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Foto della Cascata dell'Alferello (foto di Alfredo Fraternali)

La Cascata dell’Alferello detta anche “Cascata di Alfero” o “Cascata delle trote”, data la numerosa presenza ittica lungo questo tratto di fiume, si trova nei pressi di Alfero, nell’Appennino Tosco Romagnolo, in provincia di Forlì Cesena. Il torrente Alferello, che sorge nei pressi del Monte Fumaiolo, nella ripa della Moia, attraversa il paese di Alfero e a 2 km dal centro abitato forma questa cascata con un balzo di altezza pari a circa 32 metri.



La Cascata dell’Alferello è considerata una delle cascate più belle d’Italia, non solo per le sue dimensioni ma anche per le caratteristiche geomorfologiche del territorio e del torrente Alferello che donano alla cascata un vero e proprio aspetto monumentale.

L’Alferello è uno dei più bei torrenti della zona, le sue acque limpide scorrono su un letto di pietra lungo un percorso ostacolato da un susseguirsi di enormi sassi, che creano l’alternarsi di suggestive pozze naturali e di spettacolari balzi d’acqua. Lungo il suo corso nei pressi del paese di Alfero si possono ammirare le fonti di Acqua Solfurea, il Ponte Romano, l’enorme Sasso Spaccato, il Sentiero dei Frutti perduti dell'Alta Valle del Savio. Scendendo oltre il centro abitato il torrente percorre i suoi ultimi tratti prima di confluire nel fiume Para, in una zona dell’Appennino Romagnolo caratterizzata dai cosiddetti “calanchi”, dove si estrae la rinomata “pietra serena”. Qui il torrente ha eroso nel corso dei millenni le “formazioni marnoso-arenacee”, composte da strati di arenaria, dura all'erosione, e di marna più friabile.

Lungo quest’ultimo tratto si trova la Cascata dell’Alferello. Il torrente scorre sopra un grosso banco piatto di calcare arenaceo spesso circa 3 metri, compatto e duro, per poi sprofondare nell’enorme salto di 32 metri. L’acqua limpida, quasi cristallina, scivola tra i diversi strati di pietra lasciando dietro di sé una lunga scia spumeggiante. Una natura incontaminata fa da cornice a questa meraviglia, con un fitto bosco di cerri e carpini che circonda questo tratto di fiume e che dona a questo luogo un aspetto quasi mistico. Il salto d’acqua crea alla base un’ampia vasca poco profonda che permette l’accesso alla doccia naturale. Da qui seguono una serie di marmitte di erosione che formano altre pozze; la più profonda di queste è chiamata “il pozzo” e invita durante la bella stagione a tuffarsi e bagnarsi.

La Cascata accoglie turisti in tutti i periodi dell’anno: durante l’estate è considerata una valida alternativa al mare per il suo clima mite e la possibilità di rinfrescarsi, i giochi di colore sono spettacolari durante l’autunno, durante l’inverno spesso la neve e le “galaverne” di ghiaccio si posano lungo la discesa dell’acqua creando un’atmosfera surreale. Inoltre, è possibile visitare la Cascata anche di sera, la Pro Loco di Alfero ha infatti provveduto all’illuminazione notturna. L’abbondanza del flusso d’acqua varia a seconda delle piogge stagionali, tuttavia il torrente garantisce un flusso continuo anche nei periodi più secchi.

La Pila (foto di Alfredo Fraternali)

Per raggiungere la cascata è necessario seguire le indicazioni per il paese di Alfero, raggiungibile per chi proviene dalla Romagna dall’uscita di Quarto della Orte-Ravenna (ss3bis). Per chi proviene dalla Toscana è consigliata invece l’uscita di Bagno di Romagna. Giunti al centro del paese di Alfero si può proseguire a piedi per 2 km oppure avvicinarsi in auto fino all’area camping della cascata da cui parte il sentiero. Da qui il sentiero in discesa vi porterà in dieci minuti alla cascata dell’Alferello e ad altre pozze lungo il torrente. Tra queste vale la pena nominare “La Pila”, uno scivolo naturale in pietra che alimenta un’incantevole piscinetta, prima di giungere nella più grande pozza sottostante, ai bordi della quale è possibile sedersi ed osservare lo spettacolo dell’acqua. Il percorso è facilmente agevole ed è adatto anche ai bambini (1).


  • Il passaggio di Dante Alighieri: La leggenda narra che proprio sotto la Cascata dell’Alferello l’erosione della pregiata pietra serena del luogo abbia ispirato il sommo poeta Dante Alighieri alla visione dei gironi infernali. Durante il passaggio in queste terre, il “Ghibellin fuggiasco” trovò ospitalità all’interno del Castello di Corneto dall’amico Uguccione Della Faggiola. Dalla fortezza posta sul crinale egli poteva osservare il panorama del territorio circostante, che mostrava lo sperone di Castel d’Alfero e della Cascata. In particolare, il salto di oltre 30 metri delle acque della Cascata lo colpì profondamente. L’incisione della formazione marnoso arenacea, dovuta all’erosione dell’acqua stessa e degli agenti atmosferici, nel tempo aveva evidenziato le varie stratificazioni. Gli strati di roccia dura all’erosione e quelli più friabili si susseguivano, solcando la montagna a filari, che nella mente di Dante divennero i cerchi dell’inferno. La Ripa di Corneto assumeva così le sembianze di un anfiteatro, dove i vari strati rappresentavano i nove cerchi della prima cantica: l’inferno dantesco cominciò così a prendere forma (2)
  • Il lupo che ululava alla Luna: in una calda notte di luglio di tanto tempo fa un lupo, seduto vicino alla cascata, ululava a più non posso. In cielo splendeva una sottile falce di luna, che ogni tanto giocava a nascondersi dietro soffici trine di nuvole, o danzava tra di esse, armoniosa e lieve. Gli ululati del lupo erano lunghi, ripetuti e disperati. In breve, arrivarono fino alla regina della notte che, alquanto infastidita da tutto quel baccano, gli chiese cosa avesse per ululare così tanto. “Perché non la smetti almeno per un po’? Ho perso uno dei miei figli, il lupacchiotto più piccolo della mia cucciolata. Sono disperato, aiutami!”, rispose il lupo. La luna cominciò allora lentamente a gonfiarsi. E si gonfiò, si gonfiò, fino a diventare una grossa e luminosissima palla. Il piccolo fu trovato, tremante di freddo e di paura sull’orlo di un precipizio della cascata. Con un gran balzo, il padre afferrò il figlio, lo strinse forte a sé felice ed emozionato, ma non senza aver mille volte ringraziato la luna. Poi sparì tra il folto della vegetazione. Per premiare la bontà della luna, le fate dei boschi dell’Alferello fecero ad essa un bellissimo regalo: ogni trenta giorni può ridiventare tonda, grossa, luminosa e i cuccioli del mondo intero, alzando nella notte gli occhi al cielo, possono ammirarla in tutto il suo splendore. I lupi lo sanno. E ululano festosi alla luna piena…

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Note:

1 Sito web: https://sites.google.com/site/tuttoalfero/

2 ALFERO (Ad Farum), di G. Marco Guccini, 1990

3 Rivista “L’Eco de Tevere”, Marzo 2017


Collegamenti esterni:

Sito Pro-Loco Alfero: https://sites.google.com/site/tuttoalfero/