Utente:Pietro Paolo Macaluso/Sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Suor Teresa Macaluso dei Sacri Cuori

[modifica | modifica wikitesto]

1. Fondatrice e Madre (1)

Suor Teresa Macaluso dei Sacri Cuori, nacque a Vicari, il 19 febbraio 1831, da Salvatore e da Anzaldi Vincenza, rinascendo a vita nuova nell’acqua e nello Spirito, con il Sacramento del Battesimo che le fu amministrato il giorno seguente nella Chiesa parrocchiale di San Giorgio Martire, le fu imposto il nome di Cosima. La sua fanciullezza e la sua adolescenza, furono caratterizzate da una grande pietà e da un fortissimo fervore eucaristico che la portava sovente a visitare Gesù sacramentato e ad abbandonarsi a Lui in una preghiera costante e fiduciosa. Inoltre, non le mancò di perfezionarsi nell’esercizio delle virtù cristiane, del cui corredo andò sempre più arricchendosi. Devota della Vergine Santissima, in particolar modo la onorava recandosi alla Chiesa di San Vito, presso il Collegio di Maria, ove ancor oggi il simulacro è custodito e in settembre si svolgono i festeggiamenti, sostando in preghiera davanti all’immagine dell’Addolorata, attribuita al Bagnasco, verso la quale nutriva particolare devozione. La sua prima estasi avvenne quando era ancora giovanetta, e furono tanti i testimoni che videro il suo corpo farsi leggero in aria per poi adagiarsi dolcemente in terra. In un giorno del 1852, per espletare il suo ministero sacerdotale, giunse a Vicari, il sacerdote Luigi Ventura (1808-1893), fratello del più noto P. Gioacchino, ambedue appartenenti alla famiglia dei Chierici Regolari Teatini, fondata da San Gaetano da Thiene. Durante la sua permanenza, ebbe modo di avvicinare la giovane Cosima e, intuendone la statura spirituale e il fatto che il Signore la chiamava a fondare una nuova istituzione religiosa, la invitò a seguirlo a Palermo. Dopo un ulteriore periodo di ricerca e di approfondimento vocazionale, nel 1856, all’età di venticinque anni, diede vita, all’Istituto dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, emettendo i voti religiosi, insieme ad un gruppo di compagne a lei nel frattempo aggregatesi ed assumendo il nome di Suor Teresa dei Sacri Cuori. E, con questo nuovo appellativo, sarà ormai da tutti conosciuta. Ben presto, la suora, cominciò ad avvertire di essere dotata di doni non comuni, cioè di carismi stra- ordinari, quali estasi, rapimenti spirituali, bilocazioni, finanche nozze mistiche. Era tutta di Dio che sempre più con forza e determinazione cercava e possedeva. Da fonti certe, si è a conoscenza che nei primi anni del 1856, mentre pregava nella cappella, davanti un’immagine del Cuore di Gesù, posta nell’unico altare, le parve di vedere Gesù, circondato da vivissima luce che si apriva il costato, quasi volendo effondere tutti i tesori del suo perfetto amore. Estatica e rapita in questa visione, ebbe una dolcezza e soavità interiori tanto forti da sentirsi trasformata e si rafforzò in lei il proposito di esercitare sempre più intensamente la devozione e la pratica rigida di ogni virtù. Volle poi che la visione venisse rap- presentata come l’aveva vista e chiamò un celebre pittore del tempo, il Lo Presti, per dipingere l’immagine. Il pittore, ultimato il lavoro, attestò che mentre dipingeva, gli era sembrato che nel tracciare i lineamenti del viso e delle mani, aveva sentito il pennello mosso come da una forza invisibile. Da allora Suor Teresa onorò fortemente tale immagine e la fece onorare. Ancor oggi questo quadro è conservato devota mente nella cappella dell’Istituto di corso Calatafimi e le suore innalzano davanti ad esso le loro quotidiane preghiere. Questo intimo contatto, le permetteva di ottenere dal Signore, a vantaggio di quanti la interpellavano, guarigioni miracolose. Colpita da numerose prove e sottoposta a molteplici sofferenze, subì ben 3900 salassi, fu tormentata da orribili piaghe ai piedi che le cagionavano terribili sofferenze. Ma tutto questo non le impedì di offrire sempre un sorriso a chi l’avvicinava, donando a tutti soccorsi materiali e sostegni spirituali, effettuando finanche la questua per le strade. Predisse anche degli avvenimenti futuri che non mancarono di realizzarsi. Anche della sua morte ebbe sentore, predicendone la data e componendosi da sé stessa per il trapasso come se si fosse disposta a dormire, piegando dolcemente il capo sulla mano. Era il 20 novembre 1902. Il corpo della Madre fu inumato presso il cimitero di Santo Spirito, più noto come Sant’Orsola, nei pressi dell’ospedale Civico, presso la tomba gentilizia del Principe di Torrebruna Filippo Landolina. Il 12 giugno 1989, i suoi resti mortali esumati e riposti in una piccola urna, furono trasportati al Cimitero detto “dei Cappuccini”, in fondo a via Pindemonte, venendo deposti nella tomba intestata all’“Istituto Sacri Cuori”, nel viale Gesù Salvatore.

2. L'Istituto dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria

La devozione o spiritualità incentrata al Sacro Cuore di Gesù o ai Sacri Cuori di Gesù e di Maria domina i secoli XVIII e XIX, fino alla metà del XX. Essa ne caratterizza i periodi, sebbene con sfumature o accentuazioni spirituali diverse. In riferimento ad alcuni dati statistici elaborati recentemente, sono ben 449 gli Istituti religiosi (391 femminili e 58 maschili) fondati sotto tali denominazioni. La devozione al Sacro Cuore, già praticata e diffusa sin dal medioevo, viene precisata teologicamente nel XVII secolo, ottenendo anche un certo culto liturgico. Ne offrono un particolare contributo i francesi San Giovanni Eudes (1601-1680), sacerdote e fonda- tore e santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), monaca della Visitazione e mistica. Il primo contribuisce sul piano teologico, la seconda su quello della dimensione popolare. I membri della Compagnia di Gesù fondata da sant’Ignazio di Loyola, contribuirono fortemente a divulgarla, lottando i giansenisti che la osteggiavano, accusando i devoti al Sacro Cuore di feticismo ed idolatria e definendoli ironicamente “i cordicoli”. Dopo un tempo di stasi, conseguenza della soppressione della Compagnia di Gesù (1773) e della rivoluzione francese con il propagarsi dell’illuminismo, nel XIX secolo, con rinnovato vigore si moltiplicano gli Istituti religiosi con tali denominazioni. La stessa Santa Sede si pronuncia a favore di tale devozione, approvando nel 1856 la festa liturgica; nel 1875 presentando un solenne Atto di consacrazione della Chiesa al Sacro Cuore e nel 1899 con un Atto di consacrazione del mondo intero. Nel 1920 si registrò una punta massima, in concomitanza con la canonizzazione di Margherita Maria Alacoque, ad opera di Papa Benedetto XV. Si trattò, però, di una ripresa legata a tale evento e poi con gra- dualità scemata. Nel XX secolo comincia una certa crisi, soprattutto a partire dagli anni ‘40. Il nuovo Istituto fondato dalla Macaluso, è stato detto “si colloca tra vecchio e nuovo, cioè in una fase di trapasso tra la vita consacrata di antico modello e la nuova forma di vita religiosa”. Il secolo XIX, per la Sicilia, fu un secolo di particolare fermento, non solo per i rivolgimenti politici che la coinvolsero fino alla unificazione con il territorio peninsulare avvenuta con il plebiscito del 21 ottobre 1860 costituendo il Regno d’Italia, ma anche sul piano religioso perché numerose furono le nuove fon- dazioni di Istituti di Vita Consacrata e molto intensa fu la fioritura di santità concretizzatasi in numerose fi- gure di uomini e donne, molte delle quali oggi, elevate agli onori degli altari. L’inaugurazione del nuovo Istituto avvenne il 14 settembre 1856, festa liturgica dell’Esaltazione della Croce, con la convocazione del I° Capitolo previo consenso dell’Arcivescovo di Palermo, il Cardinale Michelangelo Celesia. L’Istituto, agli inizi, ebbe un’indole eminentemente contemplativa. La prima dimora fu in via Celso, traversa di via Maqueda. La fondazione fu caratterizzata da una povertà estrema. Le suore, senza alcuna rendita, abitavano in una casa presa in affitto, possedendo ancor meno del necessario ma conducendo una vita semplice e digni- tosa: un tavolo di legno e un’effigie del Sacro Cuore su carta. Durante gli eventi rivoluzionari del 1859, le suore si ritirarono presso parenti ma la Fondatrice, non volle rientrare a Vicari, fiduciosa in un positivo ristabilimento degli eventi. Nel 1860, l’anno dell’impresa dei Mille, i rapporti tra Chiesa e stato andarono sempre più deteriorandosi ed alcuni provvedimenti governativi mirarono sempre più a colpire la Chiesa. Fu proprio in quell’anno, il 16 giugno, che avvenne lo scioglimento e l’espulsione dall’isola dei Gesuiti e dei Liguorini con la confisca dei loro beni, il decreto sull’abolizione delle decime e la censuazione dei beni ecclesiastici. In seguito alla legge del 7 luglio 1866, furono soppresse 2.382 comunità religiose e dispersi ben 28.991 religiosi. In questo stesso anno l’Istituto dei Sacri Cuori riprese l’attività con nuova lena e fervore e alle donne già consacrate se ne unirono altre, prima fra tutte, la giovane Giovanna Daj. La nuova dimora, sempre in affitto, fu fissata in via detta Scarparelli, compresa dalla via Rua Formaggi alla via Benfratelli. Il toponimo proviene dal siciliano “scarpareddi”, che erano i ciabattini che operavano in quella strada. Già nel 1870, l’apostolato delle suore si estese anche a fanciulle esterne, con l’apertura di scuole di istruzione primaria, laboratori gratuiti di cucito e ricamo e l’insegnamento catechistico, per rispondere ai bisogni del tempo. Il 4 ottobre 1875, entrò nell’Istituto dei Sacri Cuori, la giovane palermitana Francesca Paola Prestigiacomo (nata a Palermo il 15 ottobre 1858 e morta a Roma il 14 dicembre 1948) che prese il nome di Suor Carmela di Gesù, emettendo i voti religiosi il 22 giu- gno 1876. Dopo aver ricevuto una buona istruzione, conseguito il diploma di maestra, si occupò dell’insegnamento, protrattosi per circa dieci anni e divenendo in seguito anche direttrice della scuola. Donna virtuosa, affrontò grandi sofferenze, in unione alla passione di Gesù, conducendo una vita di aspra penitenza. Dopo un lungo e vero martirio interiore, sotto la guida di don Emanuele Calì, confessore delle suore, nove anni dopo, uscì dall’Istituto. Il 3 settembre 1884, con la compagna Eufemia Re, diede vita all’“Istituto del Sacro Cuore di Gesù sotto il titolo dell’Incarnazione”, di indole più contemplativa, denominazione poi mutata in “Istituto del Sacro Cuore del Verbo Incarnato” ed approvato dal cardinale Mi- chelangelo Celesia nel 1890. Nonostante l’uscita dall’Istituto, la Prestigiacomo testimoniò: “Ricordo l’Istituto di Suor Teresa con gra- titudine ed affetto, perché da esso ho ricevuto tanto bene, e tra quelle mura ho ricevuto tante grazie spirituali. Io ricordo con gioia il tempo trascorso tra quelle sante mura, e sempre prego per quelle consorelle per il bene che mi hanno fatto”. Una gran bella testimonianza di affetto e gratituine pur nella comprensione di vie diverse volute dal Signore. Il 6 dicembre 2014, il Santo Padre Francesco ha riconosciuto le sue virtù eroiche, attribuendole il titolo di Venerabile. Tornando alle vicende dell’Istituto dei Sacri Cuori, dopo la morte di Suor Teresa, nel 1902, si potè finalmente procedere all’acquisto di una nuova casa, a Palermo, nella zona di Mezzomonreale, in Corso Calatafimi, al civico 461, oggi 459. Durante il primo conflitto mondiale del 1915- 1918 le suore assistettero, a Palermo, i figli dei richiamati in guerra, interni ed esterni, sovvenzionati da un apposito Comitato che in seguito, rilascerà, all’Istituto un diploma di benemerenza. La presenza e l’attività delle suore a Caronia, in provincia di Messina e diocesi di Patti, caldeggiata dall’arciprete del tempo, don Antonino Valenti, si concretizzò il 4 dicembre 1944, con l’arrivo di tre suore: suor Teresa Leone, suor Margherita Sorce e suor Alfonsina La Cola stanziatesi in locali presi in affitto dalla signora Rosalba Contino, figlia di un noto oculista. I locali furono poi gradualmente acquistati e ceduti alle suore. In essi si avviarono diverse attività, quali la panificazione, la mensa per gestanti, l’asilo, la scuola di taglio e cucito. Un’altra casa venne aperta fuori Palermo, ad Alia in diocesi di Cefalù e provincia di Palermo, avviando l’attività dell’asilo. Dal 1938 si iniziò l’assistenza ad alcune anziane, col preciso scopo di prestare loro tutte quelle cure e premure richieste dalla loro condizione. Nel 1957, l’Istituto contava 26 membri in tre case. Il 21 settembre del 1966, rischiando di estinguersi per mancanza di vocazioni, si fuse con quello delle Suore Maestre Dorotee Figlie dei Sacri Cuori, fondate a Vicenza da mons. Giovanni Antonio Farina, prima Vescovo a Treviso e successivamente a Vicenza, beatificato il 4 novembre 2001 e canonizzato il 23 novembre 2014.


3. La Spiritualità della Fondatrice dell’Istituto 

Per tentare di ricostruire la spiritualità della Serva di Dio, possiamo e dobbiamo fare ricorso: al testo della Regola che si osserva dalle Suore dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, e all’Elogio funebre intessuto dal canonico Andrea Termini in occasione del trigesimo della sua pia morte; alle Testimonianze rilasciate e a noi pervenute.

Il testo della Regola che si osserva dalle Suore dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria reca la data del 20 ago- sto 1886 e, in appendice, il Rescritto e l’approvazione del Cardinale Michelangelo Celesia (1814-1904), benedettino cassinese, dal 1871, Arcivescovo di Palermo. Lo scopo dell’Istituto, esordisce il capitolo primo, “consiste nella santificazione delle Suore che lo professano e l’esercizio di carità delle medesime per la santificazione della donna”, fondandosi sulla preghiera in comune, presentando al Signore i bisogni spi- rituali e temporali di quanti vengono a raccomandarsi. Sono previsti l’insegnamento pubblico della dottrina cristiana e l’istruzione scolastica. La Regola è suddivisa in tre parti.

La prima è composta da 14 capitoli. In essa viene presentata l’organizzazione dell’Istituto, nella classica struttura, che fa capo ad una Superiora Generale e alle Superiore di comunità, fornendo poi dettagli per l’organizzazione interna, circa l’apertura di nuove case, ribadendo la dipendenza dall’Arcivescovo di Palermo. Riguardo la clausura presenta norme alquanto restrittive. Secondo l’impostazione tradizionale del tempo, le suore sono distinte in due categorie: insegnanti che partecipano al Capitolo e serventi o converse. Sul finire della parte prima, si fa cenno all’amministrazione e al culto da rendersi ai SS. Cuori, allo Spirito Santo e a San Giuseppe. La seconda è composta da 9 capitoli. Vengono trattati i temi della vita comune, dei voti religiosi di castità, povertà ed obbedienza, dell’orazione, degli atti comuni. La terza ed ultima parte riguarda le scuole, insegnanti ed alunne. Alla fine, quasi come appendice vengono riportati l’orario delle comunità, un Direttorio pel regolamento della Superiora nell’esercizio degli atti comuni, alcune Preghiere. La prosa si avvale di un linguaggio del tempo, presentando contenuti assai validi per il cammino di perfezione.

L’Elogio pronunziato dal canonico Andrea Termini di Monreale, il 16 dicembre 1902, nella Casa Madre di corso Calatafimi, per il contenuto spirituale è fonte di grande ispirazione e di edificazione, mettendo in risalto le virtù morali e religiose esercitate dalla Serva di Dio. Nel richiamare alla memoria dei presenti l’estinta, così esordisce:”Su di lei si può con sicurezza affermare che riposò lo spirito di pietà. E di tale spirito animata, fece della sua vita un olocausto di amore a Dio, e pervenne a gradi altissimi di santità”. Più avanti assicura di non presentare un elogio funebre, “ma uno di quei panegirici come solo se ne intessono ai santi”. Ripercorrendone le vicende terrene, dopo l’infanzia e la prima giovinezza, la presenta nel suo delicato ruolo di Fondatrice e di Superiora accorta dell’Istituto che “mantenne per sei lustri”. Ne evidenzia: l’azione caritativa; l’abbandono fiducioso nella divina Provvidenza, non restando mai delusa, spesso anche in forza di insperati soccorsi; il regime penitenziale cui era solita sottoporsi; le inaudite e strazianti sofferenze che portò nel suo corpo. La presenta obbedientissima e vessata spesso dal maligno, senza mai smarrire la calma o perdere la pace. Sottoposta a tenebre ed aridità di spirito che l’accompagnarono per diversi anni, in seguito, fu colmata, per divina bontà, di esperienze interiori fortissime. Dotata del dono della profezia, predisse al sacerdote Giuseppe Guarino (1827-1897), in seguito fondatore delle Suore Apostole della Sacra Famiglia (1888) e del quale nel 1985 si è aperta la Causa di canonizzazione, già amico e collaboratore del Beato Gia- como Cusmano, l’ordinazione episcopale e il ministero pastorale nelle Arcidiocesi di Siracusa prima e Messina dopo e anche la porpora cardinalizia. Così anche a Monsignor Giuseppe Maria Papardo dei principi di Parco, arcivescovo di Monreale, il quale ebbe di lei sempre grandissima stima ed am- mirazione e a Monsignor Giuseppe Fiorenza, futuro arcivescovo di Siracusa. Dietro richiesta del Cardinale Giuseppe Guarino si adoperò ad intercedere perché un morbo mortale che nel 1884 già infieriva altrove, non colpisse l’isola, ottenendone la grazia. Così anche aiutò un sacerdote apostata a pentirsi e a ritrattare. La sua carità fu illimitata, adoperandosi per alleviare ogni sofferenza, con tutte le sue forze ed arrivando eroicamente ad addossarsi le prove degli altri. A tanti ottenne la guarigione fisica, anche allo stesso canonico Andrea Termini, autore del panegirico, colpito da malattia al cuore sette anni prima dalla morte della Serva di Dio. Presagì la sua stessa morte che non la colse affatto impreparata. Il panegirico così si conclude: “Ecco il grande tesoro che abbiamo perduto… ...Se Dio permetterà che si apra il processo sulla vita di lei,…..sarò pronto a confermare col giuramento sopra i santi evangeli quanto vi ho narrato da questo pergamo”.

Le Testimonianze sono coeve alla Fondatrice e postume. Infatti, alla morte di Madre Teresa, la fama di santità che aleggiava attorno alla sua persona era dominio di quanti l’avevano conosciuta e praticata e di tanti altri che pur non avendola conosciuta direttamente, ne avevano udite le gesta o fatto ricorso alla sua intercessione. Nel 1929, presso la Scuola Tipografica “Boccone del Povero” di Palermo, venne pubblicato l’opuscolo “Brevi cenni sulla prodigiosa immagine del Sacro Cuore di Gesù che si venera nell’Istituto dei SS. Cuori di Suor Teresa - Corso Calatafimi, 461 in Palermo”, contenente anche una novena al Sacro Cuore. Il 3 gennaio del 1935, la Superiora pro tempore dell’Istituto chiese ed ottenne dalla Curia Arcivescovile di Palermo, il Nulla osta e l’Imprimatur per offrire ai devoti un Ricordino riportante i cenni biografici e una preghiera alla Serva di Dio. Lo stesso fu ristampato nel 1966 e ancora con i dovuti aggiornamenti e relativo Imprimatur nel gen- naio 2006. Tra le Testimonianze, sono maggiormente degne di attenzione quelle riferite dallo stesso canonico Ter- mini nell’Elogio funebre. Altre riguardano delle Relazioni di grazie otte- nute per intercessione della Serva di Dio. Infine, altre ancora sono state rilasciate da per- sone legate all’opera, soprattutto alcune suore appar- tenenti originariamente all’Istituto dei Sacri Cuori, in possesso di dati ritenuti importanti per approfondire la conoscenza dell’opera ispirata dal Signore a Madre Teresa. Tra queste, ricordiamo quella rilasciata da suor Gemma Madonia, originaria di Monreale, dove ebbe i natali nel 1915 e deceduta da alcuni anni, custode fino all’ultimo dei ricordi legati alla primitiva Fonda- zione e alla vita che vi si conduceva. Entrata in Istituto nel 1942, vide in sogno la Fondatrice che la rassicurò riguardo la vocazione e la sua permanenza in religione fino alla morte. Ricordandone le vicissitudini, richiamava la povertà in cui si viveva e l’eroicità a cui si era chiamati, seguendo l’esempio ed imitando le gesta della Fondatrice. Inoltre, essendo sempre vissuta a Palermo, in Corso Calatafimi, non lontano dalla Casa Madre dei Missionari servi dei Poveri, fondati da quell’eroe della carità, oggi Beato, il medico e sacerdote Giacomo Cusmano (1834-1888), contemporaneo della Macaluso, non esitava ad accostare i due Fondatori, tutti dediti nel dar gloria a Dio, amando e servendo i fratelli. Suor Gemma ha portato con sé il desiderio di poter vedere la Fondatrice annoverata tra i Beati e sempre più conosciuta per la sua eroica condotta di vita riportando, con il vincolo del giuramento, notizie di miracoli ottenuti per sua intercessione, tra i quali, la guarigione da cancro al seno di una donna monrealese abitante nel quartiere del Carmine.


4. Conclusione

[modifica | modifica wikitesto]

Anche se a distanza di decenni dall’apertura della Causa di Canonizzazione della Serva di Dio non si è proceduto ad un ulteriore riconoscimento ecclesiale, il suo ricordo è rimasto vivo e resta vivo nei familiari e concittadini, primo fra tutti nel pronipote Antonino Macaluso, infaticabile ed accorto ricercatore e sistematizzatore di gran parte del materiale utilizzato per la stesura dell’opuscolo edito negli anni passati e del presente profilo biografico-spirituale, animatore in primis delle celebrazioni e commemorazioni fattesi in questi ultimi anni, con un lavoro paziente che sa di cer- tosino e animato da vero ed autentico devoto e filiale affetto verso l’illustre antenata. Per mantenere vivo il ricordo e far conoscere la Serva di Dio si è voluto, in questi ultimi anni, realizzare una memoria a scadenza semestrale, nell’anniversario della nascita, il 18 febbraio e nell’anniversario del suo ritorno alla Casa del Padre, il 20 novembre. Sono state coinvolte la Comunità di Vicari, suo paese natale, alcune Comunità parrocchiali della città di Palermo, la Comunità dei siciliani residente a Roma e impegnata presso la chiesa di “Santa Maria odigitria dei Siciliani” , la Congregazione delle Suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori che hanno ri- cevuto la preziosa eredità. Dai momenti di preghiera e di riflessione, sono nati discorsi concreti, effettuate ricerche, coinvolto più persone, divulgata la conoscenza, allargata la cerchia dei devoti, risvegliato l’interesse verso si grande donna. Inoltre, dal gennaio 2011, è nato il periodico semestrale “I prodigi del Cuore”. Non resta che augurarci la prosecuzione e non solo, ma lo sviluppo di tutto questo. Anzitutto perché “una lampada non può restare nascosta sotto il moggio ma deve risplendere per far luce a tutti quelli che sono nella casa” (cfr. Mt 5,14-15) e poi perché, animati e sorretti dall’intercessione della Serva di Dio, possiamo dirci ed essere tutti au- tentici figli di Dio e degne membra della Chiesa.



                                ===DOCUMENTAZIONE===


Iscrizioni funerarie

[modifica | modifica wikitesto]
  (Alla porta dell’Istituto)
      A SUOR TERESA DEI SACRI CUORI   
      NEL SECOLO COSIMA MACALUSO  
      NATA A XIX FEBBRAIO  MDCCCXXXI
      MORTA IN ONOR DI SANTITA'
      A XX NOVEMBRE MCMII 
      RENDONO FUNEBRI  ONORANZE
      LE SUORE DEL SUO ISTITUTO 
  (Alla porta della Cappella)
       L'UMILE SUOR TERESA 
       LA CUI VITA FU ESEMPIO ILLUSTRE 
       DI SANTITA? NON COMUNE 
       CHE AVEVA PER TUTTI 
       UNA PAROLA DI CONFORTO 
       UN CONSIGLIO SALUTARE 
       CHE CI RENDEVA PROPIZIO IL CIELO 
       CON LE SUE PRECI POSSENTI 
       QUALE COLOMBA DAL DESIO CHIAMATA  
       SE NE VOLO' TRA LE BRACCIA AMOROSE 
       DELLO SPOSO DIVINO 
       A RICEVERSI LA CORONA DI GIUSTIZIA 
       DOVUTA
       AI SUOI GRANDI MERITI   
       ALLE SUE EROICHE VIRTU'


  (A destra del tumulo)
        PER L'OBBEDIENZA 
        PRESIDIO DELLA VITA CLAUSTRALE 
        GIUNSE AD ALTISSIMA PERFEZIONE 
        PER LA VEMENZA DELL'AMORE 
        SPESSO DAI SENSI RAPITA  
        DELIZIE GODEVA DI PARADISO 
         NELLE ESTASI SUBLIMI 
         EMULAVA TERESA DI GESU' 
  (A sinistra del tumulo)
         FIERI INCESSANTI DOLORI    
         PER INFERMITA' D'OGNI SOSTA E SENZA FINE 
         TOLLERATI PER XI LUSTRI 
         CON LA FORTEZZA DEI MARTIRI 
         IL SANGUE SPARSO PER 3900 SALASSI 
         INTRECCIARONO IN LEI  
         ALLA PRIMA DELLA VERGINITA' 
         QUELLA DEL MARTIRIO   


    Elogio funebre dettato dal Canonico Andrea Termini da Monreale
    nei solenni funerali celebrati nella chiesa del detto Istituto
    in Palermo il dì 16 dicembre 1902 e stampato dalla tipografia
    S. Biondo di Palermo nel 1903.


                                                     Requievit super eam spiritus pietatis.
                                                     Riposò su di lei lo Spirito della pietà.
                                                                   Il profeta ISAIA 11.2


L’alba del venti novembre dell’anno che volge al tramonto fu apportatrice di una pubblica sciagura che toccava gli’interessi di tutti. Una grande eroina era caduta vittima della morte; una fulgida stella si era ecclissata sull’orizzonte della chiesa ; una santa illustre che ci era maestra di virtù, che ci rendeva propizio il cielo con le sue preci possenti, era scomparsa dalla scena del mondo. eppure, non ostante l’amaro cordoglio che sentiamo per tanta perdita, se augusto rito di religione nol vietasse, io direi, o Signor: Togliete via queste nere gramaglie, emblemi di lutto e di dolore, e coprite, invece, di bianchi lini le pareti del luogo santo che insieme ci accoglie, a benedire la memoria della cara estinta; spargete di fiori quella tomba. direi: cessino i mesti canti, le lugubri armonie che spandono in- torno a noi con note piene di amarezza unita di mestizia grave, ed echeggino invece cantici ed armonie di cielo. Qui la morte, questa fiera ministra di dio sulla terra, non è lo spettro orribile, quale si dipinge con la falce alle mani che miete inesorabile e tremenda, le vite degli uomini. la morte qui è una bella aurora apportatrice del giorno eterno di dio e un angelo bello, che tiene alle mani le chiavi del paradiso per aprire alla creatura eletta che più non è. La tomba che si apre dinanzi a noi non accoglie una salma comune o quella di un grande della terra, le cui vane grandezze riduce in polvere la potenza distruggitrice della morte; riceve le venerate spoglie di una gran Serva di Dio, la cui dimora fu nella pienezza dei santi. E questa donna di cui piangiamo la fine, è Suor Teresa dei Sacri Cuori. Su di lei si può con sicurezza affermare che su di lei riposò lo spirito della pietà. E di tale spirito animata, fece della sua vita un olocausto di amore a dio, e pervenne a gradi altissimi di perfezione e di santità. Signori, arduo è il tema, schiacciante. Le mie deboli forze, la disadorna parola non sono da tanto a svolgerlo com’esso richiede. Dall’altro canto, il personaggio che si vuole celebrare non si conosce che in minima parte, perché nascosto sempre sotto il denso velo di profondissima umiltà. La grande estinta per più di sei lustri mi onorò della sua preziosa amicizia. In questo lungo periodo di tempo ebbi la fortuna di ospitarla, tante volte, inferma in casa mia anche per mesi interi. Dio, a cui tutto è presente mi vedeva già su questo pergamo che intesseva l’elogio alla sua tenera amante, e permise che io la conoscessi, forse a preferenza degli altri, e fossi spettatore di grandi meraviglie. Vi dirò soltanto quello che vidi con gli occhi miei, toccai con le mie mani, ascoltai con le mie orecchie. E da quanto sarà per dire, vedrete che uscirà dalle mie labbra non un elogio funebre, ma uno di que’ panegirici come solo se ne intessono ai santi. La pietà, secondo l’Aquinate, è una manifestazione di carità, pietas est protestatio charitatis. La carità poi è la ragione e la misura della santità di un’anima al cosspetto di Dio. un amore uniziale, dice S. Agostino, è una giustizia incipiente, un amore perfetto è una giu- stizia consumata, charitas, perfecta justitia est. in questo concetto divino di carità pose il Signore tanta parte di legge, che anzi, il compimento di tutta la legge è l’amore, plenitudo legis dilectio (rom 13,18). Dessa, la carità, è come un ceppo divino piantato da dio stesso nel fonde dell’anima eletta, da cui succhiano l’umore vitale tutte le cristiane virtù. È la legge suprema, dirò così, che imprime il carattere, la forma e il valore agli atti umani, senza della quale resterebbero informi, privi di merito e di bontà. divino è questo insegnamento. l’Apostolo S. Paolo, conoscitore profondo della scienza altissima della santità, fedele interprete del pensiero di Gesù Dio, così scriveva ai Corinti: Se io avessi il dono della profezia, l’intelligenza di tutti i misteri, una scienza universale e tanta fede da trasportare le montagne, e non avessi la carità,sarei un nulla, nihil sum. Se io parlassi tutte le lingue degli uomini e la favella stessa degli angeli, e fossi privo della carità, sarei un bronzo che risuona, e un cembalo che rumoreggia. che più? Se prodigassi ai poveri le mie sostanze generosamente, se offrissi alle fiamme il corpo mio, ita ut ardeam, e non bruciasse il mio cuore del fuoco celeste della carità, tanto eroismo a nulla mi gioverebbe (1 cor 13,1). lo spirito della pietà accese nel cuore della cara estinta tal fiamma di amore, che la condusse a gradi altissimi di perfezione e di santità. Vicari, Comune della provincia di Palermo, concesse le prime aure di vita a Suor Teresa dei Sacri Cuori, nata da Salvatore Macaluso e da Vincenza Anzaldi a’ 19 febbraio 1831. Al fonte battesimale lè fu imposto il nome di Cosima. Sin dall’aprile degli anni mostrò un animo retto, inclinato alla pietà. Schiva dei trastulli, degli svaghi infantili, passava il tempo tra il lavoro e la preghiera in casa ed in chiesa, a fianco sempre della piissima genitrice che le seppe stillare, sin dall’infanzia, il gusto alla virtù. il cibarsi del pane degli angeli, - pratica santissima che mantenne sempre in tutti i giorni, dalla prima età sino alla vigilia della sua morte — visitare Gesù nel tabernacolo, dinanzi a cui si formano le anime ardenti, assistere alle solennità e alle funzioni della chiesa, il ritiro e la preghiera, erano le sue delizie. Se fosse viva Suor Giustina De Benedetto, vergine di santa vita, passata a dio nel fiore degli anni, vi direbbe, che la giovanetta Cosima Macaluso passava con lei delle ore santamente gioconde nell’orazione o in trattenimenti di cielo, e che avvampava di amore per gesù dio a cui aveva consacrato anzi tempo, il suo giglio verginale e tutta se stessa. Se fosse vivo Padre Giuseppe da Collesano, ottimo figlio del serafico poverello di Assisi, vi direbbe, come lo disse a me, che la vergine Macaluso finché dimorò nel suo paese natìo, conservò candidissima sempre la stola dell’innocenza. Poteva dirlo, perché ne diresse lo spirito. Vi direbbe, che fu una serafina di amore, additata come modello alle giovani conterranee, come specchio per tutti in ogni genere di virtù. Ma al Signore non piacque che tra le spine del secolo stesse piantato questo fiore di elezione, e volle si trapiantasse nell’orto chiuso, per ivi crescere rigoglioso, affinché olezzasse solamente per lui, che si pasce tra i gigli. È stile di Dio cavar fuori dal mondo le anime elette che vuole educare per sé, ed è, per ordinario, nel silenzio e nella solitudine ch’egli fa loro sentire l’accento soavissimo della sua voce, che non si può intendere nel tumulto del mondo, come è impossibile che si avverta lo spirare del zeffiro quando imperversano i venti. Egredere de cognatione tua et de domo patris tui (gen 12,1). Ego sponsabo te mihi in fide, in justitia et in charitate (osae 2,19). va fuori dalla casa dei tuoi; io ti sposerò a me nella fede, nella giustizia e nella carità. queste parole avea fatto arcanamente sentire il Signore alla vergine macaluso sin dalla tenera età, ed essa bru- ciava dal desiderio di volare tra le braccia dello sposo divino, dentro le mura di un chiostro. ed ebbe appa- gati, giovanetta ancora appena quattro lustri, questi ardenti desiderî. Verso il 1862 la provvidenza mandò in vicari il Padre Luigi Ventura, degno fratello di Gioacchino, ornamento e decoro dell’Ordine del Tiene, della Chiesa e dell’italia; il quale conobbe lo spirito della santa giovanetta, intuì, direi quasi, i disegni di Dio su di lei, e la condusse in Palermo. Quivi, sotto la guida di quell’uomo dottissimo e pio, fondò l’Istituto dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria. Allora si strinsero più fortemente i vincoli tra lei e Gesù con i voti religiosi, e la Cosima Macaluso divenne Suor Teresa dei Sacri Cuori. Ed ecco la bianca colomba ritirata nell’orto chiuso, nei forami della pietra, nel cuore squarciato di Gesù. Ma chi può ridire i rapidi avanzamenti che fece nella santità? Chi può raccontare a quale perfezione di amore, a quale altezza di contemplazione, a quale intima unione con dio pervenne, in brevissimo tempo, la vergine eletta nel luogo santo? Volava, volava sempre. Chi ama Dio, vuole che sia amato dagli altri. Ecco lo scopo dello Istituto, educare cioé nella vera pietà religiosa le giovani donne che hanno la vocazione di entrarvi, formarle spose fedeli ed amanti del Nazareno, e queste, divenute specchio di virtù, educare cristiana- mente le figlie del popolo, impartendo loro, allo stesso tempo, l’insegnamento letterario elementare e dei lavori donneschi, perché vengano su sufficientemente istruite quanto a donne si conviene, buone massaie di casa e vere cristiane. Questo scopo fu completamente raggiunto. L’Angelo della illustre Chiesa palermitana, l’Em.mo Cardinal Celesia, lustro e decoro del Sacro Collegio, approvò a suo tempo, il Regolamento della nuova istituzione che tosto si propagò, ed altre case, dipendenti dalla centrale di Palermo, sono in pieno vigore in taluni paesi della Sicilia. La Suor Teresa vivea per il suo caro Istituto, che rispondea stupendamente ai suoi santi ideali. Le suore... Ah! vorrei dire qui tante cose di queste angeliche suore! me ne astengo per non offendere la loro modestia. dico soltanto che, sotto la guida di tanta maestra, hanno vissuto una vita di cielo con tutta la loro abnegazione e sacrifici che abbracciano tutto dì, perché sanno amare Gesù Cristo; e che le 400 alunne che ne frequentano le scuole in tutte le case, vengono su veramente cristiane, e portano nelle loro famiglie l’odore della pietà e della virtù. Ah! se queste case di educazione si moltiplicassero sulla terra, si opporrebbe un argine alla colluvie dei mali, che recano la miscredenza e la corruzione dei tristi tempi che volgono, e si salverebbe la presente società. L’educazione cristiana della donna che forma l’ambiente della famiglia, ecco ciò che occorre. e questo fine di somma importanza si ottiene con le istituzioni salutari, come quella di Suor Teresa dei Sacri Cuori. L’amore come il fuoco arde ed illumina. e la nostra cara estinta, priva affatto d’istruzione, ma rischiarata dalla carità che porta seco la scienza dei santi, governò con tanto senno, da Superiora Generale, le varie Case dell’Istituto, e qualche volta nelle discussioni dei dotti, la sua parola, come oracolo si udiva. Chi ama crede e spera. «Charitas omnia credit, omnia sperat» (1 cor 18,7). e Suor Teresa, sprovvista affatto di mezzi di sussistenza, con una grande fede soltanto nella Provvidenza di Dio, mantenne per sei lustri il suo Istituto. Era un piacere a sentirla quando su questo soggetto cadeva il discorso. È possibile dubitare, diceva, che uno sposo tanto grande, buono, magnanimo, ricco e potente com’è il nostro, possa abbandonare le sue spose che si sono staccate da tutto per consacrarsi a Lui? Un padre di famiglia che non avesse la sera come provvedere, l’indomani, di vitto i suoi figlioli non piglierebbe sonno la notte, si darebbe quasi in balìa alla disperazione Suor Teresa non aveva questo pensiero; ci penserà, diceva, lo sposo celeste. E ci pensò sempre. quante mattine, non avendo come sfamare le sue buone figliuole, si vide comparire improvvisamente la provvidenza! quando era una Principessa che le veniva in soccorso, ora un Signore, trattenendosi ignoto. Una volta, a giorno avanzato giunse una lettera da Parigi con dentro 50 lire, senza un rigo di scritto. il fatto è questo, o Signori, che Suor Teresa, senza rendita alcuna né questua, saldava ogni anno la forte pigione di casa, e provvedeva di tutto l’occorrente la sua fami- glia numerosa. Prodigi dell’amore! L’amore è paziente, soffre tutto... Charitas, patiens est... omnia suffert (cor 13,4 e 7). Chi ama Gesù si studia di rassomigliarsi a Lui, sino al disprezzo di sé, dice il grande Vescovo d’Ippona, «amor Dei usque ad contemptum sui» e sebbene i rigori della penitenza, che tiene sulla terra il posto della giustizia punitiva di Dio, non avrebbero luogo tra gli splendori dell’innocenza e della santità, pure, un’anima, accesa dall’amor divino, fra strazio del suo corpo, e lo riduce in servitù, come faceva l’apostolo, tenendo sempre fisso lo sguardo al divino esemplare il quale, tutto che segregato dai peccatori, ed essendo splendore di santità, divenne l’uomo dei dolori. Questo è il carattere delle anime amanti di Gesù, questo fu il carattere di Suor Teresa Macaluso. E chi può dire, o Signore le astinenze continue, le macerazioni crudeli con cui se stessa, senza pietà, affliggeva? Invano rabbiosa fame tormentava la con i suoi latrati nell’età giovanile; le si mostrò Teresa sempre avara e crudele, e per i lunghi digiuni le fu poi tormento prendere quel po’ di cibo che in vita la mantenesse. Invano il suo corpo verginale appariva sempre estennato e cadente, non cessò di cingerlo, d’aspri cilizi e di flagellarlo con aspra violenza. Ah! gli angioli santi; volteggiando inosservati intorno a lei, la videro nel silenzio della notte sotto i duri colpi del flagello genere solitaria come una colomba, con gli occhi fissi sull’amor crocifisso. Quei gemiti, quelle penitenze erano ignoti alla terra, perché sepolti fra le tenebre della notte; ma non lo erano a Dio dinanzi a cui le tenebre sono luce. Suor Teresa, o Signori, si procacciava da se stessa il patire, forse non sapeva che Dio l’attendeva alla prova, per raffinarla come l’oro al fuoco, e renderla meno indegna di sé. e prima le prove dell’obbedienza. Charitas patiens est... omnia suffert. L’obbedienza, base e presidio della vita religiosa, la guidò, con passo sicuro, per la via dove la spingeva l’amore. A durissime prove fu esposta nella pratica, veramente eroica, di questa virtù. ne scelgo due fra mille che furono pubbliche e clamorose. Un giorno fu vista una giovane religiosa non ancora ventiquattrenne, avvezza a starsene ritirata in casa, tutta modesta andare, quaestuando, sola per le strade principali di Palermo, senza guardare in faccia nessuno, e riceversi qualunque elemosina le venisse of- ferta, secondo l’imposizione avuta dall’obbedienza. Furono avvisate delle persone di offrirle oggetti grossolani, e fu vista, pieno zeppo il grembiale di tali oggetti, da potere a stento muovere il passo, e ciò non ostante, continuare a chiedere la limosina a chiunque incontrasse per la via, sino al termine prefisso del pellegrinaggio. E se vi foste trovati dietro il Palazzo di Città al suo passaggio, vi avrebbe straziato il cuore lo strapazzo pubblico e clamoroso a cui fu fatta segno da chi la metteva a quella prova, con essere somigliata agli accattoni di mestiere che molestano la gente che va pei fatti suoi. L’avreste pure veduta, la forte vergine, imperturbata, tirare innanzi per la via, continuando a stendere la mano ai passanti sino alla méta assegnata del suo cammino. I monelli, forse, schiamazzando la seguivano. Un altro giorno di domenica fu vista la stessa giovane religiosa per ore ed ore in ginocchio, poggiata alla gratella di un confessionile nella chiesa di San Giuseppe, aspettando il direttore di spirito il quale, udite le prime parole, le avea imposto di attenderlo che sarebbe tornato, e di proposito, non veniva. A chiunque sarebbe venuta addosso la smania, e sarebbe disceso a dirittura. Ma Suor Teresa, o Signori, era obbediente sino alla morte, e sarebbe rimasta lì fino a morire pur di non venir meno alla consegna. E questo fu poco. A chiesa piena, avreste inteso echeggiare una voce robusta e sonora che la prendeva per ipocrita e pazza, e la cacciava fuori dal tempio tra lo stupore di tutti. Signori, nel rammentare questi fatti io non intendo approvare per nulla quel voler credere nella direzione delle anime elette, li narro, perché risalti la virtù eroica della nostra amica, la quale perché amava il Signore, divorava ignominie atroci e disprezzi inauditi, che lo sposo celeste scrivea nel libro della vita e nel divino suo cuore. Ah! sono prodigi questi di virtù che raramente si ammirano nelle vite dei santi! Ma passo di altri fatti perché ci resta cammino da percorrere ancora, dico soltanto, che la Serva di Dio sarebbe pronta a buttarsi nelle acque, a camminare tra le fiamme, se l’ubbidienza comandato glielo avesse. che ne avvenne o Signori? Ne avvenne, che non solo la ragione ma la natura in lei, i nervi, le ossa sentivano come un’elettrica scossa a quell’arcana parola, e prontamente obbedivano. e quante volte con questa parola le si risparmiarono convulsioni travagliose, e moti apoplettici sul punto di scoppiare! Quante volte con questa parola la richiamai priva di sensi o dall’orlo del sepolcro nelle sue spaventevoli infermità! Quante volte il flebotomo la trovò con le mani attratte e dure come il ferro che divenivano, tosto, morbide come seta a quella parola possente profferita dall’unto del Signore! Ecco il gran conforto per lei della presenza del sacerdote nelle gravi infermità, ed ecco cambiata in sollievo quella parola che le avea cagionato durissime prove — Charitas patiens est...omnia suffert —. Prove dal mostro di abisso che nella tenera età ne fece strazio atroce. Ed ora l’atterriva con ispaventevoli e mostruose apparizioni; talvolta l’opprimeva sino allo smarrimento dei sensi, rendendola dura e pesante più che ferro, vi sareste sforzati invano a sollevarne un braccio. E quante volte fu liberata da un tale stato d’ineffabili sofferenze dall’intervento della regina degli angeli invocata dal sacerdote! Spesso la buttava di peso nel letto sul pavimento quando la stringeva alla gola nell’atto di comunicarsi, volendole impedire che inghiottisse l’ostia santa. So che, giovanetta, in Vicari stette due giorni interi con la sacra particola tra le fauci per quest’opera diabolica. Sono viventi ancora in quel paese testimoni oculari che confermano questo fatto che io appresi dalla bocca stessa della cara estinta, e da chi ne dirigea allora lo spirito. Da quella oppressione fu liberata dalla Serafina del Carmelo, verso la quale nutrì sempre una speciale divozione. Un giorno quel mostro crudele, nemico delle anime, ruppe un braccio alla gran Serva di Dio. L’uomo dell’arte lo doveva curare. la pudica, angelica vergine ne pativa in cuor suo, e ricorse alla sua gran protettrice del Carmelo che tosto intervenne. Durante la messa, le suore la videro estatica che non trovandosi più nel bisogno del chirurgo, esclamò dopo, riboccante di gioia la madre Teresa e S. Pietro di Alcantara mi hanno guarita, la verità del fatto era una prova evidente della verità delle sue parole. L’amore, ch’è forte come la morte, la fece trionfare sempre di questo terribile nemico che, mordendosi le labbra ne tornava pieno di furore umiliato e deriso.

«già vinta dell’inferno era la pugna e lo spirito di abisso si partia, vuole, stringendo la terribil’ugna».

ma questo non è ancora tutto. per altre prove terribili ancora passò la nostra eroina. le prove delle infermità — Charitas patiens est... omnia suffert. Non avvi penitenza che possa uguagliarsi alle malattie che vengono dopo il martirio. che anzi, quando esse sono lunghe e cocenti, e si abbracciano con un colpo di scure che tronchi, in un istante, il capo dal busto, di fronte a quegli anni di infermità d’ogni sorta e di atroci dolori che soffrì, rassegnata sempre per amore di gesù, la nostra eroina? La febbre la cuoceva sempre. le più gravi malattie, dichiarate sul suo corpo emaciato e cadente.

Era un prodigio come stesse in vita. Le piaghe dei piedi orribili a vedersi, come asseriscono le sue figliuole, negli ultimi tre lustri di sua le cagionarono spasimi atroci, incessantemente, sino alla morte.

        Che vi manca al martirio ? 
        Lo spargimento del sangue ? Eccovelo e in abbondanza con 3900 salassi.

Stordite, o Signori! È la verità. chiedetelo alle sue buone figliuole, ve lo diranno. Ah! voi piangete, mie care sorelle e piangerete ancora, e ne avete ben donde, nella vostra madre e maestra avete perduto una eroina fra i santi. Chiedetelo a me, io vi dirò che in casa mia, nelle grandi infermità 4 e 5 volte al giorno era chiamato il flebotomo. E ne spicciava sempre del sangue e in abbondanza. Lei stessa ordinava i salassi alle mani, qualche volta ai piedi. Sembra un paradosso, ma la vita di Suor Teresa, miei Signori, appartiene ad un campo speciale tra le vite dei Santi. Quel corpicciolo color di cera, estenuato e cadente, pareva una sorgente inesauribile di sangue. e senza ammettere un grande miracolo, non si può comprendere come da esso si fosse potuto cavare tanto sangue. ho inteso dire, che nel processo di beatificazione della beata margherita Alacoque si tennero in gran conto 500 salassi, operati nel corpo verginale della innamorata del cuore di Gesù. Che dire quindi di Suor Teresa, o Signori? che dire? Che alla palma della verginità fu intrecciata per essa quella del martirio, e che nel cielo sia stata messa, con certezza ed in trono elevato, nel coro glorioso delle vergini e martiri. del resto attendiamo il giudizio della Chiesa su di questo e sopra altre meraviglie che sto per dire. E questo ancora non è tutto. vi cenno l’ultima e la più terribile prova che le venne direttamente da dio: Tenebre e aridità di spirito: Charitas patiens est... omnia suffert.

È certo, o Signori, che le anime sante manifestano in loro stesse lo svolgimento della vita di gesù. un intreccio misterioso di tenebre e di luce, di abbassamenti e di gloria, di gioie ineffabili e di squisiti dolori accompagnò l’uomo-Dio dalla culla alla tomba. Lo stesso intreccio di vita, proporzionato sempre, vediamo svolgersi nelle vite dei santi. A loro non manca il Tabor, ma dinanzi a quel monte delizioso, sorge il calvario con tutto il suo apparato d’ignominie e di dolori. La desolazione suprema del Redentore fu quella che soffrì agonizzante sulla croce per il divino abbandono. come ciò sia avvenuto, avendo Gesù in se stesso la sorgente del gaudio e della beatitudine per l’unione ipostatica, non c’è dato d’intendere. Il certo si è che Gesù parla di abbandono a Dio, desolazione suprema per Lui che gli strappò dalle labbra quelle angosciose parole: mio Dio, mio Dio, perché mi avete abbandonato? Mentre per tutta la passione non avea profferito un lamento. Per questa trafila passano, alle volte, anime elette prima di arrivare all’unione mi- stica e trasformativa con dio. È un passo terribile questo, o Signori, l’anima eletta che vi si trova, si vede rotta ogni comunicazione con Dio. È abbandonata in balìa al tedio il più profondo, e alla più straziante aridità. e mentre nulla vede, nulla sente, nulla assapora di Dio, conosce profondamente la sua miseria, le sue imperfezioni, la sua nullità. Si crede già sull’orlo dell’abisso, abbandonata da Dio per sempre. Di fronte a questa ogni altra pena è leggiera nella vita per le anime elette, che hanno Dio per oggetto adorato dei loro amori. versava in tale stato quel santo re secondo il cuore di dio, cantore dei divini misteri, quando esclamava con accenti pieni di affanno. Afflictus sum et humiliatus sum nimis; sono grandi le mie afflizioni e l’anima mia si è inabissata nella miseria. Circumdederunt me gemitus mortis, et dolores infermi obsederunt me; sono circondato dai gemiti della morte ed accerchiato dai dolori d’inferno. Fuerunt mihi lacrymae meae pones, dies ac nocte, dum dicitur mihi quotidie: Ubi est Deus tuus? mi cibo giorno e notte di pianto ché, ovunque rivolgo lagrimoso lo sguardo, io non trovo il mio Dio (psalm 87). versava in tale stato il serafico poverello di Assisi, tutto che decorato dalle stimmate di gesù cristo, quando esclamava costernato e dolente: Sul mio capo è la vita, sotto i miei piedi è la morte, una delle due mi toccherà; quale sarà la mia sorte? versò in tale stato e per più di 4 lustri la serafina del carmelo Santa Teresa di gesù. versavano in tale stato molti altri santi illustri del cristianesimo quando esclamavano piangenti: chi sa se mi salverò! che sa se mi salvo! A questa prova durissima sottopose il Signore la nostra grande eroina che più non è. Ah! quante volte mi straziò l’anima il sentirla esclamare dal letto dei suoi dolori dissanguata e cocente di febbre. Chi sa se mi salvo! Che sa se mi salvo! E scoppiava in pianto. Parmi di sentirla ancora uscire in questi accenti pietosi: Signore siete voi che mi abbandonate? sono io che mi allontano da voi? e allora il buon Gesù se ne stava velato nel fondo del suo cuore, ne ascoltava i gemiti, ne pesava gli affanni e la rendeva meno indegna di sé. Quanto sia durata questa desolazione alla nostra cara estinta, non l’ho potuto sapere; passò per questa prova terribile nell’avanzata gioventù, nel periodo acuto delle sue purghe di senso e di spirito, senza che indietreggiasse di un passo dall’intrapreso cammino, senza che desse mai un segno d’infedeltà al suo sposo celeste, sostenuta e protetta dalla virtù arcana dell’ob- bedienza. Furono questi miracoli di forte amore rara- mente ammirati nelle vite dei santi.

Ma è tempo oramai di lasciare il calvario e salire sul Tabor. l’amore tende all’unione, ed allora è completo quando vi arriva. Suor Teresa passò per i gradi più ec- celsi di amore unitivo con dio sino all’ultimo a cui si può arrivare da viatori sulla terra. Ce lo dànno a vedere i carismi celesti e i doni speciali di cui spesso lo cumulava il Signore, di quelli accordati ai santi più eletti che veneriamo sugli altari.

                                       II.

L’estasi e i ratti sono effetto dell’amor divino pervenuto nelle creature a grado altissimo di perfezione. L’estasi, decimo grado dell’orazione supernaturale, secondo i dettami della teologia mistica, consiste appunto nell’unione di amore che aliena l’anima totalmente dai sensi, senza violenza alcuna, ma con sola soavità. È l’amore che la produce, secondo il cele- bre detto dell’Areopagite: Amor extasim facit; amore unitivo che, trasformando l’anima in Dio, l’aliena dai sensi. Il ratto, undecimo e penultimo grado dell’orazione supernaturale, aggiunge all’estasi qualche cosa, dice l’angelico dottor S. Tommaso, aggiunge la violenza. Dicendum quod raptus addit aliquid supra extasim... addit queondam violentiam (ii qu. 175, art. 2). l’amor divino qui investe l’anima di un colpo, e la unisce a dio più altamente. e mentre nell’estasi avviene lo smarrimento dei sensi esterni, nei ratti perfetti si verifica lo smarrimento totale dei sensi esterni ed interni; restano le operazioni intellettuali e di puro spirito, e si celebra lo sponsalizio dell’anima con Dio. In questi ratti violenti il corpo resta immobile dove si trova, seduto, all’impiedi o in ginocchio. Alle volte è tirato in aria, dove resta sospeso, volendo quasi seguire la sua compagna fuggitiva, la quale trasfonde in esso i reverberi della luce arcana che lo inonda, e si vede quasi trasfigurato nel volto, e divenuto leggiero come una piuma. L’anima così rapita, in Dio, non sente strepito né dolore, nemmeno l’azione del fuoco; la scuote soltanto e la richiama la voce dell’obbedienza, segno questo, che l’estasi e i ratti sono veri. A quella voce Dio stesso lascia che tiene stretta fra le sue braccia perché possa obbedire. Accade pure di frequente, che, dopo il ratto, se il corpo della rapita era inferma si trova sano, s’era de- bole, si sente pieno di vigoria. In questa sublime unione di amore il verbo figlio di dio ammette l’anima alla sua confidenza intima, e come a sposa diletta le fa dono di grazie speciali, con le quali l’abbellisce, la nobilita, la rende vaga agli occhi suoi e la dispone ad entrare nel suo talamo nuziale. Signori, a questi gradi altissimi di unione con Dio salì, giovinetta ancora, l’umile suor Teresa, la nostra buona amica che più non è. quante volte la vidi in casa mia in queste elevazioni di spirito! Et Deus scit quia non mentior (2 cor 8,31). Spesso avvenivano nelle grandi infermità che soffriva sempre. giunta all’orlo del sepolcro, dissanguata e sfinita, lo sposo divino la tirava a sé ora con l’estasi soavemente, quando di un colpo con ratti profondi. Il suo volto si trasformava come in volto di angelo bello, e il suo corpo diveniva leggiero come una piuma da poter benissimo restare in aria sospeso, come successe una volta in Vicari in casa della sua amica Suor Giustina De Benedetto. Fu vista allora la vergine Cosima Macaluso, giovanetta ancora, salire in aria, starvi sospesa durante il tempo del ratto, e dopo discendere a terra leggermente. la Suor Giustina non è più, ma vivono ancora membri della sua famiglia testimoni oculari del fatto che lo potrebbero benissimo confermare. e se dopo più non fu visto tale inalzamento del corpo nell’aria, ciò avvenne, mi diceva il ventura, per una grazia speciale che la cara estinta chiese in un’estasi con tanta insistenza sino a versare qualche lacrima di sangue. L’umile serva di Dio, non avrebbe voluto che tali segni speciali di amore le desse in pubblico il suo sposo divino. e l’avreste veduta resistere gagliarda- mente, quando sentivasi rapire con soavità, piangere, battere i piedi in terra, divagarsi, fuggire come il gon- zaga quando diceva al Signore: Recede a me, Domine, allontanatevi, l’obbedienza non vuole. ma come il dio Amore trionfava sull’angelico luigi, trionfava pure sulla serafica Teresa dei sacri cuori. Ah! non vi sembri esagerato, o Signori, la nostra grande eroina emulava nell’estasi e nei ratti le Terese di gesù, i luigi gonzaga, gli Stanislai Kosta, i serafini. e così abbiamo la chiave per ispiegare com’ella con tante in- fermità, con tanto spargimento di sangue potesse vi- vere. coi ratti si rifaceva dei patimenti sofferti e del sangue versato. lo spirito della profezia, la discrezione degli spiriti, le conoscenze occulte e lontane sono grazie gratis date è vero, ma dio per ordinario, le concede ai santi. e le concesse a Suor Teresa, o Signori. Narro qualche fatto venuto a mia conoscenza diretta o passato per le mie mani. Se fosse vivo l’eminentissimo Guarino, vera arca di sapienza, che tenne in altissima stima la nostra eroina perché ne conosceva la vita interiore, vi direbbe, come lo scrisse a me da Ragusa a 24 Novembre 1872, che suor Teresa gli predisse il Vescovado nel Gennaio del 1866, lasera della morte di sua madre. "E michiamò sempre arcivescovo e non mai vescovo", mi diceva in questa lettera,"ed avendole risposto che nel caso avrei presentato le mie rinunzie», «lo so» aggiunse, «ma so pure che non saranno accettate». Vi direbbe che gli predisse, allo stesso tempo, che non sarebbe rimasto sempre alla prima sede. E così avvenne. Eletto da Pio IX arcivescovo di Siracusa, fece tutto il possibile per declinare quella augusta dignità, l’obbedienza del sommo gerarca gli fece salire la cattedra di S. Marziano che lasciò dopo, per occupare la sede di Messina. Vi direbbe, come lo scrisse a me da Roma divenuto principe di Santa Chiesa, che la sacra porpora gli fu pure vaticinata dalla serva di Dio quando si portò in Messina per visitarlo mentre era gravemente infermo. Nel novembre dello stesso anno 1872, arrivò una lettera del P. Ventura da una città della Sicilia. Suor Teresa giaceva inferma in casa mia. in quella lettera diceva di una grande tribolazione che soffriva un pastore di Santa Chiesa, senza cennare quale fosse. Le impo- neva, per obbedienza, di venire in soccorso di quel prelato e di rispondere prontamente. Si dava il segreto sulla risposta a lei che doveva dettarla e a me che dovea scriverla. La povera inferma dovea conoscere per lume superiore di che si trattasse, e indicare i mezzi sicuri perché quella tribolazione sparisse. Sono le nove della sera, cominciò a dettarmi dal letto con pa- role elettissime, «...sono le nove della sera e mi sento dire al cuore...» e proseguiva. Terminò con queste parole. Perdonino la mia schiettezza, è stato il merito della santa obbedienza che ha fatto parlare l’asina di balaam. Un angelo forse, come a Santa Teresa, suggeriva le parole.

Molti di voi conobbero quella magnifica figura che fu mons. Papardo dei principi del parco, arcivescovo di Monreale, che pregiò tanto la santità della serva di Dio. Se fosse vivo quell’illustre prelato vi direbbe che Suor Teresa, veramente, era dotata dello spirito della profezia per averlo sperimentato in se stesso. Tralascio di narrare il fatto perché sarebbe lungo a descriverlo, ed ho stancato di soverchio la vostra pazienza nell’ascoltarmi. Verso il 1876 era con me ad assistere la santa inferma il dotto mons. Fiorenza arcivescovo di Siracusa mio concittadino. Rapita in estasi la gran serva di Dio proruppe in queste parole: Aprite la chiesa di S. Marziano, ecco che viene il novello pastore. che festa! che trionfo! né io, né il Fiorenza, allora semplice sacerdote, capimmo quelle parole. io ignoravo che la sede arcivescovile di Siracusa prendeva il nome da quell’illustre martire, discepolo del principe degli apostoli che ne fu primo vescovo e fondatore. le compresi, quando lessi la prima lettera pastorale di mons. Fiorenza consacrato già arcivescovo di Siracusa. L’estatica vedeva, molti anni avanti, l’ingresso trionfale in Siracusa di quel giovane sacerdote che aveva presente, divenuto arcivescovo. Nel 1884 quando infieriva in Napoli il morbo asiatico, arrivò un’altra lettera da messina. mons. Guarino rimproverava, dolcemente, la serva di dio della sua indifferenza con tanto nemico che ci stava alle spalle. Si dovette rispondere a quella lettera, e il segretario sempre ero io. Ebbene, o Signori, Suor Teresa assicurò l’eminente prelato che, per quell’anno, la nostra bella isola sarebbe rimasta immune dalla pestifera luce. e fu così. e mentre, nella città sorella regnava sovrana la morte, il terribile flagello di Dio si fermò in riva al mare, come se una voce possente gli avesse imposto come al mobile elemento. Usque huc veniens, confringes tumentes fluctus tuos.

L’anno dopo predisse il contrario. Scoppiò di nuovo e con più fierezza il morbo nel napoletano. Rapita in estasi la serva di dio ebbe imposto dal p. Ventura, a cui sempre obbediva anche nei ratti perfetti, di pregare il Signore perché risparmiasse un’altra volta la Sicilia dal tremendo flagello. l’estatica pregò, pregò molto e con insistenza, ma non fu esaudita. Ritornò ai sensi, scoppiando in pianto dirotto, e il colera desolò le nostre contrade. Una volta, e la finisco con le profezie e le conoscenze occulte, le si presentò un signore da lei sconosciuto. discorsero un pezzo tra loro. Quando quell’uomo si licenziava per andare via, la serva di dio gli si buttò ai piedi inginocchio, chiedendo la benedizione. colui meravigliato rispose: da me vuol’essere benedetta? — Si, perché lei è sacerdote, disgraziatamente non lo fa, ma il carattere mai non si cancella. era un religioso sacerdote apostata, il quale, con quel richiamo troppo eloquente, ritornò forse ai doveri suoi. la carità, una in se stessa, 6abbraccia due oggetti al tempo stesso, Dio e l’uomo. Chi disse: Amerai il dio con tutta la tua mente, con tutto il tuo cuore, con tutte le tue forze, disse pure con lo stesso tuono di comando: Ama il prossimo tuo come te stesso. Suor Teresa rispose eroicamente all’una e all’altra parte del precetto. non poteva vedere una necessità, una sventura che tosto si commuoveva nel suo cuore. e quanti provvide di alimenti e di vesti, dividendo con la povertà occulta la provvidenza che le mandava il Signore! A quanti in- fermi, disperati dai medici, ottenne con le sue pre- ghiere la completa guarigione, addossandosi spesso, generosamente, le loro infermità? È vivente ancora una moniale di spirito nel monastero di S. Castrense in Monreale che fu guarita, in pochi giorni, dalle preghiere di Suor Teresa da un cancro mortale al petto. Ed io che compio oggi il pietoso ufficio di dire l’ultima parola sulla tomba di lei, io che parlo da questo pergamo, sarei disceso da otto anni nella tomba senza le preghiere possenti dell’illustre estinta. Colpito da grave malattia al cuore nel marzo del 1895, me ne scendevo lentamente alla tomba. Si attendevano già i mesti rintocchi dei sacri bronzi che avrebbero annunziato il mio decesso. Arriva la mia santa amica da Palermo, mi dice delle arcane parole il cuore da scatenato che era rientrò, all’istante, nell’ordine; dopo tre o quattro giorni fui qui all’Istituto. Revelare opera Dei honorificium est (Tobia: 12.7), et Deus scit quia non mentior. A quanti, che giacevano perdutamente nel lezzo del peccato, ottenne il ravvedimento e la conversione. E il mostro di abisso cacciato dalle anime, fu pure costretto, più di una volta, a fuggire ancora da corpi umani che teneva oppressi, per le preghiere della santa estinta. I benefici di Suor Teresa non si fermarono sugli individui, o Signori, si estesero sull’universale. Ah! quanta possa non hanno preso il cuore di Dio queste anime grandi, queste spose elettissime e confidenti dello stesso Dio! Sappiamo che la repubblica di Venezia fu salvata più di una volta dalla santità e dalle preghiere del suo primo patriarca S. Lorenzo Giustiniani, e la città di Firenze dai meriti e dalle preghiere della sua grande cittadina, Santa Maria Maddalena dei Pazzi. Misteri ineffabili che passano tra Dio e i santi suoi! In questo rango bisogna collocare l’umile nostra amica che più non è. grande iddio, quanto sono me- ravigliose le vostre vie, e adorabili i vostri disegni! Tante meraviglie che operaste con la vostra serva per- metteste che fossero note a me vostro indegno mini- stro, perché mi destinavate a pubblicare oggi da questo pergamo a gloria vostra che siete mirabile nei vostri santi, e della vostra elettissima sposa che vi amò tanto. Era forse il 1878-79 e una grave paura invadeva l’europa. Un morbo desolatore si avanzava minaccioso contro questa vecchia parte di mondo. la grande amica di Dio si trovava, al solito, inferma in casa mia. un giorno, alienata dai sensi, la intesi che pregava, dicendo: risparmiate, o Signore, alla povera umanità tanta sciagura, disperdete nel profondo del mare sì grave flagello. era lieta nel volto trasfigurato e sorridente. Dopo un istante si effondeva in azione di grazie per essere stata esaudita. Signori, la paura cessò come per incanto, il morbo desolatore sparì. i giornali lo attribuivano a misure sanitarie adottate, a quarantene rigorose prescritte. chi avrebbe svelato allora al mondo miscredente e superbo il mistero ch’era passato tra Dio, padrone assoluto della vita e della morte, e l’umile suor Teresa dei sacri cuori, benemerita della Sicilia al 1884, oggi benemerita della umanità? Et Deus scit quia non mentior. questo ancora non è tutto, un altro po’ di pazienza, o Signori, e finisco. La nostra santa eroina fu grande benefattrice altresì delle anime dolenti del purgatorio. narro un fatto solo che vale per mille. verso il 1875 la illustre estinta faceva le solite campagne in Monreale contro le infermità e i dolori. Era l’ottavario di tutti i santi in cui la Chiesa madre pietosa, manda larghi soccorsi alle anime sofferenti del purgatorio. Suor Teresa soffrì per tutta l’ottava dolori veramente ineffabili, spaventevoli da non potersi immaginare. Si agonizzava da tutti che le prestavano assistenza. era una meraviglia come potesse tanto soffrire, restando in vita. Ebbene, o Signori, alla sera del terzo giorno. Dio fu sollecito a tirarla a sé per non farla soccombere. Nel ratto sublimissimo ruppe in questa parole che io raccolsi, piangendo: Signore, sposo dolcissimo dell’anima mia, per le sofferenze di questa miserabile creatura, vi siete degnato di cavar fuori tre mila anime dal purgatorio e introdurle gloriose nel regno dei cieli, e me lasciate ancora in questo deserto della vita lontana da voi! Rinvigorita da quel rapimento, prese più lenta a soffrire. era una lotta terribile. dolori alla testa, agli occhi che gonfiavano, alle tempia, al cuore, a planta pedis usque ad verticem capitis. ebbene, all’ultimo degli otto giorni procellosi un altro ratto più sublime del primo e le stesse parole: Signore per le sofferenze di questa miserabilissima creatura vi siete degnato di cavare altre cinque mila anime dal carcere dal purgatorio e condurle alla gloria del paradiso, a me lasciate ancora in questa terra lontana da voi! Quando veniam et apparebo ante faciem tuam? Otto mila! mille al giorno! Signori, stordite! È la verità, et Deus scit quia non mentior. Tra le braccia di dio non si smentisce. Ecco perché soffriva la santa estinta, e che pregio ave- vano i suoi patimenti al cospetto di dio. ecco il grande tesoro che abbiamo perduto nell’umile suora che sem- brava una donna comune. Signori, se dio permetterà che si apra il processo sulla vita di lei, ed io respirerò ancora quest’aure di vita, sarò pronto a confermare col giuramento sopra i santi evangeli quanto vi ho narrato da questo pergamo. Ristorata da quell’ultimo ratto, rientrò subito nello stato ordinario di sua vita. Altre poche parole e concludo. L’ultimo stato di unione con Dio, a cui può arrivare l’anima viatrice in questa terra di esilio, è detto dagli autori mistici con santa Teresa matrimonio spirituale dove si consuma l’amore. esso consiste nell’unione perfetta, stabile e quasi insolubile tra l’anima e dio. in tale stato l’anima eletta non ha più bisogno di estasi o di ratti per unirsi allo sposo divino. È divenuta già quasi uno spirito solo con lui; qui adhaeret Deo unus spiritus est (1 cor b. 17), appunto come il ferro arroventato che s’immedesima col fuoco. basta piegare uno sguardo interiore dentro se stessa, ve lo trova sempre.

Preghi o lavori, parli o conversi con le persone, soffra anche persecuzioni e patimenti, non lascia mai il sentire la dolce e amorosa compagnia di Dio. non è più soggetta a timori, aridità e travagli di spirito. per lei è finito l’inverno della siccità, è termi- nato il freddo della desolazioni. «Iam hyems transiit, imber abiit et recessit». brilla sempre una fiorita prima- vera, e gode incessantemente quel diletto che exuperat omnem sensum.

Ecco l’ultimo periodo della vita di Suor Teresa, o Signori. e questo periodo di tempo in cui non si videro più nella vita di lei estasi e ratti durò a lungo per più di tre lustri, sino alla morte. Ed umile sempre non diede mai a vedere il paradiso che godeva nella sua vita interiore. Nemmeno le buone suore che le stavano sempre e tanto vicine, compresero questo grado altissimo di santità a cui era pervenuta la loro madre e maestra. e il suo passaggio fu un dolcissimo sonno. Si compose da se stessa in atto di dormire, piegò dolcemente il capo sulla mano e tra le braccia del suo diletto morì. Me lo dissi in Agosto la santa donna che prima di finire l’anno sarebbe partita; l’annunziò pure alle suore, giorni prima di spirare, che la morte era vicina. e mori! e non è più tra noi! Si trova finalmente tra le braccia dell’Amante divino che cercò sempre ed amò tanto nella vita! A venerare le spoglie verginali e sante, composte in una pace di cielo, accorsero in pellegrinaggio d’ogni ceto persone anche della più alta aristocrazia di Palermo. dimostrazione pubblica questa che depone a favore della santità dell’estinta, la cui mirabile vita ap- partiene alla storia della chiesa. Per ordine e con l’intervento dell’autorità ecclesiastica, fu redatto, secondo le norme prescritte dai canoni, l’atto di ricognizione e tumulazione del cadavere che riposa oramai in luogo di deposito in sepoltura gentilizia nel cimitero di Sant’orsola. Al passaggio del corteo funebre le persone si scoprivano il capo: chi la conosceva esclamava: È morta una santa. ed un fan- ciullo, che non poteva affatto conoscerla si mise a gri- dare: questa è santa in paradiso! Sarebbe proprio il caso di esclamare: Ex ore infantium perfecisti laudem. nutro fiducia, o Signori, che dio renderà glorioso, il sepolcro di Suor Teresa dei sacri cuori la quale, in tempi di tanta miscredenza e corruzione come quelli che volgono, lasciò al mondo esempi singolari di perfezione e di santità. Et erit sepulcrum eius gloriosum (isa- iae 11.10). Tu per tanto, anima bella, dal trono di gloria dove ti assidi, redimita la fronte dell’aureola delle vergini e martiri, accogli questo serto di fiori che depongo ai tuoi piedi quale attestato di riconoscenza e di affetto per l’amicizia preziosa di cui mi onorasti sulla terra, per le grazie che mi ottenesti dal cielo con le tue preghiere. Nell’estasi perenne onde sei rapita per la visione intuitiva non ti dimenticar di me, io continuerò come sempre a mostrarti la divozione e l’affetto di fratello e di ammiratore. Dalle tue figliuole, che sapesti educare a verace pietà, non rimuovere mai lo sguardo materno, affinché progrediscano sempre nella perfezione religiosa e nell’amore a Gesù che fa i santi. Orfane di tanta madre, sprovviste di mezzi di sussistenza, e tu lo sai, come fa- ranno? quella mirifica provvidenza che non mancò mai, te presente, fa che non venga loro mai meno per l’avvenire. muovi gli amati benefattori e le benefattrici che la soccorrano sempre; ispira nell’animo di questi nobili ascoltatori che divengano tutti per l’istituto come il principe protettore di esso, emulo del padre suo, tanto magnanimo e generoso. Sul tuo caro Istituto, per cui spendesti cure e sollecitudini senza fine, tanto benemerito della società in questi tempi che volgono per la gioventù veramente difficili e procellosi, aleggi sempre il tuo spirito affinché acquisti sempre più benemerenze ed incremento. Ricordati, infine, di tutti coloro che per esso hanno spese cure e fatiche, sacerdoti e laici, uomini e donne. Ottieni a tutti la grazia di piamente vivere, santamente morire e di venirti a trovare, quando che sia. nella gloria del paradiso.


                                    ====Regola che si osserva====
                                    ====dalle Suore dei Sacri Cuori di Gesù e Maria====
                                     ===(passi scelti)===


                         Parte Prima - Costituzioni dell’Istituto -  Scopo dell’Istituto

l’istituto del Santissimo cuore ha per iscopo la santificazione delle Suore che si professano e l’esercizio di carità delle medesime per la santificazione della donna. Al conseguimento di questo scopo concorrono: 1° l’osservanza delle costituzioni e delle regole approvate. 2° la preghiera delle Suore in comune per tutti coloro che vengano a raccomandarsi giusta i loro bisogni spirituali e temporali. Questa preghiera si eserciterà nell’ora e nel modo ordinata dalla Superiora. 3° l’insegnamento pubblico della dottrina cristiana in tutte le domeniche dell’anno meno della pasqua e della pentecoste giusto il regolamento. 4° le scuole gratuite per l’istruzione ed educazione religiosa e civile delle giovani di qualsiasi ceto, non minore di anni sei né maggiore di anni 12, giusto il regolamento. 5° l’esercizio della buona morte a norma del regolamento. 6° la congregazione che terrà ogni casa dell’istituto a norma delle regole della congregazione suddetta. E voi, o suora, terrete sempre presente lo scopo del santo istituto a cui avete dato il nome e pregherete il Signore, perché a gloria del SS. cuore, vi dia la grazia di adempiere i doveri di praticarne le virtù, specialmente nell’esercizio della carità.



                                              Capitolo 5°
                                              Distinzione delle Suore

le Suore del nostro istituto si dividono in Suore insegnanti e Suore serventi in ordine ai vantaggi della comunità, ambedue le classi sono considerati uguali. Giusta lo scopo dell’istituto solamente le Suore insegnanti costituiscono il capitolo, e sono capaci di esercitare impieghi della comunità. Le Suore converse sono addetti ai vari esercizi della comunità, secondo che piacerà la Superiora destinarle. le Suore insegnanti non possono pretendere dalle Suore converse se non quel servizio che loro concede la regola mentre per ogni altra cosa dipendono dalla voce della Superiora.


                                                Capitolo 14°
                                                Culto religioso

L’Istituto celebra con solennità le feste principali della nostra santa religione. inoltre celebra colla maggiore pompa e solennità la festa del Santissimo cuore di Gesù e quella del purissimo cuore di Maria. In ogni chiesa dell’Istituto si faranno due solenne novene con predica al pubblico; quella poi del divinissimo Spirito precedendo la festa di pentecoste e quella precedente la festa del Santissimo cuore. In ciascuna novena ogni giorno si esporrà il divinissimo alla pubblica adorazione pregando per i bisogni della Santa romana Chiesa e per la conversione di tutti i peccatori. Si celebrano parimenti le festività del patriarca S. Giuseppe e del patriarca S. Gaetano protettore principale del nostro Istituto.nell’ultima settimana di ottobre le Suore faranno per un cinque giorni un ritiro spirituale con predica a grata due volte al giorno. la Superiora di accordo con il Superiore sceglierà il predicatore all’uopo....

                                             Parte Seconda
                                      Regola per l’osservanza religiosa
                                               Capitolo 1°
                                        Della vita comune e della povertà

Vi sovvenga, o Sorella, che nel venire in questo santo luogo vi siete spogliata di tutto per vivere nella povertà comunitaria. voi quindi non potete usare di alcuna cosa come vostra proprietà, ma come datavi dall’ubbidienza, per supplire ai vostri necessari bisogni, e vivrete sempre contenta di quello che la comunità potrà prestarvi. La comunità fornisce ad ogni Suora quanto le bisogna, ogni cosa però nello stesso numero e nella medesima condizione, senza alcuna preferenza o distinzione nella misura che si andrà consumando la piccola dote, la Suora ne darà avviso alla Superiora, affinché le Suore abbiano sempre esistente la loro dote durante il periodo dei voti semplici. Ogni Suora avrà nella stanza un letto con sponde di ferro e tavole di legno, un materasso, un cuscino, lenzuola e coperta secondo la stagione. Dippiù un crocifisso ed una immagine della Santissima vergine ed altre immagini di Santi con cornice di legno, secondo il modello. infine, un armadio dipinto ad occhio quattro sedie dipinte a verde ed un tavolino di legno color noce. Le celle non possono chiudersi che col semplice saliscende, affinché la Superiora possa entrarvi in qualunque ora, e perciò è proibita ogni specie di fermatura a chiave. Vi si raccomanda, o sorella, di mantenere in tutto la maggiore possibile pulitezza, ma evitate la morbidezza, le irregolarità, le affettazioni, che sono tanto contrarie alla pratica della povertà. Ogni regalo che si riceva dalla Suora si porti alla madre Superiora, perché s’intende dato alla comunità e si debba ripartire fra le suore.


Direttorio pel regolamento della Superiora nell’esercizio degli atti comuni

1. Ad ogni cambiamento di ora indicata dall’orario, si suona sempre la campana comune, che debba essere collocata nella stanza immediata dopo quella d’ingresso. 2. la Superiora sorvegli perché dall’alzata da letto fino all’uscita dalla cappella si osservi silenzio. 3. dopo l’orazione mentale il Sacerdote prima d’incominciare la messa debba fare la comunione alle Suore. 4. cominciata la messa dopo che il Sacerdote avrà fatta assunzione, le Suore reciteranno le litanie lauretane coll’apposita orazione Gratiam tuam e indi si reciteranno tre pater, Ave e gloria per l’incremento dell’Istituto, pei benefattori e pei bisogni spirituali e temporali delle famiglie di ciascuna Suora. Infine il Sacerdote che avrà finita la messa, farà la benedizione del Santissimo, avvertendo che pria d’intonarsi il Tantum Ergo, e precisamente dopo che si avrà aperta la porticina del Tabernacolo dica la giaculatoria già approvata da sua eminenza monsignor Celesia, Arcivescovo di Palermo con cento giorni d’indulgenza: sia benedetto il SS.mo Cuore di Gesù. Giaculatoria che immediatamente si ripeterà dalle Suore. 5. oltre all’orologio appeso al muro la Superiora tenga presso di sé un piccolo orologio per sorvegliare sulla esatta osservanza dell’orario. 6. prima della tavola stando tutte in piedi si reciteranno le seguenti preghiere. La Superiora sola: Sia benedetto il SS.mo Cuore di Gesù. Le Suore rispondono: Sia sempre lodato e benedetto. Indi tutte insieme: Signore, benedite noi e questo che ci apprestate, affinché ci servino per crescere nel vostro amore del vostro santo servizio e date requie e pace alle anime sante del Purgatorio. Si reciti l’Ave maria e tutte siedono a tavola in profondo silenzio. Sedute tutte a mensa cominci subito la lettura, la quale debba durare ad intervallo per tutta la tavola. La Superiora accorgendosi che tutte le Suore hanno finito, battendo la tavola, dà il segno e tutte inginocchiandosi al proprio posto, la Superiora dice: Recitiamo un Pater, un Ave e un Gloria per i bisogni spirituali e temporali dei nostri benefattori e di quanti si raccomandano alle nostre indegne orazioni, Indi, a due a due in silenzio si va per ringraziamento alla cappella.


Preghiere di ringraziamento dopo tavola per la mattina e per la sera

Gesù unico Figliuolo di Dio nostro Supremo Signor, che per un eccesso d’infinita carità e d’amore avete voluto rivestirvi della nostra carne e farvi simile a noi, per comunicarci ed ar- ricchirci della vostra grazia e della vostra gloria: distruggete in noi lo spirito immondo, riempiteci del vostro santo amore e del vostro santo spirito, che ci faccia vivere la vita divina, voi che regnate col Padre e collo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Così sia. indi alternando si recitano cinque pater, Ave e gloria in onore dei SS. cuori di Gesù e di Maria e dopo si prosegue a dire da tutti: Questi cinque Pater, Ave e Gloria offriamo a voi, o Cuore amante di Gesù Sacramentato, per maggior gloria vostra e della nostra divina Madre e a nostro comune vantaggio, compartiteci le vostre grazie spirituali e temporali e dateci la vostra amorosa benedizione. un pater in onore e gloria del patriarca San Gaetano, protettore specialissimo dell’istituto. un’altro pater in onore del patriarca S. Giuseppe, un pater, Ave e gloria per la provvidenza, un’Ave maria per l’Arcivescovo, un’altra per il Superiore, un’altra per il padre, un’altra Ave maria per tutti gli ecclesiastici che assistono l’Istituto, un’altra Ave maria per la Superiora generale, altra Ave maria per la Superiora locale e finalmente un pater, Ave e tre requiem, per le nostre Sorelle e per i nostri parenti defunti.


Presentata questa regola al nostro Eminentissimo Cardinale Celesia Arcivescovo di Palermo, ed egli avendola letta ed esaminata rispose con il seguente rescritto. Ed eccolo.

Noi Michelangelo Cardinale Celesia Arcivescovo di Palermo.

Abbiamo letto la Regola, che ci è stata presentata dalla Superiora e dalle Sorelle del Sacro Cuore di Gesù, e l’abbiamo trovata fornita dello spirito di Gesù Cristo, e nulla contenervisi che sia contrario alle leggi della Chiesa. Facciamo voti che la grazia del Signore fecondi di felici risultati questo pio Istituto, il di cui scopo è quello di lavorare per la morale e religiosa edulcazione della muliebre gioventù, tanto bisognosa di aiuti ai nokstri giorni per essere condotta a Dio per la pietà dello spirito ed anco per la coltura della mente e del cuore. E portiamo fiducia che mediante la grazia di Dio il pio Istituto che conta già cinque lustri di esistenza, si raffermi ed abbia incremento in modo che questa pianta novella nel campo della chiesa diventi un grande albero, che dia moltiplicati i suoi frutti. Assicurati, che la regola in parola si è osservata puntualmente e con piena acquiescenza dalle Suore riunite in Comunità. Poi le esortiamo a perservare nella loro vocazione, sapendosi che la perseveranza è la virtù, che corona ogni opera buona. Noi benediciamo la pia istituzione ed intendiamo riconoscere e lodare la Regola in quella parte che può rientrare nelle nostre ordinarie facoltà, dovendosi in tutto dipendere dagli oracoli della Santa Sede, a cui spetta di darne la definitiva approvazione canonica.

Palermo lì 20 agosto 1886.

                                                                                      Michelangelo Cardinale Celesia


(l’originale di questo rescritto si trova conservato presso la Casa centrale dell’Istituto in Palermo).


                       PREGHIERA ALLA SERVA DI DIO


                    O Dio, gloria dei Santi,
                     che hai scelto Suor Teresa dei Sacri Cuori
                    perché fondasse un nuovo Istituto religioso,
                    facendo si che ardesse del Tuo amore
                    in mezzo a tante prove,
                    Ti preghiamo, degnati di glorificare
                    anche su questa terra la Tua serva,
                    se ciò è per la Tua maggior gloria
                     e il bene di tutta la Chiesa,
                     e concedici le grazie
                     che imploriamo per sua intercessione.
                    Pater, Ave, Gloria.


                       Panormi, 11 Januarii 2006 nihil obstat
                       Mons. Salvatore Di Cristina
                       Vicario Generale
                  
           

Per grazie ricevute e per informazioni rivolgersi al Centro Studi Suor Teresa Macaluso - Via Ugo Amaldi, 21 - 00146 Roma


(1) Padre Salvatore Fiumanò sdP - Suor Teresa Macaluso Fondatrice e Madre - Tipografia "Boccone del Povero" - Palermo 2014


PREGHIERA ALLA SERVA DI DIO