Utente:Rodolfo Pierotti/Sandbox

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Non avendo notizia di documenti relativi alla fondazione dell'Accademia dei Tenebrosi, per ricercarne le origini è necessario procedere per deduzioni logiche e positive. Iniziamo dal riferimento che ad essa fa padre Cimarelli nelle Istorie dello Stato di Urbino, pubblicate nel 1642 (1): egli parla d’Orciano e della sua accademia dandone un’evidenza, anche se breve, inferiore solo alle “sette città..., tutte con vescovado”(2). Il fatto che, già allora, l’Accademia dei Tenebrosi fosse così nota e degna di rilievo, mi spinge a ricercarne l’origine più indietro nel tempo. In questa ricerca mi aiuta l’opera dello Scotoni che, raccontando la vita di corte durante il governo del duca Guidobaldo Della Rovere (3), mi rende partecipe della quotidianità del tempo. Per renderne più efficace l’analisi debbo ricordare che: i Della Rovere, prima di divenire duchi d’Urbino, furono signori di Senigallia e del Vicariato di Mondavio ed a questi luoghi rimasero legati; il duca Guidobaldo II, in particolare, preferiva trascorrere in Orciano i momenti di svago usando il casino da caccia di Montepalazzino (4) ed il palazzo ducale (5), ospite del conte Antonio Landriani sposo della sua amata figlia Camilla (6). La benevolenza che il duca mostrò verso questa Terra ed i decreti (7) che volle emettere in favore dei suoi Uomini, ammonendo i vicari di Mondavio a non violarne l’immunità, li mantenne anche dopo la tragica morte del conte suo genero (8), anzi li aumentò (9) e volle che Orciano restasse ad un suo consanguineo, il nipote e figlioccio Pietro Bonarelli (10). Il nuovo conte d’Orciano ebbe quindi ampliate le immunità quasi a vera e propria sovranità, assieme concesse anche alla moglie contessa Ippolita di Montevecchio per Torre Ravegnana, ottenne successivamente la subinfeudazione dei castelli di Barchi, Rupoli e Villa del Monte, raddoppiando il patrimonio e divenendo il signore più ricco e potente del ducato, ebbe infine eretti a marchesato i suoi feudi (11). Mentre la corte di Guidubaldo, che ospitava uomini di grande ingegno e cultura, era e rimase per alcuni anni tra le più splendide d’Italia. Bernardo Tasso, magnificando le rendite che il principe otteneva per i servizi prestati al re di Spagna Filippo II, se ne rallegrava per il beneficio d’Italia, poiché avevano accresciuto nel duca la magnificenza per la quale Cavalcasette e Crowe poterono affermare che egli non era certo il più ricco, ma era senza dubbio il più generoso di tutti i principi d’Italia, giacché, come racconta l’Atanagi, quanti erano virtuosi perseguitati dalla fortuna trovavan da lui larga e generosa ospitalità, e come racconta sempre il Tasso, aveva esso solo tanti illustri capitani quanti non ne avevan gli altri principi nostri uniti insieme, proclamandolo addirittura sostegno solo dell’italico onore e consacrandogli per qualche anno tutta la sua dotta poesia: a voi sacro i pensieri e i desir miei, l’ingegno al vostro onor lo studio e l’arte e del mio picciol cor vi faccio un tempio (12). È nella ricchezza di così vaste ed eccellenti relazioni, sotto gli auspici di un principe, che il mondo ci invidia per la sua generosità, e del suo ministro più influente, che ne onora gli insegnamenti e ne segue le orme, che ritengo sia cresciuta e si sia affermata una delle più antiche e colte accademie italiane. Prova ne è la molteplicità di uomini illustri che da decine di famiglie orcianesi in quei tempi, ed in quelli successivi, approdano ad importanti incarichi civili ed ecclesiastici e a compiti di governo nel ducato e al di fuori di esso. Per la conoscenza più approfondita dei quali rimando all’opera già citata di Salvatore Betti. Gli stessi figli del marchese Pietro Bonarelli, Guidobaldo e Prospero, ai quali fu concesso il singolare privilegio dell’uso del cognome Della Rovere, resisi famosi con le loro opere in tutta Europa (13), fondando rispettivamente, il primo a Ferrara, l’accademia degli Intrepidi, e il secondo in Ancona, l’accademia dei Caliginosi, fanno onore alla memoria del genitore che, appunto, grande attenzione dette all’istruzione dei figli dei sudditi del suo feudo, come dei suoi. Mi piace qui ricordare inoltre Giacomo Sbrozzi, celebre giureconsulto membro dell’Accademia degli Intronati di Siena e sicuramente non estraneo a quella nostra dei Tenebrosi, che nel 1592 pubblicò il Trattato sull’ufficio e la potestà del Vicario Episcopale, opera che fu ripubblicata più volte per il successo che ebbe e l’uso per l’insegnamento che se ne fece in tutte le scuole italiane (14). Aggiungo inoltre per completezza che Agostino Scipioni racconta: “A perenne laude, vaghezza or mi prende di rammemorare l’illustre Accademia dei Tenebrosi, di cui gloriavasi Orciano, che come si espresse il Vice-Legato Altieri in una sua epistola in data da Urbino 29 aprile 1706, nelle sue tenebre faceva spiccare con maggior splendore la chiarezza de’suoi eruditissimi ingegni, ed alla di lei ombra crescevano le tenere piante d’altri talenti a perpetuarne ne’posteri un sì virtuoso e nobile esercizio. Ignorasi la di lei origine; si vuole però che rimontasse al secolo XVI: il di lei cadimento avvenne sui primordi del presente secolo. Nel suo stemma figurava il sole a pieno meriggio con attorno sette stelle per corona, scorgendosi in calce del medesimo una cisterna col motto - e tenebris tenebrosi -. Erano tali le produzioni di quella dotta Assemblea, che meritarono gli applausi ne’teatri, ove ben presto si rappresentavano in Commedie, Tragedie, e Favole marittime e boschereccie”(15). Infine, a testimonianza delle sue ultime attività, Salvatore Betti conferma che fu: “Quest’accademia restituita in altri tempi al suo antico splendore da Ubaldo Sbrozzi e da Cosimo Betti (16) principe della medesima”(17). Note: 1) “Orciano, noto non tanto per gli Mercati grossi, che ivi con incredibile concorso di Mercanti il Giovedì si fanno, che per una nobile Accademia di belle lettere, in cui quei virtuosi Cittadini continuamente essercitano con grande lode i loro acuti et elevati ingegni” P. Vincenzo Maria Cimarelli “Istorie dello Stato di Urbino” Brescia 1642 l.II pp.180-181. 2) P. Vincenzo Maria Cimarelli o.c. p.178. 3) Giovanni Scotoni “La giovinezza di Francesco Maria II e i ministri di Guidobaldo della Rovere” Bologna 1899. 4) Carlo Bo “Il palazzo ducale di Urbino” Novara. 5) Agostino Scipioni “Breve relazione topografica della terra di Orciano” Pesaro 1860 p.21. 6) “l’affezione del duca per Antonio Landriani, dal quale, a giudizio del Tasso,....attendeva il mondo frutto tanto soave e sì giocondo. (Bernardo Tasso – Rime. Lib. V, p.112.) era del resto ben naturale: egli aveva sposato Camilla della Rovere, figlia naturale di Guidubaldo, una bionda giovinetta che ricordava colle sue grazie al duca uno dei suoi trascorsi giovanili e ch’egli amò d’un affetto vivo e profondo.” Giovanni Scotoni o.c. p.17. 7) “Guido Baldo II Feltro della Rovere duca d’Urbino IV. Ad effetto ch’abbia da essere noto a ciascuno quello, che è d’intenzione, e volontà nostra, cioè che il castello ed uomini d’Orciano, quale avemo concesso liberamente all’illustre conte Antonio Landriano, possano e debbano godere le medesime immunità e favori, che facevano per lo innanzi nelle nostre mani, e che per tale alienazione e subinfeudazione non s’intenda, che gliene sia diminuito un punto dicemo e dichiaramo per tenore della presente, che nessuno ministro o officiale nostro di qualsivoglia condizione e grado, debba in modo alcuno diretto o indiretto far nessuna sorte di pregiudizio alle cose di detto castello et uomini; ma conservarli, che godino inviolabilmente tutto quello che facevano prima, che fosse alienato da noi; e specialmente che non sia alcuno come di sopra, che impedischi o pregiudichi alla solita libertà di quel mercato, né al consueto di portar grani, pane, e qualunque sorte di biade e legumi al detto castello e mercato, né anco da quello ad altri luoghi, ma che si lasci che tutto passi nel modo solito e consueto di prima. Notificando, che se alcuno dei vicari di Mondavio, che saranno per tempo, contraverrà in alcuna cosa alle predette, vogliamo e dichiariamo, che di fatto sia casso dal suo officio, et incorso in altre pene ad arbitrio nostro; e se sarà altro officiale o essequente inferiore a lui, incorra subito nella pena di due tratti di corda da darseli irremisibilmente, et in altra maggior pena, che parerà a noi di dichiarare. Pesaro lì 20 9bre 1552. Comandiamo appresso che il moderno vicario di Mondavio facci registrare la presente nella cancelleria di quel luogo, e poi la restituischi agli uomini d’Orciano per loro cautela. Luogo + del sigillo, Guid’Ubaldo.” Salvatore Betti a cura di Carisio Ciavarini “Memorie Istoriche degli Uomini Illustri d’Orciano (1815)” Ancona 1898 pp.15-16. 8) “una grave sciagura, nel 1557 venne a funestare la corte allora residente a Pesaro. Nel fiore degli anni suoi e quando si facevano i più lusinghieri pronostici sul suo avvenire –Antonio Landriani, l’amico inseparabile del duca, il dolce compagno di Camilla della Rovere, nell’estate di quell’anno periva annegato in mare là ....ove Isauro l’onde col mar mesce e confonde.(Bernardo Tasso – rime. Lib. V, p.54.) Giovanni Scotoni o.c. p.21. 9) “Il duca d’Urbino. Siccome gratamente ci siamo contentati che il conte Pietro Bonarelli gentil’uomo anconitano e nostro dilettissimo, possa concedere alli suoi uomini d’Orciano, che per sempre, oltre il mercato ordinario, che si fa in quel luogo, possano ancora farci il mercato e le fiere le quattro domeniche del mese d’Ottobre, che verrà di tempo in tempo col privilegio e concessione stabilite dal medesimo conte. Così vogliamo ancora, che gli nostri officiali dello stato, quando ne saranno ricercati di farne bando di queste, non manchino di pubblicarle, senza veruna contradizione, che è tale la volontà nostra, ancorché fossero richiesti di reiterarli più di una volta. Da Castel Durante lì 20 Ottobre 1559.” Salvatore Betti a cura di Carisio Ciavarini o.c. p.16. “Il duca d’Urbino al podestà di Orciano – Farete rilasciare subito quel Lazzaro Ebreo preso ad istanza d’uno di Camerino nel giorno di cotesto Mercato, perché vogliamo che onninamente s’osservino li privilegi concessi, e nostra intenzione è piuttosto d’accrescerli, che di tollerare che siano mai offesi, o punto diminuiti, come farete sapere a cotesti priore e comunità, per soddisfazione della quale volendo, farete registrare la presente nostra, e gliela costituirete – D’Urbino il 1 luglio 1560.” Agostino Scipioni o.c. p.31. 10) “Duole al duca che quel prode non avesse superstiti e vuole che Orciano resti almeno ad un suo consanguineo: per questo – continua il duca rivolgendosi al Bonarelli – tui electionem fecimus, qui non solum ei per sanguinem es coniunctus.... - Concedendogli adunque la subinfeudazione del principale dominio del Landriani, egli lo considera – uti verum filium comitis Antonii b. m. et tamquam eius haeredem et successorem -. Giovanni Scotoni o.c. p.23. 11) Idem pp.89-90-91-92-93. 12) Idem pp.20-21. 13) Alcune delle opere maggiori dei figli del marchese di Orciano Pietro Bonarelli: Filli di Sciro, favola pastorale di Guidobaldo Bonarelli. Discorsi in difesa del doppio amore della sua Clelia di Guidobaldo Bonadelli. Il Solimano, tragedia di Prospero Bonarelli. Lettere discorsive intorno al primo libro degli annali di Tacito di Prospero Bonarelli. 14) Traduzione del testo dal latino delle carmi dedicate all’opera e all’autore “Marcello Sbrozzi, studente in legge, all’ottimo genitore Uditore della Rota Senese; che scrive Sull'ufficio del Vicario. Carme. La progenie eletta, come colonna, vola innanzi con meraviglioso fulgore; gioisca colui che vaga e condotto da te ritrovi (ai padri promessa) la ricca terra, perché la luce della tua virtù è per me gloria e onore. (Tu non sei il custode delle pecore, ma sei chi procura ai pastor la luce per la notte, mentre schiudi gli oracoli del diritto). Come emulo della paterna lode, infiammato d'amore per l'eterno nome, sviscerò l'inclito diritto. Tu illustri il duplice diritto, salendo il sublime tribunale. Tu truce vindice del crimine nemico, prima amministrando la giustizia in molte aule di tribunale. Ora dirimendo liti nel meravigliato teatro toscano. L’utile consiglio, il veloce ingegno, una congerie di leggi (la fama al disotto dei meriti) e il nome, che risuonerà fino agli astri, cingeranno quest’opera esimia e la porranno sopra le stelle nascoste, mentre tu svisceri i segreti del sacro diritto. Richiami gli animi erranti e con giuste redini tieni a freno le menti rammollite, bisognose di leggi veraci. Tu reprimi con la parola a con lo scritto gli indocili e tutti coloro che vagano per sentieri devianti (anche se con alterna fortuna). Come la genitrice porge la vena della poppa, che è vita, al neonato così il mio genitore mi prepara il latte celeste da succhiare. Sciogliendo i tenaci nodi delle leggi. Resta la memoria dell’ingegno? E le ceneri conserveranno il memorabile nome? Vivrò seguendo tanto splendide orme e la tua chiara fama sarà sprone per cose sublimi. Le gesta famose celebrano i deci come due fulmini di guerra, i vecchi canteranno noi come due luminari del gemino diritto”. “All’autore del libro l’Ufficio del Vicario, Giovanni Paolo Gallasini I.V.D. del Vescovo di Orciano e Vicario generale di Todi. Il Rovere Feltrio. Mentre le menti dei duellanti voltolano nell’ombra e tu addottrini con sublime arte le menti dei Principi, ti domandi dove tu fondi i tuoi dogmi pastorali? È vero che gli scritti temono i nembi e le fiammelle le grandi fiamme, ma se tu dimorerai sotto la vigorosa quercia: o Sbrozzi, dove potrai trovarti più sicuro? Più ricco? Purché sia in vigore la legge, il gregge sia vivo, il Principe scorga: l’ombra favorisce, il Rovere protegge, il cibo è gustoso”. “Dello stesso autore. Il Feltrio augello. Pallade, regina degli augelli, conosce la nobile arte di Marte, può con la spada rivale, può con l’intelletto, mentre molto audacemente le pie luci del sole fissa per l’orbe, e vuole (credo) conoscere le occulte vie. O grande alato, i vecchi ti ringrazieranno allungo e renderanno o Sbrozzi, famoso il tuo elaborato, in cui poni grande fiducia. O bellicoso alato, evita l’inevitabile fulmine, vivrà il lavoro della spada, vivrà il decoro del fuoco”. Iacobo Sbrozzio I.V.D. ab Urceano “Tractatus de Officio et Potestate Vicarii Episcopi” Venezia 1592 15) Agostino Scipioni o.c. p.19. 16) Ubaldo Sbrozzi (+1758), della antica famiglia orcianese nelle cui armi compare la quercia d’oro dei Della Rovere alla quale si afferra un braccio flesso; Cosimo Betti (1727-1814), autore della Consumazione del secolo, è il nonno di Salvatore. 17) Salvatore Betti a cura di Carisio Ciavarini o.c. p.11.