Utente:Paolino.uccello/ecomuseo degli iblei

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Ecomuseo degli Iblei
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàCanicattini Bagni (SR)
Indirizzovia De Pretis, 18
Caratteristiche
TipoTerritorio ed etnoantropologia

Ecomuseo degli Iblei[modifica | modifica wikitesto]

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Ecomuseo degli Iblei L'Ecomuseo degli Iblei, con l'attuazione della legge regionale 16/2014, viene riconosciuto tale insieme ad altri dieci Ecomusei per arricchire l'offerta culturale della Regione Sicilia, rafforzando la rete degli attrattori turistici e coinvolgendo i territori e le comunità locali. Le attività svolte dal Sistema Rete Museale “IBLEI” sono di carattere culturale per il territorio in termini di acquisizione di dati, catalogazione e ricerca sugli antichi mestieri; di carattere economico per il ripristino delle antiche botteghe artigianali. Ha come obiettivo la crescita del territorio con la partecipazione attiva dei centri coinvolti dall’ecomuseo per rafforzare il senso di identità e appartenenza.

Aree archeologiche iblee[modifica | modifica wikitesto]

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Pantalica[modifica | modifica wikitesto]

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Pantalica Chiesa rupestre

Pantalica, identificata quasi certamente con la leggendaria Ibla, fu esplorata da Paolo Orsi in quattro campagne di scavi, fra la fine dell’800 e i primi anni del ‘900. L’archeologo stimò che nel sito si aprivano circa 5000 tombe, molte delle quali riunite nelle 5 necropoli principali (Nord, Nord-Ovest, Sud, Cavetta, Filiporto). Poiché da millenni il luogo era stato meta di profanatori, fu ritrovato intatto soltanto qualche centinaio di sepolcri che fornirono importanti testimonianze sulla cronologia delle genti preistoriche e protostoriche che abitarono questa fortezza naturale durante la tarda età del bronzo. Nel corso del XIII sec a.C. si assistette ad un grande mutamento nel quadro delle civiltà della Sicilia Sud-orientale, testimoniato dall’improvviso spostamento degli insediamenti dalla costa verso le zone più impervie e facilmente difendibili dell’Altopiano ibleo. Elemento fondamentale della civiltà di Pantalica è l’anàktoron, il palazzo del principe. La costruzione fu realizzata in tecnica megalitica, simile nella fattura ai coevi palazzi micenei, per cui è stata avanzata l’ipotesi che ad eseguire l’opera possano essere state maestranze d’oltremare ai servigi del re. La presenza di questa imponente struttura, lunga 37 m e larga 11 m, ci fa supporre che la civiltà di Pantalica segni un passo importante nella civilizzazione di tutto il bacino del Mediterraneo, volano di culture e artigianato. Dopo 15 secoli di oblio, Pantalica tornò ancora una volta ad essere abitata. Il motivo fu lo stesso che nel XII sec a.C. aveva indotto le popolazioni indigene ad abbandonare i villaggi costieri per arroccarsi nell’entroterra in luoghi più facilmente difendibili. Il sito questa volta fu utilizzato dai Bizantini per sfuggire al nuovo pericolo arabo. Non tutto il massiccio di Pantalica fu oggetto di insediamento in quest’ultimo periodo, ma soltanto tre aree, in particolare: il lato meridionale della Sella di Filiporto; l’area della Cavetta e i fianchi della Necropoli Nord. Il nucleo più importante sorge sul lato meridionale della Sella di Filiporto e consta di 150 unità abitative; qui si rinviene la chiesa di San Micidiario che, insieme alla chiesa del Crocifisso e a quella di San Nicolicchio, testimonia l’importanza di questo luogo agli inizi del VII sec d.C. Alle necropoli e ai tre abitati bizantini vi si accede, o dal piccolo centro di Ferla, dopo 11 km di percorso, o dal versante opposto, lato Sortino.

Noto antica[modifica | modifica wikitesto]

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Noto Antica

Noto Antica appare allo sguardo del visitatore come una fortezza naturale e la comunità sin dall’epoca pregreca pianificò la propria città attraverso i tre elementi chiave che lo Storico Diodoro Siculo individuò nella scelta dei grandi insediamenti, acqua, fortificazioni e cibo. Noto Antica presentava tali caratteristiche e divenne talmente imponente nella sua organizzazione commerciale da inserire nell’area delle attività artigianali perfino un dogana all’ingresso. Dopo la piccola struttura scavata nella roccia si scorge un patrimonio ricco di vegetazione, di grotte scavate nella roccia, di un fiume che scorre al centro degli antichi  impianti, questa è la maestosa Cava del Carosello. All’interno delle grotte scorgiamo le attività di un tempo: il lavoro della concia delle pelli e tutte le fasi lavorative che scandivano i ritmi delle stagioni. Vi sono 65 grotte, adibite per concia delle pelli, ancora intatte, custodite dalla vegetazione e sopravvissute al terribile terremoto, si individuano le vasche e le condotte dell’acqua necessarie per la lavorazione. L’attività della concia delle pelli rappresentava un momento di aggregazione e di devozione religiosa ai santi protettori che avevano il compito di proteggere chi lavorava all’interno delle grotte buie, ed erano soprattutto bambini, così come ci testimonia la stessa toponomastica relativa alla Cava detta appunto Carosello (“Caruseddu” – ragazzino). Scorgiamo anche edicolette votive e piccolissime Chiesette scavate nella roccia con raffigurazioni in affresco ormai quasi distrutte dal tempo. In una piccola chiesetta, si intravede la raffigurazione del manto, forse di una Madonna, e il piede di un piccolo Gesù Bambino.

Aree naturalistiche[modifica | modifica wikitesto]

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RNO Valle dell'Anapo[modifica | modifica wikitesto]

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Valle dell'Anapo

Lungo l’alveo del fiume Anapo sono noti numerosi punti dove le acque scompaiono per poi ricomparire più a valle; infatti questo corso d’acqua è anche chiamato “Fiume invisibile” Ciò accade spesso nel comprensorio ibleo tanto che, nel dialetto locale, prendono il nome di perituri, vale a dire “fiumi che si perdono”. Nel bacino del Mediterraneo, dopo le zone umide costiere, le aree che per posizione geografica costituiscono ponti naturali lungo le direttrici migratorie di molte specie ornitiche, sono le cave iblee, ricche di fauna. Incassati nel tavolato calcareo e riparati dal vento, hanno clima molto più temperato rispetto ai pianori soprastanti ed alla propria latitudine, tranne nei casi in cui per particolarità morfologiche si ha ristagno d’aria che può provocare surriscaldamento in estate, o gelate in primavera verso le prime ore del giorno, o ancora notevoli escursioni termiche. L’area iblea presenta, però, un’infinità di microclimi con conseguenti microambienti che determinano una ricchezza di forme viventi all’interno ed ai margini delle cave. Il fondo valle dell’Anapo è occupato da una fascia stretta di foresta igrofila ripale,  caratterizzata da diverse essenze arboree: Platanus orientalis, Salix pedicellata, Salix alba, Populus nigra, cui si accompagnano di solito Tamarix gallica e Ficus carica, rari sono Populus alba, Fraxinus ornus, Ostrya carpinifolia e Quercus pubescens. Spesso sui fianchi e in prossimità del fondovalle si aprono grotte che costituiscono habitat importanti per la fauna che trova possibilità di riparo e di riproduzione, come: istrice, strigiformi, falconiformi, columbidi, passero solitario, scriccioli, pipistrelli.

RNO Cava Grande del Cassibile[modifica | modifica wikitesto]

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Cavagrande

La Cittadina di Cassibile, 10 Km a sud di Siracusa, ci rimanda a eventi storici importanti, vi furono firmate due rese, quella del generale Demostene, sconfitto dai Siracusani nel 413 a.C., e quella del 8 settembre 1943 tra l’Italia e gli Alleati. Ma non meno evocative sono le bellezze naturali della zona, soprattutto le straordinarie Cave Iblee. Le cave iblee hanno un’età di circa 200 – 300 mila anni, la loro formazione è dovuta alla solubilizzazione dell’acqua che nei millenni ha sciolto il calcare e al contributo dell’ultima glaciazione wurmiana che 100.000 - 20.000 anni fa qui si manifestò con piogge di tale intensità e durata da scavare le cave scorrendo poi verso il mare. La Cava Grande è, tra queste, la più profonda e impenetrabile, antropizzata dall’uomo solo in alcune parti del suo sinuoso percorso. Il fiume Cassibile (Kakiparis, per gli antichi greci) inizia la sua corsa verso il mare dal feudo di contrada Baulì, fra le contrade Velardo, S. Lucia, 3 Km a sud – est di Palazzolo Acreide. Più a valle affluiscono le acque delle tre principali aste fluviali: Torrente Arco, San Marco Putrisino, sorgente Testa dell’acqua o fontana Sguerra. Tutti e tre gli affluenti del Cassibile hanno origine e scorrono in un territorio tra i più integri dell’isola. Il letto del fiume è caratterizzato da una serie di laghetti a marmitte, cioè di cavità cilindriche formatesi sotto l’azione turbolenta dell’acqua e del carico trasportato, inframezzati da gradini morfologici di varia grandezza. La Riserva è stata istituita per garantire la conservazione della vegetazione naturale, per il ripristino della vegetazione forestale mediterranea, nonché per la difesa e l’incremento della fauna mediterranea, ricade all’interno di un’area incassata in un canyon profondo fino a 320 metri, lungo circa dieci chilometri. La grande varietà di habitat geo – morfologico e climatici della riserva la rendono particolarmente singolare sotto l’aspetto botanico e, dunque, luogo ideale per ospitare numerose e diversificate specie vegetali, di cui a tutt’oggi sono state censite circa 700 esemplari diversi. Una delle presenze più importanti è quella del platano orientale che qui raggiunge dimensioni notevoli, che ha indotto la Società Botanica Italiana a inserire la zona tra i biotopi di rilevante interesse nazionale. Una vegetazione varia e ricca ospita una fauna altrettanto importante, qui è segnalata infatti la presenza della martora, dell’istrice e della lepre meridionale; fra gli uccelli vi nidifica il falco pellegrino e il raro lanario.  

RNO Vendicari[modifica | modifica wikitesto]

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Vendicari

Da studiosi e naturalisti, Vendicari è stata definita “l’albergo degli uccelli”, perché ne accoglie ogni anno migliaia che, prima di spiccare il volo verso le coste africane, qui sostano per rifocillarsi. Vendicari non ha particolari asperità, la visita è molto agevole lungo un sentiero ben tenuto che ne permette una visita globale. La riserva è costituita da una stretta striscia di terra lungo la costa che va da Noto a Pachino, nell’estremo lembo sud-orientale della Sicilia, ad una latitudine più bassa di quella di Tunisi. Questa estrema insularità si percepisce respirando il “profumo dell’aria”, intrisa di sale e di essenze resinose. La larghezza varia da un minimo di 200 metri a nord, nella spiaggia di Eloro, ad un massimo di 1.300 metri a sud, tra Cittadella dei Maccari e la s.p. Noto – Pachino per una lunghezza di 8 Km. Il confine nord è situato nei pressi della foce del Tellaro, a ridosso della zona archeologica di Eloro, quello sud nella ex stazione di S. Lorenzo. Il nome Vendicari farebbe protendere per una discendenza araba “Bandar”. Dal porto di Vendicari, vigilato da una torre di guardia e scalo importante dell’antica Netum, per molti secoli presero il largo: granaglie, pelli conciate, riso, cotone, tonni e ogni genere di altre mercanzie. Il paesaggio, soprattutto in primavera, sembra uscito dalla tela di un impressionista, l’esplosione di colori è esasperata da contrasti forti, dal verde cupo del ginepro al giallo dei crisantemi selvatici. Questo lembo di terra d’Africa è caratterizzato dalla presenza di una vasta spiaggia con formazioni di dune mature, l’area riveste uno straordinario interesse naturalistico (sono presenti 11 ambienti di interesse comunitario di cui 2 prioritari). Essenzialmente per i suoi pantani salmastri: Pantano Piccolo, Pantano Grande, Pantano Roveto, affollati da migliaia di uccelli migratori di ogni specie e di ogni provenienza, che alternandosi a seconda delle stagioni e dei climi, vi si fermano a svernare o a riposare nel corso delle lunghe tappe di trasferimento da un continente all’altro. Nella riserva, durante il periodo invernale, è possibile vedere cacciare il raro falco pescatore che da qualche anno è ospite regolare dei tre pantani, dove cattura muggini e spigole. Durante il periodo primaverile  non è raro incontrare la cicogna bianca e quella nera.

Tradizioni popolari[modifica | modifica wikitesto]

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La provincia di Siracusa custodisce riti e tradizioni religiose dove la fede si alterna alle superstizioni e le feste collegano presente e passato. Queste si svolgono in corrispondenza degli equinozi o dei solstizi calendariali, in quanto inaugurano il ciclo agrario e la ripresa autunnale dei lavori agricoli. Negli Iblei si festeggia San Sebastiano e San Paolo a Palazzolo Acreide, Santa Sofia a Sortino, la festa dell’Ascensione a Floridia legata alla tradizionale corsa dei cavalli.

La Settimana Santa negli Iblei[modifica | modifica wikitesto]

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Santissimo Cristo, Canicattini Bagni

A Canicattini Bagni e a Cassaro, i riti della Settimana Santa rappresentano un legame con le tradizioni orali medioevali, come “u lamientu” a Canicattini Bagni, struggente canto che viene intonato dai “nuri”, devoti al Santissimo Cristo, durante la processione del vespro del Venerdì Santo. Un altro importante rito a Canicattini Bagni è “a paci paci”, l’incontro festoso tra Cristo risorto e la Madre. A Sortino, per il venerdì santo, il paese viene illuminato da falò accesi durante la processione notturna che prende il nome di “ U nnomo ro Ggesu”.