Utente:Lurens

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IO E IL MIO PAESE, MONTALTO DORA (TORINO - ITALIA)

1 Descrizione geografica e toponomastica

2 Preistoria

3 La conquista romana

4 Il Medio Evo

5 Il castello


1 Descrizione geografica e toponomastica

Montalto è il primo paese che si incontra dirigendosi da Ivrea ad Aosta e può sembrare strano che si chiami così. Infatti, nonostante il suo nome, il paese è situato in una zona completamente pianeggiante e, per arrivarci da Ivrea, si percorre un tratto di strada in discesa.

Montalto deriva certamente dal nome che i romani diedero al luogo fortificato che probabilmente già esisteva prima del loro arrivo, sulla sommità della collina dove ora c'è il castello. Dopo aver occupato militarmente quell'importante presidio i conquistatori mantennero la funzione che aveva avuto in precedenza e lo chiamarono "Praesidium Montis Altis". Così avvenne anche per altri luoghi fortificati: "Praesidium Montis Obstructi" ora Montestrutto, frazione di Settimo Vittone, e "Praesidium Montis Grandis" ora Mongrando, oltre la Serra, in provincia di Biella.

Al nome Montalto si aggiunse poi, per distinguerlo da altri paesi omonimi, il distintivo "Dora" nel 1885 - 1890, dopo l'inaugurazione della ferrovia Ivrea - Aosta.


2 Preistoria

E' documentato da ritrovamenti archeologici che già centinaia di migliaia di anni fa, nel Paleolitico Inferiore, l'uomo abitava le coste della Liguria di Ponente, ricche di grotte naturali. Questi cacciatori-raccoglitori risalirono nel corso dei millenni dal mare verso l'interno e, in periodi in cui il clima era favorevole, si insediarono anche nelle prealpi piemontesi.

In Canavese la più antica presenza umana documentata da reperti archeologici, ritrovati in una grotta chiamata "Boira Fusca", vicino a Cuorgnè nella valle dell'Orco, risale a 12.000 anni a.C. (Paleolitico Superiore). Sempre nella Boira Fusca sono state trovate punte di freccia, ceramica e resti di ossa che risalgono, secondo gli esperti, ad un periodo che va da 10.000 a 5.500 anni a.C.. Anche in altri luoghi del Canavese sono stati ritrovati dei reperti archeologici che attestano la presenza dell'uomo:

- resti di sepoltura e parti di collane datate 2.500 anni a.C. sempre nei pressi di Cuorgnè. - un'ascia di bronzo trovata tra Bienca e Chiaverano datata 1.500 a.C.. - Nel Lago di Viverone sono stati contati i resti di 5.250 pali che sostenevano le palafitte di un villaggio conficcati nel terreno in un periodo che va dal 1.400 al 1.100 a.C.. - A Piverone sono stati trovati forni per fondere il metallo e due forme di fusione per spade che risalgono almeno a 800 anni prima di Cristo.

Anche a Montalto sono stati trovati dei manufatti preistorici. Il più importante ritrovamento è quello più recente e risale a pochi anni fa quando, l'abbassamento artificiale del livello delle acque del lago Pistono, ha permesso il recupero di un deposito archeologico consistente in 4 asce di pietra verde levigata, resti di vasi "a bocca quadrata" e 5 pesi per rete da pesca. Il tipo di vaso ha consentito di stabilire la datazione al 5° millennio a.C.. Queste bellissime asce di pietra verde ed i pesi per le reti da pesca, li ho visti nel museo archeologico di Torino, nel mese di ottobre 1996, durante la mostra dal titolo "La pietra verde", organizzata dalla Soprintendenza Archeologica del Piemonte. Altri ritrovamenti preistorici a Montalto sono: - 3 "armille" di bronzo di epoca gallica, trovate vicino al castello nel 1898. Questi bracciali di diverse dimensioni e decorati con figure geometriche sono state datati circa 500 anni a.C.. - Circa nel 1870, durante l'estrazione della torba nel "lago Coniglio", dove ora ci sono le cosiddette "terre che ballano", è stata ritrovata una piroga, una spada e un'ascia di bronzo datate circa 800 anni a.C..


3 La conquista romana

I più antichi abitatori del Canavese di cui si hanno notizie documentate sono i Salassi, i quali occupavano anche tutta l'odierna Valle d'Aosta. L'origine di questo popolo può essere fatta risalire alle invasioni dei Celti (chiamati Galli dai Romani) che iniziarono nel V secolo a.C.. In quel periodo probabilmente la tribù gallica dei Salassi, si scontrò con il popolo dei Liguri che a quel tempo occupavano tutto l'odierno Piemonte meridionale ed estendevano la loro influenza sulla pianura a nord del Po, costringendoli a ritirarsi definitivamente a sud del grande fiume. Successivamente altre tribù galliche quali quelle dei Boi, dei Lingoni e dei Senoni valicarono le Alpi, per il passo del Gran San Bernardo. Attraversarono la Valle d'Aosta e si spinsero molto a sud, fin nelle odierne regioni dell'Emilia e delle Marche, dove si stabilirono. I Salassi vengono nominati per la prima volta dagli storici latini in occasione della discesa di Annibale, anche se essi non si allearono, come avevano fatto altre tribù galliche, con il condottiero Cartaginese per combattere contro Roma. Pertanto si può dire che i Salassi vivevano liberi nelle loro terre dedicandosi alla pastorizia, all'allevamento, allo sfruttamento delle miniere di rame, ferro, argento e all'estrazione dell'oro mescolato nella sabbia della Dora, dell'Orco e di altri torrenti. Plinio e Strabone, storici rispettivamente dei I e II sec. d.C. e Cassio Dione, storico del III sec. d.C. raccontano delle continue guerre tra i Salassi e le altre tribù galliche degli Ittimuli, padroni delle ricchisime miniere d'oro della Bessa, ed i Libui dell'odierna pianura vercellese. Queste contese fornirono sicuramente il pretesto ai Romani per intervenire. Ma sicuramente i Romani avevano altri motivi ben più importanti per intervenire e conquistare queste terre e cioè, memori dell'aiuto dato ad Annibale da molte tribù, assicurarsi il controllo dei valichi alpini del Piccolo e Gran San Bernardo e il dominio su tutta la pianura.

Nel 143 a.C. dunque Roma organizzà la prima spedizione contro i Salassi comandata dal console Appio Claudio Pulcro. Lo scontro andò malissimo per i Romani, che avendo sottovalutato il nemico, dovettero ritirarsi lasciando sul terreno 5.000 soldati. Questa terribile sconfitta suscitò a Roma grande impressione ed il timore che altre tribù ormai soggiogate potessero ribellarsi. Venne inviata una seconda spedizione meglio preparata e con forze più consistenti. Questa volta furono i Salassi ad essere sconfitti ed a lasciare sul campo di battaglia 5.000 morti. I Salassi inoltre dovettero cedere ai Romani le loro miniere, il controllo dei passi montani e della strada che portava ad essi. Per controllare meglio la strada per le Gallie nel 100 a.C. i Romani fondarono Eporedia e in seguito organizzarono, lungo tutta la strada delle Gallie, una serie di posti di controllo e, dove possibile, postazioni militari permanenti di vedetta e per eventuali interventi. Il Castrum Montis Altis poteva svolgere sicuramente questa funzione, per la sua particolare posizione strategica che permette di controllare un'area che va dalla pianura a nord di Torino ai confini con la Valle d'Aosta.

A Montalto l'unica, ma importante, traccia della conquista romana è l'acquedotto, costruito per rifornire la città di Eporedia, che si snoda tra le colline per almeno 5 dei suoi 7,5 Km di lunghezza. La portata dell'acqueotto era di circa 280 litri al secondo, pari a circa 24.000 metri cubi al giorno. Considerando anche che l'effettiva quantità di acqua che scorreva nel condotto fosse mediamente solo il 50% della portata, si può calcolare che in un anno ad Ivrea fosse rifornita di 4.365.000 metri cubi d'acqua. Considerando che il consumo odierno è di circa 4.000.000 di metri cubi all'anno, consumo relativo a 25.000 abitanti ed alle industrie e attività che si svolgono, si può dire che l'acquedotto riforniva acqua potabile in quantità più che sufficiente sia per soddisfare i bisogni degli abitanti che per alimentare le terme, far girare le macine dei mulini ed irrigare orti e giardini di tutta la città. L'acquedotto romano aveva origine nel "Maresco" di Bienca, frazione di Chiaverano, ai confini con Montalto. Il Maresco ora è una zona adibita sopratutto a prati per la produzione di foraggio che tende a diventare paludosa quando in primavera od in autunno vi sono piogge intense. Gli studiosi ritengono che il Maresco fosse un bacino naturale di raccolta delle acque alimentato però anche da una derivazione artificiale del torrente Viona che ha le sorgenti sul Mombarone. Dal Maresco iniziava dunque il condotto che si snodava tra le colline di Montalto, dove ancora oggi se ne trovano molte tracce, e arrivava nel territorio di Ivrea. Uno studio fu effettuato da G.Borghezio e G.Pinoli e nella relazione, pubblicata nel 1919, si legge che uscendò dalla città di Ivrea le prime tracce dell'acquedotto si trovano "dietro le case alte del Valentino in regione S.Antonio di proprietà dei Salesiani; nella cinta del giardino furono largamente utilizzati i massi di conglomerato che si trovano sotto, oltrepassato il primo tratto della strada vicinale di S.Pietro, nella proprietà Modina, e più sopra nelle ville Olivetti, Jona e Vitalevi". Probabilmente da S.Antonio l'acquedotto si diramava in più parti; una scendeva a Porta Aosta, anticamente chiamata Porta Fontana, un'altra, se la città doveva essere fornita d'acqua "per caduta" arrivava nella parte più alta dove ora ci sono la cattedrale ed il castello (dove secondo lo storico Benvenuti c'era fino al XVI secolo una fontana), per mezzo di un viadotto di cui però fino ad ora non si sono trovate tracce. Secondo lo storico Benvenuti una diramazione dell'acquedotto forniva l'acqua per il funzionamento di un mulino ai piedi del Monte Brogliero in quanto in un atto notarile del 1471 due proprietari si impegnano a mantenere in buono stato i condotti dell'acqua.

Naturalmente nel territorio di Montalto passava anche la strada romana delle Gallie. Del percorso antico non è stata trovata alcuna traccia. Con certezza la strada delle Gallie proveniva da Vercelli ed entrava ad Ivrea lungo l'attuale corso massimo d'Azeglio, seguiva la direzione delle attuali via Palestro, via IV Martiri, via S.Giovanni Bosco fino alla chiesetta di S.Antonio, nei pressi della quale nell'anno 1005 era stato edificato un Ospizio per dare ospitaltà ai pellegrini poveri che percorrevano quella importante strada. Dalla chiesetta poi, la strada delle Gallie continuava parallelamente alla strada attuale ma più spostata ad ovest di alcuni metri (di questo tratto sono state trovate tracce), e poi scendeva verso Montalto. Nel territorio di Montalto si può supporre che corresse molto più ad est, ai piedi delle colline, perchè in posizione leggermente più sopraelevata sarebbe stata al sicuro dalle inondazioni della Dora. Inoltre due toponimi coincidono e rafforzano tale supposizione. Il primo è località "la gablera" cioè la gabella, dove chi passa si deve fermare ad un controllo e pagare una tassa. Questa località a confine tra Montalto ed Ivrea si trova ai piedi delle colline, ad est dell'attuale strada statale. Il secondo è località "la munè". In francese "monnaie", che si pronuncia "monnè" significa moneta; e "ad monetam" in latino può significare appunto luogo in cui si deve pagare un pedaggio. Questa località si trova ai piedi delle colline a poca distanza dall'attuale sede del Municipio di Montalto; inoltre dalla piazza IV novembre, o piazza del Municipio, parte una strada che porta alle case più vecchie del paese e, costeggiando sempre le colline, a Borgofranco, anche qui nella parte più antica del paese. Continuando ancora verso la valle d'Aosta, sempre parallelamente alla attuale statale 26 ed ai piedi delle colline si attraversa San Germano nella zona dei "balmetti" e si giunge a Montestrutto, ovvero "Castrum Montis Obstructis", accampamento fortificato costruito dai Romani per arginare le scorrerie dei Salassi. Negli ultimi anni del secolo scorso e una seconda volta nel 1915 in regione Balme di Montalto, a est della statale per Aosta e a poche centinaia di metri dalla regione detta Gablera furono trovate due tombe medievali le cui pareti erano però costruite con materiale romano. Gli studiosi ritengono che in questa località situata lungo la via che conduceva ad Augusta Praetoria, esistesse una necropoli romana.


4 Il Medio Evo

Le vicende di Montalto seguirono naturalmente quelle della vicina Eporedia e quindi, terminata la dominazione romana, si susseguirono, nei primi secoli del Medio Evo, le dominazioni degli Eruli, degli Ostrogoti, dei Longobardi, dei Franchi, dei Marchesi di Ivrea e di Arduino d'Ivrea, re d'Italia nell'anno 1002. Il documento più antico in cui viene citata la "Valle Montaldi" è del 1041; in due atti di vendita del 1163 e 1183 vengono citati i feudatari Filippo e Guido Foglia di "Monte Alto". La storia di Montalto è legata alla storia del castello e a quella della Chiesa di Ivrea di cui era feudo. Fino all'inizio del XIV secolo vi furono continue lotte tra la crescente potenza del Comune di Ivrea, la Chiesa di Ivrea, il Comune di Vercelli, i Marchesi del Monferrato ed i Conti di Savoia. Dal 1200 al 1300 circa, i vescovi Oberto di San Sebastiano, Giovanni di Barone e Federico di Front, furono le personalità che si distinsero maggiormente per la loro forza nel conservare il patrimonio della Chiesa, alleandosi con il Comune di Ivrea contro gli attacchi del Comune di Vercelli. Nel 1202 si fa la prima menzione scritta dell'esistenza del castello di Montalto in un atto notarile e la bolla papale di Onorio III del 1223 conferma che il feudo di Montalto era di proprietà della Chiesa di Ivrea. Nei documenti si riscontra che non vi fu un'unica dinastia a dominare su Montalto ma un susseguirsi di famiglie varie di vassalli, tra le quali: i Suzo di Settimo, i Foglia, i Recagno, gli Schiena, i De Pertusio, i Console, i Pineto, gli Oro di Valperga, i discendenti di Corrado di Settimo, di Florio di Gatinayra e di Ardrico di Montalto. Nel 1318 i vescovo Gonzaga cedette il castello a Ruggero Talliandi e Ubertino de Stria i quali, poco dopo, lo vendettero al conte Amedeo V di Savoia per la somma di 1000 libbre imperiali. Dal 1320 il castello divenne una dei maggiori centri di azioni operative tese al rafforzamento dei Savoia nel Canavese. Per questo motivo negli anni 1338-1341 fu rinforzato con una torre più grande e più forte e con un maggior numero di armati. Quanto il castello fosse importante anche militarmente Š dimostrato dal fatto che un tentativo di farlo cadere nelle mani dei Signori di Milano, finì con l'impiccagione dei colpevoli del tradimento, avvenuta nel 1344 ed eseguita con l'intervento di altri 30 uomini armati inviati appositamente dal castello di Bard. Gli ultimi 30 anni del XIV secolo furono caratterizzati dalle guerre tra il Marchese di Monferrato ed i Conti di Savoia, nel 1403 il Marchese abbandonò Ivrea ed i Conti di Savoia diventarono i signori indiscussi di Ivrea e di tutta la Valle di Montalto. Nel 1404 Amedeo VIII di Savoia per la somma di 3500 fiorini nomina feudatari di Montalto i fratelli Giovanni, Andrea e Antonio de Jordanis, famiglia originaria di Settimo Vittone. A questi nuovi Signori viene anche concesso il potere giudiziario ed il diritto di erigere forche e patiboli. Ibleto e Bonifacio di Challant risultano tra i firmatari dell'atto di investitura avvenuto a Chambery. I nuovi Signori dovettero risolvere una questione con il notaio Antonio di Riparolio dei Conti di San Martino, il quale vantava diritti su prati, boschi vigne e terreni incolti siti nel feudo di Montalto nelle località "Monte Modricii, Lago Negro, La Sala, Ad Vulnum, Crestonetto, Ai Quartieri, In Balmis. Risolte queste questioni i De Jordanis si occuparono di dotare di una forte cinta muraria il castello e di costruirne nuove parti. La costruzione di tali opere, cioè il castello come ci appare oggi, avvenne quindi intorno al 1410-1415. C'è certezza di questa data perchè durante una causa del 1475 tra il vescovo di Ivrea Giovanni di Parella ed i signori De Jordanis vennero ascoltati come testimoni, molti anziani di Montalto e altri paesi vicini. Tra questi vi furono: Giovanni Crota, Giovanni Canali, Martino de Ognio, tutti di Chiaverano; Giacomo de Cagnis di Lessolo; Pietro De Raynerio, Martino de Aymonino, Francesco De Nigro, tutti di Montalto; Giacomo Brolio e Domenico Ferrando di Borgofranco. Tutti questi anziani, avendo prestato servizio di guardia nel castello, o conoscendo bene i luoghi ed i fatti, dichiararono che per loro conoscenza diretta erano certi che i lavori di ampliamento e fortificazione erano stati fatti eseguire dai legittimi proprietari, Signori De Jordanis, e che prima di tali lavori, esistevano solamente la torre quadrata chiamata "Chiaverana", la chiesetta ed il campanile. Nel 1505, per problemi di successione, il castello fu occupato da uomini armati inviati dai Signori di Vallesa e di Introd, che pretendevano parte di quei possedimenti, ed infatti le propriet… furono divise tra le varie famiglie pretendenti. Comincia così la decadenza del Castello di Montalto, diviso e conteso tra molte famiglie. Parte del castello e delle sue pertinenze fu acquistata nel 1530 dal conte Renato di Challant, nel 1560 una parte fu acquistata da Bernardo Gnerro di Montalto, nel 1565 i signori Gamacchio Michele di Bard e Carlo Vuillet di St.Pierre ne acquistarono altre parti. Nel 1568 l'ultimo discendente dei Signori De Jordanis, Francesco, possedeva ancora "un quarto del castello di Montalto, cioè una sala bassa, grande e rovinata, camere presso la sala, metà di una cantina; un quarto di tutti i tributi, laghi, acque, boschi, monti, pedaggi e gabelle ed inoltre un quarto "di altri beni, case e casolari siti in Montalto in varie località, tra le quali: La Torre, il Vernetto, Lago Negro, Lago Prinprisa, il Pescaur, Alla Costa, ai Quartieri". Nel 1662 Francesco Bayletti diventa proprietario dei beni dei De Jordanis pagando la somma di lire 600. Nell'atto notarile si parla ancora di ingressi e cortili rovinati, della torre quadrata, della sala grande rovinata. Nel 1691, una sentenza della Camera dei Conti del Piemonte, stabilisce che il castello di Montalto, ormai in rovina, e tutte le pertinenze del castello, diventino propriet… del re, Vittorio Amedeo II. Nel 1712 il re Vittorio Amedeo II dà l'investitura del feudo e del castello di Montalto al barone Filiberto Antonio di Vallesa sotto forma di dono "con avere, negletta la propria salute, sostenuto l'impeto de' cavalli che, abbandonati dal cochiere, conduccevano a briglia sciolta la carrozza in cui trovavansi gl'istessi prencipi, che siagli, coll'aiuto del cielo, riuscito di sottrargli dall'evidente pericolo che correvano e rapportarne il tanto lodevole intento della loro salvezza, a costo d'una irrimediabile e sè notoria indisposizione in cui è caduto della sua persona". Nel 1823 morì l'ultimo discendente maschio dei Vallesa. Il castello e tutti i beni della famiglia passarono al nipote Alessandro Roero di Guarene. Nel 1885 proprietario del castello e della villa signorile costruita ai suoi piedi divenne il conte Severino dei Baroni di Casana. Nel 1940 la villa ed il bellissimo parco, soggiorno estivo dei Casana, già esistente nel 1700 e fatta ampliare e abbellire nel 1818 dal conte Alessandro Vallesa, venne venduta al Convento delle suore Benedettine di San Michele di Ivrea. Il castello veniva venduto nel 1946 a vari proprietari, tra i quali i Signori Renacco Battista e Aimonino Giovanni di Montalto. Attualmente il castello è proprietà degli eredi del conte Umberto Allioni di Brondello, morto per un incidente aereo il 30 marzo 1973.

Da documenti conservati in biblioteche ed archivi (sono soprattutto atti notarili od elenchi di proprietà) oltre alle date ed ai nomi, si possono ritrovare piccoli fatti che aiutano a capire come si viveva un tempo. Oltre a quanto sopra esposto, per descrivere la storia di Montalto e del suo castello, è perciò interessante riportare alcune altre notizie:

Il 24 agosto 1193 i notai Ambrogio, Ansiso e Rufino, predispongono un atto in cui Amedeo e Guido Foglia di Montalto e Corrado di Settimo, per ordine di Guido, vescovo di Ivrea, giurano di tutelare le persone ed i beni del Comune di Vercelli e dell'Episcopato di Ivrea, di proteggere i viandanti che attraversano le loro terre e soprattutto il passaggio delle mole (macine).

Il 29 luglio 1213 Pietro di Montalto dichiara di essere cittadino di Ivrea. Promette ai consoli del Comune eporediese di sottoporsi agli obblighi ai quali sono tenuti i cittadini e di acquistare una casa in Ivrea entro tre mesi, casa da destinare a propria abitazione.

Il 3 dicembre 1236 il podestà Arduzzone di San Martino minaccia dell'ammenda di 100 soldi, qualora non si presentasse entro 3 giorni, Giliet Bastardo, figlio del Signor Bonifacio di Montealto, avendo colpito con il coltello Perrono del Mercato, procurandogli una ferita.

Il 30 dicembre 1236 nel comune di Settimo, il notaio Guglielmo predispone un atto nel quale viene stabilito ciò che i Signori della valle di Montalto devono fare e dare al Vescovo di Ivrea quando accompagnerà a Roma l'imperatore di Germania per l'incoronazione. Le spese sono così ripartite: - i Signori di Vallesa daranno un asino con la sella per l'uomo che accompagner… il Vescovo (le spese per l'accompagnatore sono a carico del prelato); - Torre Daniele 20 soldi; - Sant'Eusebio di Montalto 20 soldi; - San Lorenzo di Settimo 40 soldi; - San Pietro dei Castagneti 10 soldi.

Il 18 dicembre 1249 Corrado di San Sebastiano, Vescovo di Ivrea, d… l'investitura a Guglielmo Drous di Valperga delle terre e delle possessioni che sono feudo della Chiesa, con eccezione della zona fuori delle mura del castello, per una distanza pari a quanto può essere lanciata una freccia dalle mura e tutto intorno, da un balestriere, perchè quella parte era considerata piena proprietà dello stesso Guglielmo.

Nel 1337, in seguito a minacce dei Monferrini, furono dati ai castellani di Montalto Giovanni di Caluso e Andrea de Cognino 55 fiorini d'oro di Firenze affinchŠ si costruissero nuove difese per il castello.

Il 14 gennaio 1341, Aymone conte di Savoia invia al castellano di Bard il seguente messaggio: "Vi ordiniamo, di nostra piena volont…, che immediatamente scegliate e mandiate presso il nostro castello di Montalto, 6 buoni clienti armati di ferro e bene muniti di balestre ed arnesi opportuni e tre gayte (guardie); ai quali clienti e gayte pagherete gli stipendi necessari per un anno intero al prezzo migliore che potrete ottenere e vi ordiniamo di mettere detti stipendi nel vostro primo conto".

Da inventari depositati presso gli archivi di Stato risulta che nel 1419 nel castello di Montalto erano presenti 2 bombarde, 1 rubbo (circa 300 Kg.) di polvere da sparo, stoppini per far esplodere la polvere e numerose pietre arrotondate utilizzate come proiettili.

Dai registri parrocchiali delle nascite e delle morti più antichi e che risalgono al 1621, risulta che le famiglie più vecchie, oltre ai Gnerro ed ai Gamacchio gi… presenti nel 1560 e 1565, sono i Gianotti, Pesando, Berton Giachetti, Chiaverotti, Gallo, Quagliotti, Perotti, Renacco, Guglielmi, Giacasso, Borra, Aimonino e Burbatti.


5 Il castello

Il fortissimo castello di Montalto, che svolse la sua funzione di palazzo e fortezza inaccessibile, specialmente sotto i Signori De Jordanis dal 1400 al 1500, è ancora oggi uno dei più imponenti di tutto il Canavese. Si accede al castello dal lato nord attraverso un portone inserito in un'antidifesa, cioè un muro posto a protezione del piede delle mura del castello vero e proprio, che è ancora distante parecchie decine di metri. Entrati in questa specie di cortile, ci si trova chiusi da tutti i lati e, per poter entrare nel cortile interno della fortezza, bisogna percorrere un viottolo in leggera salita stretto tra le mura del castello ed un altro muro esterno. Eventuali assalitori, per poter raggiungere il portone d'accesso vero e proprio, posto sul lato est, dovevano superare tre compartimenti stagni divisi da tre robuste porte. Questo percorso obbligava gli assalitori ad esporre il fianco destro, non riparato dallo scudo, al tiro dei difensori, disposti sulla sommità delle mura e della torre quadrata.

Il quadrilatero irregolare del castello è costituito da muri di pietrame alti circa 14 metri che hanno uno spessore di m. 1,45 alla base e m. 1,10, il perimetro del quadrilatero è di circa 175 metri. Il camminamento di ronda, protetto da merli a coda di rondine, prosegue all'interno delle tre torri pensili, della grande torre rotonda che scende fino a terra e del mastio, attraverso due porticine di entrata e di uscita che all'occorrenza potevano essere sbarrate.

Entrando nel castello a destra c'è un'antica chiesetta con un affresco molto rovinato che raffigura una Madonna con il Bambino. A sinistra il casotto del corpo di guardia, nel cortile una cisterna per raccogliere l'acqua. Sul lato sud al piano terreno vi sono dei cameroni che probabilmente servivano da magazzino e al primo piano altri cameroni per i soldati.

Sul lato nord spicca il mastio; è alto circa 20 metri e misura m. 8 per m. 9,20 di lato. I piani interni, come quelli della grande torre rotonda, erano tutti di legno e si accedeva ad essi con scale a pioli che, in caso di necessità potevano essere sollevate al piano superiore.

Nella parte ovest del castello ci sono gli appartamenti del signore. Le quattro camere a piano terreno sono a differente livello e sono raccordate tra di loro con dei gradini, la più grande misura 127 mq.; una quinta camera è quasi sotterranea al mastio e probabilmente serviva da prigione. Una scalinata esterna porta al piano superiore del mastio ed alla sala baronale. Questa è la camera principale del castello, dove il signore intratteneva gli ospiti importanti. E' un salone rettangolare con i lati che misurano metri 10 e 16 e alto più di 5 metri. Sulla parete nord del salone vi è un enorme camino che misura circa tre metri e una bellissima finestra bifora con colonnina e stipiti di pietra. Il pavimento era in semplici mattonelle di cotto ed il soffitto in enormi travi di legno sorretti da mensole di pietra.

by Lurens 13:49, Mag 18, 2005 (CEST)

(frase del giorno: "L'uomo è il computer più straordinario di tutti. (J.F.Kennedy)")