Utente:Setteclizzano/Sandbox
Santuario della Madonna del Lago
> INTRODUZIONE Il Santuario della Madonna del Lago sorge in Romagna, nei pressi della Via Emilia tra Forlì e Cesena, nella parte pianeggiante del Comune di Bertinoro (Provincia di Forlì-Cesena), a poche centinaia di metri dall’area termale preistorica di Panighina. Il luogo di culto è centro della parrocchia omonima, facente parte della Diocesi di Forlì-Bertinoro. Il nome del Santuario è quello con cui è tradizionalmente nota l’icona greco-bizantina della Madonna con Bambino (“Madonna del Lago”, appunto), posta dietro l’altare maggiore e la cui origine è avvolta nella leggenda. La denominazione di “Madonna del Lago” deriva dall’antica presenza in loco di un lago o, meglio, di una zona paludosa, bonificata nel corso del Settecento e della quale oggi non è rimasta alcuna traccia. La festa della Madonna del Lago si svolge tradizionalmente la prima domenica di maggio ed è denominata “Festa dei limoni” (o “dei cedri”). L’origine e il nome di questa festa non sono chiari e deriverebbero, secondo la teoria più verosimile, dal nome di un agrumeto (oggi scomparso) nei pressi della chiesa.
> LEGGENDA E STORIA 1) La leggenda. Secondo la leggenda più nota, l’icona con la Madonna e il Bambino nel corso dell’VIII secolo sarebbe giunta dall’Oriente bizantino per opera di monaci in questa zona dell’allora Esarcato di Ravenna. Collocata originariamente presso l’Abbazia Camaldolese di S. Maria d’Urano presso Bertinoro, sarebbe da qui miracolosamente scampata alle distruzioni iconoclaste e trasportata da un ruscello a valle, nell’area allora paludosa denominata “Lago” (località dove, nel IV sec., un’altra leggenda situa l’apparizione della Vergine a S. Ruffillo Vescovo). Ritrovata dai contadini del luogo e riportata in abbazia, sarebbe di nuovo inspiegabilmente ritornata in questo luogo inospitale, portando alla costruzione di una piccola cappella votiva (citata negli Annali Camaldolesi) e dando origine alla devozione che continua ancora oggi.
2) Il periodo camaldolese, fino al Settecento. Sulla data della collocazione della venerata icona in loco, così come sulla datazione della stessa, non vi è accordo tra coloro che se ne sono occupati nel corso dei tempi. Quel che è certo è che, tra l’XI e il XIII secolo, il piccolo edificio religioso (affidato all’amministrazione dei monaci Camaldolesi per ordine del Vescovo di Forlimpopoli fin dal 1181) si amplia in forma di chiesa con abside ad est (ancora visibili i resti): una lapide cita come data di costruzione il 1262, mentre del 1279 è la solenne consacrazione del Santuario, la prima domenica dopo l’Ascensione (ancora oggi il periodo dell’anno in cui si tiene la tradizionale festa della comunità del Lago). Nel corso dei secoli, l’edificio religioso subisce nuovi ampliamenti, ma soprattutto aumenta la devozione popolare che vuole la Madonna del Lago protettrice del popolo contro ogni avversità. Il pericolo scampato all’alluvione del 1636 deve aver suggellato nella credenza popolare la miracolosità dell’icona mariana, tanto da giustificare un solenne trasporto in processione alla Cattedrale di S. Caterina d’Alessandria in Bertinoro; solo la prima delle oltre venti medesime traslazioni che si sono poi succedute nei secoli in occasione di eventi calamitosi o per particolari ricorrenze devozionali.
Il Settecento è secolo decisivo nella storia della Madonna del Lago. La chiesa viene sottoposta ad un deciso lavoro di ampliamento e di ammodernamento, che le fa assumere le forme che presenta ancora oggi: con l’abbattimento della vecchia abside ad est (resti oggi visibili), si giunge ad un edificio con pianta che ricorda la croce greca, orientata a sud e dall’interno decorato in stile barocchetto; nella zona absidale si realizza una cappella con cupola (oggi scomparse) per accogliere la preziosa icona con Madonna e Bambino, in questi anni incoronata in oro e rivestita nella sua parte inferiore da una lamina in argento. Del 1793 è la convalida definitiva del titolo di Patrona di Bertinoro. Anche l’area circostante il Santuario cambia fisionomia nel corso del ‘700: verosimilmente si situa in questo secolo, infatti, la bonifica del cosiddetto “lago”, cui segue un deciso disboscamento della zona e l’apertura di quella via chiamata oggi Via Lago che, collegando la chiesa alla Via Emilia, ne diviene il principale punto di accesso. In piena età napoleonica, nel 1805, dopo quasi sette secoli, i Camaldolesi lasciano il Santuario.
3) Dall’Ottocento ai giorni nostri. La chiesa, provvisoriamente in custodia al clero diocesano, nel 1807 eredita il titolo di chiesa parrocchiale dalla vecchia chiesa di S. Cristoforo in Bassano (abbattuta perché lesionata da un terremoto, si trovava nei pressi di quel podere detto “Agrumaio” che rappresenta l’unica traccia che ricorda il nome dell’antichissima “festa dei limoni”, tradizionale appuntamento della prima domenica di maggio). La tranquillità della vita quotidiana della comunità del Lago è momentaneamente interrotta solo il 3 giugno 1857, quando Papa Pio IX, in visita in alcune città dello Stato della Chiesa ivi compresa Forlimpopoli, rende omaggio alla Madonna del Lago; un fastoso apparato scenico e l’irrefrenabile entusiasmo popolare fanno da cornice al memorabile evento.
Il Santuario, che dal 1875 è dotato della nuova facciata monumentale che si può ammirare ancora oggi, nel 1884 viene affidato alla custodia dei Missionari del Preziosissimo Sangue di S. Gaspare del Bufalo (per questo detti “bufalotti). Il secolo si chiude con l’edificazione della canonica, che porta il complesso del Lago alla sua massima espansione tanto da essere familiarmente definito dai contadini del luogo “il paese”.
Dopo che, nel 1935, la Madonna del Lago è nominata “patrona della Diocesi di Bertinoro”, nel 1938 i “bufalotti” lasciano questi luoghi, e primo parroco della nuova storia è don Romano Maltoni. A lui spetta il gravoso compito di accompagnare la comunità negli anni tremendi della guerra. E’ in questo contesto storico che, nel 1941, mons. Piersante Borghesi scrive l’inno le cui parole risuonano ancora oggi in occasione delle celebrazioni mariane (“Dal fulgido Oriente, o bella Signora… Madonna del Lago, deh prega per noi!”). Con l’approssimarsi del fronte, la zona del Santuario è teatro di violenti bombardamenti alleati, ma la chiesa e l’icona mariana rimangono miracolosamente illese.
Non sono, però, finite le disavventure del Santuario, se è vero che solo un provvidenziale restauro (1958-61), dopo anni di incurie, lo salva dalla probabile rovina: vengono abbattuti il campanile e tutti gli elementi pericolanti, l’accesso viene privato dell’antico cancello, mentre tutta la zona presbiterale è sottoposta a completo riordinamento, con chiusura del sacello contenente la Madonna del Lago e accorciamento dell’abside. Ulteriori restauri sono degli anni 1975-78 (parroco don Giovanni Alessandrini) e, infine, tra il 2000 e il 2014 (parroco Don Elvezio Pagliacci); interventi questi ultimi che conferiscono al Santuario e all’icona della Madonna del Lago (confermata nel 1986 co-patrona della nuova “Diocesi di Forlì-Bertinoro”) un rinnovato splendore.
> ARTE Il Santuario si presenta oggi nelle forme che le furono conferite nel corso del Settecento da ingenti lavori di ampliamento e restauro (per i quali A. Corbara, nel 1956, ha proposto l’attribuzione a un progetto dell’architetto Scaletta da Faenza), con l’abbattimento dell’antica abside ad est (di cui rimangono tracce ben visibili) e la realizzazione di un edificio dall’originale pianta che coniuga la croce greca alle tre navate, con ingresso rivolto a settentrione verso la Via Emilia.
La facciata si presenta, invece, nelle forme monumentali che le diede l’architetto Giulio Zambianchi di Forlì nel 1875, con portale lineare sormontato da lunetta semisferica e affiancato da due coppie di lesene, sormontata da timpano triangolare sul quale svettano, ai due angoli acuti, due statue di angeli adoranti rivolti verso la croce centrale.
L’interno, in stile barocchetto settecentesco, si presenta ampio e luminoso nel suo stile originale che ricorda i templi orientali. I due bracci laterali sono dedicati ai custodi del Santuario nel corso dei secoli: a sinistra, l’altare camaldolese, con grande quadro del “Crocefisso con i Santi Demetrio, Benedetto e Lorenzo”, di scuola cesenate del ‘600 (ora in restauro); a destra, altare dei Missionari del Preziosissimo Sangue di S. Gaspare del Bufalo, effigiato nel quadro sopra l’altare. Ai lati dei due bracci, quattro tele della seconda metà del Settecento, forse di D. Zambianchi da Forlì, recano episodi legati alle leggende sull’origine del culto della Madonna del Lago (altre tre tele omonime, a completare il ciclo di sette opere, sono in deposito presso la Curia).
La zona presbiteriale, posta nel braccio a sud e dotata di cupola con occhio centrale, riprende ed accentua lo stile barocchetto degli interni. È abbellita da un ricco apparato di stucchi, con Madonna in gloria, angeli e putti nella calotta, e due lunette a bassorilievo effigianti la scene del salvataggio dal rogo iconoclasta e l’incoronazione della Madonna in consesso di vescovi (forse il Concilio di Nicea del 787). L’intero lavoro è da ascrivere alla celebre bottega dei fratelli Martinetti e fu terminato nel 1761.
Al centro della cappella, rivestita nella parte inferiore dal 1741 da una preziosa lamina in argento, la venerata icona raffigurante la Madonna col Bambino. L’icona, un tempo posta in sacello rientrante accompagnata da ricco apparato di statue di Santi camaldolesi, è oggi in primo piano e si mostra nelle sue squisite fattezze greco-bizantineggianti. Si tratta di una Madonna del tipo detto “Eleousa” (“colei che si intenerisce”) o “Glykophiloùsa” (“dolce amore, colei che bacia dolcemente”), da cui l’intitolazione di “Vergine o Madre della Tenerezza”. La datazione dell’icona, tradizionalmente ascritta all’ambito orientale dell’VIII secolo, non ha trovato concordi gli studiosi (alcuni la post-datano al XII-XIII secolo, confutando in tal modo la leggenda che l’accompagna).
> L’ICONA Si tratta di una tela dorata dipinta e fissata su di una tavola in quercia (dal 1741 coperta nella parte inferiore - che reca segni di una bruciatura - da una lamina d’argento), raffigurante una Madonna con Bambino del tipo detto “Eleousa” (“colei che si intenerisce”) o “Glykophiloùsa” (“dolce amore, colei che bacia dolcemente”), da cui l’intitolazione di “Vergine o Madre della Tenerezza”.
Secondo la teoria più popolarmente accettata (che si rifà alla celebre datazione proposta da T. Monti nel 1896), questa splendida icona è da ascrivere all’ambito greco-bizantino dell’VIII secolo (forse al primo periodo iconoclasta, 726-787) e sarebbe giunta in questi lontani luoghi in circostanze leggendarie.
La leggenda più verosimile vuole che detta icona sia giunta in queste terre dall’Oriente per opera di monaci e sia stata collocata originariamente in S. Maria d’Urano presso Bertinoro; che da qui, scampata miracolosamente alla furia iconoclasta, sia giunta nella paludosa area del Lago sulle acque di un ruscello. Ritrovata sulle acque del lago e riportata in abbazia, sarebbe di nuovo miracolosamente ritornata in questo luogo inospitale (dove nel IV sec. una leggenda situa l’apparizione della Vergine al S. Ruffillo vescovo), dando origine ad una devozione che continua ancora oggi. Ancora più fantasiosa la leggenda secondo la quale la venerata icona sia giunta in Romagna (allora Esarcato di Ravenna) dall’Oriente trasportata dagli Angeli, sempre comunque per sfuggire all’iconoclastia che imperversò nell’Impero Bizantino durante l’VIII secolo. Altri studiosi hanno confutato l’intero apparato ricostruttivo precedente all’anno Mille e hanno senza meno post-datato l’icona (S. Pasi la ascrive all’ambito toscano del XII-XIII secolo) e la sua collocazione al Lago.
> FOLKLORE E TRADIZIONI
La Festa della Madonna del Lago (conosciuta anche come “Festa dei Limoni” o “dei Cedri”) si celebra ogni anno la prima domenica di maggio, tradizionalmente in ricordo del giorno (si trattava della domenica successiva all’Ascensione del 1279) in cui l’allora piccola chiesa venne consacrata al culto.
Profonda è, in quest’angolo di Romagna, la devozione popolare in onore della Madonna del Lago, effigiata nell’icona mariana conservata da secoli all’interno del Santuario, meta durante la giornata di festa di un intenso pellegrinaggio. Sul sagrato della chiesa, oggi come tanti anni fa, è tradizione trovare le bancarelle con i giocattoli per i bambini e, soprattutto, con i profumati e succulenti limoni (o, per meglio dire, cedri). Pressoché ignota è l’origine dell’antica tradizione di accompagnare alla celebrazione religiosa la vendita di questi agrumi. E’ verosimile che una limonaia (oggi, peraltro, scomparsa) doveva trovarsi nel podere della casa colonica denominata “Agrumaia”, situata a poche centinaia di metri dal Santuario del Lago.
BIBLIOGRAFIA G. Alessandrini - Nel cuore della Romagna: Bertinoro e il Santuario della Madonna del Lago - per definizione dall’autore “Divulgazione popolare per le famiglie, comprensiva di indagine e ricerca conoscitiva, con testimonianze di cronaca e di storia” – stampato tra 1986 e 1988
Qui riprodotte o citate: • L. Gatti, La Madonna del Lago, Patrona della Città e Diocesi di Bertinoro, in “Storia di Bertinoro”, 1942 in G. Alessandrini, op.cit., pag. 15
• A. Tosi, Storia di Romagna (anno ?)
• A. Corbara, La Madonna del Lago, rivista “La Piè”, 1956 in G. Alessandrini, ibidem, pag. 27
• Ravaglia, relazione da rivista “Il Ponte”, 1958 in G. Alessandrini, ibidem, pag. 56
• Piraccini/Corbara, Schedatura della Soprintendenza, 1975
• Depliant divulgativo della Diocesi di Bertinoro, 1980 in G. Alessandrini, ibidem, pag. 31
• S. Pasi, L’icona del santuario della B.V. del Lago di Bertinoro, rivista “Felix” Ravenna (1980 ca.) in G. Alessandrini, ibidem, pag. 21