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GUILLAUME L’ESCARGOT

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L’Escargot fu un poeta e un filosofo. Nasce a Venezia il 14 Febbraio 1700.I genitori vivevano in Francia. La madre, Justine Carol Flaumbér, era una donna aristocratica che si dedicava al commercio. Il padre, Gustave Blanc, faceva parte del Terzo Stato ed in quanto tale, oppresso dai soprusi dei re, attentò alla vita di Luigi XIV il 16 Maggio del 1693. Costretti alla fuga si rifugiano a Venezia cambiando cognome in L’Escargot, e grazie alle conoscenze di Justine poterono iniziare il commercio di lupini nel Mar Mediterraneo.

L’Escargot sin da bambino mostra una predisposizione allo studio e alla sola età di 16 anni compone Vita di uno spregiudicato. Purtroppo a causa di un incidente domestico la casa si incendia e ciò che rimane di quest’opera sono solo pochi versi;

“E qui vi giaccio,

in questa terra fredda

e desolata”.

Vita di uno spregiudicato, 24-26, Venezia,1716, Guillaume L’Escargot

In questi L’Escargot mostra il suo disprezzo per quella che era la sua terra natia e la rinnega, cercando, invece, nella Francia quegli ideali filo-romantici che caratterizzeranno il suo pensiero. Vive un rapporto conflittuale con il padre che lo ha allontanato da quella realtà francese a cui aspirava. Denuncia il regime di Luigi XIV e la società dell’epoca.

Frequenta i salotti dell’alta aristocrazia incontrando i grandi letterati dell’epoca. All’età di 20 anni si allontana dalla sua famiglia trasferendosi in Inghilterra. Nel 1726 incontra Voltaire, filosofo francese allontanato da quel mondo per le sue idee.

Il pensiero di L’Escargot si distingue dai filosofi per la sua modernità. Egli definisce la filosofia come “unico appiglio per la quiete interiore”. Il suo intero studio si incentra sul comportamento dell’uomo.

L’Escargot si spegne nella sua terra promessa, di preciso a Parigi, preso dalla tubercolosi, ammirando gli inizi della Rivoluzione francese, il 1 Agosto del 1789.




L’uomo come tramite

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L’opera più famosa del filosofo è Onniscienza della vita la quale tratta il mito del muro.

Eutachia e Deide vivevano sulla pianura disseminata della penisola italiana. All’età di 16 anni i due iniziano ad avere delle controversie. La madre innalza, così, tra i due un muro abbastanza alto da dividerli per sempre formando così la catena degli Appennini. Deide iniziò a manifestare la sua vera natura, gretto e indifferente dimostrò il suo interesse per l’utile materiale. Al contrario Eutachia dapprima sviluppò l’amore per il sapere e di se stessi. I due continueranno le loro vite e per generazione il muro rimarrà alzato. Con il tempo e lo sgretolarsi di questo muro i due ceppi iniziarono a mischiarsi e a proliferare.


Eutachia = dal greco “buona sorte”

Deide = dal greco “guardare”

Deide guarda solo all’esteriorità delle cose, senza soffermarsi come Eutachia allo studio di se stessi che porta sulla retta via. Alla fine le due personalità si racchiudono in un’unica persona: l’uomo.

Tramite questo mito L’Escargot vuole spiegare che l’uomo è tramite tra felicità e tristezza. La felicità intesa non come la conoscenza di tutto lo scibile, ma bensì come la consapevolezza di se stessi e dei propri limiti, mentre la tristezza è definita tramite l’illusorietà delle cose. A questo mito si rifarà Schopenhauer.

A questo punto il filosofo delinea due categorie di persone:

  • l’uomo intelligente, risolto come Persona in quanto pensatore delle sue capacità, che definisce tutto in base ai suoi sensi onirici e rivelatori
  • l’uomo stolto, spiegato come Cosa per la sua visione onirica e materialista delle cose.

Quindi vi è in un primo momento l’uomo circoscritto come Cosa che vive nella superficialità delle cose basandosi su una visione onirica del mondo, inteso come ciò che percepiamo. Successivamente l’uomo, tramite l’esperienza della vita e la consapevolezza dell’essere umano, si eleva a Persona e sviluppa la maturità interiore. L’uomo percepisce il mondo tramite due sensi;

  • onirici = spesso contraddittori, illude l’uomo che ciò che vediamo, sentiamo o percepiamo sia sempre necessario e universale
  • rivelatori = fanno parte della ragione umana, che ci guida e insegna durante il nostro cammino.

Qui l’uomo deve far fronte quindi a due realtà (fenomeno e noumeno) e non affidarsi sempre a ciò che ci viene proposto dalla realtà. L’uomo come Cosa resta nella sua realtà onirica e contraddittoria, mentre l’uomo come Persona si eleva ad una grado più alto definendo le sue potenzialità e i suoi limiti, accettando il suo essere necessario e confrontandosi con una realtà vera.

“Tutto ciò che è reale è anche onirico”

Onniscienza della vita,6,Londra 1732,Guillaume L’Escargot


La contraddizione dell’etica umana

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L’uomo è, dunque, tramite tra felicità e tristezza, e viene guidato dai suoi sensi onirici e rivelatori. Come hanno precedentemente affermato Locke e Hobbes, l’uomo in uno stato primordiale si eleva a uno stato sociale. L’uomo nella preistoria era costretto a cacciare mentre la donna era limitata alle mura della sua dimora (Stato Primordiale). In questo stato l’uomo ha la necessità di un aiuto maggiore, confrontandosi con altri nuclei familiari. Qui nascono le tribù; piccole società che anelano ad uno stato maggiore. Con lo sviluppo delle tecnologie e delle conoscenze l’uomo ha visto opportuno aprirsi a nuove realtà costruendo un nuovo modello di stato basato sulla reciproca convivenza chiamato Stato Sociale.L’uomo, in vista di un bene maggiore, mette da parte impulsi e si concentra su qualcosa di superiore sviluppando leggi e convenzioni da seguire. Come giusto che sia le leggi si basano su fatti, esperienze e nozioni create dal tempo. L’uomo deve rispettare il prossimo nella sua libertà.

Il cavernicolo ripone le armi radunandosi in piccole tribù circoscritte. In vista di un bene maggiore si ha il passaggio da cavernicolo ad uomo. In questa società vengono definite regole da seguire in base ai bisogni delle parti. Al tramonto dello Stato Primordiale vi è la nascita di uno Stato Sociale. Le leggi vengono definite dall’uomo e la loro validità è universale. Ma come definire tali leggi? Chi decide cosa? A queste domande mi viene facile rispondere che sarà l’uomo a definire la società stessa. Le regole si baseranno sul reciproco rispetto tra persone. La libertà è una verità alla quale ognuno vi appartiene e solamente con il suo rispetto si può arrivare alla giusta convivenza.

Onniscienza della vita,6,Londra 1732,Guillaume L’Escargot


Quindi per arrivare a definire tali leggi ci poniamo la classica domanda: cos’è giusto e cosa è sbagliato? L’Escargot afferma che nulla è giusto e nulla è sbagliato perché al mondo tutto è relativo. Il pensiero di ognuno di noi varia da persona a persona a causa delle esperienze, definite da L’Escargot come causa formatrice della persona. Il filosofo afferma che un pensiero ha le fondamenta nella sua educazione, la realtà primaria a cui la persona accede nell’età infantile. Durante l’adolescenza e l’aumentare delle esperienze iniziamo a “vedere”. È solo successivamente, nell’età adulta che si ha la piena maturità di pensare liberamente. Esistono molte realtà, ognuna differente dall’altra e alla promiscuità di tali realtà varia anche il pensiero. L’unica verità certa per il filosofo è il rispetto della persona, sancito per la pace nella società. Quindi l’uomo è libero nel pieno rispetto del prossimo e solo con tale rispetto si raggiungerà la pace nel mondo.


Studio di un estetica a posteriori

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L’Escargot era un uomo poco intrigante. Questo lo porterà a sviluppare una tesi ben dettagliata su ciò che è bello e ciò che è brutto, arrivando alla soluzione che tutto è relativo, concetto già espletato nella contraddizione dell’etica umana.

“Se fossimo tutti belli inizieremo a pensare che la bellezza non esiste”

Sociologia futurista,67, Bristol 1750,Guillaume L’Escargot

Come dice Kant, il mondo è una mia rappresentazione, e come tale la percezione varia da persona a persona. Il filosofo in Sociologia futurista parla di una tela e di colori. Questa tela è il mondo e i colori sono i pensieri, quindi le persone. Su questa tela l’artista butta tutti i colori che ha costruendo la società. Come l’infinità di colori esistono un’infinità di pensieri. Il concetto di bellezza secondo L’Escargot dipende essenzialmente dall’esperienza. Da ciò che vedo, sento e percepisco, acquisisco i lati positivi del mondo. Questi lati positivi sono detti belli e portano conforto e amore ed è per questo che il bello è ciò che piace, non viceversa.

In questa realtà onirica ci riduciamo ad un se ed un ma. All’aumentare delle belle esperienze riusciamo a cogliere la bellezza della vita ed in questa ci sentiamo rassicurati. Ma se fossi una persona diversa, e quindi se avessi fatto altro nella vita, ora mi piacerebbe altro o tutto?

Sociologia futurista,67, Bristol 1750,Guillaume L’Escargot