Utente:Luciacampanella.01/Sandbox

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Moda sostenibile Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Pagine da unire Questa pagina sull'argomento sociologia sembra trattare argomenti unificabili alla pagina Moda ecosostenibile. Puoi contribuire unendo i contenuti in una pagina unica. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Questa voce è orfana Questa voce sull'argomento moda è orfana, ovvero priva di collegamenti in entrata da altre voci. Inseriscine almeno uno pertinente e non generico e rimuovi l'avviso. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Questa voce è da wikificare Questa voce o sezione sull'argomento moda non è ancora formattata secondo gli standard. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Si definisce moda sostenibile, in inglese sustainable fashion, un movimento e un processo di promozione del cambiamento del sistema moda verso una maggiore integrità ecologica e giustizia sociale. Il cambiamento auspicato non è indirizzato esclusivamente alla filiera tessile o del prodotto di moda, bensì comprende un cambiamento di paradigma per l'intero sistema. Ciò significa occuparsi di sistemi sociali, culturali, ecologici e finanziari interdipendenti[1] considerando la moda dal punto di vista di molti stakeholder- utenti e produttori, e tutte le specie viventi, facenti parte dell’ecosistema terrestre presente e futuro. Le definizioni "moda sostenibile" o "moda per la sostenibilità" indicano dunque la consapevolezza delle influenze sistemiche ed interconnessioni complesse e di lungo periodo tra contesti materiali, sociali e culturali nella moda. La moda sostenibile appartiene, ed è responsabilità dei cittadini, del settore pubblico e privato. Un esempio chiave della necessità di pensare in modo sistemico (system thinking)[2] nella moda è evidenziato dal fatto che i benefici delle iniziative a livello di prodotto, come la sostituzione di un tipo di fibra con un'opzione meno dannosa per l'ambiente, sono vanificati dagli effetti negativi dell'aumento dei volumi di prodotti di moda. Un termine adiacente alla moda sostenibile è "eco moda" (eco fashion). Differenti sono invece gli approcci e le definizioni di "green fashion", "moda etica" , "moda ecosostenibile" e "moda ecosolidale" che sebbene indichino una volontà di affrontare questioni ambientali e sociali, si limitano ad avere un approccio circoscritto alla risoluzione di singoli problemi tralasciando la prospettiva sistemica.

Indice 1 Introduzione 1.1 Cenni storici 1.2 Obiettivi 2 Note 3 Bibliografia 4 Altri progetti Introduzione[modifica | modifica wikitesto] Cenni storici[modifica | modifica wikitesto] Le origini del movimento della moda sostenibile si intrecciano con quelle del movimento ambientalista moderno, di cui fa parte, e in particolare la pubblicazione nel 1963 del libro Primavera Silenziosa[3] della biologa americana Rachel Carson. Il libro della Carson, avveniristico per l'epoca, esponeva il grave e diffuso inquinamento associato all'uso di agrofarmaci come parte dell'industrializzazione, tema ancora oggi importante nel dibattito sull'impatto ambientale e sociale della moda. Nei decenni successivi, l'impatto delle azioni umane sull'ambiente è stato oggetto di un'indagine più sistemica, che comprende gli effetti dell'attività industriale, e di nuovi concetti per mitigarne gli effetti, in particolare lo sviluppo sostenibile, termine coniato nel 1987 dal Rapporto Brundtland.[4] All'inizio degli anni '90 e in concomitanza con la conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo del 1992, nota popolarmente come Summit della terra (Rio Earth Summit), i "temi verdi" (come venivano chiamati all'epoca) sono entrati nelle pubblicazioni di moda e tessili.[5][6] In genere, queste pubblicazioni presentavano il lavoro di note aziende come Patagonia ed ESPRIT, che alla fine degli anni '80 hanno portato preoccupazioni ambientali nelle loro attività. I proprietari di queste aziende dell'epoca, Yvon Chouinarde Doug Tompkins, erano outdoorsmen e hanno visto l'ambiente danneggiato dalla sovrapproduzione e dal consumo eccessivo di beni materiali. Pertanto hanno commissionato una ricerca sugli impatti delle fibre utilizzate nelle loro aziende. Per la Patagonia, questo ha portato ad una valutazione del ciclo di vita di quattro fibre: cotone, lana, nylon e poliestere. Per ESPRIT l'attenzione si è concentrata sul cotone - e sulla ricerca di migliori alternative ad esso - che all'epoca rappresentava il 90% del loro business. È interessante notare che una simile attenzione all'impatto e alla selezione dei materiali è ancora la norma nella moda sostenibile da oltre trent'anni.[7] I principi della moda "green"o "eco", come proposti da queste due aziende, si basavano sulla filosofia dell'Ecologia Profonda di Arne Næss, Fritjof Capra, Ernest Callenbach e del teorico del design Victor Papanek.[8] Questo imperativo si basa anche sulla comprensione femminista delle relazioni uomo-natura,[9] sull'interconnessione e sull' etica della cura come sostenuto da Carolyn Merchant[10], Suzi Gablik[11], Vandana Shiva[12] e Carol Gilligan[13]. Personalità che hanno cofinanziato la prima conferenza sul cotone biologico tenutasi nel 1991 a Visalia, in California. Mentre nel 1992, basata sulla Eco Audit Guide, pubblicata dall'Elmwood Institute, è stata lanciata l'ESPRIT eco-collection, sviluppata dalla stilista Lynda Grose[14]. Nel corso degli anni '90 e all'inizio degli anni 2000, il movimento della moda sostenibile si è esteso a molti marchi. Anche se l'attenzione primaria è rimasta incentrata sul miglioramento dell'impatto dei prodotti attraverso la lavorazione delle fibre e dei tessuti e la provenienza dei materiali, Doug Tompkins e Yvon Chouinard hanno presto notato la causa fondamentale dell'insostenibilità: la crescita esponenziale e il consumo.[15] Nel 1990 ESPRIT ha pubblicato un annuncio su Utne Reader, chiedendo un consumo responsabile. Nel 2011 il marchio Patagonia ha pubblicato un ulteriore annuncio e una campagna di comunicazione dal titolo: "Don't buy this jacket" con un'immagine della propria merce. Entrambi i messaggi intendevano incoraggiare i consumatori a considerare l'effetto che il consumo di moda ha sull'ambiente e ad acquistare esclusivamente ciò di cui hanno bisogno. Parallelamente all'agenda dell'industria, dall'inizio degli anni '90 si è sviluppata un'agenda di ricerca sulla moda sostenibile, che ora ha una propria storia, dinamica, politica, pratiche, sotto-movimenti ed evoluzione del linguaggio analitico e critico[16]. Il settore ha una vasta portata e comprende progetti tecnici che cercano di migliorare l'efficienza delle risorse delle operazioni esistenti[17], il lavoro dei marchi e dei designer per lavorare secondo le priorità attuali[18] e quelli che cercano di ridisegnare il sistema della moda in modo fondamentalmente diverso, compresa la logica di crescita.[19] Nel 2019, un gruppo di ricercatori ha costituito la Union of Concerned Researchers in Fashion per sostenere attività di ricerca radicale e coordinata, commisurata alle sfide della perdita di biodiversità e dei cambiamenti climatici. Obiettivi[modifica | modifica wikitesto] L'industria della moda ha una chiara opportunità di agire diversamente e considerare il ruolo del profitto e della crescita, creando allo stesso tempo nuovo valore e ricchezza più profonda per la società e quindi per l'economia mondiale. L'obiettivo della moda sostenibile è quello di creare ecosistemi e comunità fiorenti attraverso la sua attività[18], che può comprendere: aumentare il valore della produzione e dei prodotti locali, prolungare il ciclo di vita dei materiali, aumentare il valore di capi di abbigliamento senza tempo, ridurre la quantità di rifiuti e ridurre i danni all'ambiente creati dalla produzione e dal consumo.[20][21] Un altro dei suoi obiettivi è talvolta quello di educare le persone a praticare un consumo rispettoso dell'ambiente promuovendo il "green consumer". C'è tuttavia una crescente preoccupazione che il "green consumer" possa trarre profitto e incentivare la crescita economica nonostante gli obiettivi dell'azienda sostenibile siano quelli di mitigare e invertire l'inquinamento, lo sfruttamento del lavoro e le disuguaglianze che l'industria della moda promuove e da cui trae profitto. Ciò è emerso chiaramente nelle discussioni che hanno fatto seguito al rapporto Burberry, secondo cui nel 2018 il marchio ha bruciato merci invendute per un valore di circa 28,6 milioni di sterline (circa 37,8 milioni di dollari), esponendo non solo la sovrapproduzione e la successiva distruzione delle scorte invendute come una normale pratica commerciale, ma anche i comportamenti dei marchi che minano attivamente un'agenda della moda sostenibile.[22] La sfida per rendere la moda più sostenibile richiede un ripensamento dell'intero sistema. La Union of Concerned Researchers in Fashion sostiene che l'industria della moda sta ancora discutendo le stesse idee che erano state avanzate in origine alla fine degli anni '80 e all'inizio degli anni '90. Se si prende in considerazione il lungo termine e si esaminano i progressi della moda e della sostenibilità a partire dagli anni '90, i progressi effettivi in termini ecologici sono pochi. Come osserva l'Unione: "Finora, la missione della moda sostenibile è stata un totale fallimento e tutti i piccoli e crescenti cambiamenti sono stati annegati da un'economia esplosiva di estrazione, consumo, sprechi e continui abusi sul lavoro ". Una domanda che si pone spesso a chi opera nel campo della moda sostenibile è se il settore stesso sia un ossimoro[23]. Questo riflette la possibilità apparentemente inconciliabile di coniugare la moda (intesa come costante cambiamento, e legata a modelli di business basati sulla continua sostituzione dei beni) e la sostenibilità (intesa come continuità e intraprendenza). L'apparente paradosso si dissolve se la moda viene vista in senso lato, non solo come un processo allineato ai modelli di business espansionistici[24][25]e al consumo di nuovo abbigliamento, ma piuttosto come un meccanismo che porta a modi di vivere più impegnati[26][27][28] su una terra preziosa e mutevole[29][30]. Note[modifica | modifica wikitesto] ^ Kate Fletcher, Sustainable Fashion and Textiles, 4 maggio 2012, DOI:10.4324/9781849772778. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ Places to Intervene in a System - Tools Ideas Environment - Whole Earth Catalog, su www.wholeearth.com. URL consultato il 17 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2017). ^ Carson, Rachel., Silent spring[collegamento interrotto], Dreamscape Media, LLC, p2019. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ Sustainable Development and Innovation in the Energy Sector, Springer-Verlag, pp. 193–209, ISBN 354023103X. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ Anon, Textiles and the Environment, in International Textiles, vol. 726, 1991, p. 40–41. ^ Anon, Rethinking Ecology, in Textile View, nº 24, 1993, pp. 201–207 ^ (EN) Kate Fletcher, Sustainable Fashion and Textiles: Design Journeys, 1ª ed., Routledge, 4 maggio 2012, DOI:10.4324/9781849772778., ISBN 9781849772778. URL consultato il 17 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 2 giugno 2018). ^ Papanek, Victor J., The green imperative : natural design for the real world, Thames and Hudson, 1995, ISBN 0500278466, OCLC 33252070. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ Gaard, Greta & Lori Gruen, Ecofeminism: Toward Global Justice and Planetary Health, in Society and Nature, vol. 2, 1993, pp. 1–35. ^ Merchant, Carolyn, The Death of Nature, London, Bravo, 1990 ^ Gablik, Suzi., The reenchantment of art, Thames and Hudson, 1991, ISBN 0500236194, OCLC 24800688. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ Shiva, Vandana, Staying Alive, Zed Books, 1989 ^ Gilligan, Carol, 1936-, In a different voice : psychological theory and women's development, ISBN 9780674970960, OCLC 28986041. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ Lynda Grose, PIONEERING ENVIRONMENTAL STANDARDS FOR THE CLOTHING INDUSTRY, in CE NEWS. ^ Meadows, Donella H. e Club of Rome., The Limits to growth; a report for the Club of Rome's project on the predicament of mankind, Universe Books, [1972], ISBN 0876631650, OCLC 307838. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ Hethorn, Janet and Ulasewicz, Connie (Eds.) (2008), Sustainable Fashion: Why Now?. New York: Fairchild Books; Gwilt, Alison and Rissanen, T. (2011), Shaping Sustainable Fashion: London: Earthscan. Fletcher, Kate. 2013. Sustainable Fashion in S. Walker and J. Giard (Eds.), The Handbook of Sustainable Design, Oxford: Bloomsbury: 283- 298; Fletcher, Kate and Tham, Mathilda (Eds) (2015). Routledge Handbook of Sustainability and Fashion, London: Routledge; Niinimaki, Kirsi (Ed) (2018). Sustainable Fashion in a Circular Economy. Helsinki: Aalto ARTIS Books; Rissanen, Timo and McQuillan, Holly (2018). Zero Waste Fashion Design. London: Bloomsbury. ^ Gardetti, Miguel Angel,, Sustainability in Fashion and Textiles : Values, Design, Production and Consumption, First edition, ISBN 9781351277600, OCLC 1058911289. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ Salta a: a b Black, Sandy,, The sustainable fashion handbook, Thames & Hudson, 2013, ISBN 9780500290569, OCLC 800642264. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ Fletcher, Kate, 1971-, Craft of use : post-growth fashion, ISBN 9781138021006, OCLC 920452802. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ Brown, Sass., Eco fashion, Laurence King, 2010, ISBN 185669691X, OCLC 717831001. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ Olga Gurova e Daria Morozova, A critical approach to sustainable fashion: Practices of clothing designers in the Kallio neighborhood of Helsinki, in Journal of Consumer Culture, vol. 18, n. 3, 15 settembre 2016, pp. 397–413, DOI:10.1177/1469540516668227. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ Audit Committee, Foreign Ownership and Sustainability Report, in Research Journal of Finance and Accounting, 2019-2, DOI:10.7176/RJFA/10-4-03. URL consultato il 17 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 17 giugno 2019). ^ Black, Sandy., Eco-chic : the fashion paradox, Black Dog Pub, 2008, ISBN 9781906155094, OCLC 190393995. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ (EN) Kate Fletcher, Slow Fashion: An Invitation for Systems Change, in Fashion Practice, vol. 2, n. 2, 2010-11, pp. 259–265, DOI:10.2752/175693810X12774625387594. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ Raworth, Kate,, Doughnut economics : seven ways to think like a 21st-century economist, ISBN 9781847941381, OCLC 974194745. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ Dawson, Jonathon, 1955-, Jackson, J. T. Ross. e Norberg-Hodge, Helena., Gaian economics : living well within planetary limits, Permament Publications, 2010, ISBN 9781856230568, OCLC 748870200. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ (EN) Kate Fletcher, Craft of Use: Post-Growth Fashion, 1ª ed., Routledge, 26 febbraio 2016, DOI:10.4324/9781315647371, ISBN 9781315647371. URL consultato il 17 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 1º maggio 2019). ^ Weber, Andreas, 1967-, Enlivenment : toward a poetics for the Anthropocene, ISBN 9780262352277, OCLC 1082522125. URL consultato il 17 giugno 2019. ^ (EN) Andreas Weber, Enlivenment: Toward a Poetics for the Anthropocene, The MIT Press, 2019, DOI:10.7551/mitpress/11563.001.0001, ISBN 9780262352277. URL consultato il 17 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 17 giugno 2019). ^ Fletcher, Kate, 1971-, Wild dress : clothing & the natural world, ISBN 1910010219, OCLC 1099274811. URL consultato il 17 giugno 2019. Bibliografia[modifica | modifica wikitesto] Black, Sandy (2008). Eco-chic : the fashion paradox, London: Black Dog. ISBN 1-906155-09-7. Black, Sandy (2013). The sustainable fashion handbook, New York: Thames & Hudson. ISBN 9780500290569. Choi, Tsan-Ming; Cheng, T. C. Edwin, eds. (2015). Sustainable fashion supply chain management: from sourcing to retailing. Springer series in supply chain management. New York: Springer. doi:10.1007/978-3-319-12703-3. ISBN 9783319127026. OCLC 907012044. Farley, Jennifer; Hill, Colleen (2015). Sustainable fashion: past, present, and future. New York: Bloomsbury Academic. ISBN 9780857851857. OCLC 860754344. Fletcher, Kate (2014) [2008]. Sustainable fashion and textiles: design journeys(2nd ed.). London; Washington, DC: Earthscan. ISBN 9780415644556. OCLC 846847018. Fletcher, Kate; Grose, Lynda (2012). Fashion & sustainability: design for change. London: Laurence King Publishing. ISBN 9781856697545. OCLC 778610112. Fletcher, Kate; Tham, Mathilda, eds. (2015). Routledge handbook of sustainability and fashion. Routledge international handbooks. London; New York: Routledge. ISBN 9780415828598. OCLC 820119510. Gardetti, Miguel Ángel; Torres, Ana Laura, eds. (2013). Sustainability in fashion and textiles: values, design, production and consumption. Sheffield, UK: Greenleaf Publishing. ISBN 9781906093785. OCLC 827952084. Gwilt, Alison; Rissanen, Timo (2010). Shaping sustainable fashion: changing the way we make and use clothes. London; Washington, DC: Earthscan. ISBN 9781849712415. OCLC 656849440. Altri progetti