Utente:MarcoTegonStudente/Sandbox

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Le colonne di san Marco e di san Tòdaro, o colonne di piazza San Marco, a Venezia, sono due alti affusti in marmo e granito, posti all'ingresso dell'area marciana verso il molo e il bacino di San Marco. Sono sormontate dalle statue dei santi patroni della città: san Marco Evangelista nella tradizionale forma di leone alato e san Teodoro di Amasea (Tòdaro è la forma veneziana del nome), mentre sulle basi presentano altorilievi che raffigurano i mestieri che venivano svolti in Piazza.

Caratteristiche

Le due colonne, poste tra Palazzo Ducale e la Libreria Marciana, costituiscono l'accesso monumentale alla piazza per chi proviene dal mare.

Secondo la tradizione le colonne furono erette da Nicolò Barattiero sotto il dogado di Sebastiano Ziani (1172-1178), quando la piazza venne ampliata e monumentalizzata. Secondo la leggenda le enormi colonne, trasportate dall'Oriente come bottino di guerra, dovevano essere originariamente tre, ma il terzo affusto venne perduto assieme alla nave che lo trasportava durante lo sbarco. La colonna dovette affondare profondamente nella fanghiglia dei fondali, tanto che "cercandola a distanza di vent'anni dall'affondamento un mastro appositamente incaricato, col tastare il fondo a mezzo di una lunga pertica, non la si poté in alcun modo ritrovare". (manca la nota)

Ai piedi delle colonne, in epoca medievale e rinascimentale, erano poste delle botteghe in legno, tuttavia già dalla metà del XVIII secolo lo spazio tra le due colonne venne destinato a luogo delle esecuzioni capitali, tanto che tuttora tra la popolazione locale persiste l'uso superstizioso di non attraversare lo spazio tra di esse. Da questo uso deriva anche un modo di dire veneziano: "Te fasso veder mi, che ora che xe" (ti faccio vedere io, che ora è), derivato dal fatto che i condannati a morte, dando le spalle al bacino di San Marco, vedevano come ultima cosa la torre dell'orologio. Sempre secondo la tradizione, lo spazio fra le due colonne era anche l'unica "zona franca", in cui si poteva legalmente giocare d'azzardo, privilegio concesso a Nicolò Barattiero (o Barattieri), ovvero colui che riuscì a trovare un modo per erigere le pesanti strutture lasciate a lungo stese a terra: attraverso l'utilizzo di grosse corde che venivano fissate all'estremità di una colonna e quindi bagnate, che asciugandosi esercitavano una trazione tale da consentire di alzarle di pochi centimetri e di infilarvi sotto delle zeppe di legno, il costruttore bergamasco, che si era già distinto nella costruzione della cella campanaria del Campanile di San Marco, compì in questo modo l'opera di sollevare le pesanti colonne senza danneggiarle. Come ricompensa gli venne concessa l'esclusiva del gioco d'azzardo da effettuarsi proprio ai piedi delle due colonne, cosa che gli permise di arricchirsi non poco.

Tuttavia, studi più recenti fanno risalire l'erezione delle due colonne alla seconda metà del XIII secolo e identificano come loro luogo di provenienza la città di Costantinopoli, da dove furono verosimilmente trasportate nel periodo dell'Impero latino, tra il 1204 e il 1261, come la maggior parte delle spoglie bizantine presenti in laguna. I marmi delle due colonne (più precisamente identificati come marmo rosso egiziano per la colonna di san Todaro e marmo troadense per la colonna di san Marco) furono ampiamente utilizzati per ricavarne colonne nella tarda antichità, fatto che rende quasi certa la loro provenienza da Costantinopoli.

Le basi delle colonne sono realizzate in pietra d'Istria, materiale che cominciò a essere usato nell'edilizia veneziana a partire dall'ultimo quarto del XIII secolo, dopo la chiusura dei mercati di marmo greci seguita alla riconquista di Costantinopoli da parte dei bizantini (1261). Nelle basi sono presenti altorilievi che raffigurano i mestieri, realizzati in uno stile "realistico", che si impose a Venezia nel secondo quarto del XIII secolo e del quale si possono osservare diversi esempi nelle decorazioni della Basilica di San Marco: i rilievi delle basi sono debitori in particolare delle rappresentazioni dei mestieri nell'arcone maggiore, anche se la loro minore qualità fa pensare che non siano opera dello stesso maestro.

Anche lo stile dei capitelli delle due colonne sembra confermare la datazione dell'erezione delle colonne alla seconda metà del XIII secolo. Essi sono realizzati in pietra veronese con striature rosa e sono in stile veneto-bizantino. I capitelli sono molto simili alle decorazioni delle tomba di Denaro Odifredi a Bologna, costruita intorno al 1265 da maestranze veneziane.

La colonna che svetta dal lato di Palazzo Ducale regge il leone alato, simbolo di San Marco, dall'862 santo patrono e simbolo della città e dello Stato veneziano. Si tratta di una scultura bronzea molto antica, greca o siriaca, forse in origine una chimera, cui vennero successivamente aggiunte le ali. Dal lato della Biblioteca è, invece, quella di san Teodoro, santo bizantino e guerriero, primo protettore della città, raffigurato in marmo nell'atto di uccidere un drago. Il busto proviene da una statua classica di imperatore romano, mentre la testa, l'aureola, le braccia e le gambe che poggiano sul drago ucciso sono di epoca medioevale. La scultura è una copia dell'originale ora esposto sotto al portico dei Senatori a Palazzo Ducale.

Secondo una leggenda riportata da Francesco Sansovino nel XVI secolo il leone di san Marco guarda ad est per simboleggiare il ruolo di Venezia come protettrice della cristianità in Oriente, mentre la statua di san Teodoro rivolto ad ovest simboleggerebbe l'atteggiamento difensivo della Serenissima verso la Terraferma. Questa spiegazione del diverso orientamento delle due statue è evidentemente precedente al XVI secolo: all'epoca la Serenissima aveva già costituito il Dominio in Terraferma. Tale significato simbolico sarebbe risalente al periodo precedente la caduta di Acri nel 1291, ultimo avamposto cristiano in Terrasanta, quando per Venezia si chiuse la fase delle conquiste in Oriente.