Utente:Lupo rosso/Sandbox/prova portale Antifascismo

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https://www.italiaoggi.it/archivio/palmiro-togliatti-organizzo-in-spagna-a-nome-e-per-conto-di-stalin-il-massacro-delle-opposizioni-anarchiche-1948849


sopra i massacri di anarchi e poum organizzai da togliatti nelle guerra di aSpagna

http://www.imfi-ge.org/wp/ http://libertariam.blogspot.com/2017/09/arte-teatro-e-unconcorso-al-centro.html

sotto su GIUSEPPE DI VITTORIO e Arditi del Popolo


http://www.nn-media.eu/index.php?option=com_content&view=article&id=28:gli-arditi-del-popolo-e-la-difesa-proletaria&catid=8&Itemid=109


https://www.anarcopedia.org/index.php/Arditi_del_Popolo da Repubblica


https://parma.repubblica.it/cronaca/2019/01/02/news/gli_arditi_del_popolo_tornano_sulle_barricate-215654976/

http://www.comunismoecomunita.org/wp-content/uploads/2010/04/Arditi_del_popolo.pdf

https://www.storiaememoriadibologna.it/arditi-del-popolo-250-organizzazione

https://www.marxists.org/italiano/gramsci/21/arditi.htm

sotto link a Arditi del Popolo e saluto di Lenin per la formazione degli Arditi del Popolo e la approvazione di Gramsci degli Arditi del Popolo


http://www.avantionline.it/gli-arditi-del-popolo-e-il-bluff-di-mussolini/ carteggio

churchill-mussolini

link sotto

https://www.ilgiornale.it/news/cultura/churchill-mussolini-ecco-nuove-prove-mitico-carteggio-982623.html

il carteggio compromettente per il quale

Churchill ordinò di uccidere benito mussolini link sotto https://www.lastampa.it/cultura/2010/09/03/news/lettere-compromettenti-ecco-perche-br-churchill-ordino-l-uccisione-del-duce-1.36999746

frase di Argo Secondari durante la fondazione degli Arditi del Popolo „Fino a quando i fascisti continueranno a bruciare le Case del popolo, case sacre ai lavoratori, fino a quando i fascisti assassineranno i fratelli operai, fino a quando continueranno la guerra fratricida gli Arditi d'Italia non potranno con loro aver nulla di comune. Un solco profondo di sangue e di macerie fumanti divide fascisti e Arditi. (Dichiarazione all'assemblea degli Arditi del Popolo del 27 giugno 1921, riportata da "Umanità Nova", Roma, 29 giugno 1921) Fonte secondaria?“

Origine: https://le-citazioni.it/autori/argo-secondari/ da

https://le-citazioni.it/autori/argo-secondari/

http://www.imfi-ge.org/wp/ http://libertariam.blogspot.com/2017/09/arte-teatro-e-unconcorso-al-centro.html sotto link a Guido Picelli nalla guerra di Spagna https://www.sitocomunista.it/movimentooperaio/spagna/picelli.html

https://culture.globalist.it/storia/2020/01/03/parma-ricorda-guido-picelli-antifascista-ucciso-nella-guerra-di-spagna-2051152.html

http://www.aicvas.org/2016/01/11/iniziativa-su-guido-picelli-e-la-guerra-civile-spagnola/

https://culture.globalist.it/storia/2020/01/03/parma-ricorda-guido-picelli-antifascista-ucciso-nella-guerra-di-spagna-2051152.html


https://parma.repubblica.it/cronaca/2019/01/02/news/gli_arditi_del_popolo_tornano_sulle_barricate-215654976/


https://www.carc.it/2019/04/01/gli-arditi-del-popolo/

sotto storia Festa 25 Aprile

https://www.quotidiano.net/cronaca/festa-della-liberazione-25-aprile-1.5107584

sotto :Siamo i Ribelli famosa canzone Partigiana https://www.google.com/search?sa=X&rlz=1C1CHBF_itIT884IT884&q=%C3%9Cstmam%C3%B2+Siamo+i+ribelli+della+montagna&stick=H4sIAAAAAAAAAIWST4vTQBTATaHqTruyjBeJsoQepLekiRm7XkVPLoLbe5hMJtmJ86fJjE1bWPwGHjzrRTyKoF9hTy4I4sGLIOJB8Bt4tBXbDCJ4Gd5v3nu_9wbmYnfQ9wt_VMVlNCqbOLxKsFwqybwprg0rGJbUYwbzdXDm_K7VQcyDJkAtahmQ-Zmzu8ZROiZkXC3TDZNIaIKE3OZncdPoIrQ4QeGNjW6zidU-FXkyt8oNn6fGGhenNZq2eRTMKl20uuKYJzN7OmritE2TiIT2Mgs0zqL2bU2V3yyt6lF6ELWYx4GwMMxNUra9UicIWeplxY8ffnNed3p7P35-uey-7Dx99e6T87wD9u4ppSlfPKAcG5pNFLwOzt-RhpkFvAZ23R1f-MFYmzwYnnN7oEX41QG9I2om6lBlLF_ADw587_zDN9z69sElF6wFYVrWvFkJ-8Bi-OQv42N4AnYOqUhpre_ncALAbcU5JYYpCe-Cgbvvk-2FX1Oi6ozJIiH8kTarntUAD_ynZuCGVz5-__ymC8GFPz_w1ibov-gOT59pI7A4fesdMSyUx7yapZRz5mWrE3tCSYMLiX8B1FHldtACAAA&ved=2ahUKEwjZ4sLRiYPpAhWSy6QKHdUMCo4Qri4wJ3oECBEQPA

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Ci sono le Brigate internazionali e, tra queste, c'è la Brigata italiana, che si scontra con i volontari fascisti inviati da Mussolini al soccorso del generalissimo Franco. George Orwell milita nelle brigate del Poum, trotzkiste e antiproletarie agli occhi di Mosca ma nemiche del vero bolscevismo agli occhi di Trotzky, che ne denuncia il riformismo dal lontano Messico, dal quale dirige il minuscolo e anche un po' ridicolo gruppo locale della Quarta Internazionale, che non conta nulla e nessuno se lo fila. Ci sono i commissari politici, i consiglieri militari e le spie di Mosca. Tra loro c'è Palmiro Togliatti, all'epoca leader dell'Internazionale stalinista, che pianifica e organizza per conto del Padrone, come in Russia chiamano Stalin, il massacro puro e semplice delle opposizioni anarchiche e antistaliniste, sul modello dei processi che da un anno si stanno celebrando a Mosca.

da



https://www.italiaoggi.it/archivio/palmiro-togliatti-organizzo-in-spagna-a-nome-e-per-conto-di-stalin-il-massacro-delle-opposizioni-anarchiche-1948849


"Per secoli è stata celebrata come se fosse una storia di successo per l’intero pianeta. Ancora nel 1992, in occasione del cinquecentenario, in tutto il mondo si sono organizzate celebrazioni solenni. Il 12 ottobre rimane conosciuto nel mondo come il Columbus Day, ricorrenza che negli Usa è festa nazionale. Tra le tante pagine oscure della storia poche hanno goduto di una falsificazione tanto sfacciata quanto il genocidio dei nativi americani, dove i crimini commessi sono stati non solo rimossi ma anzi invertiti di senso e glorificati. Solo da pochi anni, a oltre mezzo millennio di distanza, si fa luce sulla vera storia della conquista delle americhe. La pagina più nera nella storia della civiltà occidentale." da sotto https://www.dolcevitaonline.it/la-vera-storia-del-genocidio-dei-nativi-americani/



"Il massacro di Wounded Knee del 29 dicembre 1890 è il nome con cui è passato alla storia un eccidio di Miniconjou, un gruppo di Lakota Sioux, da parte dell'esercito degli Stati Uniti d'America nella valle del torrente Wounded Knee (letteralmente Ginocchio Ferito). Ordinò il fuoco a seguito di un gesto dello sciamano Uccello Giallo che guidava la danza e che lanciò in aria una manciata di polvere secondo il rituale della Danza degli Spiriti.

153 furono gli indiani (soprattutto donne e bambini) che persero la vita a Wounded Knee, gran parte dei feriti morirono invece assiderati cercando di allontanarsi dal luogo del massacro. Venticinque soldati furono uccisi, molti probabilmente vittime accidentali dei loro compagni.

Gli ufficiali responsabili della strage furono ricompensati con venti medaglie al valore militare."

sopra da

https://www.infoaut.org/storia-di-classe/29-dicembre-1890-il-massacro-di-wounded-knee

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"LA RESISTENZA ITALIANA > LA RESISTENZA DEI MILITARI > LA RESISTENZA DEI MILITARI ITALIANI IN JUGOSLAVIA La divisione Isonzo in Slovenia Le divisioni più vicine al territorio italiano, come quelle dislocate in Slovenia, cercarono, dopo l'armistizio, di rientrare in patria, ma le marce di interi reparti si concludono spesso nelle strettoie di Fiume e del Carso triestino, dove i tedeschi rastrellano grandi quantità di uomini e li avviano ai campi d'internamento. Per alcuni, però, le zone boschive della Slovenia sono i luoghi per tentativi, spesso riusciti, di sfuggire alla cattura e conservare le armi. Esemplare il caso del generale Guido Cerruti, comandante della divisione Isonzo, che si unisce ai partigiani in Slovenia e combatte da semplice soldato fino al 28 settembre, quando viene fatto prigioniero (I. Muraca, I partigiani all'estero: la Resistenza fuori d'Italia, in E. Collotti, R. Sandri, F. Sessi, Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2006, p. 466; E. Aga Rossi, M.T. Giusti, Una guerra a parte. I militari italiani nei Balcani, Bologna, Il Mulino, 2011, p. 607, n. 197. Cerruti è inserito nella lista dei criminali di guerra presentata alle Nazioni Unite nel 1948, per fatti relativi al periodo precedente l'armistizio" da vedere link sotto

https://www.anpi.it/storia/126/la-divisione-isonzo-in-slovenia


vedere pure


http://www.criminidiguerra.it/ElenCrimDett.shtml.


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 "I genocidi inglesi mediante carestie uccisero decine di milioni di persone.

Lo statista americano Lyndon LaRouche e i suoi collaboratori nel mondo ripetono continuamente una verità assai sgradevole ma essenziale per capire ciò che accade nel mondo: gli imperi finanziari di Wall Street e della City di Londra cercano, con la copertura di una politica “rispettosa” dell’ambiente e del clima, di riportare la popolazione mondiale al di sotto dei due miliardi di abitanti.

È una nostra fissazione, degna dei complottisti? Nient’affatto, poiché la storia è piena di esempi che mostrano come l’Impero Britannico in modo particolare abbia organizzato dei genocidi, cioè abbia provocato la morte di decine di milioni di persone non per quel che avevano, ma per quel che erano. Nei libri di scuola questa verità non trova ancora lo spazio necessario, ma non tarderà a comparirvi. Nessuno in Europa, per esempio, nega gli accadimenti in Irlanda, tra il 1845 e il 1852, ricordati alla voce della “grande carestia delle patate” e l’emigrazione che questa provocò, riducendo di un quarto la popolazione iniziale.

Ancor peggiore fu la grande carestia che colpì il Bengala, documentata da Ramtanu Maitra sull’Executive Intelligence Review del 3 luglio 2015.


Vittime della carestia provocata da Winston Churchill, in Bengala, nel 1943.


“Odio gli indiani”, disse a Leopold Amery, Segretario di Stato per l’India, “sono un popolo bestiale con una religione bestiale […] Si moltiplicano come conigli”. A una richiesta urgente di cibo per l’India, rispose: “Se davvero il cibo è così scarso, per quale ragione Gandhi non è ancora morto?”


Ritratto di parte della famiglia del barone Robert Clive, con serva indiana, dipinto da Joshua Reynolds nel 1765.


"I coloni britannici fecero morire di fame oltre sessanta milioni di indiani. Perché? di Ramtanu Maitra

"La mancanza cronica di cibo e acqua, la mancanza di igiene e di assistenza medica, la trascuratezza nei mezzi di comunicazione, la povertà delle misure educative, l’onnipresente spirito di depressione che vidi di persona, prevalente nei nostri villaggi dopo oltre un secolo di dominio britannico, mi fa perdere ogni illusione sulla loro benevolenza." Radindranath Tagore

"Se la storia del governo britannico dell’India fosse condensata in un singolo fatto, questo sarebbe che in India non vi fu alcun aumento di reddito procapite dal 1757 al 1947." Mike Davis, "Late Victorian Holocausts: El Nino Famines and the Making of the Third World", London, Verso Books, 2001.

Churchill, spiegando perché difendesse l’accumulo di cibo in Gran Bretagna, mentre milioni di persone morivano di fame in Bengala, disse al suo segretario privato che “gli hindu sono una razza sudicia, protetta grazie alla sua continua riproduzione dal destino che merita”. Madhusree Mukerjee, "Churchill’s Secret War: The British Empire and the Ravaging of India during World War II", New York: Basic Books.

Durante i centonovant’anni di saccheggio e di sfruttamento per mano britannica, il subcontinente indiano subì una dozzina di grandi carestie, che nel loro insieme uccisero milioni di indiani di ogni regione. Quanti milioni di indiani perirono in questo modo non è facile da stimare con esattezza, tuttavia i dati forniti dai dominatori britannici indicano che potrebbero essere sessanta. Ovviamente, la cifra reale potrebbe essere di gran lunga superiore. Gli analisti britannici imputano alla siccità il crollo della produzione agricola che portò alle carestie, ma questa è una mera menzogna. I britannici, impegnati nelle guerre in Europa (e altrove) e nell’impresa coloniale in Africa, esportarono grano dall’India per sostenere le proprie operazioni militari, causando così la penuria di cibo in India. Gli abitanti che si trovarono a vivere nelle zone colpite delle carestie vagavano senza meta, ridotti a scheletri ricoperti di pelle, e morivano a milioni."


Una politica sistematica di spopolamento. Benché non esistano censimenti accurati, nell’anno 1750 la popolazione indiana era intorno ai centocinquantacinque (155) milioni. Quando ebbe fine il dominio britannico, nel 1947, la popolazione dell’India non ancora divisa era intorno ai trecentonovanta (390) milioni. In altre parole, durante i centonovanta anni di saccheggio e di carestie organizzate, la popolazione crebbe di duecentoquaranta (240) milioni. Dal 1947 e per sessantotto (68) anni la popolazione del subcontinente indiano (India, Pakistan, Bangladesh) andò crescendo fino a raggiungere quasi il numero di un miliardo e seicento milioni. Nonostante la povertà e i difetti nella sua economia, con l’indipendenza dall’Impero Britannico la popolazione aumentò di un miliardo e duecento milioni di persone in quasi un terzo del tempo. I dati mostrano che in questo ultimo periodo il subcontinente indiano fu colpito dalla siccità in alcune regioni, ma senza che questa si trasformasse in carestie. Ciò non toglie che la carenza di cibo e di sistemi di distribuzione di generi alimentari ancora uccida migliaia di persone ogni anno. È da notare anche che prima che gli scarponi britannici calcassero il suolo indiano la carestie che pure si ebbero, furono registrate con molta minore frequenza, intorno a una per secolo. Da ciò si evince che non vi furono ragioni naturali delle carestie durante il controllo coloniale. Esse si ebbero soltanto perché l’Impero le progettò, con l’intento di rafforzarsi con il saccheggio e l’adozione di una politica di spopolamento non dichiarata. La ragione fu quindi la convinzione che questa politica avrebbe ridotto i costi del controllo imperiale sulla regione. Consideriamo il caso del Bengala, la parte orientale del subcontinente in cui la Compagnia Britannica delle Indie Orientali (CBIO, definita dalla patente della regina Elisabetta l' “Onorevole Compagna delle Indie Orientali”) prese piede nel 1757. I rapaci saccheggiatori, sotto la guida di Robert Clive, un oppiomane e degenerato che nel 1774 si spappolò il cervello nella sua residenza di Berkley Square, a Londra (acquistata con i proventi del suo saccheggio) presero il controllo degli odierni Bengala dell’Ovest, Bangladesh, Bihar e Odisha (in precedenza Orissa) nel 1765. All’epoca secondo i dati storici pervenuti l’economia indiana rappresentava un quarto del PIL mondiale, seconda dopo quelle cinese, mentre la Gran Bretagna contribuiva a un misero 2 percento. Il Bengala era la provincia più ricca dell’India. Una volta estromesso il viceré a conclusione della battaglia di Plassey (Pôlashir, Palashi), Clive pose sul trono un suo fantoccio, tramite il quale arrivò a un accordo a favore della CBIO, che divenne così l’esattrice unica della regione, e lasciò al fantoccio la responsabilità nominale del governo della regione. L’accordo durò un secolo, mentre sempre più stati indiani andavano in bancarotta per facilitare le future carestie. Il denaro delle tasse entrava nei forzieri britannici, mentre i bengalesi e gli indiani del Bihar morivano a milioni. Clive, che divenne un membro della Royal Society nel 1768 e la cui statua ancora campeggia a Whitehall, il centro del male imperiale, nei pressi del gabinetto di guerra, ebbe a dire quanto segue, in sua difesa, quando il Parlamento britannico, giocando alla “purezza”, lo accusò di saccheggi e altri abusi in India:

“Considerate la situazione in cui mi pose la Vittoria di Plassey. Un grande Principe era divenuto dipendente dal mio piacere; una città opulenta era alla mia mercé; i suoi più ricchi banchieri si facevano la guerra per un mio sorriso; camminavo attraverso portoni che erano aperti soltanto per me, con le mani cariche di oro e gioielli! Per Dio, Sig. Presidente, in questo momento sono stupito della mia stessa moderazione”.

Clive tuttavia non fu l’unico colono britannico con le mani sporche di sangue. L’Impero Britannico mandò in India un macellaio dopo l’altro, tutti cresciuti con l’idea di saccheggiare e spopolare. Già nel 1770, all’epoca della prima grande carestia nel Bengala, la provincia era stata saccheggiata completamente. Ciò che seguì fu semplicemente un orrore. Ecco come John Fiske descrisse tale carestia nel libro American Philosopher in the Unseen World:

“Per tutta l’estate del 1770 la gente continuò a morire. I contadini e gli allevatori vendettero il loro bestiame; vendettero i loro attrezzi agricoli; divorarono le loro sementi; vendettero figli e figlie, nella misura in cui non fu più possibile trovare altri compratori di bambini; mangiarono le foglie degli alberi e l’erba dei campi… Le strade si riempirono di gruppi promiscui di morenti e di cadaveri. Le sepolture non poterono essere condotte con la necessaria rapidità; perfino i cani e gli sciacalli, gli spazzini necrofagi dell’oriente, divennero incapaci di compiere il loro rivoltante lavoro, e la moltitudine di cadaveri mutilati e suppuranti alla lunga minacciò l’esistenza stessa dei cittadini…”

C’era una ragione per quella carestia? No, se i britannici avessero voluta evitarla. Il Bengala, allora come oggi, aveva la capacità di offrire tre raccolti all’anno. Si trova sul delta del Gange. Anche in caso di siccità, i tre raccolti sono garantiti. Come era prevalente nei tempi del moghul e in precedenza, inoltre, il grano in sovrappiù veniva immagazzinato per garantire il nutrimento della popolazione in caso di basse rese dei raccolti futuri. Il saccheggio dei raccolti da parte di Clive e della banda dei suoi complici, drenò il grano dal Bengala tanto da far morire dieci milioni di indiani, cioè da eliminarne un terzo. Si dovrebbe notare che la cosiddetta rivoluzione industriale attribuita alla Gran Bretagna iniziò nel 1770, lo stesso anno di questo quasi genocidio in Bengala. Il "Partito del Tè" di Boston che diede il via alla Rivoluzione Americana prese piede nel 1773. Permise all’Impero Britannico di capire che i suoi giorni in America erano ormai contati, e di decidersi a concentrare i suoi sforzi sullo sfruttamento dell’India.


Perché le carestie furono così frequenti durante i giorni del Raj britannico? La prima ragione della regolarità con cui le carestie si verificarono e furono lasciate imperversare per anni ad ogni occasione, sta nella politica imperiale britannica di spopolamento delle sue colonie. Se queste carestie non si fossero abbattute sull’India, la sua popolazione avrebbe raggiunto il miliardo molto prima del XX secolo, cosa che britannici consideravano o avrebbero considerato un esito disastroso. Innanzitutto perché una popolazione maggiore avrebbe significato un maggior consumo di prodotti locali da parte degli indigeni, riducendo le possibilità del Raj britannico di saccheggiare con profitto. La soluzione logica sarebbe stata quella di sviluppare infrastrutture agricole per tutta l’India, ma ciò avrebbe non soltanto costretto la Gran Bretagna a spendere più denaro per sostenere il proprio impero coloniale e bestiale, ma avrebbe anche sviluppato un popolo in salute che avrebbe potuto ribellarsi dell’abominio chiamato Raj britannico. Queste carestie di massa ebbero il risultato voluto di indebolire la struttura sociale e la spina dorsale degli indiani, rendendo sempre meno probabili le ribellioni contro le forze coloniali. Per perpetuare le carestie e dunque spopolare gli indiani “pagani” e “scuri” gli imperialisti britannici lanciarono una campagna di propaganda sistematica, usando allo scopo il fabbricante di frodi Thomas Malthus, e diffondendo le sue farneticazioni non scientifiche raccolte nel “Saggio sulla Popolazione”:

“Questa naturale ineguaglianza dei due poteri della popolazione e della produzione sulla Terra,” scrisse Malthus “e quella grande legge della nostra natura che vuole che siano costantemente uguali i loro effetti, costituisce la grande difficoltà che a me pare insormontabile sulla via verso la perfettibilità della società. Ogni altro argomento è degno di considerazione minore o subordinata rispetto a questo. Non vedo con quale mezzo l’uomo possa sfuggire al peso di questa legge che pervade tutta la natura animata”.

Benché Malthus fosse stato ordinato sacerdote della Chiesa Anglicana, l’Impero Britannico lo rese un “economista” stipendiato dalla CBIO, beneficiaria del monopolio concesso da Elisabetta I sul commercio in Asia, e forte di tale privilegio impegnata ogni dove a colonizzare con la propria milizia ben armata, ma sotto la bandiera inglese di San Giorgio. Malthus fu individuato presso il College Imperiale di Haileybury, tipico terreno di reclutamento di alcuni dei peggiori criminali coloniali. Fu in questo college che furono formati i pianificatori della politica imperiale di genocidio per l’India. Tra di essi Sir John Lawrence (viceré dell’India nel periodo 1864-1868) e Sir Richard Temple (luogotenente generale del Bengala e, più tardi, governatore di Bombay). Mentre Malthus elaborava la sua sinistra “teoria scientifica” per giustificare lo spopolamento quale processo naturale e necessario, l’Impero Britannico raccolse un pugno di altri “economisti” affinché scrivessero a favore della necessità del libero mercato. Il liberismo ebbe così un ruolo preminente nell’adozione della politica genocida in India, grazie agli sforzi del Raj britannico. Il libero mercato, infatti, è l’altra faccia della medaglia del controllo demografico proposto da Malthus. Quando arrivò la grande carestia del 1876, la Gran Bretagna aveva ormai costruito alcune ferrovie in India. Benché fossero state presentate come mezzo di contrasto delle carestie, esse furono invece usate dai mercanti per trasportare il grano dei magazzini dai distretti colpiti della siccità fino ai depositi centrali per l’accaparramento. L’opposizione dei liberoscambisti, inoltre, contro ogni politica di controllo dei prezzi portò alla speculazione sul grano. Il risultato fu che per raccogliere il grano dai distretti colpiti dalla siccità fu raccolto il necessario capitale e il suo impiego rappresentò un investimento nell’aggravarsi della calamità. Il prezzo del grano aumentò in maniera sorprendentemente rapida e il grano abbandonò le regioni in cui era più richiesto, per essere immagazzinato in attesa di un ulteriore rialzo dei prezzi. Il Raj britannico sapeva o avrebbe dovuto sapere. Anche se i coloni britannici non sostennero apertamente questo processo speculativo, ne furono perfettamente consapevoli e furono perfettamente a loro agio con la promozione del libero mercato ai danni di milioni di vite umane. Ecco come Mike Davis descrisse quanto accaduto:

“Il rialzo dei prezzi fu così straordinario e la fornitura disponibile così scarsa, se confrontata con i ben noti requisiti, che i mercanti e i trafficanti, sperando in enormi guadagni futuri, apparvero determinati a trattenere le loro riserve di grano per un tempo indefinito e a non suddividere una merce che stava diventando rara. Fu evidente al governo che i mezzi per trasportare il grano su rotaia stavano facendo rialzare i prezzi ovunque, e che l’attività di apparente importazione e di transito ferroviario, non indicava alcuna aggiunta alla riserve di cibo del Governo. Nel frattempo, nelle regioni [colpite dalla carestia] il commercio al dettaglio era ormai sospeso. O i prezzi richiesti andavano oltre i mezzi di pagamento delle moltitudini, oppure i negozi rimanevano sempre chiusi”.


Possedimenti (in rosa) della Compagnia Britannica delle Indie Orientali nell’India del 1765 e del 1805.


Edward Robert Lytton Bulwer-Lytton, Conte di Lytton. A quel tempo il viceré era Lord Lytton, un poeta favorito dalla Regina Vittoria ma noto come “macellaio” da molti indiani. Egli si oppose di tutto cuore a ogni sforzo di raccogliere il grano per nutrire la popolazione colpita della carestia, poiché ciò avrebbe interferito con le forze del mercato. Nell’autunno del 1876, mentre il raccolto monsonico avvizziva nei campi dell’India meridionale, Lytton fu assorbito dall’organizzazione dell’oceanico Imperial Assemblage a Delhi, per proclamare imperatrice la Regina Vittoria. Come giustificò questa cosa, Lytton? Poiché era un ammiratore e un seguace di Adam Smith. Mike Davis scrisse che Smith:

“un secolo prima ne ‘La ricchezza delle nazioni’ aveva asserito (nei confronti della terribile carestia del Bengala del 1770) che la carestia non aveva avuto altra origine che dalla violenza con cui il governo aveva cercato, con mezzi impropri, di rimediare alla penuria, Lytton stava applicando ciò che Smith gli aveva insegnato e aveva insegnato ad altri fautori del sistema del libero mercato. L’ingiunzione di Smith contro i tentativi di Stato di regolamentare il prezzo del grano durante la carestia del 1770 era stata insegnata e tramandata per anni nel famoso college di Haileybury della Compagnia delle Indie Orientali”.

Lytton impartì ordini precisi affinché “non vi fosse interferenza di alcun tipo da parte del Governo con l’obiettivo di ridurre il prezzo del cibo” e “nelle sue lettere all’Ufficio delle Indie Orientali in Gran Bretagna e ai politici di entrambi i partiti, egli denunciò le ‘isterie umanitarie'”. Per via di un diktat ufficiale, dunque, l’India al pari dell’Irlanda prima di essa, divenne un laboratorio utilitarista in cui si giocò d’azzardo sulla vita di milioni di persone, perseguendo una fede dogmatica negli onnipotenti mercati capaci di superare l' ”inconvenienza della penuria”."

da link sotto https://ogigia.altervista.org/Portale/articoli/58-ingiustizie/526-i-genocidi-inglesi-mediante-carestie-uccisero-decine-di-milioni-di-persone


"Al culmine della sua estensione territoriale si diceva che sull'Impero britannico 'il sole non tramonta mai': il motivo, secondo una facezia popolare irlandese, era che "Dio non si fida degli inglesi al buio". In effetti, la dominazione britannica è stata ovunque sinonimo di tirannia, razzismo ed eccidi; per dirla con il cartista Ernest Jones 'il sole non tramonta mai, ma il sangue giammai si asciuga'. Eppure, ancora oggi, esponenti politici esibiscono il proprio orgoglio per il ruolo giocato dall'Impero nel diffondere la cultura e la civiltà, convinti che sia venuta "l'ora di smettere di scusarsi". Tuttavia, una seria discussione pubblica su quanto avvenuto nelle colonie non c'è mai stata: ci si dimentica delle vittime, e i nomi e le date dei massacri perpetrati restano sconosciuti alla stragrande maggioranza dei britannici (e non solo). John Newsinger fa breccia in questo silenzio collettivo, adottando un punto di vista 'dal basso', lontano dall'idea per cui uno stato liberale si sarebbe incaricato di diffondere libertà e tolleranza. Dalla tratta degli schiavi nelle Indie Occidentali alle guerre dell'oppio in Cina, dalla carestia nel Bengala alla sanguinosa soppressione dei moti nazionali in Kenya e Malesia, la storia è ben diversa da quella che ci hanno raccontato finora." da link sotto

https://www.amazon.it/libro-nero-dellimpero-britannico/dp/8890961015


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"I ribelli dell’adriatico. L’insurrezione di Valona e la rivolta di Ancona del 1920

amministrazione umanità nova articoli

Giugno 1920: il Primo conflitto mondiale è terminato da due anni, ma navi da guerra della Marina militare italiana sparano cannonate sulle due sponde dell’Adriatico. Davanti a Valona bombardano le posizioni degli insorti albanesi che stanno assediando la città per mettere fine all’occupazione coloniale italiana. Ad Ancona, invece, tirano granate sul popolo insorto a fianco dei bersaglieri che si rifiutano d’essere mandati a Valona. La stampa borghese parla di “moti anarchisti”, ma nonostante il lavoro di agitazione contro il militarismo svolto, sin dai tempi della guerra di Libia, dagli anarchici, dai sindacalisti rivoluzionari dell’USI e dai socialisti “disfattisti”, la rivolta armata di Ancona – largamente spontanea – sorprende tutti e sarà uno dei momenti di più alta conflittualità del cosiddetto Biennio rosso. La repressione statale ad Ancona causa oltre trenta vittime proletarie, ma il governo italiano è costretto a ritirare le truppe dall’Albania. Gli autori:

Marco Rossi, da libero ricercatore, si occupa dei conflitti sociali nel primo trentennio del Novecento; ha scritto, tra l’altro, Arditi, non gendarmi!, Gli ammutinati delle trincee, Il lavoro contro la guerra. Per Zero in Condotta, ha recentemente pubblicato Morire non si può in aprile. Luigi Balsamini, bibliotecario, si occupa di fonti documentarie e ricerca storica sull’anarchismo e l’antifascismo; ha scritto, tra l’altro, Gli Arditi del popolo, Fragili carte: il movimento anarchico nelle biblioteche, archivi e centri di documentazione, Fonti scritte e orali per la storia dell’OAM." da

https://umanitanova.org/?p=1222 @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@


Ancora su Giuseppe Di Vittorrio

"Sono gli anni delle lotte intestine e delle grandi scelte sulla scia della rivoluzione sovietica. In meno di due anni Mussolini appoggiato dagli agrari e col consenso degli industriali è al potere. Rinchiuso al carcere di Lucera Di Vittorio ne esce con la candidatura del P.S.I. (con il PCI fu eletto deputato nel 1924). Lo sciopero legalitario dell’estate del ‘22 trova pochi consensi ma tra questi la Bari vecchia in cui si asserragliano ex legionari di Fiume, socialisti, comunisti e anarchici, assieme agli Arditi del Popolo. Condannato dal tribunale speciale fascista a 12 anni di carcere, nel 1926, riuscì a fuggire in Francia dove aveva rappresentato la disciolta Confederazione Generale Italiana del Lavoro (C.G.d.L) nell'Internazionale sindacale. Espulso dalla Francia nell’agosto del ’27, ripara prima in Belgio e poi a Mosca. Ritorna in Francia nel ’30 per entrare nel gruppo dirigente del PCI. Insieme ad altri antifascisti partecipò alla guerra civile spagnola come Commissario politico della XI Br. internazionale. Nel febbraio ’37 deve ritornare in Francia, ma tra i combattenti repubblicani la sua straordinaria umanità lo ha reso uno dei capi più amati. In ottobre assume a Parigi la direzione del quotidiano "La Voce degli italiani" e qui incontra Anita Contini che sarà la sua seconda moglie. Gli eventi internazionali che precedono la guerra sono per lui fonte di dolore a seguito della firma del patto di non aggressione tra Unione Sovietica e Germania dell'agosto del ‘39. Di Vittorio dissidente, è escluso dal vertice del Pci !!!. Con l’invasione della Francia anche gli italiani non hanno vita facile. Il figlio si unisce ai maquis mentre la figlia viene internata. Di Vittorio viene catturato dalla Gestapo il 10 febbraio ’41 e in luglio, tradotto in Italia. Finisce al confino a Ventotene dove con altri compagni prende in affitto un campicello e una mucca per sopravvivere. Nel 1943 fu liberato e aderì alla Resistenza tra le file delle Brigate Garibaldi. Con l’arresto di Roveda, responsabile del lavoro sindacale, è a lui che tocca la trattativa per la costruzione di un nuovo sindacato unitario avviata con il socialista Buozzi e i democristiani Achille Grandi e Giovanni Gronchi. I punti basilari dell’accordo definitivo, siglato il 4 giugno, vedono prevalere le sue idee: sindacato né unico né obbligatorio ma unitario, indipendente dallo Stato, dai padroni, dai partiti !!. Divenne anche segretario della neoricostituita “unitaria” CGIL e l’anno seguente fu eletto deputato all'Assemblea Costituente per il PCI. L'unità sindacale durò fino al 1948, quando, in occasione dello sciopero generale politico per l'attentato contro Palmiro Togliatti (ma sussistevano anche altre cause), la corrente cattolica e socialdemocratica si separò fondando la CISL e la UIL. Di Vittorio fa l’impossibile, ma il clima è cambiato. E’ l’epoca del ministero Scelba (interni) che gli impedirà 3 anni dopo, nonostante sia deputato, anche un viaggio a Nuova York al Consiglio Economico e Sociale dell'Onu come presidente della Federazione Sindacale Mondiale. La Cgil, che rischia l’isolamento, viene “salvata” da Di Vittorio con una proposta lanciata all’intero paese. È il Piano del lavoro, lanciato al II Congresso di Genova nell’ottobre ’49, essenzialmente un progetto di grandi opere infrastrutturali, con l’obiettivo di porre le basi di un nuovo ciclo espansivo, quindi di una crescita dell’occupazione e dei consumi." Da : https://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/personaggi/divittorio.htm


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nuova sezione dedi cata agli arditi incursori che parteciparono alla Resistenza:


"La formazione della Ia Compagnia Arditi va inserita in un quadro contrassegnato: a) dal tentativo messo in atto dal maggiore inglese Gordon Lett e dal Comandante IV Zona Operativa, colonnello Mario Fontana di dare maggiore disciplinamento e inquadramento militare alle formazioni partigiane; b) dalla disponibilità al Progetto della Compagnia Arditi da parte di Francesco Coni “Franco”[1], già ufficiale di carriera, uno dei primi a salire sui monti (v. importante nota biografica in margine alla Scheda), che, dopo avere rivestito importanti funzioni nella “Brigata d’Assalto Lunigiana” (poi Colonna “Giustizia e Libertà”) e avere fatto l’esperienza di comandante della Brigata “Matteotti”, piuttosto insofferente ai risvolti politici degli organigrammi partigiani, lascia dopo circa tre mesi il comando della “Matteotti”, in quanto convinto di dover e poter procedere alle operazioni belliche in modo più militarizzato. Il 21 novembre 1944 Franco Coni chiede infatti al colonnello Fontana una breve licenza, avendo probabilmente già deciso di riprendere la sua libertà di azione rispetto all’articolazione delle formazioni partigiane venutosi a determinare e maturando l’idea di organizzare un suo speciale reparto, la “Compagnia Arditi”, alle dipendenze del Comando Unico di Zona ma con larghissima autonomia da esso. Il Progetto in questione è sostenuto, insieme ad un altro Progetto che riguarda la militarizzazione della IV Zona, dal maggiore britannico Gordon Lett, appoggiato in ciò dal colonnello Mario Fontana, Comandante della IV Zona Operativa stessa." da

sezione dedicata alla banda della Magliana[modifica | modifica wikitesto]

"Padrini, terroristi, servizi segreti e massoni: così dalla Magliana è nata mafia Capitale Quarant'anni fa i capi di 'ndrangheta e banda della Magliana si riunivano al Fungo. Lo stesso luogo dove è cresciuto Massimo Carminati. E che ritorna nell'inchiesta su Mafia Capitale. Che sembra sempre più l'evoluzione criminale della vecchia banda di Romanzo Criminale. DI GIOVANNI TIZIAN 30 dicembre 2014 C'è un filo nero che attraversa gli ultimi decenni della storia criminale italiana. È un cordone che unisce l'Italia: da Reggio Calabria a Roma. Dalla 'ndrangheta a Mafia Capitale, passando per la banda della Magliana, terrorismo nero, servizi segreti e massoneria. Con un luogo che ritorna oggi come ieri: il Fungo, zona Eur, Roma.

«Con Mancini (Riccardo, l'ex numero uno di Euro Spa inquisito nell'inchiesta su Mafia Capitale ndr) abbiamo fatto dieci processi quando eravamo ragazzini... stavamo al Fungo insieme... cioè... ma... con tante altre persone... che magari hanno fatto carriera... che in questo momento magari non sono indagate».

Massimo Carminati rievoca il passato dei “neri” di Roma. Lui racconta e intanto le cimici piazzate dagli investigatori del Ros dei carabinieri intercettano. Carminati ricorda gli anni '70, gli anni di piombo, quando la gioventù neofascista della Capitale si incontrava in un luogo simbolo, che ritorna anche nell'inchiesta Mafia Capitale. Il punto di ritrovo di cui parla “er Cecato” è il Fungo. Un acquedotto costruito negli anni '60 all'Eur, a pochi chilometri dalla Magliana. Sotto questa struttura di cemento armato che assomiglia a un enorme fungo si ritrovavano i giovani della destra radicale, molti dei quali sono poi finiti nei nuclei armati rivoluzionari. L'ala più feroce dell'eversione di destra. Ma all'ombra del Fungo, nel ristorante panoramico all'ultimo piano della torre, si sono incontrati pure altri personaggi da romanzo criminale. Alcuni dei quali condividono con il boss di Mafia Capitale il credo fascista e il fiuto per gli affari, di qualunque colore essi siano.

È una storia che comincia quarant'anni fa. Nel 1975. In un 'Italia stremata dalla tensione sociale e politica provocata dalle bombe, dal lavoro sporco dei servizi deviati e dagli accordi sottobanco tra organizzazioni mafiose, estremisti neri e 007. Il Paese era terrorizzato. E il peggio doveva ancora arrivare. Solo un anno prima c'era stata la strage dell'Italicus, sei anni prima il massacro di piazza Fontana a cui seguì, l'anno dopo, la bomba che fece deragliare il treno a Gioia Tauro.

È in questo contesto di terrore e tritolo che il 18 ottobre '75 allo stesso tavolo siedono tre capi 'ndrangheta tra i più influenti nell'organizzazione calabrese e alcuni esponenti della banda della Magliana. Il summit si è tenuto proprio al Fungo. E qui che la polizia di Stato interviene e arresta Paolo De Stefano, don Peppe Piromalli, Pasquale Condello, Gianfranco Urbani e Manlio Vitale. «Tale riunione, lungi dall'essere una mera riunione conviviale costituiva invece una vera e propria riunione mafiosa ad alto livello» si legge nelle informative dell'epoca.

Paolo De Stefano verrà ucciso dieci anni dopo. L'agguato che gli costò la vita diede il via alla seconda guerra di mafia a Reggio Calabria. Il clan De Stefano però è tuttora il più potente della città. E nell'organizzazione calabrese è la famiglia che conta di più, quella che negli anni ha saputo creare relazioni più solide con il potere: hanno protetto la latitanza del terrorista neofascista Franco Freda; hanno giocato un ruolo importante nella rivolta dei Boia chi molla per Reggio capoluogo; l'avvocato Giorgio De Stefano, ucciso nel '77, è stato, secondo alcuni pentiti, il contatto tra 'ndrangheta e servizi segreti.

Tra spioni ed estrema destra, i De Stefano sono cresciuti e dal poverissimo quartiere Archi dove hanno mosso i primi passi, hanno allungato i tentacoli fino in Francia, radicando i propri affari a Roma e Milano. E proprio nel capoluogo lombardo, stando alle recenti indagini dell'antimafia reggina, ha sede il cuore finanziario del clan. L'indagine Breakfast sta scavando nei segreti societari della 'ndrangheta governata dalla famiglia De Stefano, e ha scoperto complicità nella Lega Nord, con l'ex tesoriere Francesco Belsito, e con uomini un tempo dell'avanguardia armata nera, come Lino Guaglianone, anche lui come Massimo Carminati, ex Nar, e precisamente ex tesoriere del nuclei armati rivoluzionari. Non solo, ma nei rapporti investigativi gli inquirenti segnalano più volte la vicinanza dei De Stefano alla banda della Magliana, «di cui sono noti i collegamenti con la destra eversiva e i servizi segreti».

Al Fungo c'era anche Pasquale Condello, detto “il Supremo”. Come i De Stefano è cresciuto nel quartiere Archi. Insieme hanno conquistato Reggio, salvo poi dividersi in una guerra durata sei anni e con mille morti ammazzati. Dopo il sangue è tornata l'armonia e la città è stata divisa equamente. Ancora oggi è pax mafiosa. Il profilo di Giuseppe Piromalli detto “Mussu stortu” è simile a quello di don Paolino De Stefano. Le loro famiglie si uniscono alla fine degli anni 70' per fondare una 'ndrangheta più moderna. Sono i precursori della strategia delle alleanze trasversali con pezzi delle istituzioni e di altri gruppi mafiosi. E sono i promotori dei grandi business con la droga. Per farlo hanno dovuto annientare i vecchi capi bastone. Una volta eliminati è iniziata la loro ascesa criminale.

Peppe Piromalli trascorreva molto tempo nella Capitale. L'interesse della 'ndrina di Gioa Tauro era quello di allargare la zona di influenza. Un particolare che verrà confermato dal pentito della banda della Magliana Antonio Mancini, “l'Accattone”. I Piromalli ritornano nell'indagine della procura antimafia di Roma su Mafia Capitale. I pm e i militari del Ros hanno infatti scoperto come la banda de “er Cecato” avesse stretto un patto con i clan calabresi, in particolare con i Mancuso, attraverso però un parente del boss Piromalli, dipendente delle cooperative del braccio destro di Carminati, Salvatore Buzzi.

Quel giorno di quarant'anni fa al Fungo accanto ai mammasantissima della 'ndrangheta c'erano “er Gnappa” Manlio Vitale e “er Pantera” Gianfranco Urbani. Personaggi di spicco della Magliana. Manlio Vitale con Massimo Carminati ha condiviso più di qualche avventura malavitosa. Nel 2000 sono stati indagati per il furto nel caveu all'interno del Palazzo di giustizia. E nella sentenza sulla banda della Magliana i loro nomi vengono accostati spesso. Vitale come Carminati frequentava il Fungo. D'altronde era zona loro. Per questo gli 'ndranghetisti sono stati invitati in quel ristorante. Non solo. Il nome de “er Gnappa” spunta negli atti di Mafia Capitale. Fino a qualche anno fa, almeno da quel che risulta agli investigatori, frequentava Riccardo Brugia, «compare e braccio destro di Carminati». Brugia secondo gli inquirenti è «dotato di una rilevante storia criminale personale e legato al Carminati da una profonda amicizia e dalla comune militanza nei gruppi eversivi dell’estrema destra».

«Er Pantera» invece è morto qualche mese fa. Nella banda, alcuni collaboratori di giustizia, lo indicavano come il manager delle relazioni con le altre organizzazioni. Con la 'ndrangheta ma anche con i clan catanesi, in particolare con la cosca di Nitto Santapaola (famiglia alleata con Piromalli e De Stefano). Fu lui, dicono i testimoni, a tenere i contatti con le 'ndrine di Reggio Calabria e a instaurare il traffico di eroina con la Tailandia.

Ora che molti dei protagonisti della riunione del Fungo non ci sono più, l'eredità di quei rapporti è passata di mano. A Roma comanda Mafia Capitale e le sue alleate. Una in particolare, la 'ndrangheta. In fin dei conti, quindi, poco è cambiato. Se non il clima. Per questo l'organizzazione guidata da “er Cecato” in un certo senso sembra l'evoluzione criminale della banda dei testaccini, l'anima più borghese del gruppo della Magliana. Un salto di qualità obbligato. Lo stesso passaggio che hanno dovuto mettere in atto le altre mafie. In questo nuovo contesto rapinatori e i killer hanno sempre meno spazio. Ciò che non muta sono le alleanze di un tempo. E spesso ritornano gli stessi cognomi, gli stessi personaggi. Segno che il capitale di relazioni e conoscenze accumulato negli anni passati frutta ancora oggi. E che la mafia più che rottamare riadatta al nuovo corso i vecchi arnesi."


da : https://espresso.repubblica.it/attualita/2014/12/29/news/dalla-magliana-a-mafia-capitale-1.193599



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nuova sezione dedicata agi arditi incursori che parteciparono alla Resistena


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La formazione della Ia Compagnia Arditi va inserita in un quadro contrassegnato: a) dal tentativo messo in atto dal maggiore inglese Gordon Lett e dal Comandante IV Zona Operativa, colonnello Mario Fontana di dare maggiore disciplinamento e inquadramento militare alle formazioni partigiane; b) dalla disponibilità al Progetto della Compagnia Arditi da parte di Francesco Coni “Franco”[1], già ufficiale di carriera, uno dei primi a salire sui monti (v. importante nota biografica in margine alla Scheda), che, dopo avere rivestito importanti funzioni nella “Brigata d’Assalto Lunigiana” (poi Colonna “Giustizia e Libertà”) e avere fatto l’esperienza di comandante della Brigata “Matteotti”, piuttosto insofferente ai risvolti politici degli organigrammi partigiani, lascia dopo circa tre mesi il comando della “Matteotti”, in quanto convinto di dover e poter procedere alle operazioni belliche in modo più militarizzato. Il 21 novembre 1944 Franco Coni chiede infatti al colonnello Fontana una breve licenza, avendo probabilmente già deciso di riprendere la sua libertà di azione rispetto all’articolazione delle formazioni partigiane venutosi a determinare e maturando l’idea di organizzare un suo speciale reparto, la “Compagnia Arditi”, alle dipendenze del Comando Unico di Zona ma con larghissima autonomia da esso. Il Progetto in questione è sostenuto, insieme ad un altro Progetto che riguarda la militarizzazione della IV Zona, dal maggiore britannico Gordon Lett, appoggiato in ciò dal colonnello Mario Fontana, Comandante della IV Zona Operativa stessa. In sintesi Gordon "! da http://www.isrlaspezia.it/strumenti/lessico-della-resistenza/1a-compagnia-arditi/


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