Utente:Piera Cipriani/Sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

GORGA[modifica | modifica wikitesto]

Cenni storici[modifica | modifica wikitesto]

Gorga è un piccolo paese arroccato sulle pendici del monte Volpinara, si eleva a circa 766 metri sul livello del mare estendendosi lungo il versante nord-orientale dei Monti Lepini. Tale posizione geografica la rende dominatrice incontrastata della valle in cui scorre il fiume Sacco.

Dal punto di vista etimologico, Gorga è un idronimo: “gorgo” è, infatti, il punto in cui il letto di un fiume o di un torrente si abbassa improvvisamente, quasi a formare un piccolo pozzo; “gorgo” è attestato anche nel significato di “cavità puteiformi” ricche di acque sorgive. In questo senso il termine deriva dal latino “gurges”, gorgo, vortice.

Nelle “Rationes Decimarum” del Lazio l’uso del toponimo “gorga” compare nel significato di “gola, fosso sterrato e profondo”.

Sembrerebbe che sul territorio di Gorga siano stati rinvenuti reperti preistorici riferibili in particolare all’Età del Bronzo. Fonti prettamente orali tramandano notizie inerenti all’attività di recupero di utensili fittili, riconducibili alla presenza di qualche tribù volsca, a cui era dedito monsignor Luigi Scialdoni, un erudito ecclesiastico appassionato di archeologia. Nessuna di queste testimonianze è giunta sino a noi: pare che dopo la morte dello Scialdoni, le persone a lui vicine, ignare del valore di quelle testimonianze, se ne siano disfatte.

Il territorio di Gorga fu colonizzato dai romani e tracce di una cisterna di epoca romana sono state rinvenute in alta montagna, in località “Ricciali”.

I primi insediamenti urbani che diedero origine ad un villaggio si svilupparono in prossimità della cosiddetta “Porta a balle”, un’area delimitata da rupi: gruppi di pastori, cacciatori e agricoltori abbandonarono le pianure circostanti e salirono sulle montagne di Gorga per sfuggire alla malaria.

La posizione geografica costituiva una barriera difensiva naturale contro i nemici e offriva, inoltre, un sicuro riparo dai venti freddi di tramontana.

L’esistenza di Gorga è documentata a partire dal secolo XI in una bolla del pontefice Urbano II, datata 1088. Il castello di Gorga, sottoposto alla giurisdizione della diocesi di Anagni, fu acquisito, tra il 1151 e il 1236, dal monastero benedettino dei Ss. Pietro e Paolo sito in Villamagna, località colonizzata dai romani e nota per essere la residenza di caccia dell’imperatore Marco Aurelio.

Assoggettato al monastero, il castello di Gorga sembrerebbe essere stato gestito in forma consortile da piccoli proprietari, non emergendo alcuna famiglia preminente a differenza di quanto sarebbe accaduto nel limitrofo castello di Sgurgola, anch’esso sottoposto al monastero, in cui si sarebbe affermata una dinastia di conti.

I rapporti tra il castello di Gorga e il monastero furono ostili, contrassegnati da continue malversazioni e violenze in quanto sugli abitanti di Gorga gravavano pesanti corvèe.

Pertanto, frequenti furono le ribellioni e nell’anno 1398, per reagire alla durezza delle prestazioni dovute, gli abitanti del castello di Gorga appiccarono il fuoco sulla terra di Villamagna.

Alla fine del XIII secolo il pontefice Bonifacio VIII incorporò il monastero benedettino di Villamagna con le sue pertinenze (dunque, anche il castello di Gorga) alla Cattedrale di Anagni, confermando le esose condizioni di vassallaggio.

Tra il XII e il XIII secolo Gorga venne delineando la sua struttura urbanistica a fuso, all’interno delle mura di cinta iniziarono a svilupparsi abitazioni in pietra addossate le une alle altre aventi come centro direzionale la torre del castello.

Tra il XIII e il XVI secolo il castello di Gorga fu oggetto di continui passaggi di mano tra le potenti famiglie che avevano infeudato i territori limitrofi, in particolare i Caetani, i Conti da Ceccano, i Conti di Segni-Valmontone.

Al tempo del dominio baronale della famiglia Conti di Segni-Valmontone, precisamente nell’anno 1597, furono redatti gli statuti disciplinanti l’assetto amministrativo, sociale e giurisdizionale del feudo. Supremo organo istituzionale era il Pubblico e Generale Consiglio costituito da due officiali di nomina baronale, da un governatore responsabile della giustizia e dai massari rappresentanti delle famiglie.

La baronia dei Conti dissipò le sue proprietà contraendo crescenti debiti. Pertanto, tra il 1642 e il 1648 il feudo di Gorga, per volontà della Reverenda Camera Apostolica, passò alla contessa Cornelia Teodola di Marsciano, insignita del titolo di marchesa. Questa signoria ebbe breve durata e si contraddistinse per le gravose malversazioni a danno degli abitanti della terra di Gorga.

La Reverenda Camera Apostolica decise, quindi, di mettere all’asta il feudo che fu acquistato nel 1660 dal principe don Camillo Pamphilj il quale, prendendone formale possesso, ricevette il solenne giuramento di fedeltà da parte del Pubblico e Generale Consiglio.

La dinastia Pamphilj, che nel 1760 si unì a quella Doria in seguito al matrimonio di Anna, ultima discendente della famiglia Pamphilj, con Giovanni Doria, mantenne la supremazia sul feudo di Gorga fino al XIX secolo.

La baronia dei Doria-Pamphilj garantì il ripristino di una certa stabilità politica nel feudo e introdusse importanti innovazioni. Il principe don Giovanni Battista Pamphilj dispose, tra le sue volontà testamentarie, l’istituzione di un “magistero di scuola” per provvedere all’educazione dei fanciulli, alla loro assistenza materiale e spirituale; nel 1768, la principessa Leopoldina Pamphilj-Doria di Savoia Corignano visitando il feudo, promosse una Casa per le Maestre Pie affinché «indirizzino la gioventù femminile non solo a servir Dio ma anche ad istruirle negli necessari lavori da farsi dalle donne». Nell’anno 1772 il principe Andrea Doria-Pamphilj sostenne l’edificazione della Chiesa di Santa Maria, compiacendo la devozione popolare verso il culto mariano.

Le innovazioni investirono anche la struttura urbanistica che si adeguò alle nuove esigenze residenziali. Si distinsero in questi secoli alcune famiglie illustri della nobiltà locale, tra le quali spiccano i Pasquali, i Santucci e i Fioramonti. Di questi ultimi è visibile l’antico palazzo di costruzione seicentesca.

In quanto terra mediate subiectae dello Stato Pontificio, Gorga era tenuta al pagamento di imposte piuttosto gravose alla Reverenda Camera Apostolica. I resoconti delle visite periodiche dei delegati apostolici restituiscono l’immagine di un territorio assediato dalla povertà e pressato dai debiti.

La popolazione traeva sostentamento dalla pratica della pastorizia ed era costretta a coltivare la tenuta di Villamagna per sopperire alle necessità economiche.

Durante il processo di unificazione nazionale Gorga acquisì particolare rilevanza grazie alla figura del cardinale Vincenzo Santucci che era nato a Gorga nel 1796. L’illustre porporato si distinse come mediatore nella trattativa con Cavour per una risoluzione pacifica della “questione romana”, ma il tentativo di conciliazione fallì per l’intransigenza del pontefice

Pio IX.

Le montagne di Gorga non furono estranee al fenomeno del brigantaggio che esplose con la sua forza endemica all’indomani dell’unità d’Italia. Noto alle cronache è il nome del brigante Vincenzo Majorani nato a Gorga nel 1847, conosciuto come “Giordani” o “Pecorella”. Era uno dei componenti della banda Panici e nel 1867 partecipò al sequestro di alcune persone dirette in diligenza da Velletri a Cori. Si nascose sulle montagne di Gorga fino al 1868, anno in cui fu arrestato, processato e condannato a morte.

Nel 1870 Gorga ottenne l’autonomia comunale e tra il XIX ed il XX secolo ridefinì i propri confini territoriali con i paesi limitrofi, Carpineto Romano, Morolo e Sgurgola.

L’economia del territorio continuava a ruotare principalmente intorno alla pastorizia che, in particolare nella stagione invernale, allontanava gli uomini dal nucleo familiare per la transumanza del bestiame in alta montagna. I pastori trovavano ricovero in capanne di pietra e stramma che a partire dalla fine del secolo XIX secolo costituirono la forma di insediamento rurale peculiare del paesaggio lepino.

L’alloggio nelle capanne consentiva di non lasciare incustoditi gli animali, tenuti in un recinto adiacente nelle ore notturne. In questo regime economico di sussistenza comunitaria fondamentale era il ruolo delle donne, incaricate della vendita dei prodotti caseari nei paesi limitrofi che raggiungevano viaggiando perlopiù a piedi attraverso le montagne.

A partire dal secondo dopoguerra Gorga ha conosciuto periodici flussi migratori che hanno condotto i suoi abitanti a cercare fortuna in America oppure ad assumere un impiego nelle industrie dei paesi limitrofi. Gorga affronta quotidianamente le sfide poste dallo spopolamento mostrando fiducia nella sua identità e nella sua storia.

Il territorio montano è il depositario di un patrimonio naturalistico e culturale che non può essere disperso in quanto rappresenta il presidio di una civiltà plurale, capace di accogliere, “dimora e segno dell’uomo”.