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Il Physiologus (in greco: Φυσιολόγος) è un’opera scritta in greco. L’autore è sconosciuto, mentre, dopo vari dibattiti ed ipotesi[1], oggi, gli studiosi sono concordi nell’affermare che questo opuscolo è stata composto ad Alessandria d’Egitto tra il II e il IV secolo d.C. Il titolo deriva dalle formule, ricorrenti in ogni capitolo, «Il Fisiologo ha detto», «Bene dunque ha detto il Fisiologo», «come afferma il Fisiologo» …

Data la grande importanza che ha avuto, il Physiologus è stato attribuito a varie figure di grande peso all’interno della Chiesa: Pietro di Alessandria, Epifanio, Basilio, Giovanni Crisostomo, Atanasio, Ambrogio e Girolamo[2]. Incerta è anche l’identità di questa fantomatica autorità che è il Fisiologo. Il Fisiologo per eccellenza è Adamo. Egli, infatti, ha originariamente dato il nome agli animali[3], nome che, secondo Filone, è totalmente rivelatore della loro natura. Secondo Flavio Giuseppe, storico ebraico del I secolo d.C., Salomone è colui che ha indagato la natura di tutti gli animali e non ha ignorato nessuna delle loro proprietà. Per questo motivo, spesso venne attribuita a Salomone la paternità del trattato[4].

Il luogo di composizione

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Diverse sono le motivazioni che portano a pensare che l’ambiente culturale in cui quest’opera è nata sia stato quello di Alessandria d’Egitto. Innanzitutto, questa città era un fondamentale punto di incontro tra cultura greca, romana, egizia, ebraica e persino indiana. Nel Physiologus, infatti, confluisce una tradizione di leggende e racconti molto antica e che recupera immagini già presenti, ad esempio, in Erodoto, Aristotele, Plinio il Vecchio, Plutarco e Bolo di Mendes. Zambon elabora un’ipotesi suggestiva, ovvero che il Physiologus sia la rara e preziosa testimonianza di un’opera di adattamento e di combinazione della dottrina cristiana con i misteri greci ed egizi[5]. Ad Alessandria, si sviluppò l’esegesi allegorica delle Scritture e della natura. L'intento del Physiologus è di sfruttare la descrizione delle caratteristiche di animali per illustrare gli aspetti della dottrina cristiana e questo si collega direttamente al tipo di esegesi praticata proprio ad Alessandria tra il II e il III secolo da autori come Clemente Alessandrino e Origene[6], importanti teologi cristiani. Inoltre, tre elementi legano ancora più strettamente questo opuscolo all’Egitto. Tra il II e il III secolo a.C., fiorisce lo studio dei geroglifici, soprattutto grazie a Bolo di Mendes e, molti anni più tardi, ad Orapollo e ai suoi Hieroglyphica. I geroglifici vengono interpretati, secondo la nota formula ermeneutica, come «espressione visibile dell’invisibile». Dunque, essi costituiscono un esempio di interpretazione simbolica della natura ben prima del Cristianesimo e proprio in quei luoghi in cui si dice sia stato scritto il Physiologus[7]. Poi, significativa per l’attribuzione è la presenza di alcuni animali caratteristici dell’Egitto. Vi sono capitoli relativi al coccodrillo, all’icneumone[8], all’ibis e alla mitica fenice, antichissimo simbolo egiziano di rinascita e resurrezione. Infine, in due occorrenze, l’autore dà un’indicazione temporale usando i nomi copti dei mesi[9].

Lo stigma dell'eresia

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Nonostante nel corso degli anni l’opera abbia ricevuto più volte lo stigma di opera eretica, molto probabilmente il compilatore appartiene alla più stretta ortodossia. Nei primi secoli del Cristianesimo, la linea di confine tra ortodossia ed eresia era molto labile e, con ogni probabilità, l’autore apparteneva ad un ambiente culturale in cui non vi era un confine netto tra queste. Inoltre, probabilmente, la sua dottrina piuttosto semplice non gli consentiva sottili discriminazioni teologiche. In ogni caso, non mancano elementi propri dello gnosticismo, ovvero alla corrente di pensiero propria di alcuni filosofi cristiani dei primi secoli che cercano di conciliare il cristianesimo con il platonismo, di concezioni simoniane e ofite e vi sono citazioni da testi apocrifi. Tuttavia, frequenti sono le esortazioni all’unità e all’obbedienza[10].

Il significato dell'opera

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Nihil ergo sine intentione intellectus de volatilibus et animalibus divine scripturae dixerunt.

[Nulla dunque le divine scritture hanno detto degli uccelli e degli animali senza presupporre un significato.]

Questa affermazione, contenuta nel capitolo relativo alla pantera, esplicita il concetto teologico alla base di questa opera. Il Physiologus non è una sintesi delle conoscenze scientifiche dell’epoca, ma, sulla base di un’idea platonico-cristiana, un’interpretazione della realtà fenomenica come immagine o simulacro di realtà sovrasensibili. L’intero universo diventa un enorme repertorio di simboli e un’incessante ierofania. In fondo, esso può essere letto come un liber naturae, che, come le Sacre Scritture, ha diversi piani di significato. Compito del Fisiologo è dare, oltre al significato letterale, immediato, della descrizione dell’animale, l’interpretazione allegorica e mistico-teologica di questo liber naturae. Il termine Fisiologo, quindi, non vuol dire - come intendiamo noi oggi - naturalista, esperto di scienze naturali, ma «esegeta della natura secondo i canoni della fede cristiana»[11]. Infatti, non importa se, in questa esegesi della natura, si mescolino animali reali e animali inventati: fondamentale non è il principio di realtà, ma il significato morale e teologico che si può trarre da queste creature[12]. Addirittura, a volte, le stesse nozioni naturalistiche vengono modificate e adattate all’esigenza dell’interpretazione allegorica. Ad esempio, la tradizione classica sapeva bene che il pellicano era un animale acquatico, tuttavia, per spiegare un versetto di un Salmo, diventa, nel Physiologus, un animale del deserto. Per questo, il Physiologus è tra le più popolari e più importanti opere didattiche della Cristianità.

L'interpretazione del Liber naturae

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Nell’antico simbolismo degli animali, non solo entro i limiti dell’Occidente cristiano, coesistono due punti di vista diversi, in apparenza contraddittori: secondo il primo gli animali, creature inferiori all’uomo e a lui soggette, si delineano come rappresentazione dei vizi e degli atti peccaminosi da cui l’uomo deve rifuggire se vuole elevarsi alla dignità del suo rango; secondo l’altro, sono invece gli esseri più aderenti alla norma naturale che governa il cosmo, e divengono quindi per l’uomo, oltre che esempi di virtù e di obbedienza, specchi purissimi della Volontà divina[13]. È così che la tortora è un animale da imitare perché fedele per tutta la vita al loro compagno, mentre l’astuzia della volpe non è tra le virtù di un buon cristiano. Molti animali, poi, divengono vere e proprie figure cristologiche. I cuccioli di leone che nascono morti, il pellicano che si squarcia il fianco per infondere nuova vita ai suoi piccoli e l’unicorno che si posa sul seno della vergine sono tutti ricondotti alla incarnazione, alla vita, alla morte e alla resurrezione di Cristo. Ad alcuni animali – come le formiche - vengono attribuite più nature, cosicché, sfruttando questa pluralità, possano essere dare più interpretazioni esegetiche.

La struttura dell'opera

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Questo paragrafo si basa sulle informazioni contenute in L. Morini, Introduzione, in Bestiari medievali, Torino 1996, pp. VII-VIII. L’attenzione data agli elementi naturali è diseguale. Il Fisiologo primitivo si compone di 48 o 49 capitoli nei quali prevale nettamente l’interesse per il mondo animale. Tuttavia, esso non può essere definito – come è stato fatto erroneamente – un bestiario proprio per la presenza di capitoli relativi a piante (l’albero peridexion, il sicomoro…) e pietre (il diamante, le pietre focaie…)[14]. Le diverse sezioni del testo non sembrano essere organizzate in base a un ordine preciso. Non c'è distinzione netta, ad esempio, tra i capitoli che si occupano degli animali e quelli relativi alle piante o alle pietre, poiché essi si susseguono senza un criterio definito. Vi sono, tuttavia, alcuni capitoli accostati per la similarità degli animali descritti o, talora, geminati. Per esempio, alla cornacchia segue la tortora, anch’essa uccello monogamo. In ogni caso, il fatto che l’opera non abbia una partizione razionale e ben determinata spiega sicuramente la libertà con cui essa fu trattata nel tempo e le differenze strutturali che si riscontrano tra i codici che la tramandano. Ogni capitolo prende, solitamente, avvio da una citazione dell’Antico Testamento in cui compare l’animale di cui si sta trattando. Esso è, poi, bipartito: alla parte di descrizione di una o più proprietà o nature è associata la parte che attribuisce a queste un significato simbolico. Entrambe le parti, sia quella scientifica che quella allegorica, hanno la stessa estensione. Tuttavia, è la seconda ad essere il vero fulcro dell’interesse. Ciò è dimostrato dalla lieve, ma netta preponderanza e dall’attenzione e dai rimaneggiamenti di cui è stata oggetto. Il capitolo si conclude con una frase del Nuovo Testamento, che può contiene ancora il nome dell’animale o che, più frequentemente, è legata al significato spirituale dell’intera storia[15]. Come è già stato detto, inoltre, non importa se le creature di cui si parla siano reali o no. Il criterio di selezione è che siano presenti nella Bibbia. Tuttavia, spesso, la presenza all’interno del testo sacro è dovuta, semplicemente, è un errore di traduzione dall’ebraico al greco. Così, compaiono animali che non esistono come il Formicaleone o ibridi della classicità come le Sirene. L’elenco delle voci, nella redazione greca più antica, è il seguente:

  1. Il leone
  2. La lucertola solare
  3. Il caradrio
  4. Il pellicano
  5. La nottola
  6. L’aquila
  7. La fenice
  8. L’upupa
  9. L’onagro
  10. La vipera
  11. Il serpente
  12. La formica
  13. Le sirene e gli ippocentauri
  14. Il riccio
  15. La volpe
  16. La pantera
  17. La balena
  18. La pernice
  19. L’avvoltoio
  20. Il leone-formica
  21. La donnola
  22. L’unicorno
  23. Il castoro
  24. La iena
  25. La lontra
  26. L’icneumone
  27. La cornacchia
  28. La tortora
  29. La rana
  30. Il cervo
  31. La salamandra
  32. Il diamante
  33. La rondine
  34. L’albero peridexion
  35. La colomba 35 bis. Le colombe
  36. L’idrope
  37. Le pietre focaie
  38. Il magnete
  39. Il pesce sega
  40. L’ibis
  41. La gazzella
  42. Il diamante
  43. L’elefante
  44. L’agata o la perla
  45. L’onagro e la scimmia
  46. La pietra indiana
  47. L’airone
  48. Il sicomoro

Questo paragrafo si basa sull’articolo: P. Cox, art. cit., p. 433. Max Wellmann, autore di uno dei più importanti studi sul Physiologus, afferma che è sorprendente il ruolo chiave che il Physiologus ha avuto nella letteratura, perché i suoi bassi contenuti, a suo avviso, riflettono il declino dell’intelletto. Forse, la risposta ce la dà un altro grande studioso di questo opuscolo. Secondo B. E. Perry, infatti, il Physiologus è stato scritto da «a simple man for simple people». Questa semplicità, conservatasi anche in tutte le traduzioni successive, è la caratteristica più rilevante dello stile di questa opera.

L'apparato iconografico

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Nulla di certo si può dire sulla originaria presenza di illustrazioni, benché appaia plausibile la nascita simultanea di testo e disegno in un’opera che, come afferma Richard de Fournival, poeta francese del XIII secolo, «tratta una materia che richiede immagini». Non risulta facile tracciare la storia dell’evoluzione dell’aspetto iconografico, per il serio ostacolo di una documentazione tardiva e lacunosa. Uno dei più antichi manoscritti in lingua greca illustrato è il manoscritto E. 16, disponibile in versione digitale, conservato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, risalente all’XI secolo[16]. Tuttavia, l’esame dei manoscritti greci e latini in cui compiano dei cicli illustrativi mostra che essi riproducono cicli di illustrazioni molto più antichi, di epoca paleocristiana.

La fortuna del Physiologus

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Il Physiologus è un fecondo repertorio di simboli per l’esegesi scritturale patristica, per la predicazione, per le arti figurative, e fonte di ispirazione per la lirica religiosa e profana, latina e romanza. Inoltre, il Physiologus è considerato l’archetipo di tutta la fiorente tradizione dei bestiari medievali latini, germanici, francesi e italiani tra il XII e il XIII secolo. Questi testi sono difformi tra loro per struttura, stile, toni e contenuti, ma risalgono tutti a questo primitivo Physiologus che tanta fortuna ha avuto nel corso dei secoli. Nel Rinascimento, poi, in modo improvviso e inspiegabile, cessa la circolazione di questa opera.

Le redazioni greche

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Vi sono tre redazioni del Physiologus in lingua greca:

  • Antica (II-IV secolo) in 48 o 49 capitoli;
  • Bizantina (V-VI secolo) in 27 capitoli;
  • Pseudo-basiliana (X-XI secolo) in 30 capitoli.

Già in queste prime redazioni greche, notiamo le linee di sviluppo che si avranno anche nelle successive rielaborazioni che porteranno a esiti molto diversi nei bestiari latini e romanzi successivi. La prima tendenza è la crescita dell’interesse naturalistico che porta alla separazione tra i materiali descrittivi e quelli allegorici. Questo interesse finirà per diventare preponderante, se non, addirittura, esclusivo. La seconda tendenza è la sostituzione dei simboli mistico-teologici con altri etico-morali. Le proprietà dei vari animali indicano quali comportamenti seguire e quali no. Questo insegnamento, contenuto già nella redazione antica, ma ancora inespresso, appare sempre più evidente nelle due redazioni greche successive. La terza tendenza è quella più dirompente e che avrà maggiori conseguenze: il graduale ampliamento di articoli e nature sulla base di fonti diverse[17].

Il Physiologus latino

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Le redazioni attualmente conosciute del Physiologus latino sono quattro[18]:

  • Versio A
  • Versio B
  • Versio C
  • Versio Y

Esse sembrano costituire quattro fasi diverse di traduzioni rispetto all’originale greco. Le due redazioni più vicine al testo greco sono la Y e la C. Il codice più antico da noi posseduto del Physiologus è il manoscritto Bern, Burgerbibliothek, Cod. 611 dell’inizio dell’VIII secolo. Esso riporta proprio i 49 capitoli della versio Y, di cui Francis J. Carmody ha fatto un’edizione critica[19]. La redazione C, di 24 capitoli, è rappresentata da soli due testimoni, tuttavia, uno di questi, il manoscritto Bern, Burgerbibliothek, Cod. 318è fondamentale, perché è il più antico codice miniato dell’opera. Esse, derivanti da modelli greci diversi, sono indipendenti l’una dall’altra, ma dimostrano diversi punti di contatto. Orlandi ipotizza che sia C la versione più antica, a cui si è ispirato il traduttore di Y, che andrebbe, così, fatta risalire al VI secolo o a un periodo ancora precedente[20]. Queste due versioni non sono molto diffuse e non lasciano tracce di rilievo nella produzione in volgare successiva.

La redazione A, trasmessa da un unico manoscritto[21], ha 36 capitoli.

Per il successivo sviluppo del testo, tuttavia, è fondamentale la versio B.[2] L’unica informazione certa che possediamo, relativa alla sua datazione, è legata al capitolo sulla pernice. Esso, infatti, contiene una citazione precisa di un passo dell’Exameron[22] di Ambrogio[23]. Dunque, il termine post quem, ovvero la data dopo la quale sicuramente l’opera è stata composta, è il 386 d.C.

La versio B, edita anch’essa da Carmody[24], ha un testo nel complesso più comprensibile di quello di C e Y, ma molto meno fedele al testo greco[25]. Essa è caratterizzata dall’eliminazione di alcune voci – i capitoli sono 36 o 37 - e dall’inserimento di nuove informazioni dovute al progresso degli studi scientifici. Inoltre, gli articoli riguardanti piante e pietre vengono concentrati in fondo all’opera.

La versio B è così vitale che i manoscritti che testimoniano le sue evoluzioni, sono divisi in quattro famiglie[26]. La prima famiglia manifesta la propensione all’ampliamento dei materiali. Ne fa parte la versio B-Is, nata dall’incontro tra la tradizione del Physiologus e un’opera enciclopedica fondamentale per il Medioevo, ovvero le Etymologiae di Isidoro (VI-VII sec.). In essa, le informazioni contenute nel dodicesimo libro di Isidoro, De animalibus - che aveva tra le sue fonti principali proprio il Physiologus - sono giustapposte ai capitoli della versio B. Capita, quindi, che le informazioni siano riportate due volte o che, addirittura, le nozioni contenute nella tradizione del Physiologus siano in contraddizione con la parte ricopiata da Isidoro. Nel capitolo riguardante l’unicorno, ad esempio, il Physiologus distingueva questo animale dal rinoceronte, cosa che Isidoro non fa. Coesistono, dunque, all’interno della stessa voce due nozioni provenienti da tradizioni diverse tra loro.

Tra i manoscritti appartenenti alla seconda famiglia, troviamo i bestiari veri e propri. Il numero dei capitoli risulta più che raddoppiato, con cospicui inserimenti di nozioni di Isidoro e da altre fonti enciclopediche classiche (come Plinio e Solino) e medievali. Si dilata anche il contenuto degli articoli tradizionali, che accolgono nuove nature. Queste aggiunte non sono sempre legate ad una interpretazione – in ogni caso, generalmente, moraleggiante e non più mistico-teologica -, ma anzi l’applicazione simbolica tende del tutto a scomparire. Questo testimonia l’interesse sempre maggiore per la parte naturalistico-descrittiva. Se la bipartizione dei capitoli aveva, spesso, impedito che questa tendenza comportasse una trasformazione radicale dell’opera, ora abbiamo una vera e propria metamorfosi, testimoniata dai manoscritti, tutti del XIII secolo, della terza e quarta famiglia, dovuta alle amplissime aggiunte da molte fonti, tra cui le enciclopedie contemporanee come quella di Bartolomeo Anglico.

Il Physiologus può dunque acquistare i connotati di un’opera enciclopedica e scientifica, mentre, in alcuni casi, finisce per diventare un immenso repertorio di simboli e metafore zoologiche a cui ognuno può attingere liberamente, attribuendo, poi, a questi significati diversi tra loro e rispetto a quelli originali.

Dalla versio B deriveranno anche i Dicta Chrisostomi e il Physiologus Theobaldi, in versi, entrambi databili all'incirca al secolo XI. Essi sono precoci emblemi della classificazione sistematica, la quale sarà sempre più necessaria data la mole ponderosa che questa materia acquisisce sempre di più. Queste ulteriori redazioni sono fondamentali per il passaggio ai bestiari romanzi: entrambi, infatti, eliminano i capitoli relativi a piante e pietre.

Altre traduzioni

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Dal secolo V, il testo è stato tradotto in diverse lingue come l’etiopico, il siriano, l’armeno. Successivamente, sarà tradotto anche in lingue nordiche. È il caso, ad esempio, del cosiddetto Fisiologo islandese antico, redatto dalla versio B[27].

I bestiari romanzi

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Questo paragrafo è basato sulle osservazioni di L. Morini, op. cit., pp. 365-368.

Se l’incontro tra il Physiologus latino e il sapere enciclopedico medievale ha portato allo sviluppo della moderna zoologia, un esito molto diverso si è avuto per quanto riguarda i bestiari romanzi. Essi, infatti, testimoniano ogni sorta di rielaborazione moralistica e letteraria. Questa evoluzione si è spinta tanto avanti da comporre, grazie a Richard de Fournival, i Bestiari d’amore. Il poeta francese, infatti, incrocia la materia relativa agli animali con i trattati di amor cortese. Il suo Bestiaires d'amours è il racconto autobiografico di un amore infelice, un discorso rivolto all’amata, in cui il poeta ricorda vari momenti e situazioni della loro storia e i comportamenti di entrambi. Richard associa le ragioni e le reazioni sue e della donna alle proprietà degli animali. Dunque, non vi sono più figure cristologiche, ma, ad esempio, la pantera, che si pensava che – come Cristo – attirasse a sé tutti gli animali con il suo alito dolce, diventa simbolo dell’amata e, tra gli animali che la seguono, c’è il poeta, il quale, una volta che l’ha fiutata, non può più abbandonarla.

Tutto ciò dimostra quanta fortuna abbia avuto il Physiologus e quanta strada abbia fatto questa operetta partita dall’Alessandria d’Egitto dei primi secoli.

F. J. Carmody (ed.), Physiologus Latinus: Éditions préliminaires, versio B, Parigi 1939.

F. J. Carmody (ed.), Physiologus Latinus. Versio y, in University of California Publications in Classical Phylology, XII (1941) 7, pp. 95-134.

F. Sbordone, (ed.), Physiologus, Milano, 1936.

Traduzione: F. Zambon, Il Fisiologo, Milano 1982.

  1. ^ Cfr. F. Mcculloch, Medieval Latin and French Bestiaries, Chapel Hill 1962, pp. 17-18.
  2. ^ F. Sbordone, Ricerche sulle fonti e sulla composizione del Physiologus greco, Napoli, 1936., p. 172.
  3. ^ Genesi 2, 19: Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome.
  4. ^ F. Zambon, Introduzione in Il Fisiologo, Milano 1982.
  5. ^ F. Zambon, op. cit., p. 27.
  6. ^ F. Zambon, Teologia del bestiario, in Museum Patavinum, II (1984), pp. 23-52, pp. 26-29.
  7. ^ F. Zambon, op. cit., p. 23 e F. Zambon, art. cit., pp. 24-25.
  8. ^ L’icneumone è descritto come acerrimo nemico del diavolo e, per catturarlo, si spalma di fango. Allo stesso modo Cristo si è coperto di sostanza terrestre per uccidere il drago Faraone, cioè il demonio.
  9. ^ F. Mcculloch, op. cit., p. 18.
  10. ^ F. Zambon, op. cit., pp. 16-17.
  11. ^ F. Sbordone, op. cit., p. 174.
  12. ^ Nel De doctrina christiana, Agostino sancisce la subordinazione delle scienze naturali alla teologia.
  13. ^ F. Zambon, op. cit., p. 11.
  14. ^ Precisamente, abbiamo la descrizione di 5 o 6 pietre e 2 piante.
  15. ^ P. Cox, The «Physiologus: A Poiēsis of Nature» in Church History, Vol. 52, No. 4 (Dec., 1983), pp. 433-443.
  16. ^ Questa è la datazione indicata da Francesco Sbordone e Luigina Morini. Tuttavia, secondo quanto riportato nella scheda del manoscritto, esso risalirebbe al XIII secolo. Cfr. M. L. Gengaro, A proposito delle inedite illustrazioni del Phisiologus greco della Biblioteca Ambrosiana, in Arte Lombarda, Vol. 3, No. 1 (1958), pp. 19-28.
  17. ^ Cfr. L. Morini, op. cit., pp. X-XI.
  18. ^ Cfr. F. Mcculloch, op. cit., pp. 22-25 e G. Orlandi, La tradizione del «Physiologus» e i prodromi del bestiario latino, in L'uomo di fronte al mondo animale nell'alto medioevo (7-13 aprile 1983), Spoleto CISAM 1985, pp. 1057-106.
  19. ^ F. J. Carmody (ed.), Physiologus Latinus Versio Y, University of California Publications in Classical Philology, XII (1933-44), pp. 95-134.
  20. ^ G. Orlandi, art. cit., pp. 1805-88.
  21. ^ Il manoscritto è il Brussels, Bibliothèque Royale de Belgique. 10074, f. 140v.-156v. X sec.
  22. ^ Commento esegetico sui sei giorni della creazione di Sant’Ambrogio, datato nel 386 d.C.
  23. ^ P.F. Moretti, Ambrogio e il Physiologus latino sulla vana astuzia della pernice: una noterella, in G. Zanetto, S. Martinelli Tempesta, M. Ornaghi (a cura di), Vestigia antiquitatis, Milano 2007, pp. 35-47.
  24. ^ F. J. Carmody (ed.), Physiologus Latinus. Editions préliminaires, versio B, Parigi 1939.
  25. ^ G. Orlandi, art. cit., p. 1077.
  26. ^ L. Morini, op. cit., pp. 6-7.
  27. ^ F. Iannello, Il motivo dell’aspidochelone nella tradizione letteraria del Physiologus. Considerazioni esegetiche e storico-religiose, in Nova Tellus, vol. 29, n.2, pp.151-200.

Cox, Patricia, The «Physiologus: A Poiēsis» of Nature in Church History, Vol. 52, No. 4 (Dec., 1983), pp. 433-443.

Mcculloch, Florence, Medieval Latin and French Bestiaries, Chapel Hill 1962, pp. 15-44.

Morini, Luigina, Bestiari Medievali, Torino 1996.

Orlandi, Giovanni, La tradizione del Physiologus e i prodromi del bestiario latino, in L'uomo di fronte al mondo animale nell'alto Medioevo, Spoleto, Centro Italiano di Studi sull'alto Medioevo, vol. II (1985), pp.1057-1106.

Zambon, Francesco, Il Fisiologo, Milano 1982.

Zambon, Francesco, Teologia del Bestiario, in Museum Patavinum, II (1984), pp. 23-52.

Collegamenti esterni

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Milano, Biblioteca Ambrosiana, E. 16 sup.

Bern, Burgerbibliothek, Cod. 611

Bern, Burgerbibliothek, Cod. 318

Versio B

Paris, Bibliothèque Nationale de France, lat. 17817

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