Utente:Martina Segato/Sandbox

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Con i termini Q-LED e QD-LED si intendono le tecnologie LED che si basano sul principio di funzionamento dei quantum dots (punti quantici), ovvero nano-cristalli semiconduttori. In letteratura il termine QD-LED si riferisce a due utilizzi differenti di questa tecnologia, a seconda della funzione che i quantum dots svolgono:

  • QD-LED in cui i quantum dots sono utilizzati come emettitori di luce
  • QD-LED in cui i quantum dots sono utilizzati come convertitori di luce

Ad oggi le uniche applicazioni industriali e gli unici prodotti commerciali che utilizzano QD-LED si riferiscono alla seconda tipologia descritta. Per quanto riguarda il primo utilizzo la ricerca è molto attiva ma sono necessari ulteriori studi per poter effettuare uno scale-up della tecnologia. Le proprietà ottiche dei QD-LED dipendono dalle dimensioni e dalla composizione dei quantum dots che, essendo controllabili, permettono di ottenere una buona flessibilità. Eventuali QD-LED emettitori di luce offrirebbero caratteristiche interessanti soprattutto nel campo dell'illuminazione: sono infatti più stabili della maggior parte delle tecnologie finora utilizzate ed è possibile ottenere una buona resa del dispositivo sia dal punto di vista del colore che dal punto di vista del risparmio energetico.  

Principio di funzionamento[modifica | modifica wikitesto]

I dispositivi QD-LED, a seconda dell’accezione che diamo al termine, sfruttano l’effetto di elettroluminescenza oppure quello di fotoluminescenza.

QD-LED elettroluminescenti[modifica | modifica wikitesto]

L’effetto di elettroluminescenza è dovuto alla ricombinazione di elettroni e lacune confinati all’interno delle buche di potenziale situate nei quantum dots. Questa ricombinazione è dovuta, nel caso specifico dei quantum dots, alla presenza di una corrente. A seguito della ricombinazione vengono irradiati fotoni che generano radiazione elettromagnetica nello spettro del visibile. La lunghezza d’onda di tale radiazione, e quindi il colore che percepiamo, dipende dalla differenza di energia tra l’HOMO e LUMO, ossia tra la banda più energetica occupata e la banda meno energetica non occupata rispettivamente. La realizzazione di dispositivi QD-LED che facciano uso di questo fenomeno è piuttosto complicata in quanto, per poter confinare i portatori di carica e renderlo possibile, è necessario che il quantum dot abbia un guscio che conduca poco elettricamente. Questo spiega perché gli unici impieghi industriali facciano uso dell’effetto di fotoluminescenza.

QD-LED foto luminescenti[modifica | modifica wikitesto]

La fotoluminescenza è dovuta all’eccitazione di elettroni causata dalla radiazione incidente (da cui il prefisso foto-). Questi elettroni in seguito tornano nel loro stato di equilibrio causando emissione di radiazione elettromagnetica. La lunghezza d’onda della radiazione emessa è maggiore di quella incidente, cioè parte dell’energia viene persa durante il processo. Questa differenza tra lunghezze d’onda viene chiamata Stoke’s shift e determina il colore della radiazione che percepiamo. Il fenomeno della fotoluminescenza comprende sia quello di fluorescenza che di fosforescenza; i quantum dots mostrano la prima citata. Questo effetto viene utilizzato nella retroilluminazione degli schermi LCD ed è l’unico esempio attuale di applicazione industriale dei dispositivi QD-LED. 

Fabbricazione[modifica | modifica wikitesto]

Illuminazione con QD-LED[modifica | modifica wikitesto]

I QD-LED che sfruttano le proprietà di fotoluminescenza dei quantum dots prevedono il loro utilizzo come convertitori di luce in abbinamento a una fonte luminosa costituita nella quasi totalità dei casi da LED blu. Solo inizialmente sono state adottate lampade UV come fonte radiante, in quanto necessitano di molta più energia per funzionare.

I quantum dots che costituiscono i QD-LED si ottengono mediante tecniche di sintesi colloidale. Esse devono essere attuabili a livello industriale e i quantum dots sintetizzati devono essere di buona qualità, ovvero devono presentare elevata resa quantica e stabilità nel tempo. I quantum dots più adatti a raggiungere tali obiettivi sono costituiti da elementi dei gruppi II-VI, III-V oppure I-III-VI. I più utilizzati, grazie al controllo che riusciamo ad avere sulla loro sintesi, sono i quantum dots basati sull’utilizzo del cadmio, in particolare CdSe, CdS e CdTe. A causa della tossicità del cadmio, il cui utilizzo è limitato da norme europee molto restrittive, si stanno però da tempo cercando valide alternative. Appartengono al primo gruppo anche semiconduttori quali ZnS e ZnO, mentre stanno assumendo importanza crescente l’InP per quanto riguarda il secondo gruppo e il CuInS, spesso abbreviato con CIS, per il terzo.

Esistono due principali tipologie di fabbricazione dei QD-LED fotoluminescenti, che si distinguono per la geometria del dispositivo. Se i quantum dots sono a contatto diretto con il chip si parla di tipo on chip viceversa, se i quantum dots sono più o meno distanti dal LED blu, si parla di tipo on top. Queste geometrie sono comuni alle applicazioni negli schermi LCD e all’illuminazione.

Di seguito le diverse fasi del processo di fabbricazione [1] :

  • Miscelazione dei quantum dots con la matrice polimerica - La necessità di sintetizzare i quantum dots con tecniche di sintesi colloidale comporta che essi non possano essere integrati direttamente nel LED. Per questo motivo entrambi i processi prevedono il mescolamento della sospensione colloidale di quantum dots con una soluzione polimerica. In questa fase gioca quindi un ruolo fondamentale la compatibilità tra il polimero e la superficie idrofobica dei quantum dots, i cui leganti organici presenti sulla superficie possono danneggiare la successiva polimerizzazione, portando all’aggregazione dei quantum dots e alla conseguente riduzione della loro resa quantica. È inoltre necessario garantire una buona dispersione dei quantum dots di diversa dimensione, ovvero con diversa lunghezza d’onda d’emissione, per ottenere una resa dei colori ottimale. Ricordiamo infatti che l’obiettivo dei quantum dots è quello di convertire parte della luce blu emessa dal LED a lunghezze d’onda maggiori, in modo da ottenere uno spettro ottimale per una miglior resa dei colori.

Nella tipologia on top le fasi successive sono:

  • Formatura - La miscela di polimero e quantum dots viene fatta solidificare in camera a vuoto mediante degli stampi che le danno la forma di bacchetta o di film. La solidificazione può essere raggiunta con diversi metodi, tra cui irradiazione con raggi UV, reazione elettrochimica o cura.
  • Posizionamento - Il composito costituito dalla matrice polimerica e dai quantum dots dispersi viene disposto in maniera opportuna sopra il chip del LED. Il controllo di questo stadio è importante poiché da esso dipendono l’efficienza luminosa e il grado di dispersione termica raggiungibile dal dispositivo finale.
  • Rivestimento - Lo spazio tra il chip del LED e il film di quantum dots viene riempito con un incapsulante, così da proteggere i fili di collegamento e il chip stesso. Infine si riveste, comunemente con silicone o resina epossidica, il film polimerico per proteggere i quantum dots dall’ossigeno e dall’umidità, così da migliorarne la stabilità nel tempo.

Nella tipologia on chip invece, dopo aver ottenuto la miscela di polimero e quantum dots, le fasi successive prevedono:

  • Posizionamento - Il chip del LED blu viene ricoperto dalla miscela polimerica, portando le due parti a contatto diretto.
  • Solidificazione - La solidificazione avviene in situ, senza l’utilizzo di stampi.
  • Rivestimento – Come nel caso precedente, si applica un ricoprimento per proteggere sia il chip che i quantum dots.

Per risolvere i problemi di compatibilità dei quantum dots con la matrice polimerica e per garantire la trasparenza del film esistono diverse strategie:

  • Modificazione della chimica superficiale dei quantum dots – La principale strategia è quella di individuare dei tensioattivi compatibili con un dato polimero che si leghino alla superficie dei quantum dots preservandone le proprietà ottiche. Ad esempio funzionalizzare il ricoprimento dei quantum dots con gruppi fenilici incrementa la possibilità di dispersione dei quantum dots nella piridina, mentre l’acido oleico facilità la solubilità nel polimetilmetacrilato e nel polistirene.
  • Incorporazione dei quantum dots in materiali non polimerici – Questa strategia prevede di sfruttare come driving force del processo l’interazione tra la carica negativa sulla superficie dei quantum dots e quella positiva di particolari building blocks, quali piastrine di argilla, silice o ossido di titanio, in modo tale da ottenere una miglior passivazione della superficie da parte del polimero.
  • Incapsulamento dei quantum dots in microsfere polimeriche – Questa strategia prevede che le gocce di polimero intrappolino i quantum dots al loro interno, in modo tale che, una volta unitesi tra loro, i quantum dots non abbiano alcuna possibilità di movimento.

LCD con QD-LED[modifica | modifica wikitesto]

Per la fabbricazione degli schermi LCD con retroilluminazione mediante QD-LED possono essere adottate tre diverse strategie. La prima si riferisce alla fabbricazione dei QD-LED on chip sopra descritta. Le altre sono due diverse varianti della fabbricazione on top [2]. In particolare il film di quantum dots può essere posto sull’estremità del chip del LED oppure può essere molto più esteso e essere posto sopra la piastra di guida della luce. Tra le tre configurazioni, la prima è quella che comporta l’uso della minor quantità di quantum dots, ma in questo modo i quantum dots devono operare a alte temperature (circa 150°C) e sono esposti a un’eccitazione intensa da parte della luce blu emessa dal LED. Questo comporta una riduzione della resa quantica e della durata, dunque, vista la scarsa affidabilità complessiva non viene utilizzata. La tecnologia maggiormente utilizzata è la seconda illustrata, in quanto mantiene buone proprietà ottiche senza dover utilizzare grandi quantità di quantum dots.

Applicazioni[modifica | modifica wikitesto]

Retroilluminazione LCD[modifica | modifica wikitesto]

Gli schermi sino ad oggi venduti sul mercato come display a punti quantici sono schermi a cristalli liquidi che fanno uso dei quantum dots per la conversione della luce nella retroilluminazione a LED. Tutte le maggiori aziende produttrici hanno implementato questa tecnologia in alcuni dei loro modelli, ne sono un esempio i display QD-LED e SUHD della Samsung, gli Uled della Hisense, i Primer Color della LG, i Color Master della Panasonic e i Triluminous della Sony, i primi ad essere stati commercializzati [3].

Nella maggior parte dei casi negli schermi LCD con retroilluminazione a LED, seguiti tecnologicamente a quelli che facevano uso di lampade a fluorescenza in quanto molto più economici, la luce bianca si ottiene a partire da un LED blu a cui sono accostati dei convertitori di luce. I convertitori più diffusi sono i fosfori gialli, come il granato di ittrio e alluminio (YAG), convenienti dal punto di vista economico ma con i quali si ottiene un bianco freddo, oppure fosfori rossi e verdi, che offrono una miglior resa cromatica a scapito però di una bassa efficienza. In altri casi la luce bianca si ottiene con LED rossi, verdi e blu, grazie a cui la resa dei colori è migliore ma i cui costi sono molto elevati [4].

Quando, anziché fosfori, vengono utilizzati come convertitori i quantum dots si parla di QD-LED. È così possibile ottenere la luce bianca mediante punti quantici che assorbono luce blu e la riemettono nel rosso e nel verde. Grazie alla possibilità di variare la lunghezza d’onda di emissione in funzione delle loro dimensioni e alla stretta banda di emissione che li caratterizza, i QD-LED hanno una maggior efficienza, purezza e gamma di colori se confrontati con i tradizionali LED bianchi con fosfori [5].

Lo spettro di emissione derivante dalla retroilluminazione mediante QD-LED presenta tre picchi stretti e ben distinti, uno per ciascuno dei colori primari: rosso, verde e blu. Viceversa lo spettro derivante da un LED convenzionale con un fosforo giallo, ne ha solamente due, quello corrisponde all’emissione del LED blu e quello più largo corrispondente alla fluorescenza dello YAG. In questo caso la resa cromatica dello schermo dipende totalmente dai filtri colore posti oltre i cristalli liquidi, motivo per cui la saturazione del verde e del rosso non è buona e lo spettro presenta una significativa sovrapposizione tra i picchi [3].

Entrambi i problemi vengono risolti con l’utilizzo dei QD-LED. Variando le dimensioni dei quantum dots è possibile ottimizzare l’emissione dei QD-LED affinché il loro spettro di emissione corrisponda quanto più possibile a quello di trasmissione dei filtri colore. In questo modo lo spettro trasmesso dai filtri colore risulta ancora avere i tre picchi non sovrapposti e raggiunge la saturazione dei colori primari. Grazie alla stretta banda di emissione dei quantum dots, i cui picchi presentano infatti una FWHM di 30nm, è possibile inoltre utilizzare fosfori con bande di trasmissione parzialmente sovrapposte, con un notevole risparmio economico. Considerando lo spazio dei colori CIE 1976, i QD-LED riescono così ad offrire una gamma di colori tanto ampia da coprire fino al 95% dello standard Rec. 2020.

Nonostante luminanza e resa cromatica siano intrinsecamente antagoniste poiché per innalzare la luminosità i tre picchi di emissione devono essere quanto più vicini ai 550 nm, lunghezza d’onda di sensibilità massima per l’occhio umano, mentre per ampliare la gamma cromatica i tre picchi di emissione devono essere il più possibile separati, il rapporto tra le due è migliore rispetto alla tecnologia tradizionale [3]. La retroilluminazione con QD-LED infatti fa si che la temperatura correlata del colore (CCT) della luce bianca che si ottiene sia variabile a seconda della concentrazione dei quantum dots, così da permettere la ricerca del miglior compromesso tra gamma di colori e luminosità.

Display emissivi[modifica | modifica wikitesto]

L’obiettivo principale della ricerca in questo campo è quello di sfruttare l’elettroluminescenza dei quantum dots per creare dei display emissivi, al pari degli OLED. In particolare la Samsung Eletronics da tempo si è concentrata sullo sviluppo di questo tipo di display ed ha per questo richiesto la registrazione del marchio QLED. Ad oggi, non esistono in commercio display di questo tipo a causa delle difficoltà incontrate nel controllo dell’elettroluminescenza dei quantum dots [5].

Illuminazione di interni[modifica | modifica wikitesto]

L’illuminazione di interni richiede una buona resa dei colori e una buona sovrapposizione spettrale con la funzione sensitiva dell’occhio umano, oltre ad un bianco caldo. La flessibilità nella progettazione degli spettri di emissione dei quantum dots come convertitori offre per questo motivo grandi potenzialità. Luminanza e resa dei colori sono antagoniste nei QD-LED, infatti al crescere della luminanza si ha una peggiore resa dei colori. Questo effetto è tanto più marcato quanto più bassa è la temperatura correlata del colore (CCT) ovvero quanto più caldi sono percepiti i colori. Per ottenere un buon compromesso tra luminanza e resa dei colori è necessario che: i picchi di emissione siano piuttosto stretti, con una FWHM attorno ai 30 nm; che l’ampiezza relativa della componente rossa sia dominante rispetto a quella blu e che sia quanto più possibile vicina ai 620nm. Ottenere uno spettro con alta efficienza fotometrica e elevata qualità dei colori non è però sufficiente in quanto la sorgente di luce deve essere efficiente dal punto di vista energetico. In questo fa la differenza l’architettura dei quantum dots. Le performance raggiunte non sono ancora tali da commercializzare questo tipo di prodotti, in quanto la tecnologia tradizionale risulta ancora di gran lunga più conveniente [4].

Illuminazione di esterni[modifica | modifica wikitesto]

L’illuminazione di esterni richiede alta luminanza poiché si passa da una visione fototopica a una mesoscopica, tipica in condizioni di poca luce. Al contrario dell’illuminazione di interni, non è particolarmente significativa la sfumatura di bianco raggiunta. Grazie ai QD-LED, intesi sempre come LED blu con Quantum Dots integrati, teoricamente è possibile raggiungere alte luminanze con una buona resa dei colori, restando su una regione di bianco caldo [4]. Come nel caso di illuminazione di interni è necessario che i Quantum Dots che emettono nel rosso abbiano una stretta banda di emissione.  

Confronto con tecnologie simili[modifica | modifica wikitesto]

LCD: fosfori e quantum dots[modifica | modifica wikitesto]

Le singolari proprietà dei quantum dots li rendono estremamente adatti per la retroilluminazione dei display LCD. In questi la sorgente di luce non esibisce di per se delle bande di emissione separate per il verde e il rosso, di conseguenza la qualità dei colori è interamente basata sui filtri. Per valutare le performance di una retroilluminazione si utilizzano due metri di giudizio: la Total Light Efficacy (TLE) e la Color Gamut. La prima rappresenta quanta luce incidente viene trasmessa attraverso il pannello LCD e convertita nella luminosità percepita dall’occhio umano, considerando quindi quasi tutti i fattori nel sistema del display come la sorgente luminosa, la trasmittanza dei filtri a colori, lo strato LC e i polarizzatori. La seconda sarebbe un indice del range di colori che può essere accuratamente riprodotto dall’ LCD. La retroilluminazione tramite quantum dots permette di avere dei vividi colori con una larga gamma di tonalità (120 secondo la CIE 1931 e 140 per la CIE 1976) e un miglioramento del 15% dell’efficienza ottica. Ci sono però alcuni aspetti che richiedono ancora uno certo sviluppo in questo nuovo tipo di tecnologia, come la riduzione di tossicità e un miglioramento della qualità dei quantum dots non a base di cadmio, un aumento della compatibilità di queste nanoparticelle con la matrice polimerica/silicone affinché si abbia una buona dispersione senza avere deterioramento della stabilità e della fotoluminescenza [3].

OLED e LCD con QD-LED[modifica | modifica wikitesto]

Negli ultimi anni ci sono stati notevoli sviluppi nell’ambito delle industrie dei display, le quali vedono contrapposti due concorrenti principali, il primo corrispondente alla tecnologia OLED e il secondo a quella dei QD-LED, fortemente sviluppata dalla Samsung. Al contrario dei QD-LED, gli OLED hanno una tecnologia differente da quella degli LCD, infatti essa si basa sul tipo emissivo e non trasmissivo, in cui sono i pixels ad emettere la loro stessa luce. Lo schermo LCD basato su una retroilluminazione di un LED bianco ha una gamma di colori del 75-80% AdobeRGB mentre un OLED ha i vantaggi di avere un migliore angolo di visuale e un ricoprimento del 100% AdobeRGB dello spazio dei colori. La tecnologia innovativa dei Quantum Dots permette di avere, confronto agli OLED, una miglior efficienza luminosa di circa il 30-45%, una maggiore gamma di colori intorno al 140% e un consumo energetico fino a due volte minore. Gli OLED mantengono però un vantaggio relativo al prezzo e soprattutto alla flessibilità dovuta al fatto che sono composti da materiale organico, il quale non permette loro però di avere una significativa durata nel tempo in quanto la penetrazione dell’ossigeno e l’evaporazione degli strati organici creano un certo grado di deterioramento. Il livello di prestazione del display QD-LED dimostra quindi una maggiore costanza nel tempo essendo basato su una matrice inorganica del pannello. Gli OLED, essendo basati su tecnologia emissiva, possono avere dei contrasti praticamente infiniti, mentre nel QD-LED nel nero si avverte una certa luminosità dovuta alla sua tecnologia trasmissiva, che gli permette però di avere un passaggio di colori dal più chiaro al più scuro migliore [3].

Illuminazione tradizionale e con QD-LED[modifica | modifica wikitesto]

Una delle misure fondamentali per stimare la qualità dei QD-LED nella solid state lighting è il CRI (color rendering index). L’introduzione dell’uso dei QD-LED nell’illuminazione nasce dalle proprietà dei quantum dots, per i quali si è in grado di modificare lo spettro di emissione coprendo tutto quello del visibile e massimizzare l’efficienza della radiazione producendo un elevato CRI. I fosfori tradizionali si basano su combinazioni di ioni delle terre rare con elevata efficienza ma con alcuni problemi legati alla scarsa e limitata disponibilità e alle loro prestazioni fotometriche. Infatti essi risultano avere una larga banda di emissione ricoprendo anche elevate lunghezze d’onda, con una certa difficoltà nel controllo della granulometria, nella composizione degli strati e nella deposizione di film uniformi. Questi svantaggi non permettono di regolare le proprietà della radiazione luminosa con semplicità creando anche indesiderate variazioni visibili di colore [6]. I vantaggi nell’utilizzo dei quantum dots nella solid state lighting sono l’eliminazione delle emissioni nel rosso (>650 nm) con il raggiungimento di valori maggiori di LER (luminous efficacy of optical radiation) rispetto ai fosfori convenzionali. Inoltre con la loro aggiunta è possibile realizzare un’illuminazione di luce bianca con una temperatura di colore di 2700 K e un CRI di 90, mantenendo un’efficienza di 65 candele per Watt [7].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ "B. Xie, R. Hu, X. Yu, B. Shang, Y. Ma, and X. Luo, “Effect of Packaging Method on Performance of Light-Emitting Diodes with Quantum Dot Phosphor,” IEEE Photonics Technol. Lett., vol. 28, no. 10, pp. 1115–1118, 2016."
  2. ^ "H. Chen, J. He, and S.-T. Wu, “Recent Advances on Quantum-Dot-Enhanced Liquid Crystal Displays,” IEEE J. Sel. Top. Quantum Electron., vol. 23, no. 5, pp. 1–1, 2017."
  3. ^ a b c d e "Zhenyue Luo, Daming Xu, and Shin-Tson Wu, “Emerging Quantum-Dots-Enhanced LCDs,” J. Disp. Technol., vol. 10, no. 7, pp. 526–539, Jul. 2014."
  4. ^ a b c "T. Erdem and H. V. Demir, “Color science of nanocrystal quantum dots for lighting and displays,” Nanophotonics, vol. 2, no. 1, pp. 57–81, 2013."
  5. ^ a b "Y. Shirasaki, G. J. Supran, M. G. Bawendi, and V. Bulović, “Emergence of colloidal quantum-dot light-emitting technologies,” Nat. Photonics, vol. 7, no. 1, pp. 13–23, 2013."
  6. ^ "Hilmi Volkan Demir, Sedat Nizamoglu, Talha Erdem, Evren Mutlugun, Nikolai Gaponik, Alexander Eychmüller, Quantum dot integrated LEDs using photonic and excitonic color conversion"
  7. ^ "Vanessa Wood & Vladimir Bulović , “Colloidal quantum dot light-emitting devices”, NanoReviews"