Utente:Raiko/Battaglia di Badalucco

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Badalucco dal 1943 era un centro propulsore della lotta partigiana. Il 24 agosto due distaccamenti comandati da Artù e da Gino si erano portati a Ceriana per intimare la resa ad una compagnia di bersaglieri compreso un tenente, un mortaio, una mitragliatrice “Breda”, fucili a ripetizione, moschetti, munizioni e bombe a mano.

Gran parte della popolazione faceva parte del 3° battaglione partigiano della IV Brigata, forte di centocinquanta uomini divisi in tre distaccamenti ben armati: mitragliatori, armi automatiche leggere, due mortai da 81 mm, frutto di furti in postazioni nemiche. Compito del 3° battaglione era sabotare l'esercito tedesco con agguati ma anche proteggere la popolazione delle vallate dalle incursioni nazifasciste.


Tra le numerose azioni partigiane della Valle Argentina dal novembre 1943 all'aprile 1945, la battaglia più severa avvenne il 25 settembre 1944. Il 20 settembre 1944 le staffette annunciano un'azione imminente del nemico. Il giorno dopo pattuglie del 1°,2°,3° distaccamento del primo battaglione “Peletta “ sono già in guardia ai passi della Follia di Vena e della Pistona. Alle ore 6,30 del 25 le vedette garibaldine del 7°, 8° distaccamento (3° battaglione “Artù”) avvistano una colonna nemica che transita per il largo San Giorgio composta da circa duecentocinquanta fascisti e cinquanta tedeschi che,risalendo la valle Argentina, si dirige su Badalucco. Testimonianza dice che un tenente fascista esclamò:’’l

Il comandante della II°Divisione “F. Cascione”, “Curto” , che ha messo in allarme il primo battaglione “Peletta” per dar man forte AL 3° in caso di necessità alle posizioni è con i partigiani che prendono immediatamente posizione, incitati alla lotta dalla sua presenza. ”Artù” attesta le sue forze: 7° distaccamento “Veloce”, 8° distaccamento “Checcò”, 9° distaccamento “ Mortai”, nei pressi del paese su fortificazioni naturali (località: Garacci, Campetti, Alberoni), coordinate alle posizioni di alcuni distaccamenti del primo e secondo battaglione (IV Brigata). Alla sinistra del paese, il distaccamento “Pancio” del primo battaglione “Peletta” sbarra il passo Vena presso monte Faudo, altro il passo della Pistona, altro ancora si dispone alle falde del monte Faudo. Alla sua destra è in posizione l'8° distaccamento “Checcò”. Il 7° distaccamento “Veloce” si disloca presso la carrozzabile Badalucco-Taggia con lo scopo di battere il nemico di fianco ed eventualmente aggirarlo se si fosse spinto fino all'abitato. A ridosso del paese prende posizione il 9° distaccamento “Mortai” con tre pezzi da 81 mm. “Dankò”. Inoltre il Comando IV Brigata, prevedendo l'arrivo di forze nemiche dalla valle Impero e adiacenza, mette in allarme il II°Battaglione di “Ivan”, ordinandogli di bloccare l'accesso di Borgomaro, passo Ville, passo Colletti, col 4° distaccamento, da San Bartolomeo e da Caravonica col 5°, dal passo di Villa Talla col 6°, e collegarsi con la staffetta alla postazione del passo Pistona. Verso le ore sette i nazifascisti iniziano l'attacco. Lasciata avanzare la colonna nemica fino alle porte del paese (località Ravezza) i garibaldini appostati aprono un intenso fuoco con due mitragliatrici pesanti, quattro mitragliatori, dieci mitra e tutti i fucili disponibili.Tedeschi e fascisti scesi dagli autoveicoli e presi alla sprovvista, rispondono con raffiche e colpi di mortaio da 45 mm., si muovono in ordine sparso sotto i boschi con lo scopo evidente di infiltrarsi tra le linee partigiane per dividerle in tronconi, a girarli e costringere i combattimenti alla ritirata, tattica invariabilmente usata dal nemico nella guerra di montagna. L'attacco si rivela deciso e risoluto, per un momento i garibaldini tentennano, i nemici insistono accaniti con una massa enorme di fuoco, impegnando frontalmente quasi tutte le forze, riparate da postazioni e terrapieni improvvisati; spingono forti puntate sui fianchi dello schieramento partigiano, si va avanti cosi' per cinque ore. Il centro dello schieramento partigiano si mantiene saldo ma è in pericolo per il violento tiro avversario Il distaccamento “Checcò”, esaurite quasi tutte le munizioni, sempre combattendo con bravura si attesta su posizioni arretrate, premuto da forze avversarie numericamente parecchie volte superiori. Il distaccamento “Veloce” sostiene il fuoco con incrollabile fermezza, spostandosi in continuazione per ingannare il nemico. A mezzogiorno il combattimento entra nella sua fase decisiva: il nemico, duramente provato dalla fermezza di “Artù”, di “Checcò” probabilmente impressionato da una resistenza che non si attendeva, si arresta sulle posizioni raggiunte per riformare le compagnie mentre le staffette partigiane portano istruzioni e incitamenti alla lotta estrema.

Alle ore 13, mentre due mortai garibaldini del 9° distaccamento sparano rapidamente, giunto l'ordine del contrattacco generale concepito in modo da sviluppare il nemico e ricacciarlo, un gruppo di partigiani del distaccamento “Veloce”, attraversato il paese tra l'entusiasmo della popolazione, si sposta sul versante destro della valle, dalla parte della Madonna della Neve, per attaccare il nemico di fianco, favorito nella manovra dal distaccamento “Dankò” che si sposta verso il fondovalle per prendere il nemico alle spalle. Compiuta una nuova diversione in direzione sud-est, il gruppo di “Veloce” attacca il grosso del nemico con bombe a mano, gli si lancia alla gola, lo aggancia e lo sgomina completamente. Il distaccamento “Dankò” sorprende e distrugge un forte contingente nemico riparatosi sotto il ponte, e parte della colonna rimasta isolata e circondata, è stretta in una morsa di ferro. Però, mentre i partigiani tentano l'assalto finale i nazifascisti, con i mortai da 81 e 45 mm. Piazzati in posizioni elevata sulla strada dell'acquedotto di San Remo, sparano alle loro spalle impedendo l'azione. Dalle posizioni di Arma di Taggia anche gli obici da 100/17 aprono il fuoco costringendo i garibaldini a ritirarsi sulle posizioni di partenza ma, da queste posizioni, superato un momento critico, iniziano con decisione un nuovo attacco contro i mortaisti nemici i quali sono costretti alla fuga e all'abbandono del materiale. Altri contingenti garibaldini, attaccate le squadre nemiche assediate nelle postazioni e nei terrapieni alla periferia del paese, costringono ad alzare bandiera bianca. Si distinguono “Fedè”,”Nello”, “Totò”,”Ciocio”,”Zesan”, i fratelli Mansueto, Francesco Boeri ed altri cui i veterani “Marchin” e “Terzo”, che fanno prigionieri una ventina di fascisti. Un forte Drappello nemico composto da circa sessanta uomini, giunto di rinforzo, costretto a rifugiarsi in un frantoio detto di “Bregalin” resiste disperatamente al fuoco di un mortaio partigiano che spara fino all'esaurimento delle munizioni.Dopo la cattura dei bersaglieri che avevano alzato bandiera bianca e terminata la lotta alla periferia di Badalucco, i garibaldini disimpegnati accorrono anch'essi al frantoio, dove un colonnello tedesco al riparo, mentre ordina ai suoi uomini di resistere fino all'ultimo, informa via radio il comando di Taggia sulla situazione determinatasi e chiede rinforzi. E'in questo momento che si svolge un drammatico episodio che, grazie a l'intervento di “Curto”, si conclude bene. I garibaldini Antonio Orengo (Nello) e “Totò”, avanzatesi troppo, erano stati presi sotto il fuoco del nemico che, dalle feritoie improvvisate del frantoio, teneva a bada gli attaccanti. Mentre alcuni tedeschi sparano, gli altri, usciti allo scoperto e protetti dal fuoco,cercano di prendere prigionieri i due, rifugiati dietro una roccia ed ormai senza munizioni. Ma “Curto”, accortosi della manovra nemica, abbandonato il suo caratteristico “91” e fattosi dare un mitragliatore, si porta con alcuni altri sopra il frantoio e con un fuoco nutrito riesce a bloccare i tedeschi, permettendo a “Totò” e a “Nello” di mettersi in salvo. Successivamente altri duecento uomini di rinforzo, giunti da Taggia in soccorso ai camerati battuti, sul rettilineo della strada in località Maerela cadono in un imboscata tesa dai garibaldini di “Peletta” che aprono il fuoco a distanza ravvicinata con le armi automatiche. I tedeschi, che non accennano nemmeno a resistere, sbandati immediatamente, inseguiti, folli di terrore e si buttano giù per le rapide scarpate, cercando scampo verso il torrente Argentina. Altri corrono sulla strada buttando via le armi, altri ancora tentano di fuggire verso Taggia strisciando tra i pruni e gli sterpi al calar della notte. La battaglia si esaurisce verso le ore 20. La notte impedisce di infliggere altri perdite ai nazifasciste che hanno già avuto quarantasette morti e trentaquattro feriti. Ripresi gli attacchi all'alba del 26 settembre, dopo alcune ore di combattimento, gli assediati nel frantoio riescono a ritirarsi grazie ad una sortita, infiltrandosi tra le piantagioni di fagioli, dopo aver abbandonato le armi; però alcuni soldati vengono catturati o uccisi. Formazioni nemiche giunti da Ceriana, dopo aspra lotta vengono ricacciate nei boschi ove subiscono altre perdite, inflitte loro dai garibaldini dell'8° distaccamento “Gori” (V° Brigata) sopraggiunto a richiesta del Comando della IV Brigata.

La battaglia iniziata alle sette del 25 e terminata vittoriosamente alle sedici del 26 settembre, salva Badalucco dalla rappresaglia dei nazifascisti che subiscono una delle più dure disfatte della guerra partigiana imperiese; perdono circa centosettanta uomini tra morti e feriti compresi quattro ufficiali (due bersaglieri e due tedeschi) e quattordici sottufficiali caduti in battaglia o dispersi, o colpiti dai propri mortai che avevano sbagliato tiro. Numeroso il bottino.

Dagli accertamenti fatti risultò che esso aveva sostenuto la perdita di almeno

70 uomini uccisi

100 feriti

36 prigionieri

Restò nelle nostre mani un cospicuo bottino composto da:

4 Mayerling

6 Sant Etienne

4 Breda

8 mitra e Machin Pistole

100 ta-pum e moschetti

1 mortaio

munizioni, e due radio trasmittenti. Materiale.

Più consistente è il bilancio morale: il Comando nemico si rende conto che ormai la sicurezza per le sue truppe non esiste più, deve fare i conti con le forze partigiane che non sono più formate da gruppi di ribelli straccioni ma da un esercito in piena regola. Si avrà prova di ciò il 29, quando una delegazione di nazifascisti, tramite lamediazione del parroco di Taggia monsignor Arrigo giungerà in paese con bandiera bianca per ottenere dal Comando partigiano il permesso di recuperare i propri morti, il che viene consentito, anzi, è cavallerescamente aiutata dai garibaldini stessi. La sera del 28 due staffette del 3° battaglione “Artù” giungono al Comando della IV° Brigata presso le case di “Cuin” recando la relazione del combattimento, completa in tutti i suoi particolari. L'entusiasmo è grande; i distaccamenti “Dankò”, “Veloce” e altre due squadre del 3° Battaglione “Artù”, per la bravura dimostrata ricevono dal Comando Divisione la citazione all'ordine del giorno e l'encomio solenne sul campo. Ai primi di ottobre il 7° distaccamento si sposterà in località Fogliatore, tra San Bernardo e Ciabaudo, l'8° in località Lona alle pendice del monte Faudo e il 9° rimarrà sul luogo occupato durante la battaglia.

L'ENCOMIO SOLENNE SUL CAMPO

“II Divisione d'assalto Garibaldi “Felice Cascione”

Comando 3° Battaglione Zona 7.10.1944

Prot.n.36

Oggetto: Ordine del Giorno n.2

Il Comando di Divisione, presavisione della brillantissima azione contro i soldati tedeschi-fascisti svoltasi il giorno 25 nei pressi di Badalucco,

DECRETA

L'encomio a tutto il battaglione comandato da “Artù” e al distaccamento comandato da “Dankò”. Decreta inoltre l'Encomio Solenne ai garibaldini comandati rispettivamente da “Checcò” e da “Veloce” che particolarmente si prodigarono con estremo ardire concludendo l'azione stessa con la cattura di ben 45 prigionieri.

1°) Nucleo comandato da “Checcò”; “Fedè”, “Nello”, “Go”, “Cicciò”

2°) Nucleo comandato da “Veloce”: “Luigiò”, “Boeri”, “Panizza”,”Fernà”.

Il Commissario Divisionale Il Comandante Divisionale “Giulio” “Curto”

Il Comandante I Zona Liguria “Simon”