecc.; presenza ufficiale a manifestazioni, cerimonie ed eventi pubblici in loco; espletamento di piccoli lavori socialmente utili (manutenzione di sentieri, monumenti, capitelli, ecc.); attività culturali e ludiche (conferenze su temi dell’emigrazione, lezioni di testimonial dell’esperienza migratoria nelle scuole, soggiorni in località turistiche, gite, ecc.).

In special modo nel campo della solidarietà gli esempi sono davvero molti e va sottolineato un dato comune, spesso passato sotto silenzio per discrezione ed autentico senso di attenzione verso chi ha bisogno. Intendiamo riferirci ai numerosi interventi benefici che parecchie “Famiglie” continuano ad attuare a favore di realtà locali operanti a fini umanitari.

Molte sono le azioni meritevoli di plauso di tali “Famiglie”. Alcune compiute anche all’estero come, a solo mo’ d’esempio tra i tanti, quella della “Famiglia” di Ponte nelle Alpi che, in collaborazione con i Bellunesi di Petrosani, il locale Gruppo Alpini e il Comitato “Pollicino”, ha avviato da anni per la realizzazione e la gestione di una casa allloggio per bambini orfani di quel territorio rumeno. A fare da traino furono i presidenti della “Famiglia”, il maestro Giovanni Brustolon e Antonio De Min, e l’opera continua con gli attuali dirigenti.

Medesima attenzione verso l’Est europeo animò lo stesso maestro Brustolon e il compianto sindaco di Ponte nelle Alpi Vittorio Fregona per accogliere i discendenti di emigranti bellunesi in fuga dalla guerra in Yugoslavia dei primi anni Novanta. Ciò permise di riallacciare i rapporti con le comunità dell’antica Slavonia, oggi Croazia.

In occasione del cinquantesimo dell’Associazione il panorama delle “Famiglie” degli ex emigranti appare vivace e, in parecchi casi, testimone di un buon rapporto con le comunità e le istituzioni locali a dimostrazione che, laddove ciò è particolarmente sentito e capito, si possono raggiungere buoni livelli di cooperazione in autentico spirito solidaristico. 

Mentre nel territorio provinciale l’Associazione si prodigava per coniugare passato e presente a favore delle comunità locali, nell’ultimo scorcio del secolo scorso all’estero la realtà complessiva dell’arcipelago migratorio veniva assai influenzata dai profondi cam­biamenti strutturali del mondo produttivo dei paesi di tradizionale accoglienza dei nostri emigranti.

Era una realtà determinata anche dal passare del tempo che, per legge inesorabile, faceva emergere, a fianco delle generazioni della cosiddetta "emigrazione storica", le generazioni più giovani, ovvero quelle dei nipoti e dei bisnipoti di chi era emigrato un tempo dai nostri paesi.

Va ricordato, infatti, che la nostra emigrazione, che ha alle sue spalle circa centocinquant'anni di storia, oggi annovera fra le sue fila moltissimi giovani i quali rappresentano ormai la quinta e la sesta generazione.

Era una sorta di realtà emergente che s'impose ben presto all'attenzione dell'Associazione e ne determinò i nuovi e più attuali indirizzi. E, proprio sulla base di queste nuove spinte esplose soprattutto agli inizi degli anni 90, l'Asso­ciazione arrivò anche alla non facile e tormentata determinazione di cambiare la propria denominazione da "Associazione Emigranti Bellunesi" in "Associazione Bellunesi nel mondo".

Non fu certamente un'operazione di facciata, né di rimozione della realtà preesistente e di ripudio della parola "emigrante" e di tutto ciò che essa ha significato per la storia della provincia di Belluno. Fu soltanto la presa d'atto di una mutata condi­zione che prendeva le mosse soprattutto dal fatto che l'e­migrazione coatta, così com'è definita e storicamente conosciuta, in quel preciso momento storico poteva considerarsi conclusa e consegnata alle pagine della storia. Ma nessuno s’illuse che fosse del tutto scomparsa e qualche lustro dopo tutto ciò si sarebbe ripresentato puntualmente, anche se in forma ovviamente assai diversa. Prova tangibile che la mobilità umana è una partita da non considerarsi mai chiusa del tutto.

A quel tempo, comunque, era più consono parlare di "Bellunesi nel mondo", comprendendo con tale termine una gamma ancora più vasta di persone che, in ogni parte del globo, mantengono in sè caratteri e memorie della loro terra d’origine alla quale guardano sempre con affetto e nostalgia, nonché per ricevere risposte alle loro legittime richieste. Per rispondere a tali richieste l’Associazione, grazie alla determinazione e alla lungimiranza del Presidente Paniz, acquisì un immobile di proprietà che divenne così la “Casa dei Bellunesi nel mondo” permettendo di continuare ad operare in assoluta libertà e in seguito di dare vita a importanti opere come il Museo delle Migrazioni e la Biblioteca “Dino Buzzati”.

Lo ha ricordato il Presidente De Bona nel suo intervento alla celebrazione ufficiale del 50°.


[…] eravamo partiti dal nulla, senza sede. Prima ospitati in un ufficio al Centro Giovanni XXIII e poi, per un ventennio, nel sottotetto della Camera di Commercio di Belluno. Non dimenticherò mai un passaggio del discorso che l'allora presidente Maurizio Paniz fece al presidente della Regione Veneto Bernini nel 1990 in occasione della nostra annuale Assemblea: «I nostri emigranti, quando vengono a Belluno non devono più passare per la porta di servizio. Si meritano una sede dignitosa e chiedo a lei di impegnarsi affinché questo sogno diventi presto realtà». Paniz si riferiva agli uffici presenti alla Camera di Commercio... per raggiungerli bisognava proprio passare per la porta di servizio.

L'impegno economico da parte della Regione arrivò presto e, per quello che potevano, da Provincia e Comune di Belluno, Camera di Commercio, Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona ed altri ancora, ma non bastava per l'acquisto dell'attuale sede del valore di un miliardo di vecchie lire. Ecco quindi ritornare la generosità e l'impegno dei nostri soci che coprirono il 60% delle spese.

Da emigrazione a migrazioni[modifica | modifica wikitesto]

Nel frattempo sempre più frequenti contatti con le comunità al di qua e al di là dell'oceano fecero scoprire realtà organizzate che avevano mantenuto la lingua e la cultura delle genti della montagna veneta e, finalmente, come s’è già accennato, uscivano dall'oblìo di tanti decenni reclamando l’istituzione di relazioni sociali e culturali con la terra d'origine.

Dapprima da vari Paesi centro europei, poi dalla Romania alla Slavonia, dal sud del Brasile al Messico, grazie anche e non solo allo strumento dei gemellaggi, a partire dagli anni 90 del secolo scorso la nuova rete di relazioni, intercorse tra la sede di Belluno ed i nuclei organizzati dell’ABM nel mondo, diede il via ad iniziative che facilitarono visite e soggiorni di discendenti di emigranti bellunesi nella terra d’origine dei loro antenati. Ciò è a tutt’oggi in continuo movimento ed in forte crescita, tanto da apparire come la nuova frontiera dell’emigrazione bellunese, proiettata su scenari destinati a continui processi di mutamento e sviluppo. Complice anche la globalizzazione che investe aspetti diversi della vita dei popoli.

In questi ultimi vent’anni sono stati organizzati molti viaggi d'istruzione per studenti con interscambio di classi scolastiche tra Belluno e alcuni Paesi d’emigrazione, corsi di lingua e cultura italiana ad opera di varie “Famiglie”, iniziative di formazione professionale per giovani discendenti di nostri emigranti, soggiorni per anziani nel Bellunese e in città d’arte e siti turistici del Veneto. Il tutto elaborando progetti validi che, sottoposti all’attenzione della Regione del Veneto, ottennero adeguato finanziamento pur nella difficoltà di reperire le risorse necessarie dal bilancio regionale.

Solo a mo’ d’esempio registriamo che, solo negli ultimi venti mesi, si sono svolti undici scambi culturali con 181 giovani partecipanti, 25 stages e corsi di formazione con 245 frequentanti e otto soggiorni per 147 anziani.

Tutto ciò non ha soppiantato, di certo, l’attenzione, che potremmo definire “storica”, dell’Associazione verso le realtà preesistenti che si erano sviluppate nelle aree di tradizionale emigrazione quali Svizzera, Germania, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Francia, Stati Uniti d’America, Canada, Australia e Argentina. Ancora una volta l’ABM fu attenta a tutte le sue anime dedicando a ciascuna la necessaria e appropriata sensibilità.

Nel corso degli anni 90, a seguire durante il primo scorcio del nuovo secolo, la presidenza dell’Associazione ha trovato in Silvano Bertoldin e Gioachino Bratti gli interpreti più attenti ed efficaci dei continui processi di trasformazione dell’assetto associativo.

Al compianto Silvano Bertoldin va ascritta la capacità di aver saputo condurre la “nave” dell’ABM con senso di grande equilibrio e responsabilità, nonché di avere avviato un lento ma efficace processo di razionalizzazione e ottimizzazione delle risorse umane e finanziarie disponibili. Fu un compito non facile, ma che a distanza di anni va letto come base necessaria per accompagnare i successivi processi di evoluzione del modello associativo.

A Gioachino Bratti, ottimamente coadiuvato dai compianti vice presidenti Renato De Fanti e Ivano Pocchiesa, vanno ascritte la volontà e l’accortezza nel proseguire il lavoro del suo predecessore sapendo governare con oculatezza ulteriori processi di evoluzione dell’ABM su direttrici diverse: rapporti con le nuove generazioni nei Paesi di tradizionale emigrazione, realtà emergente dell’immigrazione extra-comunitaria sul suolo provinciale, istituzione e avvio di nuovi strumenti di intervento dell’ABM dei quali si riferirà in seguito.

Tra presente e futuro[modifica | modifica wikitesto]

Continuità e spinta decisiva per stare al passo con i tempi continuano a caratterizzare l’opera del successore del presidente Bratti, Oscar De Bona, che nei precedenti incarichi di presidente della Provincia di Belluno e assessore regionale aveva sempre dimostrato spiccata attenzione e competenza verso la vasta materia dei flussi migratori veneti e bellunesi in particolare.

Va inoltre sottolineato che con la presidenza Bratti l’ABM ha assistito al passaggio del testimone, nel ruolo di direttore generale dell’Associazione, fra l’inossidabile e prezioso Patrizio De Martin e Marco Crepaz. Il secondo si è subito rivelato sensibile e dinamico dirigente che ha saputo raccogliere con efficacia l’impegnativa eredità del suo validissimo predecessore, proiettandosi con entusiasmo tutto giovanile sugli scenari in continua evoluzione del mondo della mobilità umana.

Il cosiddetto “cambio in corsa” al vertice dirigenziale dell’ABM ha permesso di non perdere contatti con il cosiddetto “zoccolo duro” del corpo associativo, che ne è patrimonio inalienabile, nel contempo instaurando un efficace dialogo con le realtà emergenti dei giovani bellunesi attraverso linguaggi e strumenti idonei di carattere culturale e tecnologico.

Tutto ciò si sta rivelando operazione vincente e in grado di assicurare futuri spazi di manovra all’Associazione che può così riuscire a sostenere senza danni i rischi e le conseguenze dei passaggi generazionali.

Infine va detto che un’ulteriore dimostrazione della capacità di stare al passo con i tempi è stata fornita dalla breve ma intensa vicenda dell’Associazione “Belluno senza frontiere”, costituita nel 2011 sulle fondamenta della “Bellunesi nel Mondo” e con essa operativa in forma di stretta collaborazione. Tale sodalizio, che fu presieduto da Luisa Carniel, era un’associazione di promozione sociale tendente a valorizzare la conoscenza e la diffusione della cultura nel mondo mediante l’organizzazione durante l’arco dell’anno di conferenze, cineforum e gite dedicate al mondo delle migrazioni.

Ne vennero meno ruolo e funzione quando, modificato nel 2015 lo statuto associativo, lo spirito e le finalità di “Belluno senza frontiere” vennero recepite dalle nuove norme aprendosi sempre più, l’ABM, ad una concreta politica di superamento delle diversità all’interno del variegato mondo delle migrazioni. Su tale direttrice, poi, l’Associazione si è sempre mossa dapprima per essere parte propositiva e stimolatrice dell’organizzazione, poi soggetto fortemente collaborativo dell’iniziativa denominata “Festa dei Popoli”, diventata ormai un appuntamento che ogni anno a Belluno fa incontrare i vari gruppi etnici presenti sul territorio.

NUOVE DOMANDE, NUOVE RISPOSTE, NUOVA SEDE[modifica | modifica wikitesto]

La “Casa dei Bellunesi nel mondo”[modifica | modifica wikitesto]

La realtà presente dell’ABM è quella di un’Associazione in fase di trasformazione e rilancio che vuole costituirsi quale ponte ideale, ma anche operativo, tra le comunità di nostri conterranei in tutto il mondo e la comunità provinciale residente. Proprio al fine di seguire il passo dei tempi l’Associazione ha costantemente affinato gli strumenti a sua disposizione per poter dare risposte adeguate alle domande delle nuove generazioni dei discendenti dei nostri emigranti.

La prima grande risposta è stata l’acquisizione di una nuova sede, moderna ed efficiente, una sorta di “Casa dei Bellunesi nel mondo”, che costituisce il fulcro centrale dell’articolato lavoro che l’Associazione continua a svolgere con immutato impegno. Fu un’operazione molto coraggiosa, sotto il profilo economico e organizzativo, ma assolutamente necessaria per assecondare la crescita della realtà associativa.

Abbandonata la vecchia sede nei locali della Camera di commercio, si pensò ad una soluzione di proprietà, così fu necessario lanciare una sottoscrizione tra tutti coloro i quali, emigranti in testa, ritenevano utile dotare l’Associazione di una “Casa” propria.

Il costo complessivo dell’operazione si aggirò su un miliardo di vecchie lire delle quali almeno il 60% fu coperto dall’apporto delle Famiglie Bellunesi e di singole persone, compresi molti emigranti. È doveroso sottolineare, con particolare vigore, che gli emigranti e le Famiglie sparse in provincia, in Italia e in tutto il mondo, risposero in modo generoso, quasi al di sopra delle più rosee aspettative. Ciò avvalorò l’intento della dirigenza centrale che, in tal modo, riuscì a far sentire a casa loro, in ogni senso e legittimamente, tutti i bellunesi che da allora avessero  varcato la porta della nuova sede di via Cavour.

I locali in questione, oltre agli uffici di presidenza, direzione, segreteria e archivio, ospitano il Museo e la Biblioteca delle Migrazioni, istituzioni culturali ancora giovani ed in fase di razionalizzazione e potenziamento, ma già validi punti di riferimento per chiunque voglia approfondire la storia e le varie problematiche del mondo migratorio.

Lo “Sportello Provinciale Rientro Emigrati”[modifica | modifica wikitesto]

Dal 12 aprile 2005 fu anche aperto lo “Sportello Provinciale Rientro Emigrati”, gestito da Antonio Spada, che l’Amministrazione Provinciale istituì in collaborazione con l’ABM. Esso aveva due sedi: presso il Centro per l’impiego di Belluno lo sportello si occupava specificatamente di favorire l’inserimento lavorativo in loco degli emigranti che intendevano stabilirsi nel territorio, mentre presso l’ABM l’attenzione era rivolta principalmente a favorire l’integrazione socio-culturale di tali persone, che venivano sostenute e supportate fin dalla loro prima venuta in Italia. Nel solo primo anno di attività lo Sportello servì 246 utenti. Quali erano i servizi più richiesti dall’utenza? Lo ricorda lo stesso Spada in una sua relazione riferita al primo biennio di attività 2005/2006:


…. acquisizione di cittadinanza italiana, ottenimento di permessi o di documenti, informazioni sulle possibilità lavorative, richiesta di ricerche anagrafiche (di cui molte via internet), ricerca di alloggio, richiesta di essere accompagnati presso istituzioni varie, richiesta di servizi internet/fotocopie/fax e di informazioni generali sui corsi di italiano, sull’equipollenza di titoli di studio, su rimborsi spese di viaggio, su traduzioni …[1]


La conclusione della succitata relazione, dopo che lo Sportello chiuse la sua attività nel 2009, da un lato concettualmente ne rivela tutta la sua attualità, dall’altro ne testimonia la validità e l’opportunità che potesse continuare la sua azione adeguandosi alle evoluzioni dei tempi.


Oggi è riduttivo sostenere che la mia patria è Belluno, l’Italia, l’Europa, l’Occidente: sogniamo una patria più grande, madre di più popoli e più culture.

Anche il concetto di cittadinanza è complesso: per alcuni la cittadinanza è un paese, per altri è solo un fatto di sangue, o un pezzo di carta o un mero fattore di residenza temporanea, per molti è una lingua, una cultura, una storia.

La sfida di oggi è quella di mantenere l’identità bellunese all’interno di un orizzonte universalizzato: noi bellunesi possediamo un retroterra culturale con delle specificità che vogliamo conservare, ma nel contempo proiettarli in realtà nuove.

Ecco che lo Sportello provinciale “Rientro emigrati”, oltre a svolgere il suo attuale ruolo di supporto a tutto tondo nei confronti degli oriundi che, giunti in provincia, manifestano un qualche bisogno, potrebbe assumere una dimensione più qualificante: quella di farsi promotore di continuità culturale, di “bellunesità” proiettata nel contesto della mondialità di oggi mediante la promozione dell’interscambio di informazioni, esperienze, progetti in ambito scientifico, industriale e tecnico, la realizzazione di un forum dei giovani, la raccolta di testimonianze, la promozione linguistica e culturale in ambito scolastico e così via.[2]

 

Sono parole di una decina di anni fa che già prefiguravano un futuro poi avveratosi. Infatti parecchi degli auspici espressi da Spada nella sua relazione sarebbero in seguito divenuti realtà quando sarebbero state trasferite le potenzialità dello Sportello all’azione complessiva dell’ABM, soprattutto in questi ultimissimi anni.


La Biblioteca delle Migrazioni “Dino Buzzati”[modifica | modifica wikitesto]

La Biblioteca, intitolata a Dino Buzzati e presieduta dapprima da Ester Riposi e poi da Gioacchino Bratti, da alcuni anni è promotrice  di qualificate iniziative, quali la presentazione di pubblicazioni, l’organizzazione di convegni, la visita a luoghi significativi per l’emigrazione.

Agli inizi degli anni 90, quando l’Associazione aprì la sede di proprietà di via Cavour in città, il sogno dei suoi dirigenti non fu solo quello di allestire una vera propria “Casa degli emigranti bellunesi” al fine di accoglierli, radunarli, tutelarli e costruire con loro una massa critica in grado di incidere nella vita sociale ed economica del territorio provinciale.

Il sogno più grande e ambizioso fu quello di potervi alloggiare anche due strutture parallele: la biblioteca ed il museo delle migrazioni. La prima, intitolata significativamente a Dino Buzzati, fu realizzata nel corso degli anni ed oggi è importante punto di riferimento soprattutto per coloro, in primis i laureandi, che intendono svolgere studi e ricerche sul fenomeno migratorio.

Negli ultimissimi anni è stato compiuto un grande sforzo organizzativo per catalogare, razionalizzare e alloggiare il patrimonio librario in dotazione. Un’attenzione del tutto particolare, ovviamente, è stata dedicata alle pubblicazioni riguardanti specificatamente il mondo dell’emigrazione dando così un carattere di sempre maggiore specializzazione alla Biblioteca “Buzzati”.

L’intento dell’ABM è quello di arricchirla sempre più con testi aggiornati che riguardino sia il fenomeno migratorio in generale a livello nazionale e internazionale, che quello riguardante l’emigrazione bellunese. Nel contempo, comunque, la Biblioteca “Buzzati” offre anche un’interessante sezione dedicata a volumi riguardanti la storia locale nei quali è possibile trovare accenni, intrecci e relazioni con la parte attinente il fenomeno migratorio dei nostri paesi. È fuori discussione, infatti, che qualsiasi narrazione della storia di ogni singola vallata e di ogni singolo paese della provincia di Belluno, non può mai prescindere dalla componente della presenza e delle vicende degli emigranti, che l’hanno segnata e caratterizzata in modo incisivo. Basti pensare all’erosione dello spopolamento che il fenomeno migratorio provocò in passato quando arrivò anche a dimezzare la popolazione di alcuni paesi.

Tutto il lavoro profuso per qualificare al massimo la Biblioteca “Buzzati” l’ha resa assai apprezzata anche fuori dei confini provinciali ed ancor di più lo sarà se il costante aggiornamento potrà essere di valido supporto per ricerche e studi di chi voglia dedicarvisi con passione e competenza a livello scolastico, accademico o anche per puro desiderio di conoscenza personale.

Il Museo Interattivo delle Migrazioni (MIM)[modifica | modifica wikitesto]

La seconda struttura - il Museo - si rivelò subito un’impresa quasi impossibile se intesa nei modi tradizionali, ovvero con la classica esposizione dei reperti in appositi locali in spazi inevitabilmente limitati con esito riduttivo rispetto al fenomeno da rappresentare.

Per risolvere il problema ci si è avvalsi di moderne tecnologie che hanno consentito di allestire un Museo Interattivo delle Migrazioni (d’ora in avanti MIM) ai piani inferiori della sede, grazie anche al contributo statale (comma 28 dell’art. 1 della legge 311/2004 e successive modificazioni) per il quale fu determinante l’azione portata avanti dal presidente onorario avvocato Maurizio Paniz. Parimenti va ricordata la straordinaria generosità messa in campo dalle Famiglie Bellunesi e da singoli nostri emigranti.

Operativa dal 18 maggio 2013, la struttura vuole essere aperta e interattiva: con le scuole, attraverso la proposta di incontri e laboratori; con il territorio, facendo del MIM il punto di partenza di un più ampio itinerario dell’emigrazione nella provincia di Belluno; con la rete, proponendo mostre ed eventi online come estensione del Museo al di fuori dei propri confini.[3]


Il cuore multimediale del Museo è un viaggio nella memoria con frequenti agganci alla contemporaneità e al futuro. La sala superiore offre una panoramica generale sul tema delle migrazioni attraverso efficaci pannelli esplicativi e strumenti multimediali. Vi si trovano risposte esaurienti a semplici domande: perché si emigra? Come e quando si emigra? Quali sono i numeri dell’emigrazione di ieri e di oggi?

Spazio particolare è stato riservato al nostro Paese che fu protagonista del più grande esodo di massa della storia moderna con oltre 24 milioni di emigrati in un secolo (1876-1976) dai quali discendono oltre 60 milioni di oriundi, un’altra Italia sparsa in tutti i cinque continenti.

I materiali esposti e consultabili anche con un semplice clic raccontano vari intrecci storici dei flussi migratori, da quelli della cosmopolita Venezia alle più recenti immigrazioni, dall’esportazione di braccia e ingegni - dalle architetture di San Pietroburgo alla ferrovia Transiberiana - sino agli attuali contributi di professionalità e intelligenza dei giovani talenti, protagonisti di una crescente “fuga dei cervelli”.

Aspetti del vecchio museo tradizionale, poi, si ritrovano nei reperti esemplificativi di due epopee fondamentali dell’emigrazione bellunese - il gelatiere ed il minatore - che nel MIM trovano visibilità con oggetti, foto, contributi multimediali di esperienze di protagonisti. Si potrebbe parlare, in questi due casi, di lato dolce e lato oscuro dell’emigrazione bellunese che in entrambe le tipologie hanno rappresentato per decenni le due icone portanti dell’immaginario collettivo riferito alla figura dell’emigrante di casa nostra. Anche in tal senso la caratteristica e la qualità del MIM finalmente contribuiscono a togliere la patina retorica dal volto di tali tipologie migratorie restituendo loro la vera dimensione storica e sociale che lo stesso MIM documenta con rigore.

La sala inferiore del MIM - con interviste, cartoline, foto, brani di diari ed epistolari - dà una lettura affascinante delle varie fasi storiche del migrare dalla provincia di Belluno su due direttrici basilari. La prima riguarda l’emigrazione temporanea dalle vallate dal sec. XVII in poi verso altre terre dell’impero austroungarico, Mitteleuropa, Francia, Germania ecc., compresa anche l’emigrazione femminile e minorile (baliatico, ciòde, ciodéti). La seconda riguarda l’emigrazione permanente e di massa dalla fine dell’800 in poi sia verso le Americhe che verso la vicina Svizzera per poi allargarsi nei cantieri di tutto il mondo e radicarsi in comunità spesso capaci di mantenere l’identità delle origini.

Il viaggio termina alle soglie dell’attualità con il “ritorno alle radici” che si concretizza nell’esistenza e nell’azione delle Famiglie di ex emigranti dell’ABM, mentre nuovo spazio viene dato alle esperienze di giovani bellunesi oggi all’estero alla ricerca di un loro futuro stabile.

A dimostrazione della validità della struttura museale dell’ABM parlano i numeri che ne caratterizzano l’attività in questi tre anni dalla sua costituzione. Infatti 12.346 sono stati i visitatori, dei quali 8.356 studenti; sono stati realizzati 12 laboratori, 68 video conferenze con giovani bellunesi all’estero, due corsi a tema e quattro mostre didattiche. Il MIM, inoltre, propone al visitatore informazioni e dati raccolti in 62 ore di materiale video e custodisce un archivio digitale con 2.330 files di foto, lettere e documenti.

Il tutto segue un trend di continua crescita che ha indotto l’ABM, fra l’altro, ad avanzare la candidatura affinché Belluno possa ospitare il Distretto Triveneto del Museo nazionale delle migrazioni, la cui sede principale è stata trasferita da Roma a Genova. Quest’ultima operazione, lanciata proprio in concomitanza con la celebrazione del 50°, è la grande sfida che l’ABM lancia a se stessa, ai suoi associati, alle istituzioni locali ed ai Bellunesi tutti e vuole essere traccia importante per avviare un nuovo cammino di impegno e di lavoro.

Tra memoria e didattica[modifica | modifica wikitesto]

Se la consistenza e la qualità del patrimonio librario della Biblioteca “Dino Buzzati” offrono un valido punto di riferimento per studi e ricerche a favore di giovani studenti che vogliono conoscere e approfondire il tema delle migrazioni, non lo è da meno l’interattività del MIM che

consente di posizionarlo all’interno di una rete operativa di ben tredici musei del territorio provinciale: Campo di Alano di Piave, Seravella di Cesiomaggiore, Pian dell’Osteria in Cansiglio, Valle Imperina a Rivamonte Agordino, Istituto “Umberto Follador” di Agordo, Musei del seggiolaio di Gosaldo e Rivamonte Agordino, Memoria del Vajont a Longarone, Zattieri del Piave di Codissago, Pietra e scalpellini di Castellavazzo, Murales di Cibiana di Cadore, Musei ladini di Padola e Dosoledo di Comelico Superiore.

Possiamo dire che Biblioteca “Dino Buzzati” e MIM sono il luogo dove coesistono riflessione e memoria per meglio comprendere come «i flussi e riflussi di umanità siano la linfa vitale del nostro pianeta, quella che ha contribuito nei secoli alla nascita e alla crescita di grandi civiltà». Emigranti, ex emigranti e immigrati, attraverso un comune fil rouge, qui trovano il palcoscenico ideale per essere rappresentati sulla scena mondiale della mobilità umana che, nel bene e nel male, continua ad essere movimentata e non può essere né soffocata né ignorata, perché nel corso dei millenni è sempre stata così.

Nell’ottica di seguire in tal modo il passo dei tempi, cercando di conciliare storia e memoria alla didattica, l'Associazione ormai da parecchi anni privilegia gli scambi culturali soprattutto fra i giovani ed offre al mondo della scuola l'opportunità di conoscere la storia della nostra emigrazione quale componente essenziale dell'in­segnamento della storia generale.

Circa vent’anni fa, infatti, in occasione del suo trentennale, l'Associazione indirizzò una lettera aperta al Ministro della Pubblica Istruzione affinché la storia dell'emigrazione venisse considerata quale componente non secondaria dell’insegnamento della storia del Novecento nella scuola italiana. Non vi furono soddisfacenti risposte di carattere organico e sistematico nell’ordinamento scolastico, però qualcosa si mosse nell’attenzione del corpo docente verso la storia dell’emigrazione sotto forma di richiesta di informazioni e collaborazioni. Fu così possibile anche istituire corsi di formazione per docenti sulla storia dell’emigrazione bellunese al fine di ottimizzare il rapporto tra l’Associazione e gli operatori scolastici.

Dopo essere entrati nelle scuole bellunesi per tenere conferenze e lezioni su vari aspetti dell’emigrazione, ora il poter usufruire di uno strumento didattico dinamico ed efficace come il MIM, ha fatto superare quasi del tutto residui ostacoli burocratici e organizzativi nell’aprire le porte del Museo alle scolaresche che quasi quotidianamente lo frequentano per lezioni impartite dalle guide e da testimonial dell’ABM.

LA “FRONTIERA” DEGLI ANNI DUEMILA[modifica | modifica wikitesto]

Meno lontani con le nuove tecnologie[modifica | modifica wikitesto]

La lontananza è sempre stata, soprattutto all’epoca delle grandi migrazioni tra 800 e 900, ma anche più recentemente, l’elemento fondamentale che ostacolava il rapporto tra l’emigrante e la sua terra d’origine. Per decenni tale rapporto fu affidato esclusivamente allo strumento epistolare, spesso affidato ad altri perché era ancora alto il tasso di analfabetismo sia tra gli emigranti, sia tra i loro familiari rimasti al paese. Poi altri strumenti (telegrafo e telefono in primis) accorciarono di molto le distanze, se non acuirono invece la nostalgia di casa.

Di fronte a tale situazione qualche anno fa venne spontaneo coniare il motto “Vicini, lontani, mai soli” che da tempo ormai è emblematico dello stesso ruolo dell’Associazione, preoccupata e attenta a far sentire ai Bellunesi sparsi nel mondo la vicinanza della loro terra d’origine.

Se, dal 1966 ad oggi, comunicazione e informazione hanno fatto passi da gigante, rendendo la carta stampata uno dei tanti strumenti disponibili, l’evoluzione rapida di nuove tecnologie ha contribuito decisamente a ridurre il peso della lontananza. Anzi, quasi ad eliminarlo.

A tempo debito anche l’ABM si adeguò così alle moderne tecnologie creando il sito internet www.bellunesinelmondo.it che gode di ottima e numerosa frequentazione da tutto il mondo. A tal proposito pochi numeri danno la dimensione dell’utilizzo di tale strumento. Negli ultimi quattro anni, ad esempio, si sono verificate 79.989 visite, delle quali 37.222 nell’ultimo anno (luglio 2015-luglio 2016) e 2.814 nel mese precedente la celebrazione del 50° dell’ABM.

Di pari passo è operativa l’agenzia d’informazione ABM News che, in forma telematica, raggiunge le testate giornalistiche locali, nazionali e internazionali, per informare delle attività dell’Associazione. Dal 1998 sono state inviate ben 2.969 notizie, ovvero una media di 165 all’anno e di 3 alla settimana: così al mondo dell’informazione è reso noto che cosa fa l’ABM giorno dopo giorno.

Inoltre va ricordato che notizie ABM sono veicolate costantemente attraverso i vari social network esistenti come, per esempio, il diffuso Facebook, lo strumento della comunità virtuale di Bellunoradici.net (v. paragrafo successivo), i collegamenti audiovisivi in Skype e via dicendo. Registriamo qualche dato significativo della presenza ABM sulle pagine di Facebook secondo l’opzione “mi piace” a disposizione del visitatore: Bellunesi nel mondo “piace” a 6.650 persone, il Museo interattivo delle migrazioni a 1.819, la Biblioteca “Dino Buzzati” a 880, Bellunoradici.net a 1.128.

Dal Gruppo Giovani a Bellunoradici.net[modifica | modifica wikitesto]

Dopo le esperienze positive degli anni 90, il Gruppo Giovani dell’ABM, uno tra i più attivi nello scenario delle sezioni giovanili dell’emigrazione nel Veneto, ha via via svolto la sua attività soprattutto nel mantenere i contatti con i giovani bellunesi o discendenti di bellunesi diffusi in ogni parte del mondo. Ha sovente promosso iniziative di interscambio tra giovani, collaborato alle attività della sede centrale o delle “Famiglie”, realizzato progetti in settori diversi, promosso l’Associazione attraverso i nuovi mezzi di comunicazione.

Nel prosieguo degli anni 2000 proprio il rapido evolversi dei nuovi mezzi di comunicazione e la necessità di mantenere, attraverso essi, legami, collegamenti e interscambi di esperienze e idee, hanno trasformato la realtà operativa del Gruppo in nuove strutture attualmente funzionanti e ricche di iniziative. In primis, in tale campo, il social network Bellunoradici.net.

Nel quadro complessivo dell’attuale realtà associativa, infatti, è importante ricordare una vivace attività aperta con idee e spirito innovativo ad un mondo, quello appunto giovanile, che chiede contenuti e metodi nuovi, conformi alla mentalità e alle esigenze delle nuove generazioni.

Negli ultimi anni l’attenzione dell’Associazione si è rivolta, sempre più, da una parte alla ricerca e all’aggregazione dei “talenti” bellunesi all’estero, persone affermatesi nei campi più svariati, allo scopo di riceverne idee, proposte , risorse e iniziative per la nostra provincia, e dall’altra alla nuova mobilità, che porta ogni anno nel mondo qualche decina di nostri giovani alla ricerca di esperienze e di professionalità appaganti, nei campi della ricerca, della tecnica, dell’economia d’avanguardia.

Non è fuori luogo, pertanto, che proprio nel settore delle varie iniziative rivolte alle generazioni più giovani, risiede quella che potremmo definire appropriatamente la “nuova frontiera” dell’Associazione. Una “nuova frontiera” destinata a crescere, ad ampliarsi e a recepire costantemente gli “input” culturali che arrivano dai più giovani discendenti dei nostri emigranti assieme a quelli lanciati da chi intraprende oggi la strada del mondo.

Dentro i confini di questa “nuova frontiera” nacque così, nel 2008, con il notevole supporto della Camera di Commercio e della Provincia di Belluno, l’iniziativa denominata “Bellunoradici.net”, il social network che aggrega centinaia e centinaia di talenti bellunesi residenti ed operanti all’estero. Il portale www.bellunoradici.net è frutto di una "partnership" fra l’Associazione “Bellunesi nel mondo”, la Camera di Commercio e la Provincia di Belluno. È il "social network" dei talenti bellunesi attivi in Italia e nel mondo. Belluno intende così valorizzare l’intelligenza e il sapere di chi, fuori della "piccola patria", onora con la propria attività l’origine bellunese. Si propone di favorire il contatto tra persone che si sono affermate nella società in cui operano, ma anche tra chi sta iniziando un percorso di messa a frutto della propria formazione, in tutti i campi. Scopo del portale è anche quello di creare e rinnovare il collegamento tra loro e la terra d’origine.

Il social network www.bellunoradici.net mette in rete i bellunesi che, in Italia e nel mondo, hanno raggiunto e stanno raggiungendo posizioni di responsabilità e prestigio. È un punto di incontro fra "globale" e "locale", fra competenze e territorio, un’area riservata a chi, di radici bellunesi, vuole allargare le sue conoscenze, le sue opportunità, il suo talento. La comunità bellunese potrà così arricchirsi di importanti contributi, dei quali fin da subito sarà grata ed orgogliosa.

La denominazione di questo social network ha attinto, quasi inevitabilmente, al termine “radici” che da qualche anno è entrato nel lessico quotidiano per significare un richiamo preciso e concreto di appartenenza ad un territorio, ad una cultura, ad una qualsivoglia forma di aggregazione. Forse potrà apparire un termine scontato e abusato, ma si sa che spesso vale la pena di rischiare l’ovvietà se essa esprime con esattezza quanto si vuole veicolare nel messaggio efficace racchiuso nella sintesi di un titolo.

Le “radici” in questione, pertanto, sono ideali virgulti da coltivare con assiduità e impegno per farli crescere e diventare una “pianta” rigogliosa e ricca di frutti per tutti.

In tal senso si persegue, in modo moderno ed attuale, l’obiettivo che è sempre stato cifra caratteristica dell’Associazione, ovvero essere contenitore di opportunità per allargare l’orizzonte delle esperienze umane e professionali di chi vi aderisce al fine di metterle al servizio della comunità provinciale d’origine nel contesto di un’utile rete di rapporti.

Mai come in questo preciso momento storico, poi, un social network di tale conformazione si rivela utile a quei bellunesi, nella stragrande maggioranza giovani under 34, che da qualche anno escono in numeri sempre più consistenti dalla terra d’origine per cercare lavoro all’estero.

50 anni in due giorni: la festa del mezzo secolo[modifica | modifica wikitesto]

Il 23 luglio 2016 abbiamo visto scorrere sul palco del teatro Comunale di Belluno come nei fotogrammi di un film ricco di immagini, parole ed emozioni sotto la regia di chi scrive, in veste di cerimoniere, e con la colonna sonora in diretta dei canti eseguiti dal Coro Minimo Bellunese diretto da don Gemo Bianchi. E il giorno seguente le emozioni continuarono con la Festa dei Veneti nel mondo celebrata proprio a Belluno.

Questa la cronaca di due intense giornate.


L’incontro in teatro ha visto gli interventi dell’assessore Maurizio Busatta, che ha sottolineato l’importante ruolo sempre svolto dall’Abm portando gli auguri del Comune di Belluno per il prosieguo; della presidente della Provincia Daniela Larese Filon, che ha ricordato come Abm e Provincia abbiano sempre lavorato in spirito di collaborazione al servizio degli emigranti bellunesi; di Ivana Del Pizzol, per la Camera di Commercio di Belluno e Treviso, altro ente con cui l’Associazione ha sempre collaborato e del quale è stata ospite per oltre un ventennio; del vescovo emerito Giuseppe Andrich, sempre vicino all’Abm e alle tematiche da essa affrontate. Il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia, impossibilitato a partecipare di persona, aveva inviato una lettera di augurio.

Il Presidente De Bona ha poi ripercorso le tappe principali della storia dell’Abm, sottolineando soprattutto le tante battaglie sostenute. Una su tutte quella per l’autonomia della provincia di Belluno.

A seguire Vincenzo Barcelloni Corte, presidente onorario e tra i fondatori dell’allora Aeb, commosso nel ricordare difficoltà e scetticismo incontrati all’inizio e le persone che hanno dato tanto per l’associazione.

Maurizio Paniz ha poi ricordato l’incessante opera per porre fine alle discriminazioni che gli emigranti all’estero spesso si trovavano a subire, e le tante sfide, dal cambio del nome al sogno della sede di proprietà, la “Casa dei Bellunesi nel mondo” divenuta realtà grazie anche alla generosità dei soci. Commossa Giovanna Talamini, che ha ringraziato l’Abm e sottolineato il legame del compianto marito Silvano Bertoldin con il mondo degli emigranti. Poi Gioachino Bratti, nell’evidenziare come molte sarebbero state le persone da ringraziare, ne ha citate in particolare tre: lo stesso Silvano Bertoldin, Renato De Fanti e Gian Battista Dalla Corte.

Il conduttore ha ricordato il grande contributo offerto da monsignor Mario Carlin per far nascere l’Associazione e il suo grande impegno al fianco del vescovo Muccin, e da Ester Riposi per il sostegno che ha sempre dato all’Abm, in particolar modo a favore della biblioteca. È poi stato il turno dello storico direttore Patrizio De Martin, uno dei principali artefici delle tante imprese di questo mezzo secolo e, infine, di Umberto Crema, già copresidente e rappresentante della Camera di Commercio, il quale ha messo in luce le difficoltà e ostilità incontrate nei primi tempi per far nascere l’Associazione.

Dopo la relazione economico-finanziaria del tesoriere Angelo Paganin, la storia dell’Abm è stata narrata da un filmato puntuale ed esauriente al quale hanno fatto seguito la proiezione del video di “Anyway” dei Belumat e del saluto di Giorgio Fornasier da Toronto. Indi, in segno di ringraziamento per tutti coloro i quali negli anni hanno dato una mano a tenere viva l’Associazione, è stata poi consegnata una medaglia ricordo a presidenti e delegati delle Famiglie.

Una giornata all’insegna della memoria, ma non solo. Anche l’oggi e il domani sono stati protagonisti: «Abbiamo lavorato molto per fare in modo che finisse l’emigrazione forzata dalla nostra terra e pensavamo di esserci riusciti – ha infatti affermato Barcelloni – ma vediamo che anche oggi troppi ragazzi devono di nuovo partire”. Così il social network Bellunoradici.net, attraverso i suoi giovani talenti, ha chiuso l’incontro con la proiezione di videomessaggi nei quali i ragazzi spiegavano che cosa per loro rappresenta l’Associazione nel nuovo contesto di emigrazione creatosi ai giorni nostri.

La giornata si è in seguito conclusa con l’applaudito concerto della Fisorchestra “G. Rossini”, diretta dal maestro Ernesto Bellus, complesso che, assieme a tanti cori della provincia, è stato spesso ospite delle comunità bellunesi sparse nel mondo portando colà un messaggio di amicizia dalla terra d’origine.

Nella giornata di domenica 24, in concomitanza con la “Festa dei Veneti nel mondo” ospitata proprio a Belluno, raduno davanti alla sede dell’Abm, sfilata per le vie del centro cittadino e messa nella chiesa di S. Stefano, concelebrata dal vescovo di Belluno-Feltre Renato Marangoni e dal parroco don Lorenzino Menia D’Adamo. Gran finale, poi,  con raduno conviviale e pomeriggio musicale al ristorante “Al Borgo”.

FUTURO[modifica | modifica wikitesto]

Questa è l’attuale realtà dell’Associazione “Bellunesi nel Mondo”, ferma certamente nei valori e negli ideali del passato che ne costituiscono la ragione di essere, ma attenta, aperta e partecipe ai rapidi mutamenti del presente e quindi pronta alle sfide del futuro, per continuare così ad essere ponte ideale ed operativo tra le comunità di conterranei in tutto il mondo e la comunità provinciale di origine.

L’Associazione “Bellunesi nel Mondo”, grazie alla sua storia di quasi mezzo secolo, è depositaria di quella che potremmo definire “esperienza del mondo” assai utile alle nuove generazioni quale “bagaglio appresso” per affrontare le moderne sfide della globalizzazione.

L’ABM è una realtà che vuole continuare ad esercitare, e possibilmente ampliare, un ruolo di primo piano nel dibattito sociale e culturale nella nostra provincia cercando di intensificare al massimo i rapporti di conoscenza e di collaborazione con la comunità residente, con le istituzioni pubbliche e le amministrazioni locali.

E' una realtà che continua a poggiare sul volontariato e che propone, ai giovani bellunesi residenti che lo vogliono, un'interessante esperienza di contatti e rapporti coi loro coetanei e con le comunità bellunesi e venete di tutto il mondo.

Tale caratteristica di presenza ed intervento è ampiamente legittimata ad esistere e svilupparsi proprio in relazione alla situazione sociale ed occupazionale, dai contorni assai pesanti ed oscuri, che dagli inizi degli Anni Duemila sta attanagliando il nostro Paese - maggiormente la nostra provincia - e che ha la prima e più pesante ricaduta negativa sulle nuove generazioni.

Il cinquantesimo anniversario della fondazione dell'Associazione ha costituito motivo non solo di un'orgogliosa rivisitazione del nostro passato[1], ma, ispirandosi a queste preziose radici ed a questo cammino fecondo, si è presentato anche quale stimolo per un rinnovato impegno a servizio dei bellunesi che, sparsi in tutti i continenti, autentici “cittadini del mondo”, mantengono saldo il legame con la terra d’origine delle loro famiglie.


[1] Altre furono realizzate in passato con la pubblicazione di:

AA.VV., 1966-1986. Vent’anni di vita dell’Associazione Emigranti Bellunesi, Grafiche Antiga, Crocetta del Montello (TV), 1986

GIANLUIGI SECCO, Emigrate, Edizione Belumat per il Trentennale dell’AEB, Belluno, 1996

DINO BRIDDA, 1966-2001. ABM Trentacinque anni di impegno per i migranti,  Stampa Tipografia Piave, Belluno, 2001

IRENE SAVARIS (ideazione e coordinamento, Bellunesi nel mondo. 1966-2006. 40 anni assieme, cd-rom realizzato da Netech srl, Belluno 2006

ROMEO PIGNAT, Una storia. Una terra. Un progetto, edizione in dvd, Belluno 2011


[1] Antonio Spada, Relazione sullo Sportello Provinciale Rientro Emigranti, Belluno 20 ottobre 2015

[2] ANTONIO SPADA, op. cit.

[3] Nota tratta dal depliant di presentazione del MIM


[1] COMITATO COORDINATORE DELLE FAMIGLIE BELLUNESI IN SVIZZERA, Gli emigranti e la provincia di Belluno, Baden (Argovia-CH), 1971

[2] COMITATO COORDINATORE DELLE FAMIGLIE BELLUNESI IN SVIZZERA, L’incontro di Zurigo con gli Emigranti Bellunesi, Zurigo (CH), 1972

[3] COMITATO COORDINATORE DELLE FAMIGLIE BELLUNESI IN SVIZZERA, Gli Emigranti Bellunesi e i sindacati provinciali, Lugano (CH), 1973

[4] FAMIGLIA BELLUNESE DI MILANO, Per il Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi, Milano, 24 maggio 1975

[5] GIUNTA REGIONALE DEL VENETO,  Atti del convegno sull’emigrazione Veneta in Europa, Lucerna 24-25 aprile 1976.

Alla tribuna del convegno presero la parola i bellunesi Arnaldo Zanussi e Mario Biesuz (Zurigo), Antonio Franzoia (Mons), Alberto Bee e Primo Nessenzia (Lucerna), Romano Pietro Tores (Stoccarda), Paolo Fontanella (Germania), Italo De David (Sciaffusa), Claudio Ganz (Lussemburgo), Giovanni Caneve (Liegi), Gianpaolo Barichello (Mendrisio), Pia Finzi De Vido (Inghilterra), Vincenzo Barcelloni Corte (Comitato Veneto Emigrazione), Luciano Lodi (presidente del Comitato organizzatore del convegno), don Domenico Cassol (delegato per l’emigrazione della Diocesi di Feltre), oltre a Gianni Sartorel (segretario Cisl Belluno), Felice Dal Sasso e Tullio Bettiol (consiglieri regionali).

[6] AA.VV. Emigrazione in Europa, Atti del convegno di Belluno “Centro Culturale Crepadona”, 20-21 novembre 1981.

Alla tribuna del convegno da parte bellunese portarono il loro contributo, fra gli altri, il provveditore agli studi di Belluno Mario Morales, i sindaci di Belluno e Ponte nelle Alpi Mario Neri e Giovanni Bortot, il presidente della Consulta Veneta per l’emigrazione Vincenzo Barcelloni Corte, il presidente dell’AEB Maurizio Paniz, il presidente della Provincia di Belluno Renato Costantini, il direttore responsabile di “Veneto Emigrazione” Tina Merlin, il consigliere comunale di Belluno Mario De Mattè, il presidente della Famiglia ex emigranti del Cadore Antonio Bergamo, il rappresentante dell’Ulev Svizzera Aurelio Cassol, il parlamentare europeo Arnaldo Colleselli.

[7] AA.VV. Seconda conferenza regionale dell’emigrazione ed immigrazione, Abano Terme (PD), 29-30 aprile 1983.

Alla tribuna della conferenza intervennero i bellunesi: Luciano Lodi, Silvio Bianchet, Flavio Tremea; Nino Zilli (Olanda); Candida Meneguz (Direttivo AEB); Giacomina Savi (Francia); Giovanni Da Vià (Venezuela); Romano Tores (Germania); Armando Casera (Belgio); Eldo Candeago (AEB Milano); Eliseo Sartor (Canada); Franco Rossignol (Uruguay); Pia Finzi De Vido (Inghilterra); Ivano Alpagotti (Nigeria); Arnaldo Colleselli (Parlamento Europeo); Alberto Curti (consigliere regionale).

[8] ASSOCIAZIONE BELLUNESI NEL MONDO, L’apporto dell’emigrante allo sviluppo socio-economico del Bellunese, Belluno luglio 1989

[9] DINO BRIDDA, Fede ed emigrazione, pro manuscripto, Convegno ecclesiale diocesano, Centro Papa Luciani, Col Cumano (BL), 30-31 agosto 1989

[10] Fondazione CEI MIGRANTES e ABM, Migranti portatori di fede. Alle radici dell’unità, Belluno 16 novembre 1991.

Al convegno presero la parola, fra gli altri, oltre al missionario in Canton Ticino don Dino Ferrando, i bellunesi monsignor Maffeo Ducoli, vescovo di Belluno-Feltre; Oscar De Bona, presidente della Provincia e della Consulta Veneta per  l’emigrazione e Maurizio Paniz, presidente dell’ABM.


[11] Testo del depliant informativo del 1978

[12] COOPERARE OGGI, mensile dell’Unione Veneta della Cooperazione, ottobre 1989, pag. 11


[1] Il primo presidente fu Jacinto D’Incà, vice Arturo Roni, segretario Luigi Stragà, tesoriere Francesco Bez, consiglieri Leongino Bordin, Luigi De Bona, Luigi Dal Pont, Rodolfo D´Incà, Ernesto Da Rold, Ricardo Ferigo, Angelo Mazzorana, Emanuele Sogne e Rinaldo Zuccolotto.

[2] GUSTAVO ORONZO RUCCI, L’Associazione Bellunese di Buenos Aires festeggia i suoi primi 60 anni di attività, in Politicamentecorretto.com, 21 agosto 2010

[3] cfr. volantino del 4 novembre 1969 in PAOLO CONTE, Oltre Chiasso, Agorà editrice, Feltre, 2012

[4] cfr., DINO BRIDDA, 1966-2001. ABM Trentacinque anni di impegno per i migranti, Stampa Tipografia Piave, Belluno 2001

[5] cfr., DINO BRIDDA, op. cit.

[6] cfr., LINO MOTTES, Gioacchino Muccin Vescovo di Feltre e Belluno “Ragazzo del ‘99”, Tip. Piave, Belluno, 1999, p. 56

[7] cfr., AA.VV., 1966-1986. Vent’anni di vita dell’Associazione Emigranti Bellunesi, Grafiche Antiga, Crocetta del Montello (TV), 1986, p. 7

[8]  MARIO CARLIN, Ecco come andarono le cose 50 anni fa quando prese vita l’Abm, “L’Amico del Popolo”, 15 settembre 2016, pag. 6

[9] I caduti bellunesi furono: Giancarlo Acquis (Belluno), Giovanni Baracco (Domegge), Aldo Casal (Sospirolo), Fiorenzo Ciotti (Pieve di Cadore), Leo Coffen (Domegge), Virginio Dal Borgo (Pieve d'Alpago), Lino D'Ambros (Seren del Grappa), Celestino Da Rech (Sedico), Silvio Da Rin (Domegge), Arrigo De Michiel (Lorenzago), Igino Fedon (Domegge), Mario Fabbiane (Sedico), Pietro Lesana (Pieve di Cadore), Illio Pinazza (Domegge), Rubelio Pinazza (Domegge), Enzo Tabacchi (Pieve di Cadore), Giovanni Zasio (Sedico).

[10] AA.VV., 1966-1986. Vent’anni di vita…, op. cit.

[11] AA.VV., 1966-1986. Vent’anni di vita…, op. cit.

[12] Ministero dell’Industria e del Commercio, Dir. Gen. comm. int. e cons. ind./Serv. III-ispett. 5°-div. 13^, prot. n. 256912, 18 maggio 1966

[13] Ministero dell’Industria e del Commercio, circ. cit.

[14] Nota della Prefettura di Belluno del 7 maggio 1966, prot. N. 531/23-3-Div. GAB